mercoledì 31 maggio 2006

Fabio Mussi e la ricerca sulle staminali: ...qualcosa di sinistra...

Mussi Staminali, Mussi apre alla ricerca - Plauso degli scienziati, insorge la Cdl

An: "Un governo di cani sciolti". Buttiglione minaccia mozione di sfiducia ...(meglio un governo di cani sciolti che un governo di cani al guinzaglio...)

Bindi: "Di certo una decisione collegiale, ma non sono stata informata" - Veronesi: "Buon debutto per il governo, la scienza è base per lo sviluppo"

ROMA - L'Italia cambia linea in merito alla sperimentazione sugli embrioni, apre alla ricerca e scoppiano le polemiche. Il dibattito si rianima dopo la decisione del ministro per la Ricerca, Fabio Mussi, di ritirare, a Bruxelles, la pregiudiziale etica italiana sulla ricerca, voluta da Germania, Polonia, Slovenia, Austria e Malta. Con il precedente governo, l'Italia aveva firmato una dichiarazione contraria alla ricerca sulle staminali, mentre Mussi ha annunciato che il nostro Paese "su questo ha cambiato posizione. Naturalmente - ha aggiunto - la legge resta in vigore" anche se "spero che venga cambiata".

Sulla decisione piovono le critiche della Cdl. E anche all'interno dell'Unione si registrano posizioni diverse. Così, mentre il ministro delle Politiche comunitarie Emma Bonino plaude all'annuncio, e quello per la Famiglia Rosy Bindi lamenta di non essere stato informato, il presidente dell'Udc Rocco Buttiglione intima a Mussi di cambiare posizione, altrimenti la Cdl presenterà al Senato una mozione di sfiducia individuale contro di lui. ...caspita... dopo i successi in Europa e a Torino, Buttiglione "intima"... non è fantastico?...

L'annuncio arriva da Bruxelles, durante una conferenza stampa di Mussi e Bonino a margine del consiglio Ue sulla competitività. Il ministro per la Ricerca osserva che la proposta di dichiarazione etica (avanzata lo scorso 29 novembre dall'Italia e da altre delegazioni) "rappresentava una pregiudiziale contraria: oggi - aggiunge - mi sono permesso di annunciare il ritiro dell'adesione italiana a tale dichiarazione", una "correzione" rispetto a quanto fatto dal governo precedente.

Due i punti chiave della decisione: "Il rispetto delle legislazioni" degli altri Paesi dell'Unione europea, e la scelta di "cogliere l'opportunità per un uso controllato delle staminali ai fini della ricerca" evitando che l'Italia abbia "una posizione di chiusura totale alla sperimentazione".

Veronesi Numerose, e accese, le reazioni. La nuova posizione dell'Italia in ambito europeo rappresenta, per alcuni scienziati impegnati nel settore, un segnale importante. "Il governo debutta molto bene rispetto alla scienza e alla ricerca che sono alla base dello sviluppo del Paese" commenta l'ex ministro e oncologo Umberto Veronesi.

Ma sul piano politico, Forza Italia, Alleanza nazionale e Udc non la pensano esattamente allo stesso modo. ...ce ne faremo una ragione...

Gianni Alemanno chiede che Mussi riferisca in Parlamento, Domenico Di Virgilio - responsabile del dipartimento di Bioetica di Fi - parla di "un atto grave e contrario a una legge dello Stato italiano". Commenti anche dall'interno del governo: "Non ho motivo di dubitare che si tratti di una decisione collegiale anche se non ne sono stata informata" rileva Rosy Bindi, che precisa: "Quando ho parlato di possibili modifiche alla Legge 40 ho escluso un intervento legislativo da parte dell'esecutivo e ho solo fatto appello alla responsabilità del Parlamento ad affrontare alcune questioni ancora aperte".

Boccia la scelta di Mussi la senatrice della Margherita Paola Binetti, ex presidente dell'associazione "Scienza e vita": accusa il ministro di aver agito "da solo, per giunta in sede comunitaria", sollecita Romano Prodi ad "assumere il suo ruolo di presidente del governo" e auspica che "sulla ricerca si trovi una sintesi fra le diverse posizioni dei singoli ministri".

Gasparri_1 E se la delegazione socialista del Parlamento europeo plaude all'apertura di Mussi, il Ppe - in particolare la componente di Fi con Antonio Tajani - si dice contrario alla decisione del ministro. Infine, Maurizio Gasparri, di An, che definisce quello di Prodi "un governo di cani sciolti" e chiede al presidente del Consiglio di "chiarire al più presto la posizione del governo".

...ora c'è solo da sperare che i nostri non inizino subito a beccarsi come polli; la destra non attende altro, e potrebbe anche presentare una proposta di legge provocatoria sull'argomento, mirata solo ad evidenziare le divisioni interne. Hanno già iniziato. Scongiuriamo quindi i Rutelli e le Binetti di klasciar perdere le posizioni da sacrestia; il centro-sinistra trovi al suo interno una posizione di mediazione all'interno della maggioranza; poi, questa posizione sia adottata da tutte le anime della coalizione. Senza se e senza ma.

martedì 30 maggio 2006

Fallaci: faccio saltare la moschea: ...provocazione... o fusione del cervello?

Fallaci Fallaci, l'ultima provocazione

"Faccio saltare la moschea in Toscana "da FLORES D'ARCAIS - Repubblica"

NEW YORK - Ce ne ha per tutti. Per Prodi e Berlusconi, liquidati come "due fottuti idioti", per gli immigranti messicani che manifestano con le bandiere del proprio paese ("mi disgustano"), per Chavez ("mamma mia"), per Fellini, di cui non ricorda l'intervista ma che non le piace, per l'olio di oliva fatto in New Jersey. Ma il suo obiettivo principale restano gli islamici: che non sopporta in generale, perché "non credo che esista un Islam buono e uno cattivo" e più in particolare perché non vorrebbe vedere mai la moschea che dovrebbe sorgere a Colle Val d'Elsa: "È vicino casa mia, prendo l'esplosivo e la faccio saltare".

A parlare è Oriana Fallaci, scrittrice e giornalista che negli Stati Uniti è molto conosciuta e apprezzata e che nella sua casa dell'Upper East Side di Manhattan vive gran parte dell'anno. A farla parlare, attraverso un paio di colloqui diretti, delle email e soprattutto raccontando nei dettagli la vita di chi "per due decenni è stata una delle più pungenti intervistatrici del mondo", è il New Yorker: uno dei più prestigiosi settimanali americani di inchieste e cultura, si
uramente il più trendy, un giornale di area liberal. [....]

Collera che esplode quando si parla del progetto di costruire una moschea nel senese: "Non voglio vedere questa moschea, è molto vicina alla mia casa in Toscana. Non voglio vedere un minareto di 24 metri nel paesaggio di Giotto, quando io nei loro paesi non posso neppure indossare una croce o portare una Bibbia. "Se sarò ancora viva andrò dai miei amici a Carrara, la città dei marmi. Lì sono tutti anarchici; con loro prendo gli esplosivi e la faccio saltare per aria". ...io ci ripenserei, Oriana... quelli son matti... magari "sbagliano" e fanno saltare in aria qualcos'altro... non si sa mai... [....] L'articolo è un ritratto piuttosto fedele della lunga carriera di giornalista e scrittrice della Fallaci; racconta con ammirazione i suoi incontri con i grandi del mondo e spiega così le sue posizioni attuali: "La magnifica ribelle Oriana Fallaci adesso coltiva, a quanto sembra, i pregiudizi della piccola borghesia. Si oppone all'aborto, a meno "di non essere violentata e messa incinta da un Bin Laden o da un Zarqawi". Si oppone con forza ai matrimoni gay ("come i musulmani vorrebbero che tutti diventassimo musulmani, loro vorrebbero che tutti diventassimo omosessuali"), ...loro???... e chi sono, la Spectre deli omosessuali?...connettere i due neuroni rimasti, prima di sparare cazzate, no, eh?... è sospettosa dell'immigrazione in generale. Non amo i messicani, dice invocando il modo orribile in cui venne trattata dalla polizia messicana del 1968, se hai una pistola e ti dicono di scegliere chi è peggio tra i musulmani e i messicani avrei un attimo di esitazione; poi sceglierei i musulmani perché mi hanno scassato le palle".

I leader politici italiani non le piacciono, Prodi e Berlusconi vengono liquidati con un gergale "two fucking idiots", quanto alle elezioni politiche non ha votato, né in Italia né per posta da New York: "Perché la gente si umilia votando? Io non ho votato. No! Perché ho una dignità. Se a un certo punto mi fossi turata il naso e avessi votato per uno di loro mi sarei sputata in faccia".

...caspita... e pensare che una così c'è qualche pirla (ma persino qualche maitre à penser autorevole), che la voleva senatrice a vita... una donna serena, pacata, una vera donna delle istituzioni, di quelle che uniscono; di quelle che dal parrucchiere "Tony & Rosy" emergono dal casco solo per urlare, con voce roca: "...io non ho votato, fanno schifo tutti..."

...Immigrati e ricchioni, negli stessi vagoni...

sabato 27 maggio 2006

Fligthser, la barca di D'Alema e la scorta armata

Ricevo questa e-mail da un signore che si firma “Flightser”, che a me sembra un tipico rappresentante di quella destra che non fa errori d’ortografia, non insulta, e tuttavia…:

 Sempre graffianti le vostre righe 

Mi permetto di suggerirvi qualche battuta o vignetta su una vicenda che su tutta l'informazione parlata e scritta sta passando inosservata ed ignorata 

...........Ma che strano.......... 

 La polizia ha dovuto premunirsi di una barca a vela di dovute ed opportune dimensioni, armarla non nel senso marittimo ma dotarla di armi e sofisticati congegni , addestrare l'equipaggio come marinai ed uomini di scorta sul mare  per scortare il vice-premier e ministro per gli Esteri On. Massimo D'Alema  durante le sue crociere in alto mare. 

Questa notizia avrebbe dovuto avere almeno lo stesso risalto di quelle sui lavori eseguiti nella villa in Sardegna dell'ex Premier Silvio Berlusconi..........o no ?


 La sua teoria è così, diciamo, intelligente (specie essendo finita nella mani di uno che ha fatto l'istruttore di vela alla LNI), che merita un godimento più ampio. La pubblicherò sulla posta del blog, insieme alla mia risposta "tecnico-politica”. Intanto, non è che potrebbe gentilmente citarmi la fonte? 

Tafanus

Ha ragione, mi scusi

Resto del Carlino (quotidiano di Bologna)

La Padania  .........non credo occorrano presentazioni

Saluti

 

Regatainvern Caro Flightser,

lei è molto gentile, ed io la ringrazio; no, non occorrono presentazioni… Il Carlino ovviamente lo conosco, e so a chi appartiene (credo lo sappia anche lei). Non lo scarico mai per la semplice ragione che non è scaricabile e formattabile come vorrei. La Padania, invece, è un riferimento culturale costante della newsletter; nel senso che quasi tutti i giorni (anche oggi) ne pubblico qualcosa, tanto per chiudere in allegria…

 

Dunque, come le dicevo, chi le scrive ha fatto 30 anni di vela d’altura, e gli è capitato anche di fare (per hobby) l’istruttore per i corsi di Patente Nautica presso la Lega Navale, nonché qualche non insignificante ragata d’altura. Glielo dico non per mettere la medaglietta, ma per farle capire che la stupidità della notizia da lei riportata è valutata da qualcuno che qualcosa di vela sa….

 

La barca di D’Alema è un 18 metri f.t. (fuori tutto), che ad occhio sarà quindi di 15 metri (cioè di 50 piedi) di LWL (lunghezza al galleggiamento – o Length at the Water Line); non glielo dico per fare sfoggio di cultura nautica, ma perché nelle barche “dislocanti”, cioè non plananti, la c.d. velocità critica (quella al di la della quale la barca non va neanche a spingerla a cannonate, dipende dalla LWL, sulla base di una formuletta semplice semplice: Velocità critica = 1,3 x Rad. Quadr. della LWL espressa in piedi. Faccia i dovuti calcolini, e scoprirà che la barca di D’Alema, in condizioni ottimali, fa 9 nodi al massimo.

 

Dunque, appare del tutto evidente che per proteggere D’Alema (o Previti, o Castelli, o tante altre autorità che vanno – o andavano, nel caso di Previti -  in barca a vela) è molto più economico (oltre che più pratico) utilizzare una qualsiasi barca a motore PLANANTE; diciamo anche sui 10 metri. Costa l’80% in meno di una barca a vela di 18 metri, sviluppa una velocità tripla, viaggia dritta e non sbandata di 30-40 gradi, viaggia anche ESATTAMENTE contro vento, e…

 

…signor Fligthser, immagino che la barca armata a protezione di D’Alema non sia armata di lanciamissili, cannoni, obici… magari qualche fucile mitragliatore, giusto? Poggiato sulla tuga (non vedo altra posizione; ora, se un demente con una mitraglietta si mette a sparare da quella posizione, in 360 gradi di “giro” sa cosa butterebbe giù, su una barca a vela? Partendo dalla poppa: il paterazzo, le sartie volanti, le sartie e le sartiole fisse, la scotta del genoa,  il wang della randa, il tangone dello spi, lo strallo di prua, lo stralleto, il caricabasso del tangone…siamo solo a metà giro; completi il giro dall’altra parte, raddoppiando il danno, ed ha il quadro della situazione; l’albero non lo butterebbe giù (lo bucherebbe soltanto) ma verrebbe giù lo stesso appena fottuta la prima sartia…

 

…ora, Signor Fligthser, conti fino a dieci, e mi spieghi perché mai qualcuno dovrebbe fare una stronzata simile. Vede, noi comunisti siamo cretini, ma non fino a questo punto…

 

…quanto all’aspetto politico: D’Alema (le ricordo, ex presidente del Consiglio ed attuale ministro degli Esteri) ha la scorta? Per carità, forse dovrebbero togliergliela, ma solo dopo averla tolta alla Pivetti, per esempio, o alle puttanelle di Moggi. Non trova?…

 

Infine, mi consenta un garbato appunto personale: ma quando lei legge una roba simile sul Carlino, o peggio ed addirittura, su “La Padania”, non ha nessun relais che scatti e dia l’allarme? …sa, forse Repubblica o l’Unità non hanno pubblicato questa “notizia” solo perché c’è un limite alle idiozie che si possono dire…

 

Cordialmente, Tafanus

giovedì 25 maggio 2006

...e Totò Vasa Vasa minaccia i bloggers...

...la quinta colonna Silvia P. mi invia questo fantastico "reperto", trovato sul sito di Totò Cuffaro. Silvia merita tutta la nostra stima, perchè a noi mai e poi mai sarebbe venuta l'idea di visitare questo sito; e, se anche avessimo avuto l'idea, non avremmo avuto lo stomaco...

...sensazionale! Guarda cosa ho trovato sul sito ufficiale di Totò Cuffaro... bisognerebbe diffidare lui dall'usare la lingua italiana. L'invito finale, poi, come ciliegina sulla torta, equipara la mafia ad altre opere di utilita' sociale e caritativa. Che in fondo in fondo sia una persona onesta?

...famiglie delle vittime della mafia e altre opere di utilità sociale?... ma una frase con queste associazioni logiche se la scrive da solo, o assume un ghost-writer?...

...ed ora tutti noi "diffamatori" non possiamo che tremare... vuoi vedere che saremo incriminati per aver detto che Totò è sotto processo per associazione mafiosa, mentre è sotto processo solo per associazione mafiosa???

P.S.: pensando di gare cosa gradita a Totò Vasa Vasa, riportiamo questo articolo di Claudio Fava su l'Unità del 10 giugno:

Un mercoledì a Rebibbia di Claudio Fava

Dovrebbero assumerli come editorialisti sui nostri quotidiani, certi collaboratori di giustizia. La battuta con cui ieri a Rebibbia, davanti ai giudici di Palermo in trasferta, il mafioso pentito Angelo Siino ha liquidato don Totò Cuffaro e il suo milione e seicentomila voti di preferenza è da antologia: «Se mi permette, signor presidente, il governatore Cuffaro “cugghiunìa”». Cuffaro finge, se la tira, bacia, ride, cazzeggia, sorride, minimizza: e comunque se ne fotte. “Cugghiunìa”, coglioneggia, appunto.

Io non so un paese civile, cioè un paese senza forche in piazza ma con un briciolo di decenza tra le pieghe dei pensieri, cosa dovrebbe fare di fronte alle cose dette e ascoltate mercoledì a Rebibbia. C'é un tizio che di mestiere faceva il cosiddetto ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra e che racconta del suo incontro privato, a casa propria, con un Cuffaro rampante e azzimatissimo.

Era il 1991, si correva per le elezioni regionali. Totò era il braccio destro del potente capo corrente democristiano Calogero Mannino e puntava a sbancare in termini di preferenza (problemi ad essere eletto, certo non ce n'erano). Insomma, succede che un paio di cumparielli democristiani gli presentano al ristorante Angelo Siino detto Bronson, Cuffaro si siede a tavola, scherza, sfotte, s'allarga... E una settimana dopo si presenta in casa di Siino con il sorriso delle grandi occasioni: “Mi dicono che lei è uno che sposta voti: che fa, potrebbe spostarli a mio favore?”

Dice oggi Cuffaro: “È vero, ho conosciuto Siino e ci sono andato a casa per chiedergli voti. Ma non sapevo che era mafioso”. Naturale. Siino era un benemerito delle dame di San Vincenzo, per questo spostava voti come un autotreno. Aggiunge Totò: “Comunque, fu un peccato veniale. Che ci volete fare, nel '91 ero agli inizi della mia carriera politica”. Uno sbarbatello, come no? Che nella sola provincia di Agrigento raccolse 80 mila voti, arrivando secondo degli eletti.

È ormai storia vecchia. Ad ogni nuova udienza, per ogni nuovo interrogatorio, con ogni nuovo collaboratore di giustizia scopriamo su Cuffaro vecchi altarini, grossolane bugie, macchie d'unto...

In un paese civile il governatore della Sicilia si sarebbe dimesso da tempo, chiedendo scusa. Non Cuffaro: lui cugghiunìa. Ci toccherà sopportarcelo fino al giorno del voto.

Cuffaro www.totocuffaro.it
AVVISO AI DIFFAMATORI

Chiunque abbia divulgato notizie diffamatorie nei confronti dell¹on.Cuffaro a mezzo internet, è diffidato a rimuoverle dal proprio sito web. Ricorrendo infatti gli estremi di reato, i colpevoli saranno perseguiti in via giudiziaria, tanto sul piano penale quanto su quello civile per il risarcimento dei danni. In tale direzione, la rete internet è sottoposta ad un attento monitoraggio e sono già state avviate le prime denunce, sia nei confronti dei titolari dei domini, sia nei confronti dei rispettivi internet-provider responsabili in solido. Le somme recuperate saranno integralmente devolute in favore delle famiglie delle vittime di mafia e di altre opere di utilità sociale e caritativa.

"NonSoloJuve": Galliani furibondo per le SUE intercettazioni...

«Mandate gli arbitri giusti» - Le intercettazioni: «Galliani è furibondo»

Corriere della Sera

 

Pallonegonfiato_1 [….] L’ultima informativa consegnata dai carabinieri del reparto operativo di Roma ai magistrati napoletani, svela nuovi retroscena sullo scandalo del calcio. E individua le pressioni, ma anche le minacce della dirigenza del Milan per ottenere designazioni favorevoli dopo aver scoperto le manovre della Juventus. Il telefono intercettato è quello di Meani, ma il presidente Adriano Galliani interviene più volte sulla scelta di «fischietti» e assistenti.

 

L’avvertimento
Il 19 aprile 2005 Meani telefona ad Adriano Galliani, «il quale ne approfitta per chiedergli se ha parlato con i designatori, ricevendo non solo risposta positiva dal Meani ma anche l’energico richiamo fatto sia a Bergamo che a Mazzei (designatore degli assistenti, ndr), tant’è che per il prossimo incontro con il Chievo è stato designato l’assistente Puglisi». Galliani sapeva dunque quale fosse la procedura per ottenere designazioni favorevoli. Del resto, quale fosse il tenore delle «pressioni» esercitate dai rossoneri, emerge proprio dalla trascrizione della conversazione tra lo stesso Meani e Mazzei dopo Siena-Milan del 17 aprile 2005 finita 2-1, nel corso della quale il dirigente milanista si lamenta del guardalinee Baglioni che aveva annullato un gol. «Che cazzo! Io questo proprio non lo voglio no! Non l’ho mai chiesto nè voluto! Questo è uno... oltretutto adesso mi dice di stare molto attenti eh! Di non sbagliare perché Galliani è furibondo! Quindi digli di stare molto attenti da qui alla fine del campionato... quindi anche mercoledì cercate di mandare due intelligenti... ». I due si parlano nuovamente dopo pochi minuti. Meani: «Adesso state attenti, state attenti perché è super velenoso, mandateci gente, perché ormai... mandateci anche a noi un po’ il Consolo della situazione, non è che lo mandi sempre a Torino... hai capito?».  Mazzei: «Sì, no, no, no te lo mando, non è che... ci mancherebbe altro».

 

 

Galliani2 Gli sms
Mentre Moggi contava su Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, Meani si affidava al segretario della commissione arbitrale Manfredi Martino. Due giorni prima di Milan-Chievo «Meani riceve un sms da Martino che gli comunica che l’arbitro sarà Paparesta e gli assistenti Puglisi e Gemignani». Puglisi appare per il dirigente rossonero un «uomo di fiducia»: era stato proprio lui, alla vigilia di Milan-Inter di Champions League ad affermare al telefono "l’importante è che noi riusciamo a fargli il culo a ’sti interisti". E infatti, dopo aver ricevuto l’sms Meani esulta. «Chiama l’assistente Babini —si legge nell’informativa — e con tono trionfante gli comunica che le sue lamentele (dopo Siena- Milan, ndr) hanno avuto l’effetto desiderato: "...dopo la purga arriva... arriva la medicina..." e alla richiesta di ulteriori precisazioni replica "...siccome si sono cagati addosso, allora mandiamogli i suoi amici"».

 

Letta_pisanu_1Il dossier a Letta
Il 27 aprile 2005 Galliani chiama Meani «per avvisarlo di riferire all’arbitro Paparesta "che il dossier è nelle mani del sottosegretario Gianni Letta", dopo che in proposito gli aveva specificato "che questa mattina mi ha chiamato, m’ha detto che conosce la vicenda che interverrà!". Il contenuto del dossier non è specificato. Ma nell’informativa c’è la telefonata fatta due minuti dopo da Meani e Paparesta «per informarlo di quanto Galliani gli aveva riferito». Dopodiché, Meani esterna le sue considerazione sull’attuale situazione del mondo arbitrale, "... e bisogna un po’ cambiare, bisogna un pochettino cambiare il vento però!"... Il dirigente milanista, infine, invita l’arbitro a contattare il presidente Galliani per ringraziarlo del suo interessamento per la vicenda che lo riguarda».

Lorenzo Salvia e Fiorenza Sarzanini

 

Letta_pisanu_1 ...che dire??? dopo che il nano ha sbraitato per giorni contro l'immoralità degli "altri" nel mondo del calcio, salta fuori che le mani in pasta (come d'altronde tutti sospettavano) le aveva anche il pulitissimo Milan: avevano addirittura un dirigente, Meani, addetto ai "Contatti cogli Arbitri" (contatti???)... le mani in pasta le aveva Galliani (che ieri si è rifiutato, in sintonia col padrone, di fare il famoso "passo indietro" che il buon gusto avrebbe imposto)... le mani in pasta le aveva persino il mitico Gianni Letta, candidato trombato alla Presidenza della Repubblica (candidato dal nano, e trombato)...

 

...ora siamo abbastanza certi che la richiesta di "restituzione" di due scudetti al nano diventerà meno convinta e meno convincente: forse la Juve potrà perdere uno scudetto, ma non crediamo che il Milan abbia le carte in regola per pretenderlo... il sito www.rivogliamoloscudetto.com, che forse il nano avrebbe voluto affiancare al mitico www.ricontiamo.com, non vedrà più la luce...

 

mercoledì 24 maggio 2006

Serbia-Montenegro: chiuso il sito www. rikonthiamovic.sr

Il Montenegro è indipendente - La Serbia accetta la separazione - I risultati della Commissione elettorale: sì col 55% dei voti - Il presidente serbo riconosce il voto del referendum
(da Repubblica.it)
 
PODGORICA - Con il 55,5% dei voti, il popolo di Montenegro ha detto sì all'indipendenza dalla Serbia e alla fine dell'ultimo Stato unitario tra republiche ex jugoslave. Lo confermano i dati finali dello spoglio delle schede del referendum di domenica, resi noti oggi dalla commissione elettorale dopo il riconteggio dei verbali di 37 seggi residui (su circa 1.120) contestati dall'opposizione unionista.

Tadic L'indipendenza sancita dal referendum è stata accettata dal presidente serbo, Boris Tadic, nella prima reazione ufficiale al voto. "Come presidente della Serbia accetto i risultati preliminari ufficiali annunciati dalla commissione'', ha detto Tadic in conferenza stampa a Belgrado.

Nel giorno in cui la commissione elettorale ha confermato la vittoria degli indipendentisti il presidente della Serbia-Montenegro, Svetozar Marovic, ha annunciato che si dimetterà la prossima settimana. "Andrò a Belgrado per presiedere l'ultima sessione del Consiglio dei ministri e poi mi dimetterò da presidente", ha dichiarato Marovic.

Intanto la festa per l'indipendenza è durata fino all'alba. E tra balli, spari, brindisi e luci, la piccola città montenegrina, oggi capitale di un nuovo Stato, pareva illuminata a giorno. Il Montenegro comincia ora la marcia per formalizzare il suo status. Presto una Costituzione rinnovata e in autunno le elezioni. Anche se di pochi decimali, Montenegro ha superato la soglia del 55 per cento fissata dall'Unione Europea per riconoscere la secessione dalla Serbia.

Secondo le cifre fornite oggi dal presidente e garante della commissione elettorale, il diplomatico slovacco indicato dall'Ue Frantisek Lipka, i no si sono fermati al 44,5%: 11 punti tondi in meno rispetto al partito degli indipendentisti. L'affluenza alle urne è stato alto, oltre l'86% dei 485.000 aventi diritto. Nei prossimi giorni sono previsti altri controlli di rito - vi sono tre giorni di tempo pr ulteriori eventuali contestazioni formali - ma il risultato appare ora un punto fermo, anche perché Lipka ha sottolineato l'accuratezza del calcolo, precisando che è stata la stessa commissione centrale a scrutinare sotto la sua responsabilità i i 37 seggi controversi, concentrati nella capitale Podgorica, dopo che a livello locale i rappresentanti di lista non erano riusciti a mettersi d'accordo.

Uno scrutinio che ha attribuito nei seggi in questione una prevalenza di voti indipendentisti superiore rispetto alla media nazionale (oltre il 56%). Interpellato sulla possibilità di un riconteggio generale dei voti, evocato dall'opposizione unionista, il diplomatico slovacco ha tagliato corto, affermando che la commissione finora "non ha ricevuto obiezioni" tali da giustificarlo.

Il destino finale dei dati - completi, ma considerati formalmente ancora preliminari in attesa della pubblicazione ufficiale - è quello di essere trasmessi al Parlamento locale, a cui spetterà la proclamazione dell'indipendenza, attesa a inizio giugno.
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Bandana_1 ...non è fantastico? la Serbia accetta di perdere un pezzo del territorio, sulla base di un referendum vinto dai separatisti con lo 0,5% di voti in più del quorum necessario, fissato al 55%. Dopo un primo, timido tentativo di imitare Silvio e chiedere la "riconta" dei voti, in 24 ore si sono democraticamente rassegnati alla sconfitta, ed hanno riconosciuto la regolarità del referendum. Eppure perdono qualcosa in più dei una tornata elettorale: perdono un pezzo di territorio, e lo perdono irreversibilmente...
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...da noi, Silvio continua a straparlare di "riconta", di "brogli", e di analogo pattume, mentre persino uno come La Russa (il che è quanto dire) inizia a dissociarsi. Ci viene in mente una vecchia aspirazione di D'Alema, che auspicava che l'Italia diventasse almeno un paese normale... beh... chiedere che l'Italia diventi un paese normale è eccessivo, però chiedere che diventi un paese il cui livello di democrazia si avvicini a quello della Serbia, non ci sembrerebbe richiesta eccessiva...
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...diceva, credo, Ennio Flaiano: "...tentare di educare gli italiani non è impossibile; è inutile..." Aveva già conosciuto il Cipria?

martedì 23 maggio 2006

Fascisti erano, fascisti sono rimasti - Saia di AN: "La Bindi è lesbica"

Saia Il Senatore di An Maurizio Saia: "Bindi è lesbica, via dal ministero della Famiglia"

ROMA - "La Bindi? Una lesbica, e non può guidare il ministero della Famiglia". Le parole di Maurizio Saia, senatore di An, fanno insorgere il centrosinistra. Che replica: "Fini lo sconfessi subito".

"Non credo - ha detto Saia in una intervista a Canale Italia - che sia un segreto, non ho nulla contro le lesbiche, ma va chiarito che Rosy Bindi è lesbica. Per ciò non mi è sembrato, sul piano politico da parte di Rosy Bindi, corretto assumersi non il ruolo dell'economia o dell'istruzione, dove pure già avrei avuto delle difficoltà ad accettarla, ma il dicastero della Famiglia ad una persona che di famiglia non sa niente".

Ironica ma secca la risposta del ministro: "Mi dispiace per il senatore Saia ma anche se, per scelta personale, ho rinunciato a sposarmi mi piacciono gli uomini educati, rispettosi delle donne, intelligenti e possibilmente belli. Tutte qualità che il senatore di An non possiede".

Più dure le parole di Donato Mella, della Margherita, secondo il quale "le vergognose dichiarazioni dell'on. Saia rivelano la vera natura di una destra arrogante e fascista. Gianfranco Fini e tutti i leader dell'opposizione dovrebbero prendere immediatamente le distanze da questo esponente di An".

...ecco, avevamo intitolato un recente post "...a quando la marchiatura dei froci?" ...pensavamo di aver espresso un giudizio troppo duro coi fascisti che siedono in parlamento; ci dobbiamo ricredere: per quanto si possa insultare questi fascisti, riescono ad essere sempre un gradino più in basso rispetto ai nostri apprezzamenti. Grazie di esistere, Senatore Saia.

lunedì 22 maggio 2006

La risposta di Antonio Di Pietro al Tafanus

Dipietro_1 Il Ministro Di Pietro, al quale Tafanus aveva manifestato tutto il proprio sconcerto per la storia dei senatori IDV che avevano minacciato, fra le righe, la non-concessione della fiducia a Prodi, ci risponde con grande sollecitudine (di cui gli diamo volentieri merito), anche se la sua risposta non cancella tutte le ombre.

 

Gent.mo Sig. Tafanus,

rispondo alla giusta osservazione sottoponendo alla Sua attenzione i seguenti fatti:

  • l'Italia dei Valori come partito, ma soprattutto la mia persona, si è impegnato molto prima e durante la campagna elettorale per visitare i nostri elettori all'estero, cercando di recepire tutte le loro problematiche e prendendo l'impegno di farsi portavoce delle loro richieste;
  • abbiamo ottenuto un gran successo grazie anche al loro voto e legittimati da quello abbiamo anche il dovere di rispettare gli impegni presi;
  • non pensavamo che il Ministero degli italiani nel mondo sarebbe stato soppresso e nel momento che è stato fatto il Governo abbiamo dovuto prendere alcune decisioni;
  • la fiducia al Governo Prodi è stata presentata prima al Senato della Repubblica ed era nostro dovere far presente al Presidente del Consiglio che erano state disattese alcune aspettative degli eletti all'estero;
  • non è mai stata messa in dubbio la nostra stima e il nostro appoggio al Presidente del Consiglio, ma dovevamo, certi che saremmo stati ascoltati, tutelare anche gli elettori all'estero, così come avremmo fatto per qualsiasi altra categoria che, fidatasi di noi dell'Italia dei Valori, non veniva presa in considerazione nel momento delle scelte.

Tutto questo discorso, posso garantire, non è mai stato un discorso di "poltrone", sono sempre stato il primo nelle scorse settimane a non entrare nel merito delle discussioni che avvenivano nelle riunioni per la formazione del Governo, e sono soddisfatto di qualsiasi scelta farà il Presidente Prodi per il nome del Vice Ministro incaricato di rappresentare i nostri elettori all'estero. Perché, come per ogni azione dell'Italia dei Valori, l'importante è che gli impegni che abbiamo preso vengano attuati e che la giustizia ad ogni livello risulti sempre vincitrice.

Cordialmente,

 

Antonio Di Pietro
Ministro delle Infrastruttur

 

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Gentile Ministro Di Pietro,

 

intanto la ringraziamo per aver risposto: non tutti lo fanno, ed è già molto…

 

Sul merito della risposta, invece, ci dichiariamo “parzialmente soddisfatti”, come si dice durante le risposte alle interrogazioni parlamentari… le nostre critiche, infatti, non vertevano sul “merito” di lottare per mantenere una struttura (ministero o sottosegretariato) per gli Italiani all’estero, quanto sul “metodo”. Non abbiamo apprezzato, e lo ribadiamo, quel modo di fare per cui prima due senatori dell’IDV, poi cinque, abbiano potuto andare avanti per ore a lanciare messaggi di possibile non-fiducia a Prodi, prima che lei intervenisse, ce lo lasci dire, con un certo ritardo. Nel frattempo, la destra ha potuto orchestrare una bella appendice di campagna sulle nostre “divisioni” e sulla nostra “fragilità”.

 

Preghiamo l’IDV e tutta la coalizione di non fare nulla, mai, che ci faccia rischiare altri 5 anni di Berlusconi: questo paese non sopravviverebbe.

 

Con sincera gratitudine,

 

Tafanus

 
 

P.S.: ci risulta che il suo staff frequenti questo blog: crediamo immodestamente che una certa frequentazione possa dare ai suoi il polso di come un bel campione di elettori di centro-sinistra la pensa in merito a tutti i problemi che sono e saranno sul tappeto. Nei limiti (modesti) dei nostri mezzi, noi aiuteremo il centro-sinistra, ma senza fare sconti. Abbiamo investito molto, emotivamente, su questo “cambio della guardia”, e quindi saremo i critici più severi e noiosi della NOSTRA parte politica.

 

Tafanus

 

sabato 20 maggio 2006

Perecottari in Parlamento: i fischi della destra ai Senatori a vita

...ci scusiamo in anticipo con l'AIP (Associazione Italiana Perecottari) per averli associati ai senatori del centro-destra; non è nostra intenzione offendere i perecottari, quanto dare ai senatori fascisti un modello di riferimento in termini di intelligenza, buona educazione e cultura politica...

Sfilano tra fischi e insulti. "Necrofori". "Venduti". I sette senatori a vita pagano a caro prezzo la scelta di votare la fiducia al governo Prodi. "Hanno fatto qualcosa di immorale" tuona Silvio Berlusconi. La Cdl scatena una gazzarra che accompagna i sette mentre sfilano davanti al banco della presidenza. Una gazzarra che non risparmia nessuno, nemmeno l'ex capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi. Tantomeno Giulio Andreotti che la Cdl aveva portato come candidato alla presidenza al senato. "Venduto" anche lui.

I sette sfilano uno dopo l'altro. Giulio Andreotti, Carlo Azeglio Ciampi, Emilio Colombo, Francesco Cossiga, Rita Levi Montalcini, Sergio Pininfarina e Oscar Luigi Scalfaro. Ogni passaggio è accompgnato da urla e insulti. Tanto da provocare il richiamo del presidente Franco Marini per sedare la contestazione. "Non è accettabile è una cosa grave, c'è da riflettere su certi comportamenti" dice al microfono il presidente. Un intervento che risparmia le proteste al momento del passaggio di Rita Levi Montalcini. Ma quando passa Oscar Luigi Scalfaro la Cdl si scatena. E' una ruggine di vecchia data quella del centrodestra contro l'ex presidente della Repubblica. Resa palese in ogni occasione possibile. Fischi anche per Francesco Cossiga, che però, avanza con aria spavalda, ridendo.

Alla fine anche il forzista Renato Schifani è costretto a stigmatizzare le contestazioni: "I fischi a Ciampi non sono giustificati. Io non sono stato protagonista di questi fischi che io condanno". Ed ancora: "Se i senatori a vita si fossero astenuti la fiducia non sarebbe passata".

Ma le sue parole cozzano contro le nude cifre. Il voto di oggi dimostra che i senatori a vita non sono aritmeticamente determinanti: se avessero votato solo i 314 senatori eletti (tutti tranne il presidente), il quorum richiesto sarebbe stato di 158 voti. Cifra che il centrosinistra oggi avrebbe raggiunto anche senza il concorso dei sette "grandi vecchi" di Palazzo Madama.

 Dalla maggioranza sono arrivate critiche dure al comportamento dell'opposizione. Il capo del governo, Romano Prodi, ha commentato: "Sono molto dispiaciuto perché è stata una scena che ha mostrato grande mancanza di rispetto per le istituzioni e per le persone".

Ha preso posizione contro Berlusconi il presidente del Senato, Franco Marini: "I giudizi espressi da Silvio Berlusconi sul voto di fiducia dei senatori a vita sono inaccettabili, sbagliati ed inspiegabili". Marini ha proseguito:"Forse il clima politico ha influenzato il giudizio di Berlusconi, ma i senatori a vita, che sono persone che hanno illustrato la vita del paese in tutti i campi, non hanno un diritto di tribuna al Senato, ma hanno i diritti e la presenza. Lacostituzione prevede che abbiano i diritti di tutti i senatori e li esercitano". (da Repubblica.it)

...coglioni, maleducati e disinformati: senza il voto dei Senatori a vita, Prodi avrebbe avuto ugualmente la fiducia; il quorum infatti si sarebbe abbassatto a 158 voti, ma Prodi ne avrebbe avuti 161...

...coglioni, maleducati e disinformati: nessuno li ha avvertiti che, per costituzione e tradizione consolidata, i Senatori a vita non sono pupazzi di rappresentanza, ma hanno SEMPRE partecipato ai voti di fiducia?...

...coglioni, maleducati e disinformati: perchè si erano dimenticati che, diversamente da quanto si è verificato con Prodi, esattamente 12 anni fa i Senatori a vita furono determinanti (quella volta si...) per la nascita del Berlusconi 1°, che senza quei voti non sarebbe mai nato...

...e il più coglione, disinformato e maleducato è, come sempre il mitico Silvio, che da Napoli ha tuonato contro la "immoralità" dei Senatori a vita: nessuno aveva fatto in tempo a ricordargli che lui si, nel '94, era stato eletto "coi voti determinanti" dei Senatori a vita. Ma quella volta il Grande Coglione non ebbe alcuna obiezione da muovere alla "moralità" di Giovanni Leone, Francesco Cossiga e Gianni Agnelli, che col loro voto gli salvarono le chiappe.

 

venerdì 19 maggio 2006

Storace e il rogo del Codice da Vinci ...a quando la marchiatura dei "froci"?...

Storace_3 ...Il rogo alla ciociara del Codice Da Vinci...

Luigina D'Emilio (L'Unità)

Certo, il contesto è più da operetta che da dramma. Ma loro ci hanno provato lo stesso a riproporre i rituali drammatici dei libri bruciati in piazza, dall´inquisizione ai nazisti. E in una riedizione alla ciociara, un po´ cialtrona e un po´ triste di ben altri roghi, hanno incendiato l´emblema stesso del peccato: "Il Codice Da Vinci".

Promotori di questa inutile crociata due consiglieri comunali di Ceccano, un paese di 23mila abitanti in provincia di Frosinone. Massimo Ruspandini di Alleanza Nazionale e Stefano Gizzi della Democrazia Cristiana dinanzi ad una piccola folla tutt´altro che plaudente hanno dato alle fiamme il romanzo Dan Brown, tornato a far parlare di sé per la sua edizione cinematografica che sta sbancando i botteghini di mezzo mondo. E forse è proprio questo che dà fastidio ai due e ai tanti altri, ben più potenti, che in questi giorni stanno conducendo una crociata mediatica contro il libro.

Puntuali, alle 12 di sabato 20 maggio, come avevano annunciato nei giorni scorsi, i due inquisitori, imitatori improvvisati di ben più tragici predecessori, si sono presentati nella piazza del municipio, per dare vita al loro teatrino degli orrori.

Ad attenderli tante persone, rappresentanti del mondo politico e istituzionale del luogo, ma soprattutto cittadini, ceccanesi venuti non per curiosità, non per assistere ad un fatto insolito, ma per manifestare dissenso contro un atto che offende l´intelligenza di un´intera città. Aldo Papetti, ex sindaco del Paese, che Ceccano e la sua gente la conosce bene è imbufalito: «È uno sfregio alla città, questo non ce lo meritiamo, sono solo in cerca di notorietà. Forse sono gelosi di Fefé (uno dei protagonisti dell´ultima edizione del grande fratello, ciociaro anche lui, n.d.r.) vogliono un po´ di pubblicità anche loro».


E sicuramente il loro mezzogiorno di fuoco e pomodori i due protagonisti di questa vicenda lo hanno avuto. Tra grida, insulti e lanci del rosso ortaggio si è consumato il "rito purificatore". Nessun braciere, come era stato annunciato, nessuno slogan o striscioni, ma il libro è stato incendiato direttamente nelle mani dei due cerimonieri che intimoriti dai numerosi attacchi verbali e dal lancio di pomodori, al grido di «abbiamo difeso Gesù Cristo» hanno cercato di concludere il più in fretta possibile il gran gesto. D´altronde i numeri non erano dalla loro parte: una trentina di persone appena erano venute a incitarli e sostenerli, Almeno cinque volte di più quelli che li contestavano. Se volevano una marcia trionfale, dovranno tornare un´altra volta.

Nulla da temere dunque neanche per alcune ragazze che con scopa al seguito lanciavano volantini al grido di tremate, tremate le streghe son tornate.«Bruciate anche loro», annuisce ridendo Americo, un ragazzo di 26 anni che vive e lavora a Ceccano. «Se continuiamo così dovremo mettere la polizia a guardia della biblioteca comunale» gli fa eco Giuseppe, che in biblioteca ci lavora e che non crede sia possibile un gesto del genere:«Non siamo mica ai tempi di Savonarola, si poteva manifestare il proprio dissenso senza gesti barbari, i libri vanno amati e rispettati».

E nella piazza del Paese erano in tanti a pensarla così, infatti, Ruspandini e Gizzi erano sostenuti solo da un manipolo di Azione Giovani, l´organizzazione giovanile di An. e non tutta la destra ha approvato l´uscita dei due. Alcuni attivisti di centro destra hanno fatto sapere di essere del tutto lontani dalle idee dei due consiglieri e hanno promesso un comunicato di dissociazione. Che finora, però, non è arrivato.

Severa la nota di condanna del sindaco, Antonio Ciotoli, che ha espresso, assieme al centro sinistra, la preoccupazione e lo sdegno per l´accaduto:«ritengo di incarnare la volontà dell´intera città disapprovando totalmente un gesto gravissimo come quello di voler bruciare un libro, simbolo di sapere e di conoscenza civile e soprattutto civica, di qualsiasi natura ed indirizzo esso sia».

Alla fine, spente le pire purificatrici, resta la tensione. I due, col loro manipolo di sostenitori, non sanno come mettere fine al teatrino. C´è troppa gente intorno, più divertita che indignata a dire il vero. Per fortuna, c´è il colpo di teatro finale in questo sabato del villaggio piuttosto movimentato. Un grido riporta tutto alla normalità: «Lasciate passare la sposa». Così, sovrastata dagli ultimi insulti, passa la sposa con il suo piccolo corteo. E Brown ha venduto due copie in più del suo libro.
 
...il rito fascista, di grande levatura politica e culturale, si è consumato nella piccola Patria dell'Epurator Starace, quello che voleva organizzare anche l'epurazione degli autori di testi di storia per le scuole medie, rei di non aver accettato l'equazione Shoah=Foibe ... la cosa in se potrebbe anche finire sepolta da un coro misto di risate e pernacchie: senonché, accade che questa cazzata, a metà strada fra Marinetti e Antonio Cito, sia stata sponsorizzata da Azione Giovani (l'organizzazione giovanile ufficiale di AN), nel più assoluto, rumoroso silenzio dello statista Gianfranco Fini... aspettiamo... magari ha già cacciato a calci in culo i due fasci di Ceccano e la dirigenza di Azione Giovani, e noi non lo sappiamo ancora...
 

Lo zoo di Alemanno -  Yak in Abruzzo. Affidati al medico dell'ex ministro. Costo: un milione (...di euro, of course...) di Riccardo Bocca (L'Espresso)

Alemanno Lo zoo di Alemanno -  Yak in Abruzzo. Affidati al medico dell'ex ministro. Costo: un milione (...di euro, of course...) di Riccardo Bocca (L'Espresso)

Un milione di euro. È quanto l'ex ministro delle Politiche agricole Gianni Alemanno, aspirante sindaco di Roma, ha stanziato per un progetto che lascia perplessi: allevare yak sulle montagne abruzzesi. Proprio così. Al posto delle tradizionali vacche, nell'ottobre 2005 sono sbarcati ad Acquachiara, in provincia di Teramo, una ventina di pelosissimi bovidi tibetani. Nell'arco di tre anni saranno studiati dagli esperti dell'Istituto sperimentale di zootecnia. Con una particolarità: il coordinamento scientifico delle operazioni, e relativo portafoglio di 180 mila euro, è finito altrove. A disposizione di Adolfo Panfili, medico personale di Alemanno, nonché suo compagno di trekking in alta quota. Il quale non affronta questa impresa da solo: c'è anche sua moglie, Valeria Mangani (candidata alle prossime comunali nella lista Alemanno), ringraziata con un gettone annuo di 20 mila euro. E ci sono altri due amici di sgambate del candidato sindaco: l'imprenditore Corrado Pesci, figlio di Virna Lisi, e la guida alpina Marco Forcatura.

Tutto nasce in modo, diciamo così, famigliare. Lo spiega lo stesso Panfili, specialista in ortopedia e traumatologia, creatore dell'Associazione internazionale di medicina ortomolecolare (per sostituire ai farmaci "aminoacidi, fiori di Bach e minerali"). "Tre anni fa ho curato il ministro Alemanno", racconta. "Dopodiché è sbocciata una splendida intesa, basata sull'amore per la natura e la montagna". Il che, in teoria, non dovrebbe automaticamente portare al coordinamento di una mandria di yak. E infatti. L'incarico arriva dopo un'avventura che Alemanno affronta nel 2004 con il sostegno dell'amico dottore: l'ascesa al campo base del K2, per il cinquantenario della conquista italiana.

Al ritorno, Panfili riflette: "Esistono 13 milioni di persone che vivono tra i 3 mila e i 5 mila metri di altitudine, e sono le più longeve del mondo. Grazie a che cosa? Alla quota, all'acqua. E alla carne". Di yak, ovviamente. Con questa certezza, Panfili propone ad Alemanno di trasferire i ruminanti tibetani in Italia, e di analizzarne le magnifiche proprietà. Un'idea sposata dal ministro con entusiasmo, dice il dottore. Meno affettuosa, invece, è stata l'accoglienza al progetto di alcuni ricercatori ministeriali, ai quali questa storia non va giù. Non condividono che si spenda un milione di euro per gli yak, animali non autoctoni di super nicchia. E non apprezzano troppo l'intervento di Panfili, signora e amici vari. "Le perplessità di qualche collega", ammette Giacomo Pirlo, direttore generale dell'Istituto sperimentale di zootecnia, "ci sono. Il che non c'entra con il nostro lavoro: siamo stati incaricati di studiare gli yak, e cercheremo di farlo al meglio". Detto questo, si rifiuta di fornire dettagli sui contratti degli illustri collaboratori, da Panfili in giù: "Non posso rivelarli perché riguardano privati", dice Pirlo. Anche se i denari in ballo sono pubblici? "Comunque".

Assai più disponibile è Giacomo Ficco, responsabile tecnico del progetto, il quale coordina il lavoro della Cooperativa Monte Tre Croci (pagata 60 mila euro l'anno) ad Acquachiara, dove pascolano gli yak. "Al di là degli incarichi formali", afferma, "quello che è stato realizzato finora lo si deve al dottor Pirlo, a me e ai ragazzi della cooperativa". E cosa è stato fatto, finora? "Prima di tutto abbiamo cercato yak che già vivessero in Europa, abituati ai nostri climi. Alcuni li abbiamo comprati in Germania, altri in Austria, altri ancora in Italia, da Reinhold Messner. Siamo partiti da Francoforte e li abbiamo trasportati in Tir lungo 2 mila 500 chilometri, per tre giorni e mezzo". All'arrivo in Abruzzo, i bovidi erano stravolti. Alcuni non si facevano avvicinare, altri caricavano. Mentre Benjamin, vigoroso stallone yak, è scappato tra le montagne. "Al ministero e alla prefettura erano preoccupatissimi. C'era chi voleva abbatterlo", dice Ficco, "ma io mi sono opposto. Con tutta la fatica per portarlo qui...".

Appunto. Il dubbio è questo: ha un senso tanto lavoro? Era necessario inventarsi, a caro prezzo, un allevamento di yak? E quali sono le prospettive concrete? "Il progetto", sostiene Panfili, "ha un duplice obiettivo. Da una parte studiare la carne di yak, che è di ottima qualità. Dall'altra, incentivare turismo e occupazione, restituendo vitalità a montagne abbandonate dall'uomo". E se gli yak non si adattassero ai pascoli abruzzesi? "In questo caso", risponde il tecnico Ficco, "il progetto andrebbe in crisi. Non ci resterebbe che dire: abbiamo giocato". Con un milione di euro.

giovedì 18 maggio 2006

Er mejo fico der bigoncio

Si chiude il sondaggio su chi sia stato il peggiore del centrodestra, col seguente podio:

     Berlusconi Oro

     Casini Argento

     Calderoli Bronzo (anche come faccia...)

Rimane inopitamente fuori dal podio, col 4° posto, Sandro Bondi. E il fatto che un campione come Bondi sia rimasto fuori dal podio, la dice lunga sulla qualità complessiva del governo defunto.

domenica 14 maggio 2006

Russo Semolino insiste, questa volta su Calciopoli. E noi pure

...l'articolo che segue, che parla della "rabbia di Galliani", è dedicato al sedicente "miglior battutista del mondo", tale Natalino Russo Seminara, le cui prodezze letterarie sono ampiamente reperibili attraverso qualsiasi motore di ricerca. Il battutista forse non ci ama, dal momento che ci aveva generosamente offerto di collaborare, gratis, al nostro blog. Offerta cortesemente ma fermamente respinta, dato il nostro non lusinghiero giudizio sul personaggio...
 
...oggi abbiamo ricevuto una cortese e-mail dal semolino, e-mail che trascriviamo integralmente (così chiunque potrà apprezzare del doti letterarie del "miglior battutista del mondo":
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"...Vuoi, caro Tanfanus ( per via del tanfo) una prova della tua disonestà intellettuale ( tu a e dei tuoi pari sossi ) ? Eccola : lo scandalo del calcio è scoppiato da oltre 10 giorni. Ebbene tu nelle newsletter con cui inondi l'universo mondo lo hai bellamente ignorato. Salvo parlarne solo oggi per il semplice motivo che forse ( per ora molto marginalmente ) è coinvolto il Milan del Cavaliere. Come a dire a te frega un cazzo di tutto e di tutti, escluse quelle persone o cose tramite le qyuli demonizzare Berlusconi, reo di essere un baluardo, come Bush, contro quel cancro schifoso che è il Comunismo, comunque chiamato e comunque mascherato. Bye
Natalino Russo Seminara.
.
 
Caro Natalino, intanto ti consiglio l'uso sistematico di un "correttore ortografico", quando esponi così temerariamente la tua reputazione letteraria... Quanto al porcaio del calcio, devo informarti di alcune cosine, che forse ti sfuggono:
 
-1) noi abbiamo le nostre priorità (le elezioni del Capo dello Stato, la formazione del nuovo governo, i conti pubblici, le leggi-porcata, ed altro); in questo contesto, il calcio viene agli ultimissimi posti, insieme al curling, alla collezione di figurine Panini e ai TG di Emilio Fede.
 
-2) Berlusconi Baluardo (nientemeno) contro il Comunismo... anzichè fare il Baluardo contro qualcosa che non c'è più da decenni, non potrebbe fare il Baluardo contro la delinquenza politica e finanziaria, o forse non è il Baluardo più adatto?
 
-3) Forse, nella foga di elogiare il Capo, hai trascurato un piccolo particolare: nella Rassegna che citi c'erano tre foto (Moggi/Giraudo, Ancellotti/Galliani, Della Valle); poi c'erano due vignette, entrambe anti Juve. Detto questo, il Milan, caro semoletta, non salta fuori "adesso": è saltato fuori ai tempi dei fondi neri e del falso in bilancio correlato per l'affaire Lentini; è saltato fuori con la storiaccia brutta dei miliardi in nero (ed altri falsi in bilancio) per Baresi ed altri; infine è fuori dal momento in cui esiste la porcata di un impiegato di Berlusconi e del Milan, tale Galliani, che è contemporaneamente Presidente della Lega Calcio (non male, semolino, vero?)
 
-4) Infine, ti informo che il primo ad occuparsi, già da anni, di calcio-porcate, è tale Gianni Mura, giornalista vero della Pravda-Repubblika, che certe cosine le racconta da anni...
 
Non avrei mai pubblicato questa idiotissima intervista rilasciata di Galliani, ma mi ci hai tirato per i capelli. Il Padrone non te ne sarà grato.
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Intercettazioni, rabbia di Galliani - "Siamo trasparenti e lo dimostreremo"
(Repubblica.it)
 
<B>Intercettazioni, rabbia di Galliani<br>"Siamo trasparenti e lo dimostreremo"</B>
Adriano Galliani, impiegato di Berlusconi e Presidente della Lega Calcio

MILANO - Tranquillizzare e rassicurare tutti, soprattutto i tifosi. E senza mezzi termini. E' questo il pensiero di Adriano Galliani, presidente della Lega e amministratore del Milan che nel corso di un incontro a Milanello ritorna sulla vicenda dello scandalo che sta facendo tremare club e i palazzi del calcio. ''La cosa a cui più tengo è tranquillizzare i tifosi. Spiace essere coinvolti, anche se marginalmente o per niente. Spiace molto, perché noi non abbiamo fatto nulla, siamo trasparenti e lo dimostreremo".

In merito al coinvolgimento del club nell'inchiesta della Procura di Napoli il dirigente milanista spiega di essere "caduto dalle nuvole ieri e sono veramente arrabbiato oggi. Il tentativo è quello di fare di ogni erba un fascio. Io sto zitto perché Leandro Cantamessa (legale dei rossoneri ndr) mi dice di stare zitto altrimenti farei il capo tifoso - insiste ancora Galliani - Certamente mi sento vittima. Lascio alla coscienza di tutti stabilire chi è il colpevole e chi la vittima. Vedremo se ci sarà qualcuno che dirà che i colpevoli siamo noi. I tifosi capiscono che il Milan è vittima, però non è legale dirlo e allora sto zitto".

La parola torna quindi a Cantamessa secondo il quale guardando i fatti "con criterio di oggettività, che sta sopra la buona fede e il buon senso, e con una lettura serena e non di parte degli atti", la vicenda "non può che portare ad una sola conclusione: sul Milan non c'è nulla. Rileggendo le carte sono ancora più convinto di tutto questo e mi chiedo in maniera ancora più forte: Perchè? Accade spesso, quando ci sono molti indagati, che gli avvisi di garanzia partono e vanno in tutte le direzioni. Qui però abbiamo un riflesso di natura sportiva. C'è già chi assegna lo scudetto all'Inter e considera il Milan retrocesso. Questo significare fare una lettura disattenta o una lettura mancata delle carte".

L'avvocato spiega quindi che Leonardo Meani, coinvolto dai magistrati nell'inchiesta "è un collaboratore del Milan. E' agli atti, ma non figura nel censimento". Nessuna preoccupazione comunque: "E' possibile che i magistrati si siano sbagliati. Sono esseri umani e possono aver commesso un errore. Hanno dovuto probabilmente fare in fretta. Senza cercare logiche fantascientifiche, per le quali non ci sono elementi, siamo di fronte ad un errore davanti al quale c'è un profondo disagio perchè non fa piacere essere infilati in un calderone di cui non si fa parte"
 
...mi scusi, Galliani, solo per la completezza dell'informazione (altrimenti i lettori non capiscono, e semolino capisce ancora meno degli altri): Leonardo Meani è "innegabilmente" un collaboratore del Milan (e lo sarebbe anche se lei non confessasse questa inevitabile verità); ma la cosa che lei trascura di dire è che le funzioni di Meani sono quelle di "Addetto alle Relazioni cogli Arbitri"...
 
...ora qualcuno preso a caso (Galliani, semolino, Meani), potrebbe spiegarci cosa siano le "Relazioni cogli Arbitri", come si svolgono, quali siano gli obiettivi? Coraggio, semoletta, non ci faccia mancare la sua scienza, magari accompagnata dal suo tragico, inevitabile "battutismo".

venerdì 12 maggio 2006

La scomparsa di Abu Omar - La colpa? Ma è di Calipari, of course!

Abu_omar L'INCHIESTA SULL'IMAM SCOMPARSO

 

Cia chiama, Ros esegue. Un maresciallo dell'antiterrorismo prese parte al sequestro di Abu Omar. E parla di un commando con molti italiani. Ecco la svolta clamorosa nelle indagini sull'operazione segreta

 

di Fabrizio Gatti e Peter Gomez

(L'Espresso)

 

Un filo segreto porta da Palazzo Chigi al sequestro di Abu Omar, l'imam rapito a Milano e torturato in Egitto. Un segreto nascosto in una telefonata partita dalla segreteria di Gianni Letta, il potente sottosegretario al quale Silvio Berlusconi ha affidato la delega per i servizi di intelligence. Pochi giorni fa, come risulta a 'L'espresso', da quel numero interno della presidenza del Consiglio qualcuno chiama l'ambasciata italiana a Belgrado. Ha moltissima fretta. Vuole parlare immediatamente con l'addetto alla sicurezza dell'ambasciatore: un maresciallo dei carabinieri che fino a un anno e mezzo fa ha lavorato nella sezione antiterrorismo del Ros di Milano. Ed è una coincidenza curiosa. Perché proprio in quelle ore in Procura a Milano il maresciallo sta rivelando una delle storie più compromettenti per il governo Berlusconi e l'intelligence italiana. La vera storia del rapimento di Abu Omar: il sottufficiale racconta che all'ora X, più o meno le 12 del 17 febbraio 2003, addosso all'imam bloccato in via Guerzoni, a metà strada tra il centro e la periferia milanese, non ci sono soltanto gli agenti della Cia. Al sequestro partecipano anche militari italiani. E lui lo sa bene: perché quel giorno il maresciallo dei carabinieri, nome in codice Ludwig, è con loro.

Cadono così tre anni di versioni ufficiali che, una dopo l'altra, hanno sempre negato la presenza di italiani nel commando che ha rapito Abu Omar. A cominciare dalle dichiarazioni del ministro Carlo Giovanardi, mandato da Berlusconi l'anno scorso a rispondere al Parlamento: "Non è neppure ipotizzabile", ha detto Giovanardi a nome di tutto il governo, "che sia mai stata in alcun modo autorizzata qualsivoglia operazione di questa specie né, a maggior ragione, il coinvolgimento nella stessa di apparati italiani". Anche il generale Nicolò Pollari, direttore del Sismi, il servizio segreto militare, ha sempre smentito la collaborazione dell'Italia. Così come il generale ha ripetuto poche settimane fa a Bruxelles davanti alla commissione del Parlamento europeo che indaga sulle operazioni segrete della Cia: "Noi non abbiamo assistito tali comportamenti e nemmeno partecipato né appoggiato questo tipo di attività".

Castelli_laden Il maresciallo Ludwig non è il solo italiano coinvolto nell'inchiesta. Altri stanno per essere identificati come complici o testimoni: dovrebbero essere carabinieri, agenti dei servizi segreti oppure, ipotesi più remota, 007 privati ingaggiati per l'operazione. Ma il sottufficiale è al momento l'unico a rischiare già adesso il processo e il carcere per sequestro di persona. Perché il mese scorso il ministro della Giustizia uscente, Roberto Castelli, si è definitivamente rifiutato di presentare agli Usa la domanda di estradizione dei dipendenti della Cia in servizio in Italia: sono i 22 agenti americani del commando che ha rapito Abu Omar per i quali il procuratore aggiunto di Milano, Armando Spataro, già un anno fa aveva chiesto l'arresto. Il ministro ha anche respinto la richiesta della Procura di Milano di diffondere all'Interpol la nota per le ricerche internazionali. Grazie a Castelli, gli 007 della Cia potranno così andare ovunque nel mondo senza correre il rischio di essere fermati e consegnati all'Italia. Come pubblici ufficiali, i rapitori rischiano condanne fino a dieci anni. Più le aggravanti per le torture subite dall'imam. Ma a questo punto i carabinieri e gli altri italiani coinvolti nell'indagine manterranno la consegna del silenzio con la prospettiva di essere gli unici a pagare? Forse è proprio questo il motivo della misteriosa telefonata partita dal numero interno di Palazzo Chigi.

Ludwig deve il suo nome in codice ai capelli biondi e al fisico da tedesco. Dopo il sequestro di Abu Omar ha fatto carriera: è stato selezionato per il posto di addetto alla sicurezza dell'ambasciata a Belgrado, incarico a volte riservato ad agenti del Sismi. [….]  Il giorno in cui tutti gli 007 di Milano si ritrovano nella cascina di Penango mancano tre mesi alla guerra in Iraq. I piani di invasione sono pronti. E forse in un cassetto dell'ambasciata americana a Roma è pronta la relazione per ottenere da Washington il via libera all'operazione Ludwig. Il bersaglio ha un nome lungo: Hassan Moustafà Osama Nasr, nato ad Alessandria d'Egitto il 18 marzo 1963. Nelle moschee di viale Jenner e via Quaranta a Milano lo conoscono come Abu Omar. Il ministero dell'Interno gli ha concesso lo status di rifugiato politico. E la Digos lo sta pedinando da tempo: l'imam è sospettato di reclutare combattenti e kamikaze da inviare in Iraq per la guerra ormai imminente. Forse quel giorno di dicembre, nella sua casa piemontese, Bob ha già spiegato a Ludwig le intenzioni della Cia. Forse gli ha già raccontato del piano di Abu Omar di far esplodere il pullman con gli allievi della Scuola americana di Milano: un piano di cui però la Digos non ha mai trovato riscontri.

Bob e Ludwig si rivedono ancora nell'ufficio del Ros. E poi a cena a casa di Ludwig, ogni volta che Bob deve rimanere a Milano per lavoro. Il 16 febbraio 2003, da quanto risulta a 'L'espresso', vanno insieme in via Guerzoni. È una domenica, c'è poco traffico. Forse passano davanti al palazzo in via Conte Verde 18 dove Abu Omar abita con la moglie Nabila Ghali, in un appartamento messo a disposizione dalla moschea di viale Jenner. Alla fine del sopralluogo Bob consegna a Ludwig un cellulare. E gli ripete cosa dovrà fare. Il maresciallo del Ros deve fermare Abu Omar e chiedergli i documenti. Tutto qui. Oppure intervenire con il suo tesserino dei carabinieri nel caso l'operazione fosse ostacolata dall'improvviso controllo di una volante o dei vigili urbani. Gli agenti della Digos invece non sono più un problema: i pedinamenti di Abu Omar sono stati sospesi da almeno due mesi. La mattina dopo, il 17 febbraio, Ludwig è in ufficio. I suoi colleghi sono impegnati in un servizio a Cremona. Lui resta a Milano e all'ora stabilita - racconta - va all'appuntamento in moto. Deve aspettare il contatto in piazzale Maciachini. Si ferma un'auto. L'uomo al volante, l'unico a bordo, lo chiama con il nome in codice. È sicuramente italiano. Ludwig sale. Fanno tre isolati, girano in via Guerzoni e vedono subito Abu Omar Letta_pisanu arrivare a piedi. È l'ora X. Come in un film di spionaggio Bob Lady, regista dell'operazione, non si fa vedere. Il maresciallo scende dall'auto e chiede i documenti. L'imam dice di non avere capito. Lui ripete la domanda in inglese. L'imam consegna il passaporto. All'improvviso, da un furgone parcheggiato lì accanto, esce una squadra di uomini. Forse c'è qualche americano. Ma chi parla impreca in italiano, senza accento straniero. Prelevano Abu Omar, che grida, chiede aiuto. Il maresciallo Ludwig si sposta per non essere travolto. In meno di 30 secondi il furgone parte verso la periferia. Il maresciallo resta immobile, con il passaporto di Abu Omar in una mano e il cellulare di Bob Lady nell'altra. Butta tutto dentro il finestrino dell'auto che l'ha portato fin lì. L'italiano al volante accelera e se ne va. Poco dopo squilla il cellulare personale di Ludwig. È un ufficiale dei carabinieri che vuole avere notizie del suo dipendente. Forse è solo una coincidenza. Ma le antenne dei telefonini sui tetti del quartiere registrano: posizione, numeri, durata delle conversazioni.

Dall'altra parte della strada una donna egiziana vede gli 007 in azione e racconterà tutto a un'amica. Nel giro di due giorni la comunità araba a Milano sa che Abu Omar è stato rapito. Viene presentata la denuncia alla Digos. L'indagine sembra facile: basterebbe chiedere alla Telecom e alle altre compagnie i dati sul traffico telefonico nella zona all'ora del rapimento. Ma i risultati arrivano soltanto in ottobre. E non servono a nulla perché non riguardano le telefonate del 17 febbraio, ma quelle del 17 marzo. Dopo otto mesi bisogna ricominciare le indagini daccapo. Adesso i nomi di altri italiani in azione con la Cia potrebbero ancora nascondersi dietro i numeri di telefonino. Soprattutto quelli rimasti senza intestatario. Una copertura ottenuta grazie alla complicità di alcune compagnie telefoniche. Come ha scoperto 'L'espresso', centinaia di schede Sim vengono periodicamente consegnate ai servizi segreti senza essere registrate. Numeri fantasma da usare e buttare dopo ogni operazione sporca [….]

 

L'ultimo colpo di scena sul rapimento di Abu Omar risale al 4 maggio. Gli Stati Uniti comunicano che non forniranno informazioni sulla pattuglia che in Iraq ha ucciso l'agente del Sismi Calipari Nicola Calipari e il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, accusa i magistrati milanesi: "Una vicenda finita in maniera non positiva per l'Italia a causa delle polemiche con la Procura di Milano" che ha chiesto l'arresto di 22 agenti della Cia. I sequestri di persona sono un reato e le torture un crimine contro l'umanità. L'ordine di arresto per il rapimento dell'imam, chiesto dal procuratore aggiunto Armando Spataro, è stato firmato il 22 giugno 2005 e porta la firma del gip Chiara Nobili. Ma da quel giorno il governo Berlusconi si è sempre rifiutato di assistere la Procura nelle indagini. Perché?

Il coinvolgimento della Cia è confermato dall'esame delle telefonate dei cellulari concluso solo a fine 2004, dopo ritardi e depistaggi: "È stato possibile individuare due gruppi di utenze", scrive il gip, "un primo era presente sul luogo del rapimento; si è recato verso Cormano e ivi si è incontrato con i componenti del secondo gruppo". A Cormano, appena fuori Milano, il furgone ha preso l'autostrada per raggiungere la base di Aviano, in Friuli, dove l'imam è stato torturato, interrogato e poi caricato su un aereo. Tra i telefonini in azione, ce ne sono due di cui si conosce solo il numero. L'ordinanza li chiama Alfa e Beta. Del secondo gruppo si sa tutto: sono gli agenti della Cia in contatto con il comandante della base di Aviano e con l'ambasciata a Roma. Ma del primo commando si è scoperto ancora poco: chi c'era accanto al maresciallo Ludwig? [….]

 

Berluscaurlante_1 Abu Omar, 43 anni, nella primavera 2004 rischia di morire e viene rilasciato per pochi giorni in Egitto. Parla al telefono con un imam di Milano. Gli racconta dei due che il 17 febbraio 2003 l'hanno fermato in via Guerzoni chiamandolo in italiano. E delle torture subite. Ad Aviano il primo pestaggio. Il resto in carcere in Egitto [….] "La prima tortura consisteva nel portarlo in una stanza e nel farvelo rimanere mentre vi venivano diffusi suoni ad altissimo volume: ha subito danni all'udito. La seconda consisteva nel metterlo in una specie di sauna ad altissima temperatura e poi in una cella frigorifera, producendo dolori fortissimi alle ossa. La terza consisteva nell'appenderlo a testa in giù, applicandogli elettrodi, compreso all'apparato genitale. Ha subito danni... all'apparato urinario, era diventato incontinente... Lo torturavano ritenendolo un terrorista e un militante contro il regime egiziano. Volevano estorcergli informazioni...".

 

…e ora resta solo da chiarire quale sia la “fonte” di Palazzo Chigi che sta tentando di affibiare la “eventuale responsabilità” dell’ “eventuale accaduto” al piuttosto morto Calipari. Quando cambierà strada, questo paese?

domenica 7 maggio 2006

Fuori di testa; Moratti, Berlusconi e Bossi hanno bisogno di noi...

Canto_1 ...quest'uomo e i suoi accoliti hanno bisogno di aiuto. E' urgente! chiunque si intenda di psicologia dell'età involutiva si dia da fare, con suggerimenti, farmaci, letti di contenzione, camicie di Forza Italia... qualunque cosa ci abbiano fatto in 5 anni, ora hanno bisogno di noi, e non possiamo lasciarli soli...

Insolito siparietto tra Silvio Berlusconi, Umberto Bossi e Letizia Moratti sul palco del Palalido di Milano. Durante il suo discorso alla platea, Umberto Bossi ha parlato di "Milano Capitale dei Lombardi", invitando il pubblico a cantare ’O mia bella Madunina’:

 

"Vieni anche tu Silvio", ha detto Bossi. E Berlusconi non si è fatto pregare, salendo sul palco e portandosi dietro anche la candidata a sindaco Letizia Moratti. Ma il tentativo di Bossi di far cantare quel brano è fallito; infatti Berlusconi ha intonato un altro brano, sempre della tradizione milanese, che Bossi e la Moratti conoscevano un po’ meno. Alla fine, applausi del pubblico per Berlusconi cantante, che si è preso i complimenti di Bossi: "Hai visto, hai già trovato un lavoro". (Ap)

Oggi, finalmente, l'ultima (speriamo) idiozia della settimana: "C'è un detto popolare che dice ...no taxation without representation..." ...se il Presidente della Repubblica non sarà un rappresentante del centro-destra, faremo l'ostruzionismo fiscale...

La targa dello stato di WashingtonTaxation_1

...tutto bene, Silvio, ma ora mettiti seduto comodo, che ti diamo qualche piccola spiegazione, prima che tu abbia il tempo di dire che "sei stato frainteso dai giornalisti comunisti":.

-1) la frase da te approssimativamente riportata non è un "detto popolare" ma ha un padre ben preciso: il Reverendo Jonathan Mayhew a Boston, durante un sermone (1775) col quale contestava la pretesa inglese che i coloni pagassero le tasse alla madrepatria senza aver diritto di rappresentanza parlamentare...

-2) ti prego, Silvio, non produrti in un'altra delle tue celeberrime cazzate alla "Romolo e Remolo" o alla "Papà Cervi": la recita è finita, e un bravo capocomico "sente" i tempi teatrali, e capisce quando è il momento di uscire dalla comune...

-3) Rivolta fiscale? e perchè no? non appena le "regioni ricche del Nord" dovessero smettere di ricevere i trasferimenti dallo stato "centralista e romanocentrico", la polizia di ricevere gli stipendi, e i pendolari non trovassero più i trenini, te li ritroveresti tutti in villa, ad Arcore, a mangiarsi i tuoi cavalli (quelli ai quali accudiva Roberto Mangano)...

-4) Infine, un consiglio da vero amico ed estimatore: parla di meno, e leggi di più: la richiesta di "representation" non si riferiva certo alla Presidenza della Repubblica (a proposito, ma non eravate "presidenzialisti", della serie chi vince piglia tutto?), quanto alla rappresentanza parlamentare. E quella ce l'avete; nella misura in cui la legge-porcata (copyright: Calderoli) vi ha permesso di averla.

...ad ogni modo non volercene, Silvio. Noi ti vogliamo bene, e ti siamo grati per quanto stai facendo in questi giorni per l'elezione di Massimo D'Alema. Grazie per la collaborazione. Non possiamo mica fare tutto noi...

Il tuo Suddito,

Tafanus

venerdì 5 maggio 2006

Come siamo bravi a farci beneficenza! Gli sprechi di Nassiriya

Spreco Nassiriya

Cento milioni di spese militari per ogni milione di aiuti. Fondi record al Sismi e alla Croce rossa. Risultato: la missione in Iraq ha inghiottito oltre un miliardo e mezzo di euro
di Gianluca Di Feo
 
Abbiamo speso più per gli 007 che per gli aiuti. È il paradosso più grande della missione italiana in Iraq, una spedizione nata per favorire la ricostruzione del Paese dopo gli anni della dittatura di Saddam Hussein e soprattutto per dare sollievo alla popolazione stremata da embargo e combattimenti. Doveva essere una missione umanitaria: invece a Nassiriya l'Italia ha investito più negli agenti segreti che nel sostegno agli iracheni. Nei primi sei mesi del 2006 il bilancio approvato dal governo per l'operazione Antica Babilonia prevede 4 milioni di euro di aiuti e ben 7 milioni "per le attività di informazioni e sicurezza della presidenza del Consiglio dei ministri", ossia per gli inviati del Sismi. E la stessa cosa è avvenuta sin dall'inizio: in tre anni l'intelligence ha ottenuto circa 30 milioni di euro mentre per "le esigenze di prima necessità della popolazione locale" ne sono stati stanziati 16. Un divario inspiegabile, che sembra mostrare l'Italia più interessata allo spionaggio che al soccorso di quei bambini per i quali era stata decisa la partenza di un contingente senza precedenti: oltre 3.500 militari con mille veicoli.

Ma a leggere i dati contenuti nella monumentale relazione pubblicata sul sito dello Stato maggiore della Difesa, tutta l'operazione Antica Babilonia appare come una voragine, che inghiotte finanziamenti record distribuendo pochissimi aiuti. O meglio, i conti mettono a nudo la realtà che si vive a Nassiriya: non è una missione di pace, ma una spedizione in zona di guerra. Finora infatti sono stati stanziati 1.534 milioni di euro, poco meno di 3 mila miliardi di vecchie lire, per consegnare alla popolazione della provincia di Dhi-Qar poco più 16 milioni di materiale finanziato dal governo: un rapporto di cento a uno tra il costo del dispositivo militare e i beni distribuiti. In realtà, però, la spesa totale per le forze armate italiane a Nassiriya è addirittura superiore a questa cifra: tra stipendi, mezzi distrutti ed equipaggiamenti logorati dal deserto la cifra globale calcolata da 'L'espresso', consultando alcuni esperti del settore, si avvicina ai 1.900 milioni di euro.

Intelligence a go-go Su tutte le pagine del rapporto dello Stato maggiore Difesa, disponibile sul sito web, è stampata la dicitura: 'Il presente documento può circolare senza restrizioni'. Solo nelle ultime 20 pagine questo timbro non compare. Ed è proprio nella nota finale sugli aspetti finanziari di Antica Babilonia che compaiono le notizie più delicate. A partire dalla voce: 'Attività di informazioni e sicurezza della PCM', ossia della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Si tratta dei fondi extra consegnati agli agenti del Sismi che operano in Iraq: non si sa se lo Stato maggiore li abbia indicati per voto di trasparenza, per errore o per una piccola mossa perfida. Di fatto, finora le disponibilità degli 007 erano un mistero, oggetto di grandi illazioni soprattutto per quanto riguarda la gestione dei sequestri di persona. Da anni si discute delle riserve usate dalla nostra intelligence per comprare informatori o per eventuali riscatti pagati durante i rapimenti. Adesso queste cifre permettono di farsi qualche idea del costo dei nostri 007 in azione. Per i primi sei mesi del 2003, purtroppo, lo Stato maggiore non è illuminante: la provvista è mescolata assieme alle spese di telecomunicazioni, quelle dei materiali per la guerra chimica e quella per il trasloco delle truppe. In totale poco meno di 35 milioni. Facendo il confronto con i bilanci dei semestri successivi, si potrebbe ipotizzare che al Sismi siano andati circa 4 milioni di euro. In ogni caso, gli stanziamenti diventano poi espliciti: 9 milioni nel 2004, 10 milioni nel 2005, 7 milioni già disponibili per i primi sei mesi di quest'anno. Una somma compresa tra i 50 e i 60 miliardi di vecchie lire, destinata soltanto a coprire i sovrapprezzi delle missioni top secret in territorio iracheno, a ricompensare gli informatori e, verosimilmente, alla gestione dei sequestri di persona. Quelle operazioni che hanno determinato il ritorno a casa di sei ostaggi, grazie anche al sacrificio del dirigente del Sismi Nicola Calipari. Un ultimo dato: dalla stessa relazione dello Stato maggiore apprendiamo che il Sismi ha avuto altri 23 milioni e mezzo per la missione in Afghanistan. Anche in questo caso, la dote degli 007 supera di gran lunga il valore dei beni distribuiti alla popolazione.

La lontananza è cara Le voci trasporti e telecomunicazioni della spedizione hanno importi choc. Per i viaggi avanti e indietro dei reparti, dei rifornimenti e degli equipaggiamenti, sono stati spesi finora 125 milioni di euro. Ogni quattro mesi infatti le brigate impegnate a Nassiriya vengono sostituite: devono tornare in Italia con le loro dotazioni di materiali e armi leggere. Veicoli e scorte invece restano sempre in Iraq, salvo quando il logoramento impone di rimpiazzarli. Sorprendente anche la 'bolletta del telefono': 11 milioni in 18 mesi. Non si tratta delle chiamate a casa dei soldati o dei carabinieri, ma del flusso di telecomunicazioni via satellite per l'attività dei militari: i contatti con l'Italia, quelli con i comandi alleati e molte delle trasmissioni radio sul campo. Pesante pure il capitolo 'Croce rossa italiana': si tratta di oltre 32 milioni di euro. E riguardano il solo ospedale di Nassiriya, quello che fornisce assistenza medica ai nostri militari. Questa struttura ha soltanto come scopo secondario l'attività in favore della popolazione locale: 450 ricoveri in tre anni. Nel 2003 la Croce rossa aveva a Nassiriya 85 persone, poi scese a 70: dall'inizio della missione si tratta di una spesa media per ogni operatore sanitario di oltre 400 mila euro. Perché? La risposta ufficiale chiama in causa le indennità straordinarie e le difficoltà di trasferire medicinali e apparecchiature. L'ospedale da campo creato a Baghdad nel 2003, invece, era finanziato con i fondi del ministero degli Esteri: il costo era ancora più alto, ma i pazienti erano tutti iracheni.

Farnesina tecnologica La quota più consistente dei fondi destinati alla rinascita dell'Iraq viene gestita dalla Farnesina: 103 milioni di euro. La fetta maggiore è stata inghiottita dall'ospedale di Baghdad e dalla difesa dell'ambasciata. Ci sono poi numerose iniziative ad alta tecnologia, tutte realizzate in Italia e alcune di discutibile utilità: 5 milioni per la rete telematica Govnet che dovrebbe connettere i ministeri di Bagdad; 800 mila euro per la ricostruzione virtuale in 3D del museo di Bagdad. I programmi di formazione invece prevedono che il personale iracheno frequenti dei corsi in Italia: una procedura sensata quando si tratta di lezioni per dirigenti o tecnici di alto livello, forse meno quando comporta il trasferimento a Roma di 30 orfani destinati a imparare il mestiere di falegname, barbiere o sarto. Più concreti gli interventi gestiti dal Ministero attraverso la Cooperazione per la ricostruzione dell'agricoltura, del sistema scolastico e di quello ospedaliero: ma nei primi 18 mesi nella regione di Nassiriya erano stati realizzati progetti per soli 3,7 milioni.

Armata ad alto costo Tra aiuti diretti consegnati dai militari e progetti, concreti o virtuali, della Farnesina in tutto sono stati stanziati 119 milioni di euro. Secondo lo Stato maggiore, per il contingente armato finora sono stati messi a disposizione 1.418 milioni di euro. Ma è un stima parziale: non tiene conto del costo degli stipendi, del logoramento dei mezzi, di molte delle parti di ricambio. Non tiene conto dell'elicottero distrutto in missione, dei dieci veicoli Vm90 annientati negli attacchi, delle munizioni esplose, della base dei carabinieri cancellata dall'attentato del 2003. Non tiene conto del terribile bilancio di vite umane: 22 tra carabinieri e soldati caduti e 61 feriti in azione, altri sette morti e sette feriti in incidenti. In più un civile ammazzato nella strage del 12 novembre 2003 e un altro ferito. Un sacrificio giustificato dai risultati? Di sicuro, non si può chiamarla una missione di pace. Nei quattro mesi 'più tranquilli' i parà della Folgore hanno distribuito beni o avviato progetti pari a 4 milioni di euro, finanziati dal governo o da istituzioni e aziende italiane: in più hanno vigilato sulla nascita di iniziative internazionali per altri 6 milioni di dollari. Nella fase di crisi della battaglia dei ponti, invece la brigata Pozzuolo del Friuli si è fermata a meno di 4 milioni di dollari tra attività portate a termine o soltanto avviate. Ormai è difficile anche controllare a che punto sono i lavori nei cantieri: ogni sortita è pericolosa. Per questo il comando di Nassiriya ha ipotizzato di usare gli aerei-spia senza pilota, i Predator, che con le telecamere all'infrarosso possono verificare se i macchinari sono accesi o se i manovali ingaggiati dalla Cooperazione stanno perdendo tempo. Certo, si potrebbe affidare la sorveglianza alle autorità irachene: grazie a un programma della Nato abbiamo addestrato 2.600 soldati e 12 mila poliziotti locali. Eppure tanti uomini in divisa non sono bastati a impedire che un'imboscata venisse messa a segno a pochi metri dal commissariato più importante.

Aiuti oltre i limiti Soldati e carabinieri escono ancora dalla loro base per sostenere la popolazione. Prima della strage del 2003 lo facevano molto di più: fino a quel momento la brigata Sassari aveva percorso un milione e 900 mila chilometri; dopo di loro i bersaglieri della Pozzuolo del Friuli ne hanno macinati solo 460 mila. C'è un dato che fotografa la situazione meglio di ogni altra analisi: poco meno di 2 milioni di chilometri totalizzati dalle colonne dell'Esercito in quattro mesi prima dell'attentato, altrettanti percorsi nei 24 mesi successivi. Eppure, nonostante i rischi altissimi testimoniati dall'attacco costato la vita a due carabinieri e un capitano dell'Esercito, i nostri militari non rinunciano a condurre le attività umanitarie. Cercano di costruire scuole e ambulatori, forniscono macchine ai laboratori artigianali e all'unica raffineria. Per evitare imboscate, lo fanno di sorpresa: arrivano nei villaggi all'improvviso, scaricano doni e materiali, poi ripartono. Se invece c'è qualche cerimonia ufficiale, tutta l'area viene presidiata in anticipo con cecchini e blindati. Insomma: una situazione di guerra. Ma nessuno si sottrae ai pericoli. Anzi, tutti i reparti fanno più del necessario. Prima di partire per l'Iraq, c'è una sorta di questua tra istituzioni locali e aziende della zona dove ha sede la brigata per raccogliere aiuti da distribuire: spesso i reparti mettono insieme una quantità di merci superiore ai fondi governativi. Inoltre in occasioni particolari, ci sono collette tra i soldati per acquistare riso o medicinali. O iniziative straordinarie, come quella della famiglia del maresciallo Coletta, una delle vittime del la strage del novembre 2003, che ha mandato un container di farmaci per un ospedale pediatrico. Ma a tre anni dalla caduta di Saddam ha ancora senso rischiare la vita di 20 militari per consegnare un camion di riso e medicine? 
 
 (Dall'Espresso on-line)

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