martedì 31 luglio 2007

La proposta di Cesa per un sussidio ai poveri parlamentari per il "ricongiungimento della famiglie" finisce a pernacchie

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Il presidente della Camera risponde all'Udc che chiede aiuti per riunire le famiglie dei fuori sede: "E' del tutto incompatibile con la morale pubblica". Casini:"Una sciocchezza" - Bertinotti: "Ricongiungimento per i deputati? No, sarebbe un privilegio immorale"- Cesa replica: "Nessuna richiesta di prebende. Siamo favorevoli alla riduzione dei costi della politica".

ROMA - "Il ricongiungimento familiare per i parlamentari? Sarebbe un privilegio immorale". Fausto Bertinotti, presidente della Camera, boccia senza appello la proposta avanzata dal segretario dell'Udc Lorenzo Cesa. E anche Casini respinge l'idea:"Non esiste. È una sciocchezza".

Immigrati_fila_ricongiungimento Roma. Immigrati in coda alla Posta per le domande di ricongiungimento familiare

Il segretario del partito di Cosimo Mele, il deputato coinvolto nella notte a luci rosse in un albergo di via Vittorio Veneto, ieri aveva detto: "La solitudine è una cosa seria e la vita da parlamentare è dura per chi la fa seriamente". Per cui, ed ecco la proposta Cesa, distribuiamo più soldi ai deputati affinchè possano ricongiungersi con la famiglia. "L'Udc - puntualizza il partito - difende con convinzione l'unità delle famiglie, di tutte le famiglie, e dunque anche di quelle dei parlamentari, convinta che vivere ed operare avendo al fianco i propri congiunti, consenta maggiore serenità".

Ma Bertinotti dice no al suggerimento dell'Udc: "Proposte come quella vanno nella direzione opposta a quella su cui la Camera ha operato e intende continuare ad operare" per quanto riguarda la riduzione dei costi: "configurerebbero una condizione di privilegio per il parlamentare, del tutto incompatibile con la morale pubblica".

"La Camera - ha aggiunto Bertinotti - è impegnata in uno sforzo comune per mettere mano alle storture e concorrere a ricostruire un rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni. La 'ricongiunzione a Roma' di familiari dei parlamentari - ha concluso - va nella direzione opposta".

Cesa_lorenzo Cesa replica scandalizzato alla parole di Bertinotti: "L'Udc è favorevole alla riduzione dei costi della politica. Nessuna richiesta di privilegi e prebende - dice il segretario generale del partito - ma solo la sottolineatura della difesa dell'unità della famiglia, in tutti i suoi aspetti, in linea con tante altre battaglie condotte in Parlamento dall'Udc. Chi altera questi dati compie una operazione in malafede". (Non capiamo. Ma allora cosa voleva, ESATTAMENTE, il mitico Cesa?)

Anche il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, boccia la proposta di Cesa:"L'idea di un indennizzo per il ricongiungimento familiare per i parlamentari non esiste. Non esiste perchè il segretario dell'Udc non l'ha mai proposta e non esiste perchè è una sciocchezza". Altre critiche erano state sollevate da Silvana Mura, deputata dell'Italia dei Valori ("E' una cosa che fa ridere"), e da Angelo Bonelli, presidente dei deputati verdi ("Le affermazioni di Cesa sono stupefacenti").

...una domanda sorge spontanea: è cretino?...

domenica 29 luglio 2007

La mia Praga

Questo breve assemblaggio di sensazioni è un atto dovuto. Mi era stato chiesto di parlare di Praga dopo il mio breve viaggio, ma il “tagliando” prima, e la necessità di aggiustare le foto dopo, mi hanno fin qui trattenuto. Le foto le pubblicherò (non tutte, perché sono centinaia) su un album apribile dal blog. Ora è estate, non succede (quasi) niente, e quindi ho il tempo per mantenere l'impegno assunto...

 

Praga_15_2 E’ strano, avevo visto quasi tutte le città del mondo (molte per lavoro, alcune per turismo), eppure non conoscevo Praga, che fin da ragazzo era stata un mio sogno, e che in fondo, da Milano, è molto accessibile… Ho cercato di capire il perché, e nel mio immaginario trovo una sola spiegazione: forse avevo verso Praga una tale irrazionale simpatia, che mi ha fatto sempre paura “sciupare l’immaginario”, confrontandolo con la realtà. A superare questa paura subconscia è servito molto l’entusiasmo col quale Marisa ha accolto l’idea, pur essendoci già stata.

La mia Cecoslovacchia (mi abituerò mai a chiamarla Repubblica Ceca, o Cechia?) inizio a vederla quando l’aereo, uno scalcagnato ATR 42, che già vola basso quando è “in quota”, inizia la discesa su Praga. Campagna ordinata, pochi capannoni, poco traffico, agricoltura intensiva ma non troppo. Campi né troppo grandi, né troppo piccoli, ma curatissimi, ordinati. Scendendo verso la periferia di Praga scopro una periferia di migliaia di casette unifamiliari, che non riesco ad inquadrare dal punto di vista “sociologico”: troppo piccole e numerose per essere villette da benestanti, ma tutte col loro giardino, la loro auto, la loro piscinetta. Migliaia di micro-piscine, che sembrano piccoli smeraldi disseminati nella campagna…

A terra, prendiamo un minibus per la città, insieme ad altre due coppie. Visceralmente mi stanno sui c…., poi, durante i pochi minuti di viaggio, accerterò che erano monzesi, probabilmente leghisti, certamente del genere col quale non prenderei neanche un caffè al banco: tutti Tennis Club, bridge, casa in Sardegna, e via elencando in pochi minuti tutti i loro beni terreni ed extraterreni. Non sveleremo la nostra “italianità”, non ci scambieremo una sola parola.

Una delle due sciure è talmente tirata di silicone, che sembra debba scoppiarle la faccia da un momento all’altro. Uno dei maschietti parla di come sia bella la gioventù di Praga. Quella del silicone, con aria acida, ribatte: “…se ti accontenti…”. Siamo fermi a un semaforo. Attraversa davanti a noi una stangona con un corpo da fotomodella, gli occhi celesti, i capelli biondo cenere, e un incedere da ghepardo. Marisa mi chiede se io mi accontenterei. E’ una provocatrice. Ne vedremo altre mille, di cui mi accontenterei.

Praga_04 Oddio, siamo già arrivati in centro? No, siamo in periferia, ma i palazzi sono belli come quelli che troveremo in centro, forse solo un filino meno “leccati”. Sembra una città senza periferia. Come Cracovia, solo moltiplicata per cinque.

Arriviamo in albergo, un tre stelle carinissimo a 100 metri da Piazza della Repubblica e dal metrò, e a “walking-distance” da tutto. Non mi sono portato il PC, perché magari in albergo li rubano… sapete, questi comunisti… Male. In tutto l’albergo, in tutte le stanze, c’è compreso nel prezzo, il collegamento wireless. Ci farò caso nei giorni successivi: non si riesce a fare 500 metri senza che ci sia un bar, un ristorante, un albergo che non esponga il cartello “Wireless free”.

Non parlerò della storia di Praga o dei suoi mille monumenti (c’è già tutto su Internet), ma delle nostre sensazioni (meglio, delle mie, perché per Marisa è un piacevolissimo ritorno, privo di quei connotati di delusione che a volte ti prendono quando torni in un luogo di cui hai un grande ricordo… Intanto la gente: sembra freddina, poi scopri che è solo riservata. Prova a guardare per più di un secondo in faccia una persona, e nove volte su dieci la sua faccia si aprirà ad un sorriso carico di luce e di gentilezza. Praga la Bella, Praga la Dolce, The Smiling Praha…

Mangiamo qualcosa in albergo, e scendiamo per far quattro passi, senza meta. Ma quanti turisti ci sono a Praga? Sembra che tutto il turismo del mondo si sia dato appuntamento qui. Non in un punto, ovunque. Il tempo non ci aiuta. Cambia dieci volte all’ora, dal sereno a temporali violenti, che ci danno modo di scoprire alcuni bellissimi caffè storici, pieni di tavolini in noce, di stucchi, di lampadari in cristallo di Boemia, e di… camerieri d’epoca. Tutti uguali: sbrigativi, efficienti, gentili. Colpisce la totale assenza di gente di colore. Scopriremo che non si tratta di razzismo: semplicemente la Cechia non è ancora arrivata allo stadio in cui gli strati bassi della popolazione possano rifiutarsi, come da noi, di fare lavori umili. Tutti fanno tutto, quindi eventuali immigrati non troverebbero facilmente neanche lavori marginali. A due isolati dal nostro albergo hanno sventrato un palazzo antico, lasciando in piedi solo la facciata. Scopriremo che lavorano su tre turni, giorno e notte, anche di domenica. Silenziosi, efficienti. Tutti col casco e gli stivali.

Dio, quanto è bella, questa città! Non vedi uno sgorbio, non vedi un graffito, non vedi un muro screpolato! Devono aver scoperto un particolare tipo di intonaco che non si degrada per decenni. Oppure, semplicemente, lavorano a regola d’arte. E poi una grande fantasia ed un grande gusto cromatico… certe sequenze di colori “audaci” ci ricordano le case dei pescatori di Pellestrina, certi colori pastello, tenui ma coraggiosi, ci ricordano l’Hérmitage, o la “piccola “Venezia a Leningrado. O sarà l’assenza di inquinamento? Il traffico è scarsissimo. A volte ti sembra di essere in una zona pedonale, poi scopri che non è così. Il traffico è poco, e ben distribuito, perché anche la Praga turistica non ha un centro di aggregazione, ma ne ha tantissimi (dal centro storico, a Malastrana, al Ponte Carlo, al quartiere ebraico, alla zona del Castello, ai lungo-Moldava, alla piazza Venceslao… siamo tantissimi, ma non abbiamo mai la sensazione di pestarci i piedi. Poi, per ripararci da un ennesimo scroscio di pioggia, facciamo un giro in tram, una specie di circolare. Ma dove cacchio l’avranno messa, a Praga, la periferia?

Praga_018 Il parco-macchine: uno si aspetta un parco macchine da paese del socialismo reale, e scopre che c’è un parco macchine di ottimo livello. Vediamo alla fine, fra tante WV, Audi, Skoda, Mercedes, anche una vecchia Trabant. E’ così “unusual”, che la fotografiamo.

Il primo giorno siamo felici di aver imparato quattro/cinque parole in mezza giornata: (Bar, Taxi, Airport, McDonald)… se continua così, in un anno potremmo avere un dizionario di 2000 parole, sufficiente a capire e parlare… col c…! oddio, ma che significano certe strane parole? E poi tutti quegli strani accenti, anche sulle consonanti! E quelle parole di sei consonanti e due vocali, ma come cacchio si leggeranno? Lasciamo perdere. In fondo molti parlano tedesco, e parecchi, specie fra i giovani, parlano un discreto inglese.

Praga è piena di “buttadentro”, numerosi ma cortesi, e per niente invadenti. Inizialmente non prendiamo nessun volantino (il ristorante vogliamo scegliercelo da soli…) poi scopriamo che non si tratta né di ristoranti, né di City Tours; si tratta di concerti. Praga è piena di posti dove si suona musica sinfonica e musica da camera. Gli italiani tirano alla grande. Non c’è concerto dove non ci sia in tabellone qualcosa di Vivaldi, di Albinoni o di Boccherini.

Camminiamo per ore… ma quando inizierà la periferia? Poi, lentamente, una verità si fa strada. Non c’è, una periferia! Tutti i praghesi che vivono, studiano, lavorano a Praga, abitano case come quelle che da giorni vediamo dovunque. Antiche, belle, monumentali. Alcune portano ancora qualche lieve traccia della devastante alluvione che tre anni fa ha colpito quei paesi, con straripamenti della Moldava, del Danubio, del Reno, ma quei segni te li devono mostrare.

Praga_22 Stiamo facendo proprio le cose da turisti: solo lo facciamo per conto nostro, e non seguendo un ombrellino arancione. Oggi prendiamo il classico battellino che fa il giro sulla Moldava; siamo soli io, Marisa, il marinaio, ed una dolcissima ragazzina di 22 anni, Ana, che è arrivata a Praga dalla campagna, e si mantiene agli studi (medicina, con successiva specializzazione in fisioterapia) facendo la guida su questo battello turistico. E’ la dolcezza fatta persona. Praga, vista dal fiume, è, se possibile, ancora più bella. Come tutte le città appoggiate su un grande fiume, quasi tutti i luoghi storici hanno il loro lato “migliore” rivolto verso il grande fiume, via di comunicazione prima che elemento paesaggistico.

Praga_23 Il passaggio da una zona “turistica” all’altra della città avviene senza soluzione di continuità. Dal centro storico alla città ebraica o al Ponte Carlo; attraversi il ponte ed inizia la città “vecchia” (Malastrana), da cui parte una asfissiante salita (ancor più terribile perché rettilinea) verso il Castello. Si DEVE farla a piedi; è un mix di palazzi monumentali (fra i quali anche la bellissima ambasciata italiana), e di baretti, ristorantini, negozi di artigiani. La salita costringe ai ritmi lenti. E lentamente sotto gli occhi si apre la Praga sottostante, i suoi tetti, le stradine laterali che scendono a precipizio; poi sali ancora, e vedi la Praga da “Google Earth”, coi suoi parchi, i suoi spazi, il suo grande fiume, la campagna…

Poi la discesa, che ferisce i polpacci quasi più della salita, ed ancora un peregrinare senza meta per stradine, caffè-concerto, la torre dell’orologio… Il quotidiano passaggio in piazza Venceslao, un fiore sulla lapide che ricorda Jan Palach, un commosso passaggio ravvicinato presso la casa Marisa_ana di Kafka e presso le lapidi dei caduti della primavera di Praga. Poi andiamo a comprare l’ennesimo mattone al “Muro della Solidarietà”; una bellissima iniziativa benefica: un banchetto che ti vende un mattone, sul quale puoi scrivere con pittura a smalto il tuo nome. Paghi quello che vuoi, e il mattone lo metti dove vuoi, su questo coloratissimo muro della solidarietà che sta prendendo forma. Il ricavato servirà alla costruzione di un ospedale pediatrico. A proposito, ma come e perché Kafka ha potuto concepire “La metamorfosi” in una città così bella, aperta, luminosa?

L’ultimo giorno lasciamo la camera in albergo, e poi ancora a spasso senza meta. Finiamo col mangiare qualcosa a mezzogiorno in un fantastico ristorantino all’aperto, in una piazzetta talmente tranquilla che mi ricorda qualcosa a metà fra le “piazze metafisiche” di De Chirico, e la Place des Vosges a Parigi. Per un attimo mi trovo a pensare: ma quanto costerà la vita a Praga? E l’inverno sarà molto rigido? E i nipotini, mi mancherebbero molto? Insomma, devo confessare che un pensierino ce l’ho fatto…

Tafanus

sabato 28 luglio 2007

...chi ha detto che le Poste non funzionano?.

...osservate bene a che razza di indirizzo Marisa ha ricevuto (e in soli tre giorni!) questa cartolina...


Scan10002E pensare che sul citofono non c'era il cognome di mia moglie, e Bernareggio non era più in provincia di Milano, ma era giàin provincia di Monza-Brianza! 

mercoledì 25 luglio 2007

Grande Mussi! Stoppata la Laurea Honoris Causa a Jonella Ligresti

Negato il conferimento della laurea honoris causa in "economia aziendale" alla figlia dell'imprenditore. È la prima volta che il ministero interviene per negarla: "Alla Ligresti niente laurea honoris causa" - Mussi: "Non la merita". Il veto dopo la festa - Il Rettore, pur sapendo del parere del ministro, non blocca la consegna della pergamena - Secondo il preside di Economia, la Ligresti meritava per "la dimostrata capacità manageriale"
di PAOLO GRISERI - Repubblica.it

Ligresti_clan TORINO - La festa di laurea è durata lo spazio di un cocktail nell'albergo di famiglia nel centro di Torino. Poi, quando già Jonella Ligresti, figlia di Salvatore, era sull'auto che la riportava a Milano, il triste ritorno alla realtà: quella laurea non s'aveva da consegnare, "pertanto è da ritenersi giuridicamente nulla". Parola di Fabio Mussi, ministro dell'Università. "Eppure la cerimonia di consegna della laurea, il rettore in pompa magna, il preside di Economia, sembravano veri, non pareva un sogno", commentano amaramente nell'entourage del presidente della Sai.

Sembrava tutto vero prima che il niet di Mussi, giunto con un comunicato stampa nel primo pomeriggio, annunciasse l'amara verità: "In merito al conferimento della laurea honoris causa a Jonella Francesca Ligresti, il ministero dell'Università precisa che il ministro non ha approvato il conferimento di tale laurea quadriennale in economia aziendale".

Motivo: "Tale laurea quadriennale non è compatibile con il vigente sistema di studi universitari". Inoltre, già nel dicembre scorso "il ministro invitava gli atenei a limitare il conferimento della lauree honoris causa, attenendosi ad un'attenta valutazione". Gelo. I vertici dell'Università torinese imbarazzati di fronte all'inequivocabile figuraccia.

Perché la cerimonia era stata davvero toccante. Con l'aula magna dell'Università gremita di parenti, la famiglia Ligresti al completo, dal patriarca ai nipoti. Lei, Jonella, 41 anni, vestita come vuole il rito: toga, tocco e fascia. In mano la cartella con la laudatio. Titolo: "L'assicurazione: quando la finanza guarda lontano". I fotografi scatenati come ai matrimoni: il bacio con il papà, il sorriso di fianco all'ermellino del Rettore, il Senato accademico felice.

Mussi Il preside di Economia, Sergio Bortolani, che presenta la candidata con pochi tratti entusiasti elogiandone "la capacità imprenditoriale messa in luce in questi anni di amministrazione dell'azienda assicuratrice". Lei che va al microfono emozionata prima di leggere l'analisi sull'industria delle assicurazioni che le varrà l'alloro dei dottori. Gli applausi e via verso il ristorante dell'albergo Principi di Piemonte (proprietà Sai) per i festeggiamenti.

Tocca a Fausto Marchionni, amministratore delegato di Fondiaria Sai, avvisare Jonella che è stata tutta una finta. Che la sua laurea non è valida, la laudatio è stata inutile. Lei si rinchiude nel silenzio, preferisce non commentare e viaggia verso Milano. Lasciandosi dietro, a Torino, una scia di polemiche e di ironie.
Il Rettore, Ezio Pelizzetti, ricostruisce la sua versione dei fatti: "Avevamo inoltrato la domanda al ministero il 24 settembre. Il no da Roma è arrivato nei nostri uffici lunedì sera. Io ho visto il documento del ministro un'ora prima dell'inizio della cerimonia". Dunque poteva bloccare tutto? "Lei lo avrebbe fatto?". Bloccare la cerimonia, come nella scena finale del Laureato, lasciando di sasso la platea? Pelizzetti ha tirato dritto. Ora deve vedersela con il ministro. Queste lauree non sono date con troppa facilità? "È la prima in Italia che viene bloccata. Vogliamo parlare delle altre concesse?".

Marina_salomon ...parliamone... ormai una laurea honoris causa non si nega a nessuno. L'hanno data persino a Valentino Rossi (in Comunicazione) per le simpatiche pagliacciate che "improvvisa" (si fa per dire) col suo clan, per celebrare le vittorie; l'hanno data a Rana (quello dei tortellini), sempre in comunicazione e PR, per aver girato personalmente lo spot del tortello. L'hanno data a Ligabue. Ai figli dei padroni no, per piacere! altrimenti inizierà il filone interminabile dei figli... Capirei se la Ligresti avesse fornito ottima prova di se, che so, alla Allianz o alla Zurigo; ma fare carriera nella Sai di papy, come si fa a dire che dev'essere per forza un genio? e Pier Silvio, alla BBC o a Sky, è sicuro che lo avrebbero fatto vicepresidente? e la Mercegaglia alla United Steel, dove sarebbe arrivata? e la presenzialista Marina Salomon alla Nike? e il figliolo di Pisanu, fuori dalla Accenture (mettiamo, alla McKinsey?)... e la concubina di Casini fuori dal gruppo Caltagirone, l'avrebbero nominata, giovanissima, Amministratore Delegato di un grande giornale? ...quante domande... quando uno è figlio di un miliardario, come diceva Fortebraccio, ci manca sempre pochissimo perchè sia anche un genio!

lunedì 23 luglio 2007

Italiani brava ggente - Dragan Cigan, bosniaco, muore per salvare due bimbi italiani. Non gli dicono neanche grazie

Repubblica

Jesolo, bosniaco si tuffa con un marocchino e muore nel fiume. Dai genitori neppure un grazie - Il padre e la madre dei bambini rintracciati dopo dagli agenti di polizia

di NICOLA PELLICANI

Dragan_cigan_2 JESOLO - È annegato, risucchiato dalla corrente alla foce del Piave. Portato chissà dove dall'acqua del fiume che in quel punto, a Cortellazzo (Jesolo), incontra il mare. Ieri mattina attorno alle 12, è scomparso in un attimo Dragan Cigan di 31 anni, cittadino bosniaco, manovale a San Martino di Lupari - in provincia di Padova -, che poco prima si era tuffato in mare assieme ad un altro extracomunitario marocchino H. R. di 35 anni, per soccorrere due fratellini di sette e dieci anni , arrivati al mare con mamma e papà da Roncade (Treviso), che stavano per annegare. Alla fine i bimbi se la sono cavata, mentre Dragan non ce l'ha fatta. Ha lottato con tutte le sue forze ma un'onda se l'è portato via e non è più riuscito a guadagnare terra.

Il marocchino che con lui si era tuffato è riuscito a raggiungere la riva, tirato su a braccia dagli altri bagnanti che nel frattempo si erano mobilitati per dare una mano. A quanto pare però, non i genitori dei bimbi che non appena hanno riabbracciato i figli, se ne sono andati suscitando l'indignazione degli altri bagnanti. Hanno lasciato la spiaggia senza aspettare l'esito delle ricerche dell'uomo che ha salvato i loro figli. Senza curarsi della disperazione della sorella e degli altri familiari di Dragan, che in Bosnia aveva una moglie e due figli di 4 e 9 anni. Una coppia di Vittorio Veneto è fuori di sé per quanto ha visto: "Ci siamo vergognati di essere italiani quando abbiamo visto i genitori dei bimbi di Roncade salvati andarsene senza neppure avvicinarsi a confortare i familiari dell'uomo annegato e senza ringraziare quel marocchino". E aggiungono: "Non credevamo ai nostri occhi. Un comportamento inqualificabile".

E pensare che Dragan e H. R. non appena hanno visto i bimbi in difficoltà, senza conoscersi, senza parlare la stessa lingua, non hanno perso un momento. E' bastato uno sguardo d'intesa e si sono buttati in acqua. In quel momento la spiaggia era affollata di bagnanti, ma solo loro si sono tuffati nel disperato tentativo di trarre in salvo i bimbi. La corrente in quel punto è fortissima, i due giovani hanno speso tutte le energie per cercare di salvarli. La riva era lì a due passi, ma sembrava irraggiungibile. Intanto a terra montava l'angoscia. All'apprensione per i due fratellini si aggiungeva l'ansia per Dragan che non ce la faceva più a lottare contro la corrente. Zurica la sorella del manovale bosniaco iniziava a urlare disperata. Con lei c'erano il marito e il figlio. Sono stati minuti drammatici con la famiglia di Roncade che nel frattempo si allontanava. Poco dopo è stata rintracciata dalla polizia di Jesolo che l'ha accompagnata in commissariato per ricostruire la vicenda.

Quello che colpisce, in questa ennesima storia di ordinario malcostume, è la faccia intensa, bellissima, di questo bosniaco di cui domani non ricorderemo neanche il nome. Dragan chi?. Quello che colpisce, in questa brutta storia, è che a tentare di salvare due bambini italiani, si siano tuffati due extra-comunitari (magari clandestini? saranno espulsi, uno da vivo, l'altro da morto?) Quello che colpisce è che non un solo "brava ggente" nostrano ci abbia provato. Quello che colpisce è la fuga senza un grazie dei bravi genitori di Roncade. Non mi interessa sapere se appartengano ideologicamente al leghismo o al fascismo becero da "ostaria", o magari ad una onlus umanitaria (peggio mi sentirei!). Quello che colpisce è che il Tg Uno abbia dato la notizia, nei titoli, più o meno così: "...annega per salvare due bambini..." Della nazionalità di salvati e salvatore, non una parola (si fosse trattato di uno stupro, il titolo sarebbe iniziato con "stuprata da due clandestini"). Forse scriveranno a Corrado Augias. Forse Augias troverà delle sagge parole di spiegazione "sociologica" dell'indifferenza. Forse, come il mitico Poverini, diventeranno dei personaggi da talk-show televisivo. Per conto mio, mi accontenterei di vedere le loro foto, vis-à-vis con quella bella faccia da bosniaco triste. Giusto per capire se per caso Lombroso non avesse ragione.

Tafanus

sabato 21 luglio 2007

NOTE DI VIAGGIO: ODIO L'ESTATE! - Tafanus

20070720IL PRIMO TRAGICO SEGNO DELL'ESTATE
E' domenica mattina. Siamo partiti da mezz'ora, e siamo già fermi. Code per incidente fra Bergamo e Seriate, ci informa la dolce voce di "Gabriella Macioci dell'ACI" (ma cchedé, è cinese???). Lasciamo il casino dell'autostrada a Brescia Est, e facciamo una bella provinciale, completamente piva di traffico, fino a Padenghe. Da Padenghe a San Felice del Benaco, a passo d'uomo.

ARRIVO A SAN FELICE DEL BENACO, PROVINCIA DI UTRECHT
Arriviamo al campeggio dove ci attende il camper di mia figlia, alla quale daremo il cambio, prendendo in custodia i gemellini. No problem, sono molto comunicativi: in mezz'ora avranno dieci amici a testa, e ci lasceranno tranquilli. Errore! il camping sembra off limits agli italiani. Non ce n'è uno. Sembra off limits per chiunque non provenga non genericamente dall'estero, ma dall'Olanda. Perchè cazzo siamo venuti in vacanza nei paesi bassi? Sono tutti gentilissimi, salutano e sorridono, ma parlano una lingua incomprensibile, che sta al tedesco come il barese sta all'italiano. Tag! Tag. A sera i bimbi assicurano di aver intravisto due bambini italiani, di cui non ritroveranno traccia. Inghiottiti dal Gorgo di Gardastroem?

POCO MALE, MI DEDICHERO' A INTERNET!
Col PC? No, col c..... C'è un buon segnale UMTS Tim, ma io ho un collegamento GPRS. Se provo ad aprire qualcosa, dopo dieci minuti si inchioda tutto, senza aver aperto nulla.. Pazienza, andrò in un Internet Café... già, peccato che sono senza macchina, perchè mia figlia è tornata a Milano con la mia! il punto più vicino è a Salò, che non è proprio, diciamo così, attaccato a San Felice. Mia figlia ha chiesto la piazzuola per due settimane, ma le hanno garantito solo la prima. Con un pò di mazzo, forse mi salvo dalla seconda. Il camping è molto ombreggiato, ma quando in città ci sono 36 gradi, c'è poco da essere ombreggiati... Ci sono due bellissime piscine, ma io posso solo guardarle da lontano, avendo ancora qualche punto di sutura nella cornea... e poi, come dicono Sandro & Dario, la piscina è piena di "oslandesi" che spruzzano....

POCO MALE, LEGGERO'...
In fondo, devo ancora finire la Repubblica di ieri. Domani forse avrò il giornale, ma solo su prenotazione. Senza prenotazione, solo la Gazzetta di Brescia, e tanti giornali olandesi. Ho portato anche l'ultimo libro di Woodforde sui Bushes, ma solo vedere la copertina mi da la nausea. Mi farò bastare Repubblica di domenica  per 48 ore, tanto non cambia niente, la rumenta è sempre quella.

-a) dopo la fissione dell'atomo, siamo alla sua ricomposizione. De Michelis ha appena ricucito con Boselli. Hanno rifatto il PSI (c'è anche Dell'Unto). Ne sentivamo il bisogno. Bobo è contento. Di Stefania, non saprei...

-b) Lanfranco Turci (che si accinge a superare Buttiglione, De Gregori e Mastella come numero di "cambi di campo", scopre che la "Rosa nel Pugno" era una stronzata, che con Pannella si sta solo alle condizioni di Pannella. Bravo Turci, lei è un'aquila. Comunque, meglio tardi che mai.

-c) Willy Bordon, che da qualche tempo, con propositi illeggibili, segue Manzione in tutte le sue manzioni speciali, ha detto della capogruppo Finocchiario, praticamente, che è una stronza stalinista. Le colpe della Finocchiaro? non aver capito le evoluzioni manzion-bordoniane. Siamo stronzi anche noi? può darsi, visto che neanche noi capiamo...

-d) surprise... Il capo della procura di Catanzaro (Lombardi) dalla quale sono uscite le indiscrezioni sulla iscrizone di Prodi al registro degli indagati per abuso d'ufficio in direzione di Panorama (quando si dice la combinazione) ha rapporti indiretti d'affari col parlamentare Pittelli di Forza Italia. Ma si... il mitico Pittelli della omonima legge pro Berlusconi.

-e) la TV pluralista: lunga intervista (senza contraddittorio, of course) di Isabella "Culonnetta" Bertolini al giornalista (?) del "Geniale" Panetta. Apprendiamo che "la spallata" è ulteriormente rinviata. "Ragionevolmente" si voterà non più fra qualche mese, non più nel 2008, ma nel 2009. Basterà fare qualche "piccolo ritocco" alla legge elettorale (parole della culonnetta), magari limitatamente a quella per il senato, aumentando il premio di maggioranza. Qualche piccolo ritocco? Stiamo parlando solo della differenza fra governabilità ed ingovernabilità. Ritocco sti cazzi! se si rivota, si rivota con la legge che c'è, fortemente voluta da tutti lor signori, inclusa la culonnetta.

-f) a proposito, qualcuno mi aiuta a capire? FascioFini, che nei primi mesi del 2006 ha difeso con le unghie e coi denti la legge-porcata, adesso presidia i banchetti dove si raccolgono le firme per il referendum che dovrebbe abrogare la legge-porcata. In tempo per le auspicate (da loro) elezioni anticipate. Vedere Devoto-Oli, alla voce "vaudeville".

-g) Prosegue senza sosta la Saga dei Bushes, coi suoi morti amici, nemici e indiretti. L'autista ceco di un camion refrigerato (trasporto di angurie dalla Grecia alla Germania), dopo aver percorso il mitico passante di Mestre, sosta, stremato in un'area di servizio. Dal cassone sente qualche strano rumore. Apre il portellone. Dentro, mischiati alle angurie, tre cadaveri e un agonizzante. Asfissia. I quattro sono clandestini iracheni in fuga dalla democrazia. Sul piazzale, "italiani brava ggente", armati di telefonini, sparano raffiche di foto per immortalare l'evento. Nessuno pensa di impedirlo. Nessuno stende un lenzuolo o un telone su quei poveri corpi. Una gentile signora continua a scattare foto con la mano sinistra, mentre con la destra continua a spalmarsi di crema. Le prime foto dell'Album delle vacanze 2007, saranno fantastiche!

CONTRORDINE, KAMERATI!!!
Ricordate Gustavo Selva che prendeva l'ambulanza per andare a fare le comparsate in TV? Gustavo, vero statista-post-fascista, aveva offerto le sue dimissioni. Tutta l'Italia era in gramaglie, per la perdita di cotanto statista. Niente paura! con congruo anticipo sulla discussione in aula delle sue dimissioni, Gustavo le ha già ritirate. CVD. Senso dello stato. Gustavo non voleva mettere a rischio la "risicata minoranza della CdL al Senato. E poi lo ha fatto anche per i suoi fans (sic!). Perchè è bene che si sappia: Gustavo ha un numero incredibile di "fans (ri-sic!) che stazionano giorno e notte sotto casa sua, facendo girotondi, fiaccolate, e ripetendo ossessivamente il coretto: "Gustà nun ce lassà! Gusta nun ce lassà!). Nessuno si preoccupi: Gustà nu ce lassarrà...

I CAMUNI? GIA' EVOLUTI NEL 3.000 D.C.
Parola di un editore leghista varesotto, che ha pubblicato un libro (a spese della regione Lombardia - 103.000 euri, micacazzi...), già distribuito in gran parte delle scuole medie lombarde. La  fregnaccia dei camuni non è isolata. L'unità d'Italia è spostata dal 1861 al 1870; Garibaldi e Mazzini sono spariti. I padani erano già celebri, nell'antichità, per il "celodurismo" (We are the padan cox, letterale). Nel '68 erano di moda l'eschimo ed i blue-jeans (niente Monclair, niente paninari...) Le stragi di Piazza della Loggia e di Piazza Fontana? Nessun dubbio: è accertato che siano state fatte dal Movimento Studentesco. Di fronte a questa sterminata serie di minchiate, persino Formigoni si è tirato fuori ("non ne sapevo nulla"). Però la maxi-minchiata è finanziata dalla Regione Lombardia. Allora è un minchione anche il ciellino? L'unica testa d'uovo (o testa di cazzo?) alla quale è stato lasciato l'onore di questa serie di minchiate è il mitico leghista Albertoni, ex consigliere RAI in quota Lega; un mito, a Pontida, poichè era l'unico in grado di leggere e scrivere. Adesso vorremmo sapere chi paga, please... i celti o i camuni?

CONTRO-CONTRORDINE, KAMERATI!
Gustavo Selva si deve dimettere, parola di Alemanno. Scommettiamo che vince Gustavo Selva?

ASFALTO, BITUME ED EFFICIENZA MENEGHINA.
Sono bastate temperature di poco superiori alle medie stagionali, e nelle strade milanesi (la Capitale Morale) sta succedendo di tutto: pavimentazioni che si sciolgono, cavalletti di bici e moto che fanno i buchi nell'asfalto, donne che inchiodano un tacco a spillo nella strada, e via liquefacendo. La ragione? Anzichè ficcare nelle mescole asfaltanti l'8% di bitume e tanta sabbia, si arriva a mettere il 14% di bitume e poca sabbia. Sembra un controsenso, perchè il bitume è molto costoso (200 euro per mille litri), ma così non è, perchè la mescola con tanto bitume si stende meglio, e si risparmia moltissimo in costi di manodopera; salvo vederla ridotta allo stato d budino al primo caldo. Se poi si pensa che la SARS, società di raffinazione di proprietà del marito della First Sciura Moratti, produce bitume e non sabbia, sarebbe interessante conoscere le fonti di approvvigionameno di bitume del Comune di Milano. Tanto per azzerare sul nascere nostri eventuali sospetti malevoli.

PECORELLA, PECORELLA, DOVE VAI SENZA L'OMBRELLA?
La Cassazione ha cancellato la legge Pecorella, quella che vietava ai PM di proporre appello in caso di assoluzione degli imputati in primo grado, mentre gli avvocati potevano proporre appello in  caso di condanna dell'imputato. Detta in altri termini: se in un processo per corruzione contro Berlusconi  il suddetto è assolto, la Bocassini non può appellarsi. se invece il nano è condannato, Ghedini, o lo stesso Pecorella (primo firmatario di quest'altra legge sconcia), possono appellarsi. Roba che neanche nel Cile di Pinochet. Però la sentenza della cassazione non è retroattiva, quindi le eventuali assoluzioni in primo grado del Cipria ormai sono definitiva. Viva l'Italia dei senza vergogna.

Finalmente le vacanze sono finite. Dopo una settimana di assenza, mi sono ritrovato con 600 e-mails, di cui 400 di puro spamming. Ringrazio tutti coloro (e Maurizio in primo luogo) che hanno tenuto in vita il blog, nonostante le prodezze estive di Kataweb, che peggio non avrebbe potuto gestire la transizione a Typepad. Ora mi rilasserò per alcune ore, poi inizierò a leggere i vari posts, i commenti, e a rispondere, a rate, ove necessario. Un abbraccio a tutti.
Tafanus

mercoledì 11 luglio 2007

"TERZA PAGINA" - Una favola breve di Luigi Lunari

Luigi_lunari_2 Ricevo dall’amico Luigi Lunari questo prezioso cadeau. Una favola moderna, alla quale ognuno potrà attribuire la morale che crede, se crede. Io, per anni, ho lavorato IN o PER la pubblicità, con un certo pudore. Negli anni della “Milano da bere” per molti gasatissimi yuppies la pubblicità era un traguardo. Per me, e per tanti amici non gasati, è stata una fase interlocutoria, della serie “fare la pubblicità è pur sempre meglio che lavorare”. Mi onoro di aver fatto parte di questa scuola di pensiero insieme a personaggi della statura e della modestia di Sandro Baldoni, di Lele Panzeri, e di altri che sarebbe troppo lungo elencare, coi quali ho condiviso l’idea che, qualora le zie avessero chiesto alle mogli “che lavoro fa tuo marito”, la risposta avrebbe dovuto essere: “Il Ragioniere”. Forse è per questo che ho ricevuto con un sorriso di gratitudine questo racconto breve dell’amico Gigi.

"...ORE 5,59 DEL MATTINO..."

PROLOGO

Erano le 5.59 del mattino di un giorno qualsiasi quando il Padreterno, schioccando il pollice e il dito medio della mano destra, abolì d’un tratto la pubblicità. La abolì in fatto ed in diritto, sopprimendone la presenza perfino come lemma dai dizionari, che passarono così direttamente da “pubblicare” a “pubblico”, saltando “pubblicità”, “pubblicitario”, “pubblicizzare” e derivati.

ATTO PRIMO

Già un minuto dopo, infatti, i primi tram in uscita dalla rimessa si presentarono puliti e riconoscibili: tutti eguali nella loro tinta verde, le fiancate sgombere da ogni immagine di automobili o di spiagge esotiche, le porte ben visibili anche di primo acchito, i finestrini perfettamente trasparenti.

La novità dilagò a macchia d’olio, e tutti ebbero subito mille occasioni per rendersene conto. I giornali uscirono senza i paginoni variopinti su questo o quel supermercato, e senza pezzetti di carta colorata impiastricciati sulla prima pagina; i canali televisivi passarono da un programma all’altro senza l’insistente stillicidio degli spot su cellulari o dentiere; e - come sarebbe apparso chiaro nel prosieguo della giornata - senza interrompere film e dibattiti con sperticati elogi di computer o marche di birra. E anche su internet - per quanti lo aprirono già di prima mattina - le “home pages” apparvero limpide e chiare: senza il grandinare di messaggi in movimento, di intrusioni ammiccanti, di inviti a cliccare questo o quello, di filmati gracchianti e ineliminabili.

La stessa rivoluzione si verificò nelle strade. Nessuna gigantografia sui muri delle case, a pubblicizzare film storici o concerti rock, niente manifesti a conclamare svendite e liquidazioni; niente cartelli ai margini delle autostrade… Perfino i supermarket, fino al giorno prima così prodighi di aggressivi consigli per gli acquisti, apparivano rilassati e rispettosi. Il cliente entrava, si aggirava tra gli scaffali dove in bell’ordine erano disposti dentifrici, merendine, confezioni di pasta e di biscotti, scatolette di tonno e di sardine: tutti in serena attesa, senza vantare le proprie superiori qualità con chiassosi cartelli di stile fumettistico, senza gareggiare in sconti, in metàprezzi, in offerte speciali… Liberati dai costi della pubblicità, tutti i prodotti erano sensibilmente scesi di prezzo. Il consumatore - non più distratto da eccitanti immagini femminili che gli garantivano la superiorità di questi o quei maccheroni - sceglieva liberamente, grazie anche al passa-parola dell’esperienza altrui. Spendeva meno, sceglieva meglio, sfuggiva alle tentazioni degli acquisti inutili, cessava di ingombrare il frigorifero di cibarie destinate alla spazzatura, e gli armadi di top e di short che passavano di moda con la stessa velocità con cui erano state imposti. Il mondo senza pubblicità era decisamente più bello e rilassante.

Tuttavia…

ATTO SECONDO

…tuttavia, la trasformazione ebbe un suo alto, drammatico prezzo in un immediato aumento della disoccupazione. Agli ingressi della metropolitana - per esempio - si trovarono immediatamente disoccupati i ragazzi che distribuivano giornali gratis con sunti di notizie politiche e con i gossip del giorno. E cinque metri più in là, si trovarono altrettanto disoccupati gli spazzini incaricati di raccogliere i giornali che in quei cinque metri i frettolosi passanti avevano letto e subito gettato. Persero il lavoro anche i giornalisti e i tipografi che quei giornali avevano composto fino al giorno prima, e che si reggevano naturalmente sulle inserzioni pubblicitarie. E dietro si trovarono senza lavoro, nelle aziende di pubblicità, le fitte schiere di quanti vi lavoravano: art director, chief executive, copywriter, account, production manager, creativi, grafici, planner, fotografi, impaginatori, stylist… Chiusero i battenti gli studi radiofonici, cinematografici e televisivi che si pubblicità si nutrivano, e finirono in strada turbe di cameramen, fonici, modelle, parrucchieri, truccatori, agent press… Il problema si fece presto gravissimo, provocò interpellanze in Parlamento, agitò i sindacati, che a gran voce chiesero il riconoscimento di uno stato di calamità, e interventi governativi a difesa delle categorie. Timidamente, il ministro del commercio estero notò come sulla bilancia dei pagamenti avesse avuto un benefico impatto la minore importazione di carta, di colori, di materiale fotografico specializzato e costoso… ma si trattò di poco più che uno stuzzicadenti opposto a un’inondazione. L’entità del fenomeno fece salire la percentuale dei disoccupati ai valori massimi degli ultimi cinquant’anni; ci furono disordini che spesso degenerarono in gratuite violenze, l’opposizione gridò allo scandalo, il governo restò in carica solo perché nessuno voleva ereditarne la patata bollente. Mai, nella storia della repubblica italiana, si era verificata una situazione tanto minacciosa per l’ordine pubblico.

Tuttavia…

ATTO TERZO

… tuttavia, il minor costo di ogni prodotto commerciale - non più gravato dagli investimenti pubblicitari - fece aumentare in misura considerevole il risparmio delle famiglie. Al momento della dichiarazione dei redditi, ogni capofamiglia notò che quell’anno si era speso meno, e che il bilancio si chiudeva con un attivo assolutamente impensabile in passato. Le minori spese resero più facile al contribuente una più onesta dichiarazione fiscale, dalla quale risultava peraltro una maggiore possibilità contributiva. Le tasse aumentarono, ma - tutto sommato - in misura minore di quanto non fossero diminuite le spese: e con immediati, benefici effetti. Lo Stato vide crescere le entrate, il governo fu in grado di allentare i cordoni della borsa, e di rispondere positivamente alle richieste dei vari i ministeri e dei vari enti pubblici locali, fino a quel momento costretti a faticose acrobazie di bilancio e a ridurre all’osso il personale. Grazie alle nuove disponibilità economiche i tribunali poterono finalmente colmare i vuoti di organico, ed assumere i cancellieri e gli stenografi necessari alla normale attività processuale; le università riaprirono i concorsi, le scuole onorarono le cattedre, gli ospedali ovviarono alla cronica carenza di infermieri, le municipalizzate d’ogni tipo e dimensione allargarono le assunzioni molto al di là delle solite clientele di raccomandati…. Agli orfani della pubblicità (art director, creativi, modelle, parrucchieri…) non fu difficile trovare lavoro e nuove mansioni nella situazione che si era andata creando. La tensione sociale si allentò, le manifestazioni di protesta cessarono, la vita sembrò davvero migliorare: scuole più efficienti, magistratura meno lenta, perfino infermiere più carine, grazie alla nuova utilizzazione di modelle e veline in un lavoro di cui esse avvertirono subito il minore stress, la ridotta pericolosità mediatica e un senso preciso di utilità per la collettività.

EPILOGO

Tutto prese subito una via più seria e appagante. Il Padreterno guardò giù, si compiacque, e pensò: “Ma perdio, non potevano arrivarci da soli?”

Luigi Lunari

Luigi Lunari, nato a Milano, dove vive da sempre, si laurea in legge, studia composizione e direzione d'orchestra. È stato anche giudice di pace. Si occupa di teatro in varie direzioni, dedicandosi per periodi di varia durata all'insegnamento universitario, alla saggistica, alla critica. Per più di vent'anni - dal 1961 al 1982 - collabora con Grassi e Strehler al Piccolo Teatro, esperienza dalla quale nascerà, nel 1991, il romanzo teatrale “Il maestro e gli altri”.

Svolge intensa attività di traduttore, e per l'editore Rizzoli sta traducendo l'intera opera di Molière, oltre a curare i volumi dedicati nella stessa collana a Goldoni. Vasta anche la sua attività saggistica, dedicata in particolare a Goldoni, Molière e Brecht.

Autore di notevole eclettismo, scrive fortunati originali televisivi (“Dedicato a un bambino”, “Accadde a Lisbona”,“Le cinque giornate di Milano”) e una serie di commedie di deciso impegno civile e di satira politica, quasi tutte ispirate alla realtà sociale italiana: da “Tarantella con un piede solo” a “Non so, non ho visto, se c'ero dormivo”, da “I contrattempi del tenente Calley” a “L'incidente”, “Il senatore Fox”, “Sogni proibiti di una fanciulla in fiore”, “Nel nome del padre”, “Tre sull'altalena”.

martedì 10 luglio 2007

Riccardo Bossi, rampollo del Senatur, ha fatto un sogno: "L'Isola dei Famosi"

Corsera

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Bossi_riccardo_moglieBossi jr.: «Voglio fare il naufrago» - Su «Chi» la richiesta-sfogo: «Rinunciai, ora gli chiedo il permesso» -Riccardo Bossi, figlio del leader della Lega, sogna un futuro tra i concorrenti dell'Isola dei famosi: «Ma papà si è opposto...»

MILANO - «Papà, lasciami fare l'Isola dei famosi». Così Riccardo Bossi, figlio del leader della Lega, si rivolge al padre in un'intervista al settimanale «Chi». «Chiedo a mio padre, con educazione e rispetto, che mi lasci partecipare a L'Isola dei famosi. Ho rinunciato, per suo volere, alla politica, ma voglio che non mi ostacoli in questa scelta» aggiunge Riccardo. Bossi jr, nato dal primo matrimonio del Senatùr, è fra i candidati alla prossima edizione del reality e sarebbe bloccato da un veto del padre.

(...caspita... non sapevo che anche il Senatur fosse alla seconda famiglia... "quelli che la famiglia è indissolubile")

IL VETO DEL SENATUR - «Sono un ragazzo solare e a modo - dice - non infangherò la reputazione di mio papà andando sull'Isola. All'inizio lui non sembrava contrario, mi ha risposto: "La vita è tua, fai quello che vuoi", racconta Riccardo Bossi. «Ma poi mi hanno riferito che ha parlato con Antonio Marano, direttore di Raidue, e ha cambiato idea. Non capisco cosa possa aver detto a mio padre per irritarlo così tanto da fargli mettere un veto sulla mia candidatura». Riccardo Bossi parla poi di Simona Ventura, conduttrice del reality: «L'ho già sentita e mi è sembrata entusiasta, è una persona splendida, mi ha già conquistato».

...quando un patano autentico sogna, sogna in grande... "...I have a dream..." Se poi anzichè Eridanio si chiama semplicemente Riccardo (Cuor di Leone?), allora fa sogni semplicemente grandiosi. Sogna "L'Isola dei Famosi", sotto la guida di una persona splendida: Simona Ventura. Quando si dice le "seconde generazioni"...

lunedì 9 luglio 2007

GENOVA: MACELLERIA G8: L'inchiesta su una delle pagine più vergognose della Polizia di Stato

Espresso

Le testimonianze pilotate. Le prove manomesse. Le molotov scomparse. Errori, menzogne e depistaggi del massacro alla Diaz
di Peter Gomez

Scuola_diaz Tutta colpa di due bottiglie di vino. Di quello buono, invecchiato a dovere. Erano la prova regina del processo per la 'macelleria messicana' della scuola Diaz. Erano la plastica dimostrazione di come qualcuno a Genova, in quella notte tra il 21 e il 22 luglio del 2001, per giustificare l'arresto illegale di 93 manifestanti massacrati a colpi di manganello avesse imbrogliato le carte.

Subito dopo l'irruzione, quando si era trattato di redigere il verbale di sequestro, la Polizia aveva dato atto che le bottiglie "contenenti liquido infiammabile e innesco (cosiddette molotov)" erano state scoperte "nella sala d'ingresso ubicata al pian terreno". Ma non era vero. I due contenitori di vetro pieni di benzina erano invece stati trovati per terra nel pomeriggio in una zona completamente diversa della città ed erano arrivati alla Diaz su un blindato del primo reparto mobile di Roma.

Una truffa in piena regola che avrebbe spinto anche l'attuale numero uno del Viminale, Antonio Manganelli, a dire: "Io ne ho viste tante, ma quelle molotov sono come le bustine di cocaina messa in tasca allo spacciatore. Sono una cosa da film che non credevo potesse succedere". Di cose da film a Genova ne accadono però parecchie. E lo spettacolo non si è chiuso sei anni fa, con un G8 che ha lasciato sul campo un morto, una città devastata dalle incursioni di migliaia di black bloc e centinaia di feriti sia tra i no global (in gran parte pacifici) che tra le forze dell'ordine. Adesso non si parla più solo di prove artefatte. Come in un legal thriller è scoccata l'ora delle prove sparite e delle testimonianze pilotate. Addirittura, secondo l'ipotesi dell'accusa, per intervento di Gianni De Gennaro, l'ex capo della Polizia e attuale capo di gabinetto del ministro dell'Interno, Giuliano Amato.

Castelliscajola1 Tutto comincia il 17 gennaio scorso, in un'aula sotterranea del Tribunale dove l'assenza del pubblico e della grande stampa nazionale testimonia la voglia tutta italiana di seppellire per sempre i fantasmi di Genova. Quel giorno il collegio incaricato di giudicare 28 imputati per i fatti della Diaz, tra i quali figurano alcuni tra i dirigenti più noti della Polizia di Stato, prende atto con disappunto della scomparsa delle due bottiglie molotov. In teoria avrebbe dovuto custodirle la questura, ma lì non si trovano più. La spiegazione ufficiale è che già nel settembre del 2001 le bottiglie potrebbero essere state distrutte assieme ad altro "materiale esplodente" come chiesto proprio dalla magistratura. Fatto sta che i difensori di due poliziotti accusati di aver materialmente portato le molotov alla Diaz esultano. Secondo loro, "senza il corpo del reato il processo è finito". Il pm Enrico Zucca invece è preoccupato. "Alcuni imputati potrebbero essere responsabili di questa sparizione", dice. Lui, del resto, della polizia non si fida. A torto o ragione pensa che durante l'indagine sull'irruzione gli uomini del Viminale abbiano sempre remato contro. E non tanto perché alla sbarra ci sono dirigenti di primo piano considerati fedelissimi di De Gennaro, come Francesco Gratteri, Gianni Luperi e Gilberto Calderozzi. Il dato che fa invece riflettere Zucca e il suo collega Francesco Cardona Albini è l'incompletezza e l'imprecisione degli elenchi che la polizia ha fornito quando ha dovuto spiegare chi avesse partecipato al violentissimo blitz. Per l'accusa, ad esempio, è inconcepibile che nessuno abbia saputo identificare un poliziotto che il giorno dell'irruzione portava "i capelli raccolti in una fluente coda di cavallo lunga fino alla cintola", filmato con chiarezza da una tv privata mentre colpiva uno degli occupanti della Diaz steso a terra. O che non sia stato possibile capire chi abbia apposto la quattordicesima firma su un verbale poi ritenuto falso.

Diaz Per questo la scomparsa delle molotov diventa un episodio da prendere sul serio. Molto sul serio. La procura chiede e ottiene dal gip il permesso di intercettare una serie di telefoni. Il risultato è che nel giro di poche settimane anche il capo della polizia De Gennaro finisce sul registro degli indagati per induzione alla falsa testimonianza. Con la sparizione delle bottiglie non c'entra nulla, ma secondo i pm potrebbe invece avere a che fare con l'inspiegabile correzione di rotta di uno dei testi chiave del processo: l'ex questore di Genova, ora passato al Cesis, Francesco Colucci.

Così, all'improvviso, la scomparsa delle bottiglie diventa l'ultimo capitolo di una storia nera, sempre più scivolosa, sporca e complicata, in cui gli errori (non ultimi quelli della politica), si sommano agli errori, le negligenze, gli atti criminali e la disorganizzazione. Oggi, a mente fredda, scorrendo con gli occhi le immagini di quel vertice internazionale, delle manifestazioni, delle cariche, dei nasi e delle ossa spezzate anche a chi con i no global violenti non aveva nulla a che fare, viene facile dire che lo sbaglio più grande è stato compiuto dai due governi che si sono succeduti nel 2001: quello di Amato e quello di Berlusconi. È l'esecutivo di centrosinistra infatti a scegliere Genova, una città dalle strade strette, densamente abitata, e virtualmente incontrollabile, per il primo G8 destinato a durare più giorni. È quello di centrodestra a confermare la riunione dei grandi della Terra in Liguria - nonostante che ormai da mesi in occasioni di ogni vertice internazionale le tute nere dei black bloc fossero protagoniste di violenze di tutti i generi - militarizzando il capoluogo e chiudendo con alte grate di metallo la zona rossa, per renderla inacessibile alle manifestazioni regolarmente autorizzate del Genoa Social Forum.

Gasparri Sì, perché la genesi dei fatti della Diaz, come quella di tutti gli eccessi di quelle ore di sangue, va ricercata in ciò che accade venerdì 20 luglio, quando anche a causa dei difetti di comunicazione tra la sala operativa  e i reparti delle forze dell'ordine, un contingente dei carabinieri che avrebbe dovuto cercare di fermare un gruppo di anarchici, incrocia invece il corteo delle tute bianche che stava percorrendo via Tolemaide. Il comandante del contingente, un capitano, decide di caricare i manifestanti. A quel punto la situazione precipita. I no global si disperdono nelle strade laterali mentre i militari sparano lacrimogeni ad altezza d'uomo. Auto e cassonetti vengono rovesciati, partono cariche e controcariche, finché in piazza Alimonda Carlo Giuliani muore ucciso da un colpo di pistola mentre sta lanciando un estintore contro una camionetta dell'Arma. In città scatta la caccia all'uomo e visto che le tute nere colpiscono e si dileguano, a essere manganellati, spesso con sbarre e pezzi di legno fuori ordinanza, sono vecchi, pacifisti della rete Lilliput con le mani alzate, donne, giornalisti.

Il giorno dopo, il giorno della Diaz, a pagare per quanto accaduto è in tempo reale il prefetto Ansoino Andreassi. Era il responsabile dell'ordine pubblico del G8, ma Andreassi non ha quasi nemmeno il tempo per decidere di lasciare i carabinieri nelle caserme per evitare di scaldare ulteriormente gli animi dei no global, che viene esautorato. Da Roma arriva l'ordine di arrestare più manifestanti possibile. "Allora percepii un cambio di strategia. Si voleva passare ad una linea più incisiva", dice Andreassi in aula il 23 maggio 2007, prima di spiegare che fu Gianni De Gennaro a impartire le relative disposizioni. Andreassi viene messo da parte e alle 4 del pomeriggio arriva in città al suo posto il prefetto Arnaldo La Barbera, uno dei grandi investigatori antimafia italiani, oggi scomparso. "Dovevamo reagire, la polizia sembrava essere rimasta inerte di fronte a migliaia di manifestanti che l'avevano messa a ferro e fuoco (Genova, ndr)", aggiunge Andreassi, chiarendo come il 21 luglio la situazione sul campo fosse stata presa in mano fin dalla mattinata dai funzionari dello Sco (il servizio centrale operativo) che secondo i piani iniziali avrebbero invece dovuto occuparsi solo della bonifica della zona rossa e delle attività d'indagine. Verso le 11 del mattino, dopo che un elicottero ha filmato un furgone da cui le tute Pinochet nere scaricano dei bastoni, scatta un primo blitz. Vengono messi a segno una ventina di arresti sostanzialmente a caso, tanto che non verranno poi convalidati. E a poco a poco si fa spazio tra i funzionari la convinzione che black bloc e Genoa Social Forum siano quasi la stessa cosa, visto che le tute nere sembrano spesso essere inghiottite dalle fila dei manifestanti più moderati.

È una tesi che piace anche ai parlamentari del centrodestra in quelle ore presenti in massa a Genova, persino nella sala operativa delle forze dell'ordine dove è passato anche il vicepremier Gianfranco Fini, ufficialmente solo per portare un saluto. Nel pomeriggio, quando ormai i cortei sono finiti, a Genova a comandare è di fatto La Barbera, mentre Andreassi "con scarsa convinzione" ordina al questore di organizzare dei "pattuglioni" per "rintracciare i black bloc", come richiesto da De Gennaro. Fosse stato per lui, il G8 si sarebbe chiuso lì: "La gente se ne stava andando, sazia di disordini, bisognava solo lasciarla andare via. Pensavo che quei pattuglioni potessero provocare grane e basta". Fatto sta che alle 9 di sera nei pressi della Diaz passano quattro auto della polizia. Fuori ci sono molti ragazzi anche perché quel plesso scolastico non è un posto qualsiasi: è il luogo che ospita il Genoa Social Forum e i computer del mediacenter, la sala stampa delle manifestazioni. Per qualche secondo c'è un po' di subbuglio: secondo la procura vengono tirate un paio di bottiglie, si urla e rumoreggia. Secondo la polizia, invece, la contestazione è una cosa più seria. Nei rapporti si parla "di un violento lancio di oggetti contundenti da parte di numerose persone, verosimilmente appartenenti alle tute nere". Un episodio grave, contro il quale, anche secondo Andreassi, bisogna reagire. Come? Perquisendo la Diaz, ritenuta il rifugio dei black bloc. Durante le due riunioni operative sono tutti d'accordo. L'unico che dice di aver avuto qualche perplessità è il capo della Digos di Genova, Spartaco Mortola. In istruttoria sosterrà di aver pensato che fare una perquisizione in una delle sedi del Genoa Social Forum, dove erano presenti anche dei parlamentari di Rifondazione comunista, fosse "inopportuno sotto il profilo politico" e anche "pericoloso" sia per i manifestanti che per gli agenti. Ma aggiungerà che di fronte alla sua valutazione "il questore ha allargato le braccia dicendo che ormai hanno deciso così".

Bossi Al di là degli interrogativi su cosa è esattamente accaduto nelle concitate riunioni pre irruzione è comunque certo che a quel punto la polizia sembra sicura di aver fatto bingo. Per i funzionari le tute nere sono davvero nascoste lì, tra i più pacifici no global. Tanto che vengono quasi subito avvertiti i giornalisti: varie fonti dicono di tenersi pronte perché di lì a due ore i black bloc finiranno in manette. In questura fervono i preparativi. Alla Diaz, come in cerca di gloria, ci vogliono andare un po' tutti. Gli uomini delle Digos, delle squadre Mobili dello Sco e dei reparti mobili, ovvero i vecchi celerini. I più eccitati sembrano gli agenti del VII reparto Mobile di Roma, comandati da Vincenzo Canterini e dal suo vice Michelangelo Fournier. In teoria si tratta di gente super addestrata, in perfette condizioni fisiche e psicologiche. Ma come spiegherà Pippo Micalizio, il prefetto poi incaricato proprio da De Gennaro di svolgere un'inchiesta interna, per tutto il giorno quelli del settimo erano rimasti in piazza senza mai scontrarsi con i manifestanti: "Non c'era quasi mai stata la possibilità di un ingaggio. Per questo è ipotizzabile che un reparto di questo genere sia diventato come una sorta di molla (pronta a scattare)", dirà Micalizio. E le cose vanno proprio così. Sono loro a fare irruzione alla Diaz, seguiti dagli uomini degli altri contingenti, manganellando tutto e tutti. Il risultato sono 71 feriti , di cui tre gravissimi (uno in coma), su 93 presenti. Tutta gente massacrata mentre si trovava distesa per terra o stava scappando. Lo dimostrano le ferite sempre al cranio o sulle braccia alzate nell'atto di difendersi.

La Diaz diventa così 'una macelleria messicana', come dirà da subito Fournier, indicato da molti testimoni come il funzionario che a un certo punto si sarebbe messo a urlare agli uomini "basta, basta". Nel corso dell'inchiesta Fournier, imputato con Canterini e altri otto capisquadra di concorso in lesioni personali, affermerà però di non aver visto nessuno picchiare. Dirà di essere entrato nella Diaz a cose fatte e di aver gridato così, come per disperazione. In aula invece cambierà versione. Sosterrà di aver mentito "per spirito di corpo", perché lui durante il raid era presente, aggiungendo però di aver fermato degli agenti che non ha riconosciuto perché non facevano parte del suo reparto. È un po' la tesi di tutti. Che si può riassumere così: i colpevoli ci sono, sono altri, ma non sappiamo chi. Chi era presente, del resto, ha capito subito di averla fatta grossa. Al di là di ogni evidenza, ai giornalisti è stato detto immediatamente che le decine di barelle che uscivano dalla scuola erano dovute al fatto che gli occupanti "presentavano ferite pregresse".

Cowboy Poi quando si è trattato di redarre i verbali sull'accaduto è stato attestato falsamente che i no global della Diaz si erano asserragliati nella scuola, avevano fatto resistenza accogliendo gli agenti con un fitto lancio di oggetti e di pietre. Una bugia bella e buona cui se ne sarebbero aggiunte molte altre per giustificare 93 arresti in flagranza poi non convalidati. Un esempio su tutti. Quando i magistrati cercano di capire come mai nessuno degli zaini sequestrati abbia un padrone, la polizia sostiene che le sacche sono state lanciate qua e là dagli occupanti. Ma la verità è un'altra. I bagagli sono stati svuotati alla rinfusa senza verbalizzare niente. Si cercava qualcosa per provare la presenza di black bloc, ma dalle borse erano usciti solo coltellini svizzeri e qualche indumento scuro. Insomma, anche se le tute nere fossero davvero state lì, procedendo in quel modo era impossibile provarlo. Unico indizio concreto, mostrato il giorno dopo ai giornalisti, le due famose molotov. Peccato che, come ha testimoniato un funzionario di polizia ed è stato confermato da due imputati per questo accusati di calunnia e falso, fossero state trovate per strada nel pomeriggio. Quella sera, come mostra un filmato dell'emittente genovese Primocanale (vedi foto di pag. 51), il sacchetto azzurro con le bottiglie viene osservato da un po' tutti i più alti funzionari in grado presenti alla Diaz, che sembrano discutere animatamente tra loro. Ma nessuno di essi ammetterà di aver saputo che le molotov arrivavano da fuori.

In questo quadro diventano quasi naturali le reticenze e le inverosimiglianze di buona parte dei poliziotti ascoltati come testimoni al processo e la decisione degli imputati di avvalersi (Canterini e Fournier a parte) della facoltà di non rispondere. Un atteggiamento quasi generalizzato che tocca il suo apice con la deposizione di Colucci, l'ex questore di Genova. Lui è solo un teste. Deve parlare per forza. Balbetta, fa marcia indietro. Dice che a ordinargli di telefonare al portavoce del capo della polizia per chiedergli di andare alla Diaz quella notte, non fu De Gennaro, come aveva già sostenuto in istruttoria, ma fu una sua iniziativa (De Gennaro allora aveva ribattuto: "Colucci ricorda male"). Poi sostiene che a coordinare il blitz era stato Lorenzo Murgolo, il capo della Digos di Bologna, da quattro anni passato al Sismi. Dunque, aggiunge confusione alla confusione. E per la procura non lo fa per caso. Al telefono con uno dei colleghi sotto inchiesta Colucci, parla infatti, "del capo" e di "un'altra versione" da raccontare. L'ennesima.

La notte dei lunghi manganelli

Questore_canterini Ecco le testimonianze di alcune persone maltrattate dalle forze dell'ordine nella scuola Diaz di Genova.

Sara Gallo Bartesaghi: "Mi sono rifugiata in un bagnetto rannicchiandomi. A un certo punto è stata spalancata una porta, una persona in divisa ha acceso la luce e mi ha tirato una manganellata sulla testa. Siamo stati fatti uscire dal bagnetto, un agente mi ha preso sotto braccio accompagnandomi. Costui disse agli altri agenti di lasciarmi stare. Ciononostante gli altri agenti mi colpirono con manganellate alle gambe, alla spalla sinistra e al braccio sinistro e mi sputarono in faccia".

Katherine Hager Morgan: "Ho visto che un gruppo di persone si era inginocchiata a terra con le mani alzate e ho capito che era entrata la polizia. I poliziotti che ho visto saranno stati circa dieci, ho potuto vedere solo un gruppo di persone che veniva colpito con calci e manganellate. Subito dopo un poliziotto mi ha raggiunta e mi ha dato un calcio alla testa facendomi cadere a terra dalla parte opposta. Subito dopo sono sopraggiunti altri poliziotti, uno o più, ed hanno cominciato a colpirmi".

Lorenzo Pancioli Guadagnucci (giornalista del "Quotidiano", giornale vicino al centro-destra - NdR): "Si vedevano questi agenti che continuavano a picchiare alcune delle persone che erano ancora nella palestra, che erano sedute insomma nei dintorni, nei paraggi, che io riuscivo a vedere e comunque anche per me non è finita perché poi è venuto un altro agente con la camicia bianca e ha cominciato a colpirmi dietro, quindi io ho cambiato posizione e ho cercato di ripararmi la testa da dietro. con il manganello sempre e quindi mi ha dato una nuova razione di colpi".

Notte_manganelli Merichel Ronald Gies: "Ero quasi in fondo al corridoio e alzando un poco la testa potevo vedere bene chi arrivava. Sono apparsi all'inizio due o tre poliziotti che hanno cominciato a colpire con manganelli la prima persona che si trovava distesa e via via hanno proseguito colpendo fino a me. Colpivano soprattutto alla testa con i manganelli e usavano anche calci. Sapendo cosa mi aspettava, ho cercato di proteggermi il capo riparandomi con le braccia. Mentre mi colpivano ho sentito che lo facevano con accanimento pronunciando insulti del tipo 'bastardo'".

Simon Schmiederer: "Potei osservare come (Melanie Jonasch) ricevette dai poliziotti che passavano diversi colpi di manganello in testa e come fu colpita anche da calci sul corpo. Durante questo tempo, penso che Melanie già non fosse più completamente cosciente, lei tentò di alzarsi lentamente. Nel momento in cui i poliziotti in divisa lo notarono, due di loro la colpirono fino a farla crollare totalmente. Potei vedere poi che teneva gli occhi spalancati ma distorti e come il corpo fosse scosso da contrazioni spastiche. I poliziotti continuarono a colpirla con calci e a causa di uno di questi calci la sua testa venne sbattuta contro un armadio che era in corridoio".

Federico Primosig: "Non ho opposto alcun tipo di resistenza ed ero seduto per terra insieme alle altre due persone, sono stato immediatamente aggredito a manganellate e a calci; quindi sono stato trascinato all'esterno dell'aula dove sono stato nuovamente picchiato, scaraventato per terra dove hanno continuato a picchiarmi, poi sono stato trascinato sulla rampa delle scale e letteralmente scaraventato di sotto; sono arrivato rotolando al piano di sotto e qui mi hanno accolto altri poliziotti (erano tanti) che mi hanno nuovamente fatto oggetto di manganellate e calci; sono stato trascinato lungo il corridoio e a ogni sosta nuovamente picchiato e sottoposto a insulti del tipo: ' Frocio, comunista, avete voluto scherzare con la polizia adesso vi facciamo vedere noi, vi ammazziamo'".

Fini_fascista Processati e promossi
Antonio Sansonetti

Sono 28 gli uomini delle forze dell'ordine rinviati a giudizio per il blitz alla scuola Diaz, nei giorni del G8 a Genova. Fra loro agenti, funzionari, ed anche importanti dirigenti della Polizia di Stato. Primo fra tutti, Francesco Gratteri, capo nazionale dell'Anticrimine dal dicembre scorso, dopo essere stato questore di Bari e numero uno del nucleo Antiterrorismo. Giovanni Luperi, già insieme a Gratteri alla direzione dell'Antiterrorismo, dal luglio 2005 è consigliere ministeriale e dirigente generale di Pubblica Sicurezza. Gilberto Caldarozzi, direttore del Servizio centrale operativo (Sco), è stato promosso a dirigente superiore per 'meriti straordinari' grazie al ruolo rivestito in una delle maggiori operazioni di polizia degli ultimi anni: l'arresto di Bernardo Provenzano. Il questore Vincenzo Canterini è in Romania per l'Interpol, a dare la caccia ai trafficanti di organi e di esseri umani. Michelangelo Fournier è vicequestore a Roma; esperto di ordine pubblico, ha ricevuto elogi da sinistra per la calma mantenuta dalle forze dell'ordine durante la recente manifestazione anti-Bush. Numero due della questura di Torino, dopo esserlo stato ad Alessandria, è Spartaco Mortola. Fabio Ciccimarra è vicequestore a Latina. Nando Dominici è vicequestore vicario a Brescia. Filippo Ferri, figlio dell'ex ministro Enrico, è capo della Mobile di Firenze. Alla guida della Mobile di L'Aquila c'è invece Salvatore Gava. Alfredo Fabbrocini è commissario capo a Bari.

Gli altri imputati sono Fabrizio Basili, Michele Burgio, Angelo Cenni, Renzo Cerchi, Vincenzo Compagnone, Davide Di Novi, Carlo Di Sarro, Luigi Fazio, Fabrizio Ledoti, Carlo Lucaroni, Massimo Mazzoni, Massimo Nucera, Maurizio Panzieri, Pietro Stranieri, Pietro Troiani, Ciro Tucci ed Emiliano Zaccaria.

La Politica sale di livello: Fabrizio Corona fonderà un partito. Incontrerà Berlusconi in settimana per studiare alleanze.

Corona_fabrizio_2Prego i miei 12 lettori di volermi scusare, ma ieri il Tafanus ha letteralmente "bucato" la notizia del giorno, quella che potrebbe sconvolgere il panorama politico italiano, elevandone di colpo il livello. Fabrizio Corona ha fondato un partito, ed incontrerà forse oggi stesso (comunque in settimana) il Cavaliere.

Il Corona non ha fornito dettagli sul nome del Partito. Proviamo ad ipotizzare: PMAI (Partito Mona Archico Italiano; Partitito del Mai; Perchè Mai).

Il programma del nuovo partito è semplice (anzi, sempliciotto), e quindi potrebbe incontrare se non i favori, almeno la capacità di comprensione del Cipria:Bandana_ideale

  1. Svecchiamento della politica (chissà come sarà contento, il quasi settantaduenne brianzolo!)
  2. Riapertura dei casini (questa non la gradirà, il Cipria; riaprire a Casini? Mai! Però, se servisse...)
  3. Liberalizzazione delle droghe (su questa parte del programma, Corona potrebbe trovare l'appoggio di alcuni ex-vice-ministri di Forza Italia, ma come la prenderebbe Fini, che a parole impiccherebbe anche i consumatori di Tavor?)

Il Corona aveva provato a fare un incontro preliminare col nuovo PSI di destra (quello di De Michelis, zerovirgola, attempato esperto in discoteche). Non si sa se il tentato incontro avesse a che fare coi casini, con la coca, o fosse volto solo ad ottenere una "expertise" in discoteche ed altri luoghi adatti a paparazzate retrò.

Scrivevano ieri su "Repubblica Paolo Berizzi e Rodolfo Sala:

Lele_mora "...una certa affinità politica con l'ex Premier era stata espressa anche da Lele Mora, il talent scout che a Corona aveva fatto un pò da maestro. "Se il mio amico Silvio mi chiedesse di scendere in politica con la Casa delle Libertà", io accetterei". Non crediamo che l'amico Silvio glielo abbia chiesto. Forse non gradisce un temibile concorrente sul piano della caccia alla bellagnocca per attempati, pancettati, patetici signori "di una certa età"Angela_grandefratello

Fabrizio Corona, per un partito che ama Pio Pompa, rappresenta certamente un'alternativa più appetibile. Specialmente dopo che ha lasciato filtrare la notizia che a Vibratore_bluetooth Lugano sarebbe in possesso di un fornitissimo archivio fotografico, al cui confronto i dossiers di Pollari & Pompa sono roba da ridere.

P.S.: Abbiamo raccolto indiscrezioni (non sappiamo quanto affidabili) sul simbolo del nuovo partito: si tratterebbe di un teleobiettivo zoom (chiaro il riferimento fallico derivante dalla forma e dalla "lunghezza ficale variabile") protetto da un profilattico. Siamo certi che questo partito riscuoterà un grande successo. Nei pornoshops
.

Buongiorno a tutti da Santiago, Italia

Oggi, causa limitazioni fisiche ancora persistenti, vorrei offrire alla vostra attenzione alcuni temi di riflessione:

ABOLIZIONE DELLE LETTERE DI DIMISSIONE PRECONFEZIONATE: quando si vuole fare una cosa, gli strumenti si trovano. Una parlamentare di sinistra (purtroppo non ho afferrato il nome) presenta un DDL per "smontare il fenomeno delle lettere di dimissioni in bianco che molte, troppe aziende chiedono agli assunti a tempo indeterminato, per poter mandare a casa senza problemi, in ogni momento, l'assunto "a tempo indeterminato". Con la nuova legge, le dimissioni saranno valide solo se rilasciate su modili ufficiali, numerati, datati e timbrati, da chiedere in appositi uffici, con validità 13 giorni. Tutte le lettere di dimissioni senza data ESRORTE negli anni finisconio nel cesso.

A Milano mostra di Botero sui fasti del carcere di Abu Grahib. Da non perdere.

Pinochet I FASTI DEL G8 - Gli avvocati delle parti offese depositeranno le comunicazioni oggi al processo per il blitz nella scuola - Un agente della polizia dopo l'irruzione: "Qui ci sono teste aperte a manganellate" - Le telefonate tra poliziotti e centrale - "Speriamo che muoiano tutti, 1-0 per noi" (Riferimento a Carlo Giuliani, ndr).  C'è la poliziotta che scherza sulla tragedia di Carlo Giuliani ("speriamo che muoiano tutti... tanto uno già...1 a 0 per noi.."), il funzionario che impreca per i ritardi, l'agente che non sa che accade, l'altro che racconta di teste spaccate, il capoufficio stampa di Gianni De Gennaro "dimenticato" per strada, il capo della celere distrutto dalla nottata, quello della Digos che cerca di disfarsi delle due molotov. Sono le 26 telefonate che gli avvocati delle parti offese del processo per il blitz alla Diaz nel luglio 2001 - 29 tra funzionari e agenti imputati per lesioni, falso e calunnia - depositeranno nell'udienza di oggi, l'ultima prima della pausa estiva. Le comunicazioni sono quelle che intercorrono tra i poliziotti sul campo e la centrale operativa del 113 in questura [...]

A cavallo della mezzanotte, al 113, arrivano le telefonate allarmate di residenti della zona. Ore 23.58: "... via Cesare Battisti... guardi che è un macello... "; ore 23.59: "Lo sapete che hanno attaccato i ragazzi qui della scuola Diaz".  I primi feriti. Ore 00.17, l'agente al posto di polizia dell'ospedale San Martino chiama il 113: "Ascolta ha chiamato il 118 che sta arrivando una valanga di feriti, è possibile?". 113: "Sì no, guarda io non te lo so dire...".

Non hanno idea della situazione neanche gli agenti del reparto prevenzione mandati a piantonare i feriti all'ospedale. Alle 2.36 uno di loro chiama la Centrale operativa. "Sono 25 persone, uno ha problemi al torace... l'altro lo metti in chirurgia, l'altro in neurologia..", 113: "Sono in stato d'arresto?". Il poliziotto: "No devono essere accompagnati... si vede che questi sono i protagonisti degli scontri di oggi... però chi ha proceduto io non lo so". Co: "Guarda non lo so neanche io... ".

Alla stessa ora il poliziotto al San Martino spiega al 113, che chiede se ci sono ferite da taglio: "No, no teste aperte a manganellate".  Uno degli imputati il commissario Alfredo Fabbrocini parla al telefono con il 113 che chiede informazioni su quanto accaduto alla Diaz. Co: "Allora scusami esatto... quante persone avete accompagnato voi a Bolzaneto?".  F: "Guarda ti direi una bugia, non lo so... c'era un tale caos, guarda, anche perché noi non accompagnavamo, noi facevamo la scorta... comunque c'era il funzionario della Digos, il funzionario della mobile". Co: "E lì ti fermi... perché non c'era altro". F: "Non lo so se non c'era altro, c'era qualche funzionario addetto della Digos, ce n'erano almeno tre o quattro.. c'era il dottor Sgalla, c'era anche Ciccimarra che li conosco, quella là più alta in grado non so chi era, comunque ce n'erano altri... ah c'era Gratteri, c'era il dottor Gratteri... loro hanno disposto il servizio, noi abbiamo fatto manovalanza..." [...]

Mentre attendono di essere collegati dal centralino Viola parla con dei colleghi: "Che ha detto?... ha detto che non è stata proprio una bella cosa quella che abbiamo fatto" e un altro ribatte "che se ne andasse a fan... ". Alle 3.05 Vincenzo Canterini ("... sai che non connetto più io.. dissociato.. davvero so dissociato...") capo della celere romana parla con un suo attuale coimputato, Spartaco Mortola, ex dirigente Digos di Genova che agli agenti nel suo ufficio dice: "Oh ragazzi le molotov non lasciatemele qui...". Sono le due bottiglie che, scoprirà la procura, furono introdotte nella Diaz dagli stessi poliziotti.

POLLARI E LA SUA BANDA: ROMA - C'è un dossier dell'archivio Sismi di via Nazionale che più e meglio di altri racconta il "metodo Pollari". "Draft Rik", "bozza Rik". Dove "Rik" sta per Leonardo Tricarico, capo di stato maggiore dell'Aeronautica fino al settembre 2006, e per cinque anni (1999-2004) consigliere militare e capo dell'Unità di crisi dei tre presidenti del Consiglio che si sono succeduti a Palazzo Chigi: Massimo D'Alema, Giuliano Amato e Silvio Berlusconi [...] Ora a destra sono indignati, ma non per il comportamento golpista dei servizi, bensì per il fatto che se ne stia occupando il CSM. Cicchitto e compagni sono preoccupati del "metodo". Nel merito, non gliene fotte un cazzo se una banda di criminali spiava politici, magistrati e alti ufficiali "sospettati" di essere vicini alla sinistra.

LA VITA GRAMA DEI DEPUTATI: pagano 9 euro per pranzi che costano 90 - I cavatelli al salmone fresco e zucchine serviti ieri erano una delizia (3,60 euro). Ma anche gli gnocchi di patate al pomodoro e basilico sembra che abbiano riscosso un certo successo (3 euro). Gli onorevoli più buongustai sono passati poi a dell'ottimo pescato del giorno (4,20 euro) e infine a una ghiotta "scelta di dolci" (1,80 euro). Il tutto per 9 euro, centesimo più, centesimo meno. Peccato che quel pranzo sia costato alle casse della Camera dieci volte di più: 90 euro [...]

BERGAMO: carabinieri e vigili urbani in manette: Pestavano e aggredivano extracomunitari. Arrestati in nove. Due sono già in carcere
Nei guai è finito anche un comandante dell'arma. Viaggiavano a bordo di un'auto con targa rubata, che utilizzavano per organizzare perquisizioni e sequestri abusivi di telefoni cellulari, droga e denaro. E in alcuni casi si sarebbero resi responsabili di aggressioni e pestaggi. Sono i sette carabinieri e i due vigili urbani raggiunti da ordinanze di custodia cautelare emessi oggi dal Gip di Bergamo. Le accuse riguardano diversi episodi di violenza nei confronti di extracomunitari, come aggressioni, pestaggi, sequestro abusivo di oggetti. L'inchiesta è cominciata dopo una denuncia di un carabiniere in servizio alla compagnia di Treviglio, il cui comandante è nell'elenco degli indagati...

SE NON CI SENTIAMO ANCORA, BUON WEEK-END DA SANTIAGO, ITALIA.

domenica 8 luglio 2007

Le Perle Musicali/50 - Pino Daniele

Pino_daniele La biografia di Pino Daniele dovrebbe iniziare, rispettosamente, col riconoscergli, davanti al nome, il suo titolo accademico: Rag. Daniele Giuseppe. Si, perchè pur essendo nato in una famiglia molto modesta, a Napoli, nell'ultrapopolare quartiere Porto, Pino è riuscito a schivare tutti i trabocchetti che questa serie di circostanze in genere pone sulla strada di un ragazzo.

Il Ragionier Daniele Giuseppe può essere oggettivamente orgoglioso di se, specie quando si pensi che è riuscito a diventare Pino Daniele, da autodidatta; uno dei più grandi cantanti italiani, ed uno dei più grandi chitarristi "brasiliani", da porre fra i santini di Toquinho, Irio de Paula ed altri mostri sacri della bossa nova, e delle bellissime contaminazioni fra le armonie ed i ritmi brasiliani da una parte, ed impianti melodici napoletani dall'altra.

E' questo che fa di Pino Daniele un fenomeno irripetibile: l'aver saputo coniugare, con l'incoscienza tipica degli "ignoranti accademici", scuole e culture così diverse eppure così vicine, per la loro allegria e per la loro tristezza. Un unicum che solo un perfetto "ignorante" avrebbe potuto ipotizzare e realizzare.


Dice "Wikipedia":

[...] nel 1977 pubblicò il suo primo album: Terra Mia, passato quasi inosservato al grande pubblico, ma non alla critica, che scorse in Pino Daniele un nuovo talento, rivoluzionario nei testi e singolare nelle melodie, già bassista all'epoca dei Napoli Centrale, Pino Daniele si dimostrò anche un ottimo chitarrista [...]

Dall'esperienza con il gruppo "Batracomachia", e poi con i Napoli Centrale, a dir poco fruttuosa per Pino, maturò qui l'incontro con James Senese che contribuirà non poco alla realizzazione dei successivi tre album: Pino Daniele (1979), Nero a metà (1980), Vai Mò (1981) [...]

Nel 1982 cominciano le prime grandi collaborazioni con musicisti di fama internazionale. L'album è bella 'mbriana. Ci sono i contributi di Alphonso Johnson al basso e soprattutto Wayne Shorter, grande sax soprano con i Weather Report. Nel 1989 girà l’europa con il tour “"Night of the guitar" insieme a Randy California, Pete Haycock, Steve Hunter, Robby Krieger, Andy Powell, Ted Turner, Leslie West, Phil Manzanera, Jan Akkerman. La sua voce ha un timbro singolarissimo e penetrante ed è impiegata con duttilità al servizio delle più svariate sfumature espressive [...]

È uno dei musicisti italiani più conosciuti nel mondo; nel 1980 ha fatto da apri pista al concerto milanese di Bob Marley, ha suonato a Cuba e all'Olympia de Paris, con artisti dal calibro di Ralph Towner, Yellow Jackets, Mike Mainieri, Danilo Rea, Mel Collins. Nel 1995 ha suonato, durante il tour estivo, con Pat Metheny, nonché con gli Almamegretta, Jovanotti, Eros Ramazzotti, e Chick Corea mentre nel 1990 era stato ospite di Claudio Baglioni nell'album Oltre; nell' estate del 2002 ha ideato e prodotto una tournée che lo ha visto protagonista insieme a Fiorella Mannoia, Francesco De Gregori e Ron [...]  Ha inciso e prodotto un disco in collaborazione con Richie Havens (Common Grounds-1983) e partecipato, con due canzoni, a un album di Gato Barbieri, (Apasionado -1983) [...]

Nel 2004 sotto il nome di Pino Daniele Project [...] da vita ad un nuovo disco di grandi inediti raffinati - Passi D'Autore - un misto fra canzone italiana d'autore, jazz, bossanova, madrigali e salsa, nel disco partecipa il Peter Erskine Trio.

Il 14 ottobre 2005 [...] in occasione della data napoletana dell'Iguana Cafè Tour dopo 25 anni si ritrovano sullo stesso palco per la prima volta Pino Daniele, James Senese e Tony Esposito [...]

Pino ha suonato e collaborato con: (in ordine alfabetico)

Adalberto Lara, Al Di Meola, Alan Pasqua, Alfredo Paixao, Alphonso Johnson, Bernard Lavillier, Billy Cobham, Bob Berg, Carol Steel, Chick Corea, Danny Camigs, Dave Carpenter, David Cleyton, Deron Johnson, Don Cherry, Don Moye, Eddy Gomez, Foudel, Gato Barbieri, Gino Vannelli, H.Hammun, Hossam Ramzy, James Senese, Jan Akkerman, Jeremy Mick, Jerry Marotta, Jimmi Earl, Juan Pablo Torres, Karl Potter, Larry Nocella, Leslie West, Lotfi Bushnaq, Luciano Pavarotti, Manu Katche, Mel Collins, Mick Goodrick, Mike Mainieri, Mino Cinelu, Nanà Vasconcelos, Noa, Pat Metheny, Pete Haycock, Peter Erskine, Phil Manzanera, Pino Palladino, Rachel Z, Ralph Towner, Randy California, Richard Tee, Richie Havens, Robby Krieger, Salif Keita, Simple Minds, Steps Ahead, Steve Gadd, Steve Hunter, Trilok Gurtu, Victor Bailey, Wayne Shorter, Yellow Jackets.

Non male, per il Ragionier Daniele Giuseppe, chitarrista autodidatta... Questa settimana offriamo al vostro ascolto un brano recente ("Pigro") che ben esemplifica il nostro entusiastico giudizio sul personaggio.

 

                           Pino Daniele – Pigro
                                 Download pino_daniele_pigro.mp3

P.S.: solo a cose fatte ho realizzato che per due volte consecutive ho dedicato la rubrica ad un napoletano di nome Giuseppe. Non è colpa mia. Scherzi dell'ordine alfabetico e della "napoletanità" della musica. Per rimediare, giuro che non appena emergerà qualche genio musicale a Grugliasco o a Pontida, mi affretterò a dedicare una "perla"

edit
 

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