venerdì 31 agosto 2007

Commissario Calabresi: lettera aperta ad Antonello Piroso

Signora_pinelliCaro Piroso,

complimenti per la trasmissione! (come ormai è obbligatorio dire). Lei questa sera ha preso una lodevole iniziativa, che è quella di intervistare, senza contraddittorio, il figlio del Commissario Calabresi, ucciso 35 anni fa perchè ritenuto da alcuni corresponsabile del "suicidio" di Pinelli.

Particolarmente lodevole l'iniziativa di ricordare con mezzo minuto di silenzio che non tutte le vittime sono uguali, nel senso che mandanti ed assassini, una volta scontata la pena, hanno il diritto di ritornare ad una vita piena e normale, mentre Calabresi padre non c'è più, e il dolore della moglie e dei figli di Calabresi non si estingueranno mai. Fine pena, mai, come si scrive per gli ergastolani.

Bravo, condivido.

Smetto però di condividere quando lei si è scordato (scordato?) di associare, in questo nobile discorso e nel mezzo minuto di silenzio, altre vittime: la moglie e i figli dell'anarchico Pinelli. Perchè vede, tre cose sono emerse, negli anni, per tabulas, in maniera inequivoca:

-1) Pinelli, con la bomba di piazza Fontana, non c'entrava un cazzo.

-2) Pinelli, che veniva fermato ogni volta che c'era da dare rapidamente in pasto ai giornalisti un nome,  è entrato in via Fatebenefratelli vivo, e ne è uscito morto.

-3) Pinelli, morto al terzo giorno di fermo, era nelle mani della questura e di Calabresi ILLEGALMENTE: il fermo di polizia aveva una durata massima, per legge, di 48 ore.

Io, vede, non do la colpa al Commissario Calabresi (rispetto le decisioni della magistratura SEMPRE, quando mi piacciono e quando non mi piacciono). Però è un dato di fatto che Pinelli, da quella stanza al quarto piano, sia uscito solo per sfracellarsi nel cortile della questura. E' un dato di fatto che bisogna mostrare  "pietas" per i familiari di Calabresi, ma bisogna mostrarne almeno altrettanta per la moglie di Pinelli, alla quale LE ISTITUZIONI hanno portato via di casa un marito vivo, ed hanno restituito un cadavere, dopo esame autoptico.

Un Commissario di Polizia a Milano negli anni di piombo potrebbe anche aver dovuto mettere in conto (anche se questa cosa è crudele)  il "rischio professionale" del mestiere. Un ferroviere no. E' anche per questo, e non solo per questo, che lei dovrebbe vergognarsi per l'incipit della sua trasmissione.

Funerali_Pinelli-Enrico-Baj
I funerali dell'anarchico Pinelli (di Enrico Baj)

Tafanus

 

 

Sono passati circa due anni. Dico circa perchè la tragedia di New Orleans non ha un giorno ed un'ora precisa. Tutto è accaduto a cavallo fra fine agosto 2005 ed inizio di settembre. Una tragedia largamente prevedibile, perchè da giorni Katrina passava da categoria due a tre, quattro, poi cinque, la più devastante. Si sapeva che sarebbe arrivato a New Orleans con la massima intensità. Si sapeva che gli argini del "Grande Fiume" non avrebbero retto. Si sapeva che nel momento in cui gli argini avessero ceduto, l'80% della città sarebbe finita sott'acqua.

Azioni preventive? L'invio di acqua, bare, cibo. E l'invito ossessivamente ripetuto da radio e TV ad evacuare la città, rivolto ad una popolazione di cui il 90% non aveva alcun posto in cui andare, e comunque non aveva alcun mezzo economico per andarci. Quando Katrina è arrivato, e gli argini si sono sbriciolati, la maggior parte della popolazione ha iniziato a vivere un incubo senza fine. Giorni e giorni sui tetti, ad aspettare che la Guardia Nazionale, la Polizia di Stato, i Federali, si mettessero a fare qualcosa.

Il Superdome trasformato in un incubo nel quale alla fine 60.000 affamati, assetati, sporchi, potevano vivere solo sdraiati sulle proprie feci. Quando l'acqua ha iniziato a ritirarsi, è stato persino peggio. Carogne di animali e di uomini (scusate per la crudezza del linguaggio, ma di questo si è trattato), sono rimasti per giorni a imputridire per le strade, senza che nessuno li portasse via. I saccheggi (per necessità e per rabbia) hanno dominato la scena. L'unica attività nella quale le istituzioni americane hanno dato il meglio di se è stata la pronta organizzazione di squadre armate antisaccheggio.

Bush si è commosso dall'alto, sorvolando New Orleans da 8000 metri, a bordo dell'aereo presidenziale. Due giorni dopo l'inizio del dramma, Rumsfield era irreperibile; Condoleeza Rice è stata fotografata e fischiata da una folla inferocita mentre faceva shopping da Ferragamo. Bisogna capirla, il giorno dopo non avrebbe potuto, perchè aveva già preso un impegno per palleggiare con Monica Seles al Tennis Club. Tutto vero, tutto documentato.

Katrinaneworleansflooding42005 Nei primi momenti si discuteva se i morti fossero 45 o 53: oggi si sa che quelli accertati sono stati, nella sola New Orleans, 1250, e ci sono ancora 2500 "dispersi". Peggio delle Due Torri. Solo che questi morti di New Orleans erano molto più prevedibili, e quindi evitabili. Morti annunciati, ma non erano tycoons della borsa o della finanza. I morti, nella quasi totalità, sono stati neri, ispanici, poveri cristi che il Grande Fiume ha portato via, perchè coi loro mezzi non sono stati in grado di obbedire in tempo all'invito delle "autorità" di evacuare la città.

Per la cronaca, i primi autobus sono arrivati al Superdome 5 (cinque) giorni dopo l'arrivo di Katrina. Grande America! ha impiegato due giorni per portare aiuto ai popoli colpiti dallo tsunami nel Pacifico, e 5 giorni per andare dagli USA agli USA.

Gli "evacuati" sono stati prima divisi per sesso, età ed altri criteri (escluso il criterio del nucleo familiare). Tutto nel caos più totale. Alcuni nuclei familiari hanno impiegato mesi solo per ristabilire i contatti, ritrovarsi... Dicevi "mandatemi ad Atlanta, ho un fratello..." ma eri già sul bus per Huston, e Huston sarebbe stato...

Tafanus

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Espresso L'articolo riportato sotto è tratto dall'Espresso del 15 settembre, due settimane dopo l'arrivo di Katrina. Ancora il 15 settembre, la portata della tragedia non era chiara nelle sue dimensioni reali.

L'uragano Katrina, con la sua scia di morte e devastazione, ha scoperto anche l'altra faccia degli Usa. Popolata da masse di neri poveri, abbandonati per giorni a se stessi. Prima che si mettesse in moto la macchina dei soccorsi
di Enrico Pedemonte

Orleans11 Quando arriviamo davanti alla Michel Seventh Grade School, nel quartiere storico di Biloxi, in Mississippi, stanno giungendo i pullman per l'evacuazione. Le 400 persone che per una settimana hanno dormito in questo centro allestito dalla Croce rossa, su brandine accatastate una accanto all'altra nelle aule, si stanno mettendo in coda. La scuola è stata dichiarata inagibile, dopo cinque giorni di servizi igienici guasti, quando i casi di dissenteria sono saliti a 20. Sparsi sul piazzale, gli ospiti del centro sono quasi tutti neri. I pochi bianchi, forse una ventina, sono tutti anziani.

Pat Rooney, una nera sessantenne, dice che i pullman sono diretti in Georgia. Lei ha perduto tutto, racconta mostrando i palmi delle mani. La sua casa è stata distrutta, ridotta dall'uragano Katrina a un cumulo di assi di legno. Quello che le resta è dentro una grande borsa di tela jeans nelle mani del marito che le sta accanto. Persino la maglietta bianca che indossa, con la scritta "Don't mess with Texas" (non scherzare con il Texas), le è stata regalata da un volontario della Croce rossa, texano, perché lei non aveva più niente da indossare. Il marito lavorava in un cantiere di barche, anch'esso ridotto in macerie: "Vada a vedere che cosa è accaduto sul litorale.".

Non è facile arrivare al mare. Le strade sono ingombre di detriti: travi, rami, pezzi di automobili, cartelloni stradali divelti, animali morti. Qua e là ronde di poliziotti armati controllano i documenti, cercando di prevenire i saccheggi. La sagoma di uno dei casinò di Biloxi e una gigantesca insegna che ha miracolosamente resistito alla furia di Katrina ci guidano alla spiaggia. La casa da gioco è in piedi, ma tutto intorno è un campo di battaglia, con decine di case in briciole, ridotte a cataste di legno informi.

Superdome Molti pescatori sono probabilmente morti, la maggioranza delle barche è andata perduta. Torniamo a nord, verso la Junior High School, dove è stato allestito uno dei ricoveri più importanti della città. Un paio di giorni fa una giornalista dell'Associated Press ha scritto di aver visto un folto gruppo di militari che giocavano a basket e facevano aerobica proprio accanto alla scuola, dall'altra parte della Irish Hill Road. La notizia ha creato scalpore, in un paese dove l'inefficienza degli aiuti in Mississippi e Louisiana sta scatenando polemiche politiche e razziali. Possibile che centinaia di giovani militari passassero il tempo a divertirsi mentre a due passi da loro migliaia di persone, in larga misura neri, erano a corto di cibo e di assistenza medica? E mentre a New Orleans, a 70 miglia da qui, decine di migliaia di senza casa - anche in questo caso quasi tutti neri - morivano per i mancati soccorsi?

Qualcuno si è chiesto se i militari della base sarebbero stati mobilitati se in pericolo fossero state migliaia di bianchi. Anche qui, alla Junior High School, gli ospiti sono soprattutto di colore. Sam Gordon, un ragazzo nero con un figlio piccolo in braccio, faceva lo sguattero in un ristorante nei pressi del casinò. Il locale non esiste più, e neppure la casa di Sam. Gli chiediamo perché non sia scappato prima, quando l'allarme è stato lanciato, invece di restare e rischiare la vita con un figlio piccolo. Sam risponde secco con una domanda: "Per andare dove?". Poniamo lo stesso interrogativo a un'altra decina di persone, mentre cominciano le operazioni di carico sui pullman. Tutte ci rispondono con freddezza, scuotendo la testa: "Per andare dove?". Questo interrogativo risuona in tutto il paese, sulle televisioni, sui giornali, nelle dichiarazioni dei leader politici, persino di quelli conservatori. L'allarme lanciato prima dell'uragano è stato raccolto solo da chi aveva un'auto a disposizione e una carta di credito per pagare un albergo a tutta la famiglia. Gli altri, in assenza di soccorsi da parte dello Stato o del governo federale, sono rimasti qui.

Motodacqua Negli Stati del Sud, durante le esercitazioni scolastiche per fronteggiare i disastri naturali, insegnano che in caso di uragano l'unica risorsa è attaccarsi forte ai tubi del cesso, gli unici ben ancorati al terreno all'interno di case di legno senza fondamenta. Ma in questo caso quel consiglio è servito a poco. E così la tragedia ha sbattuto in faccia agli americani una realtà di cui si preferisce non parlare: quella della povertà delle minoranze di colore e della loro segregazione sociale. Improvvisamente i piccoli schermi si sono riempiti di immagini di neri.

Erano nere le migliaia di persone stipate al Superdome di New Orleans che hanno agonizzato cinque giorni prima di essere messe in salvo. Erano neri i morti ai bordi delle strade e quelli che emergevano dalle acque limacciose che hanno invaso la città. Neri anche i ragazzi che saccheggiavano i negozi, e neri i cecchini che sparavano impazziti contro i soccorritori. I militanti dei movimenti per i diritti civili hanno tirato fuori dai cassetti ricerche e articoli scritti negli ultimi anni in cui la tragedia era prevista nei dettagli. Secondo un sondaggio condotto nel 2003 dalla Louisiana State University, il 31 per cento degli abitanti di New Orleans prevedeva di restare nella propria casa anche in caso di un uragano di categoria 4. Ma erano i cittadini più poveri, i meno istruiti, i più vecchi, gli handicappati, a rispondere così. Erano quelli che non avevano possibilità di viaggiare, che non conoscevano altro che la loro città, o il loro quartiere, che sono i più poveri e i più neri d'America.

Mississippi e Louisiana condividono questi primati: primo e secondo posto nella classifica dei derelitti, con 21,6 e 19,4 abitanti su cento al di sotto della soglia di povertà; secondo e terzo per la percentuale di neri, il 37 e il 32 per cento del totale. E questa associazione - tanto più alto è il numero dei neri quanto più numerosi sono i poveri - offre un'immagine lampante di come colore della pelle, segregazione e povertà siano legati negli Stati Uniti, e del perché queste aree, che un secolo e mezzo fa videro fiorire il peggiore schiavismo, siano ancora oggi le regioni più misere del paese.

Suburbs I turisti che frequentano il quartiere francese di New Orleans e passano le serate nei jazz club del Mississippi non si accorgono della miseria degli slums che circonda hotel e ristoranti. Sono protetti da un efficiente sistema di sicurezza che isola la violenza nei quartieri poveri e punisce severamente con il carcere ogni devianza.

Negli ultimi vent'anni di "tolleranza zero" verso ogni tipo di criminalità, negli Stati uniti il numero di carcerati è esploso a 2 milioni 131 mila, 40 volte più che in Italia (che ha una popolazione cinque volte minore). Ma l'aspetto paradossale di questo record mondiale americano è che 940 mila di questi carcerati sono neri: il 13 per cento della popolazione Usa contribuisce per il 44 per cento alla comunità carceraria. L'uragano Katrina ha rimesso questa tragedia sociale, di cui mai si parla nella grande politica americana, al centro dell'attenzione nazionale.

E così le accuse all'amministrazione Bush hanno assunto toni veementi. William Jefferson, rappresentante democratico della Louisiana al Congresso, ha detto in tv che se i senza casa di New Orleans non fossero stati neri e poveri non sarebbero stati lasciati senza aiuti per cinque giorni. John Lewis, un nero della Georgia membro del Black Caucus, ha suggerito che in Louisiana e in Mississippi "tra chi si è salvato e chi è morto c'è stata solo una differenza di povertà, età e colore della pelle". Il reverendo Jesse Jackson ha aggiunto: "Molti neri sentono che la razza, le condizioni economiche e le opinioni politiche sono state un fattore che ha determinato la lentezza degli aiuti".

Lo shock collettivo provocato dall'uragano è destinato a lasciare un segno indelebile. L'umiliazione di aver offerto un'immagine da Terzo mondo a livello internazionale sta provocando reazioni a catena, ed è probabile che condizionerà l'agenda di Bush nei rimanenti tre anni. È assai difficile, a questo punto, che il presidente riesca a privatizzare le pensioni e a tagliare ulteriormente le tasse. Proprio nei giorni dell'uragano, il Census Bureau ha dato una mano agli oppositori di Bush pubblicando gli ultimi dati sulla povertà, segnalando che il numero dei poveri, nel 2004, è cresciuto ulteriormente di 1,1 milioni di persone. L'aumento continua dal 2000, dopo il calo registrato negli anni Novanta. Ormai i poveri sono più numerosi che negli anni Settanta, nonostante l'inarrestabile crescita economica. Ma di tutto questo non si sarebbe accorto nessuno se l'uragano Katrina non avesse obbligato questa gente ad abbandonare le proprie case distrutte e a finire in televisione, facendo vedere agli americani che anche negli Usa esiste un invisibile Terzo mondo [...]

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...forse io e Marisa siamo stati fortunati, perchè siamo riusciti a fare un breve soggiorno a New Orleans prima della sua distruzione. Ne abbiamo un ricordo struggente, e per questo il silenzio che ha avvolto il "dopo-Katrina" ci fa ancora più male. La povertà era appena fuori dal nostro bellissimo albergo, ma era una povertà che non ti feriva, perchè era una povertà dignitosa e allegra. A sera, e fino a tarda notte, in Basin Street era un brulicare di decine di migliaia di neri col sorriso dipinto sulla faccia. Caciaroni, cordiali, coinvolgenti. La loro vera natura di poveri - poveri l'avremmo scoperta solo quando, per la millesima volta, abbiamo sentito qualcuno di loro, nel post-Katrina, rispondere con rassegnazione all'ennesimo giornalista cretino che chiedeva "perchè non siete andati via prima?". La risposta era sempre uguale: andare dove? andare come?

Ecco, abbiamo scoperto solo allora, con raccapriccio, che la New Orleans vera non era quella brulicante di allegria di Basin Street e del quartiere francese, ma quella che, quando la morte ti arriva in casa, largamente annunciata, non può farci niente. Può solo aspettarla, e sperare di farcela...

giovedì 30 agosto 2007

Gino Strada - Candidatura al Premio Nobel per la Pace

La nostra petizione avrebbe potuto festeggiare oggi la firma n° 7.700 (apposta, per la cronaca, da Severino Tessarin che ringraziamo), non fosse per il fatto che l'ultima paginata di firme è "inquinata" da uno stronzo di destra (firma n° 7694), che, con l'eroismo, la cultura grammaticale e storica che contraddistingue le destre di tutto il mondo, e quella italiana in particolare, lascia questa preziosa annotazione:

"...manco po cazz firmo per un violento da strada come Gino Strada. il pentimento dei peccati giovanili è una lunga e tortuosa strada che non ha ancora finito di percorrere..."Saluto_romano

Questa perla, con l'eroismo che da sempre contraddistingue molti "interlocutori" di destra, è ovviamente anonima: il Nostro si vergogna dei suoi trafelati "ragionamenti", o più semplicemente è un vigliacco, come lo sono stati molti violenti con la camicia nera addosso?

Adesso attendiamo a piè fermo il racconto dei "misfatti giovanili" di Gino Strada, e magari un commento dalla intellighentzia di destra (Marcello Veneziani o Luca Telese, ai quali invio copia di questo post, se ci siete, battete un colpo).

mercoledì 29 agosto 2007

Quando ilduce.net fa i sondaggi scientifici.

Da non credere. Sul sito www.sondaggipoliticoelettorali.it c'è un "sondaggio", fatto via Internet su un universo "rappresentativo" dei frequentatori di " http://www.ilduce.net ". Non è grandioso? E' come chiedere ai lettori dell'Osservatore Romano la graduatoria dei preti: Primo Papanatzinger, secondo Eminenz Ruini, terzo Bagnasco. Più attardato Giovanni, ventitreesimo...

Calabria: il "Giorno della Legalità" festeggiato con spari allo show di Benigni

Anche Veltroni in Calabria per le iniziative contro la 'ndrangheta - Nel giorno della legalità ferito un addetto alla security. (dal Corriere.it)

COSENZA — Era a Cosenza per il suo show, ieri sera, Roberto Benigni. In giornata aveva incontrato il sindaco di Roma, Walter Veltroni, pure lui in Calabria per le iniziative contro la criminalità. Poi la sera, appunto, sul palco. Con un colpo di scena: sei spari contro un addetto alla security dell'artista esplosi da un 45enne cosentino bloccato mentre tentava di entrare senza biglietto. L'uomo, Claudio Azzinnaro, già noto alla polizia per piccoli reati, non si è dato per vinto: è tornato a casa, ha impugnato una calibro 32 con matricola abrasa, è tornato nella piazza dove si esibiva Benigni e ha scaricato il caricatore contro l'uomo della security, ferendolo con 4 colpi alle gambe. Azzinnaro è stato arrestato. Mario Fiore Diego, 22 anni, l'uomo ferito, non è in pericolo di vita.

Benigni, sentiti i colpi dal palco, prima ha fatto un paio di battute («Anche questa è un'esplosione di gioia». E, al sesto sparo: «Ma che è l'inferno anche qui?»). Poi, quando ha saputo del ferito, si è messo a piangere. E ha interrotto lo show, riprendendolo una decina di minuti dopo, superato lo shock. Un episodio che ha concluso una giornata strana, per la Calabria. Contro la mafia senza cortei, marce, slogan. Nessuna mobilitazione per la giornata della legalità, organizzata dal Forum nazionale dei giovani, dopo la strage di Duisburg, in Germania (sei le vittime della faida di San Luca). Solo dibattiti e iniziative cui hanno preso parte il sindaco di Roma e candidato alla segreteria nazionale del Pd Veltroni, invitato alla manifestazione dalla senatrice Rosa Villecco Calipari e dal regista calabrese Mimmo Calopresti, e il ministro alle Infrastrutture Antonio Di Pietro [...]

Duecento chilometri più a sud, a San Luca, Antonio Di Pietro, ha portato la solidarietà sua e del governo alle gente del paese e ha promesso: «Tra 8 mesi ritornerò per la prima pietra della nuova caserma dei carabinieri». Appaltata nel 1984, la struttura non è mai stata iniziata per le intimidazioni alle ditte appaltatrici. Un'assicurazione, quella di Di Pietro, che rischia però di creare un caso politico. I quattro milioni e mezzo di euro che serviranno per costruire la caserma di San Luca erano però già stati destinati per la realizzazione della caserma di Locri.

A San Luca il paese resta in balia della paura di nuovi agguati e per questo le strade sono deserte. Neanche la visita di Di Pietro ha scosso le coscienze. Il sindaco diessino Giuseppe Mammoliti è l'unico a parlare ed accoglie il ministro come un benefattore. Ma nella sala del consiglio comunale i sanluchesi presenti sono solo dieci e ancor di più si nota l'assenza della politica locale. [...]
Carlo Macrì

Per quanto ci riguarda, avremmo alcune domande da porre:

-1) Perchè lo sparatore, già noto pregiudicato, non è stato fermato almeno per la durata dello spettacolo fin dalla sua prima apparizione sulla scena?

-2) Davvero si pensa di cambiare l'animus degli 'ndranghetisti con gli spettacoli di Benigni o di chiunque altro?

-3) Benigni, dopo aver pianto ed interrotto lo show per dieci minuti, si è fatto coraggio ed ha ricominciato. A ridere e far ridere? E se per una volta lasciassimo perdere la stronzata dello show che "must go on"?

-4) Della Caserma dei Carabinieri di San Luca, appaltata nel 1984 (millenovecentottantaquattro) non è stata posta ancora la prima pietra.  Ai destri non chiedo nulla, perchè mi è noto il loro senso della legalità. Ma abbiamo governato anche noi per 5 anni. Perchè il centro-sinistra non ha iniziato e finito questa cazza di caserma? Si tratta di una palazzina, non del Pentagono.

-5) Di Pietro potrebbe evitare di inserirsi nel filone delle promesse prive di sostegno economico? Ci potrebbe spiegare con quali soldi farà la Caserma, se gli stanziamenti sono stati assegnati per la Caserma di Locri, che non è meno urgente di quella di San Luca? Ne ha parlato, PRIMA, con Padoa Schioppa? E se ci privassimo di una decina di consulenti, sui circa 200.000 in circolazione, e le facessimo entrambe?

-6) Quando il Corrierone ci parla dell'assenza dalla sala consiliare della politica locale, potrebbe dirci anche, cortesemente, chi è la "politica locale"? Nomi, cognomi e partiti di appartenenza. Giusto perchè anche noi possiamo farci un'idea.

lunedì 27 agosto 2007

L'Italia, un paese di antropomorfi

Vista da lontano (diciamo dai diecimila metri di quota di un aereo di linea), l'Italia sembra un paese normale, e in alcuni punti addirittura bello. Poi atterri, lo frequenti, lo vivi, e scopri di essere finito in un paese abitato da esseri che hanno sembianze umane, ma cervelli da galline, etica da mafiosi, memoria storica da amebe. Vorrei proporre alcuni esempi, giusto per stare agli ultimi avvenimenti:

BaldiniPARMA - Fosse accaduto in un campetto di paese, oggi sarebbe il tema principale nelle chiacchiere da bar, magari tra quattro risate. Lo stadio Tardini di Parma, nella prima giornata di un campionato già iniziato con minacce incrociate tra tifoserie, è invece un palcoscenico sul quale almeno gli allenatori dovrebbero controllarsi e dare il buon esempio. E così Silvio Baldini, il tecnico del Catania che ieri ha rifilato un calcio nel sedere al collega Domenico Di Carlo, si è ritrovato sommerso di critiche. Sarà multato e squalificato per un paio di giornate e questo pomeriggio, alle 19, racconterà la sua verità in una conferenza stampa. Repubblica

Realizzato? un tizio che dovrebbe insegnare a dei calciatori giovani e meno giovani non solo come si colpisce di esterno destro o di tacco, ma principalmente cosa sia il fair play, prende a calci l'allenatore della squadra avversaria, e il mondo del calcio parla, seriamente, se vada squalificato, e per quante giornate. Nella mia logica idiota, uno così lo si butta nel cassonetto dell'umido, e lo si manda in discarica. Per sempre.

BOSSI: una volta aveva (pettinatura e capelli a parte) un aspetto umanoide. Adesso ha perso anche quello. Una volta, quando parlava, faceva uscire le scorregge dalla bocca, ma uscivano quasi dritte. Adesso escono ancora scorregge dalla bocca, ma deviate da un orifizio che sembra un deviatore di flusso della Trabant. per cui le scorregge assumono direzioni e flatulenze imprevedibili. L'arma fetale.

GASPARRI: ormai è stato finalmente condizionato come il cane di Pavlov: ogni volta che parla, qualunque sia l'argomento, ci deve ficcare dentro Visco e Speciale, ma senza scendere in alcun dettaglio. E' sufficiente far intravedere chissà quali porcherie galattiche, che poi non ci racconta mai. Se non cita Visco & Speciale, arriva la scossetta elettrica. Ormai è diventato bravissimo e non se ne scorda più. Si parli di tasse o di mitra, di evasori o di incendi dolosi, di 'ndrangheta o di messa in latino, lui cita "Visco e Speciale". Come quei pappagallini male addestrati che sanno dire solo una parola: "grazzzie"; e la ripetono sempre, che tu dia loro dei semi o che li mandi affanculo.

TREMONTI: questo commercialista della Valtellina (mi scuso con la categoria), dopo aver conosciuto, dice lui, l'Italia e gli Italini come pochi, propone l'alzabandiera tutte le mattine, in tutte le scuole di ogni ordine e grado. C'è o ci fa? Ha chiesto al suo amico Bossi, quello che anche quando aveva la bocca dritta spiegava che col tricolore lui si puliva il culo?

RUTELLI: altro antropomorfo di difficile catalogazione: eletto Sindaco della Capitale coi voti della "sinistra radicale", adesso spiega, dopo essersi fidanzato con la Binetti, che "le alleanze non sono per sempre", ed inviando alla "sinistra massimalista" un avvertimento in puro stile mafioso, L'obiettivo? non è che mollando RF imbarchi un partito di chissà quali dimensioni o dotato di chissà quale etica: imbarcherebbe, se tutto andasse secondo i suoi piani, un pezzetto del partito del pregiudicato Cesa e del concubino Casini. Cazzo, che affare!

Fermate la giostra, voglio scendere!!!!!!!

domenica 26 agosto 2007

Il Senatur ri-rirettifica: ora, come un pistola, parla di fucili

20070827 "Lotta di liberazione, il Nord ha le scatole piene di uno Stato delinquente" - "Potremmo tirare fuori i fucili"

PASSO SAN MARCO (Bergamo) - Umberto Bossi, Senatur, dai duemila metri del Passo San Marco in provincia di Bergamo, rilancia la battaglia sulle imposte. E lo fa usando toni minacciosi e frasi sopra le righe, nel corso della manifestazione che avvia la raccolta di firme per la protesta fiscale: "A loro interessano solo i nostri soldi - attacca, riferendosi al governo - i lombardi non hanno mai tirato fuori i fucili ma per farlo c'è sempre la prima volta". Parole che, come prevedibile, suscitano una bufera nel mondo politico, con reazioni indignate del centrosinistra.

Le parole di Bossi. "Andremo in fondo - dice il numero uno leghista - non ci fermeremo a metà, costi quel che costi. La rivolta e la protesta fiscale sono parte della lotta di liberazione in atto perché il Nord ha le scatole piene di uno Stato delinquenziale". E ancora: "Davanti alla rapina delinquenziale dell'estate che toglie la libertà, sappiamo come reagire ed arrivare al bersaglio. La protesta fiscale non è la fine del mondo ma una parte della lotta per la libertà". E infine: "Se la Lombardia chiude i rubinetti l'Italia muore in cinque giorni perché vivono con i soldi dei lombardi. I lombardi non hanno mai tirato fuori i fucili ma per farlo c'è sempre la prima volta [...]

Segue l'abituale pisciatina fuori dal vaso dello statista Maurizio Gasparri

Maurizio Gasparri di An: "I fucili di Bossi sono verbali, con Prodi invece sono arrivati in Parlamento personaggi che hanno usato pistole vere nelle file del terrorismo; e nel suo schieramento ci sono consigliori come chi ha ordinato l'esecuzione di Calabresi. Per non dimenticare le esecuzioni politiche, come quella del generale Speciale decisa da Visco".

Le parole di Gasparri sono incommentabili (e quindi non le commento). Quelle del Senatur, che evidentemente deve aver subito qualche trauma irreparabile, mi tranquillizzano. Mentre infatti anni orsono voleva scendere a Roma coi "trecentomila" valligiani armati di mitra, adesso si accontenta di semplici fucili. Ancora due esternazioni e passeremo prima alle fionde, e finalmente alle scorregge, che forse sono più letali dei fucili di cui sopra.

Quanto allo statista della Garbatella, farebbe bene a ricordare di quando il suo fedele alleato patano straparlava di andare a stanare i fascisti uno per uno, dalle porcilaie. Ma il pensiero fisso dello Statista qual'è? la vittima Speciale. Un consiglio: perchè questa macchietta, se sa qualcosa di reati compiuti da Visco nei confronti di Speciale o di altri, anzichè ammorbare mezzo mondo, non corre alla più vicina Procura? Oltretutto, sarebbe un suo preciso dovere civico.

Fantastico! L'efficiente coscialunga Michela Brambilla registra dal notaio... un partito il cui dominio è già registrato!

Saddam Se ne va un altro mito... Quando si dice l'efficienza. Il Cavaliere e la Coscialunga si  avventurano  in  campi  non  loro (come le tre "I"), e perdono  sempre  più colpi... 
   
"Né il primo, né la seconda, né gli specialisti hanno controllato, prima di pubblicizzare il lancio del "Partito della Libertà", che  il dominio omonimo fosse disponibile.E non si sono accorti che il dominio omonimo era stato registrato nel 2004 da Raffaello Morelli, Presidente della Federazione dei Liberali, non per caso il partito membro dell'Internazionale Liberale. Che figura !!!"
Brambilla_tv
Berlusconi_ammalorato Evidentemente, ha giocato la fregola berlusconiana di presentarsi con un nuovo marchio per sbiadire il ricordo di cinque anni di governo inconcludente e di un anno di opposizione inesistente. Del resto, la politica dovrebbe essere un progetto da realizzare. E a forza di sostituirla con azioni marketing prive di prodotto, è fatale che al Berlusconi politico capiti qualche incidente di percorso, come questo tentativo di smerciare idee e proprietà altrui. Lui, popolar-conservatore convinto e dichiarato, non mette certo al primo posto la libertà dei cittadini. Di tutti, non solo quella degli amici.
liberali@liberali.it"


Dunque, ricevo questa e-mail dal diretto interessato. Controllare non è impossibile. Basta andare sul link  http://www.who.is/ e digitare, nello spazio apposito, partitodellaliberta.it, e si scopre che il sito www.partitodellaliberta.it  è registrato fin dal 2004, (e non è scaduto), da chi mi scrive, e cioè da Raffaello Morelli:

Domain:             partitodellaliberta.it
Status:             ACTIVE
Created:            2004-08-09 00:00:00
Last Update:        2007-08-25 00:05:48
Expire Date:        2008-08-09

Registrant
  Name:             Raffaello Morelli
  ContactID:        RM4289-ITNIC


...e ora, efficientissimi amici del Polo/Casa/Partito della Liberta, cosa inventerete? Cercherete di comprarvi il Morelli? Noi speriamo ardentemente che non sia in vendita. E speriamo altresì che qualche arcorizzato inizi a vedere la luce circa l'efficientissimo "intraprenditore" che si è fatto da se. Noi siamo propensi a credere che si sia fatto con Miccichè...

sabato 25 agosto 2007

L'Italia di Montezemolo: un paese senza le palle

Ferrari_f1_2007 Come volevasi dimostrare. La McLaren è colpevole (difficile sostenere il contrario, avendo trovato in casa loro la "refurtiva", e cioà le quasi 800 pagine del progetto esecutivo della Ferrari 2007), ma, secondo la FIA, Ecclestone e Mosley, non è colpevole, perchè non è provato che abbia speso la refurtiva. Ha violato l'articolo 151 del codice sportivo liberamente sottoscritto, ma non è punibile, poichè non è accertato che abbia "tratto vantaggio dall'essere entrata illecitamente in possesso del "cadeau", senza sentire il bisogno di restituire il malloppo al derubato. Splendido esempio di "british morality" (Mosley, Ecclestone, McLaren), col tocco in più della integerrima moralità tedesca di quelli della Mercedes. E' come se la polizia mi trovasse in casa 100 razzi rpg e dodici mitragliatrici, e non mi condannasse per illecito possesso di armi da guerra perchè "non è provato" che io ne abbia fatto uso. Ma il possesso dei piani Ferrari non configura, quantomeno, il reato di ricettazione?

E noi? Noi, grazie al signor Fenech - Bellicapelli, un invertebrato che si è permesso di chiamarmi fannullone, abbozziamo, ed andiamo avanti a perdere un mondiale. Perchè, qualunque cosa accada, anche se la Ferrari vincesse tutti i prossimi GP, e la McLaren arrivasse alternativamente seconda e terza, con l'attuale meccanismo di punteggi, che attenua molto l'importanza della vittoria, non vinceremmo ugualmente il mondiale.

Perchè tutto questo? E' evidente! la Formula Uno è essenzialmente un business di pubblicità, sponsorizzazioni, e quindi di audience. La giusta radiazione della McLaren avrebbe dimezzato l'interesse per le prossime gare, e quindi l'audience, mettendo in crisi il sistema.

Ora, si dà il caso che la Ferrari sia "proprietaria" di un parco "tifosi", sparso in tutto il mondo, che non ha eguali. Di fatto la Ferrari è la maggiore "azionista" dell'audience della Formula Uno. Anni fa un uomo, che i coglioni li aveva (si chiamava Enzo Ferrari) di fronte al profilarsi di un torto molto meno grave dell'attuale (non ricordo i dettagli), non disse una parola: mise all'opera gli ingegneri, ed allestì in tempi record una Ferrari rispondente alla formula Indy. Di fronte alla pura ipotesi di scuola che la Ferrari potesse lasciare i padroni della Formula Uno in braghe di tela, tutti si affrettarono a riporre le armi, e a fare giustizia secondo i criteri di Enzo Ferrari.

Montezemolo Oggi però la Ferrari non è guidata da Ferrari, ma dal signor Fenech, un invertebrato. E poi, il signor Fenech non ha molto tempo: quando non è impegnato nei convegni a dare dei fannulloni a lavoratori e pensionati, è impegnato a sistemarsi la chioma; il poco tempo residuo da sveglio, va via per controllare davanti allo specchio il risultato della sistemazione del capello. Se anche gli restasse qualche minuto, per fare il Ferrari gli mancherebbe ancora qualcosa: i coglioni di Enzo Ferrari.

E dire che basterebbe averne anche uno solo, di coglioni, anzichè una coppia, per inviare un comunicato di tre righe all'ANSA, così concepito:

"La Ferrari, apprezzate le modalità di conduzione della Formula Uno da parte degli attuali responsabili, valuterà entro 15 giorni l'opportunità o meno di continuare a partecipare alla competizione"

Accetto scommesse che in 7 giorni Mosley & Ecclestone scoprirebbero altri elementi, decisivi per poter togliere alla McLaren - Mercedes tutti i punti guadagnati da marca e piloti in regime di "ricettazione". Solo così la Formula Uno riuscirebbe a riguadagnare credibilità, e ad evitare di fare la fine, in termini d'immagine, del calcio, del ciclismo e di tanti altri sports.

venerdì 24 agosto 2007

In morte di Bruno Trentin. Professione: galantuomo

Bruno_trentim Avremo tempo e modo di discutere, a riflettori spenti, se e quali corresponsabilità abbia Trentin in faccende controverse come la contingenza, o come la contrattualistica del lavoro in generale. Oggi è il giorno del ricordo, del rimpianto, del dolore. Bruno Trentin è una di quelle rare persone che ti fanno sposare un partito, che per decenni non riesci ad abbandonare per nessuna ragione al mondo.

Se proprio dovessi fare un parallelo con qualcuno, in termini di "empatia", mi verrebbe in mente un nome solo: Enrico Berlinguer, anche se erano molto diversi nel cursus della vita: uomo di apparato Enrico, uomo dalle mille esperienze pre-politiche e professionali Trentin.

Quello che ai miei occhi li rendeva quasi fratelli gemelli era la serietà, la credibilità, quel saper parlare pochissimo e a bassa voce, quasi schivando le loro stesse parole. Quella capacità di ascoltare le opinioni degli altri, a volte molto al di sopra del loro merito.

Bruno era, come Enrico, un uomo che non ho mai visto ridere, ed ho visto raramente sorridere. Le rare volte in cui lo faceva, sorrideva con una certa pudicizia, quasi vergognandosene.  Molti, per la innata incapacità di Bruno di stare "sopra le righe", non hanno mai neanche sospettato il Trentin che studiava ad Harward (ma come, un comunista!), o quello che dal '43 al '46 (e cioè fra i 17 ed i 20 anni), ha combattuto contro le "repubbliche sbagliate": contro Vichy in Francia, contro Salò in Italia. Ha militato nei gruppi di "Giustizia e Libertà", nei quali ha avuto anche il comando di una sua brigata.

Bruno ha vissuto il periodo di massima visibilità (quello da segretario della CGIL) schivando, nei limiti del possibile, riflettori e telecamere. Ha vissuto gli anni successivi (dal '94 alla morte) in un cono d'ombra. E' stato un uomo che ha dato a noi più di quanto non abbia ricevuto in cambio. Noi tutti, e la sinistra ufficiale in primo luogo, abbiamo lasciato che quest'uomo si spegnesse con un grosso carico di crediti nei nostri confronti. E questi crediti non li possiamo regolare soltanto dicendo "Bruno, ti abbiamo voluto bene", ma lo diciamo lo stesso. Bruno ti abbiamo voluto bene.

Abbiamo tratto la breve biografia pubblicata di seguito dall'Unità, che è stato il giornale più tempestivo a mettere la notizia in prima pagina, e perchè è stato per anni il giornale del suo partito.

Bruno_trentin_1 Trentin si è spento per una polmonite resistente alla terapia antibiotica e per una febbre intrattabile, aggravata da una carenza immunitaria legata al grave trauma cranico subito un anno fa. Trentin è morto nel pomeriggio di oggi all'ospedale Gemelli. Ne danno notizia «con immenso dolore» la famiglia, la Cgil e i Democratici di sinistra.

Bruno Trentin, morto oggi a Roma all'età di 81 anni, era nato a Pavie (Francia), il 9 dicembre 1926. Laureato in giurisprudenza a Pavia (Italia), ha studiato anche presso la Harvard University, per poi tornare in Francia nel 1941, dove ha combattuto la Repubblica di Vichy. Dal 1943 al 1946 ha preso parte alla Resistenza, sia in Francia che in Italia, dove ha militato nelle formazioni partigiane di "Giustizia e Liberta" alla cui fondazione ha contribuito, assumendo nel 1944 il comando di una brigata.

Nel 1949 si è iscritto alla Cgil, iniziando a lavorare nell'Ufficio studi economici. L'anno dopo è entrato nel Partito comunista italiano, diventando membro del Comitato Centrale dal 1960 al 1973: con il Pci è stato eletto consigliere comunale a Roma (1960-1973) e deputato nazionale (1962-1972).

Nel sindacato è stato eletto vicesegretario nel 1958, mentre dal 1962 è stato segretario generale della Fiom, mantenendo l'incarico, assieme a quello di segretario generale della Federazione unitaria della metallurgia (Flm), fino al 1977. In quell'anno è diventato segretario confederale della Cgil nazionale.

Eletto segretario nazionale della Cgil il 29 novembre 1988, succedendo a Pizzinato, ha ricoperto l'incarico fino al 30 giugno 1994. Nel 1993 ha stipulato con Cisl e Uil lo storico accordo sulla politica dei redditi che pose termine al sistema della scala mobile.

Negli anni successivi Trentin ha assunto la responsabilità dell'Ufficio programma della Cgil, carica ricoperta fino all'elezione al Parlamento europeo nel giugno 1999. Nel Parlamento europeo è stato membro della Commissione per i problemi economici e monetari, membro sostituto della Commissione per l'occupazione e gli affari sociali, membro della Delegazione per le relazioni con il Consiglio legislativo palestinese.

Membro anche del Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro), il 25 gennaio 2002 è stato eletto deputato nelle liste dei Democratici di Sinistra, divenendo presidente della Commissione nazionale per il Progetto. Ha scritto tre libri: Lavoro e libertà (1994), Il coraggio dell'utopia (1994), La città del lavoro (1997).

«Esprimo il dolore mio e di tutta la Cgil per la scomparsa di Bruno Trentin»: sono le parole del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, che lo ricorda come «protagonista» della storia della Cgil a cui, dice il leader sindacale, «lascia una lezione di grande rigore morale, coerenza e autonomia difese con intransigenza, di attenzione ai valori sociali e di difesa del valore della confederalità». «Bruno ha rappresentato in tutto il dopoguerra un punto di riferimento fondamentale nella lotta per la democrazia, l'uguaglianza sociale e per i diritti del mondo del lavoro. Si può dire che non c'è pagina nella storia della Cgil e del movimento sindacale italiano in cui non sia stato protagonista. Il piano per il lavoro, la programmazione economica, la centralità del Mezzogiorno, le lotte operaie dell'autunno caldo, la stagione del sindacato dei diritti, gli accordi fondamentali del '92 e del '93 lo hanno visto protagonista indiscusso», ricorda Epifani. Alla Cgil, aggiunge il numero uno dell'organizzazione sindacale, «Bruno lascia una lezione di grande rigore morale, coerenza e autonomia difese con intransigenza, di attenzione ai valori sociali e di difesa del valore della confederalità. A lui deve molto non solo la Cgil ma l'insieme del movimento dei lavoratori, le forze politiche del Paese e le altre organizzazioni sindacali verso le quali ebbe sempre una grande attenzione unitaria a partire dall'esperienza dei metalmeccanici» [...]

...Veltroni lo ha anche ricordato come «appassionato consigliere comunale di Roma. Bruno Trentin era una persona di grande curiosità e spessore intellettuale, aveva un tratto umano di eleganza e ironia, anche per questo lo ricordo con dispiacere e riconoscenza. Bruno Trentin non mancherà solo alla moglie Marcelle e alla figlia Antonella, cui va il più affettuoso cordoglio mio e di tutta la città di Roma, mancherà a tutto il Paese».

mercoledì 22 agosto 2007

I Circoli virtuali di Michela Brambilla

Telefoni silenti, indirizzi di altri partiti. Ma puoi iscriverti on line - La preferita del Cavaliere ha messo in subbuglio i colonnelli di Forza Italia

...bentornata a Concita De Gregorio, la cui penna al cianuro troppo spesso  e troppo a lungo si fa desiderare...

Repubblica di CONCITA DE GREGORIO

ROMA - La strepitosa foto di gruppo della nascita dell'ultimo partito Michela_coscialunga_brambilla politico italiano vede in primo piano Michela Vittoria Brambilla, madre quarantenne in tailleur. In collegamento telefonico Silvio Berlusconi, padre assente ancora impegnato in danze estive e imminente testimone di nozze della coppia Briatore-Gregoraci, già presidente del Consiglio. A sinistra Mariano Apicella, una volta parcheggiatore oggi cantautore personale dell'ex premier pronto "a comporre l'inno non appena Berlusconi mi dà il la".

In fondo a destra, in una baita di Lorenzago, Bossi Tremonti Calderoli e Alemanno un pochettino perplessi. Fuori fuoco Ferdinando Adornato, che lui il partito l'aveva fondato per primo in primavera ma non se n'è accorto nessuno. Assenti gli altri alleati, evidentemente personaggi minori. Data dello scatto: 6 agosto 2007. Il giorno del compleanno di Fedele Confalonieri che nella foto non c'è, faceva festa coi suoi ma - certo al corrente del lieto evento - si sarà a suo modo sobriamente rallegrato così come ha fatto Marcello Dell'Utri: "E' un partito in più, ci sta, non ci vedo niente di male".

Ci sta, certo. Se non che il Partito della Libertà, nome e simbolo registrati alla Ue dalla "persona fisica Michela Vittoria Brambilla" lunedì 6 agosto, non è "un partito in più": è - potrebbe diventare con un prossimo gioco di prestigio - "il partito". E' questo infatti il nome che Berlusconi da mesi sogna di dare al partito unico del centrodestra, l'arma con cui rispondere al Partito democratico. E' il contenitore presunto della rivoluzione politica che Berlusconi ha concepito negli stessi mesi in cui ringiovaniva il guardaroba.Progettiamopozzuoli_carabinieri

Che la proprietaria sia Brambilla genera comprensibili irritazioni tra i forzisti di lungo corso, colonnelli e caporali, ma è anche questo un effetto calcolato: l'avvento di Brambilla, eroina del Foglio di Giuliano Ferrara (per lui solo MVB) ed editorialista di Libero, è la clava con cui il Cavaliere ha preso a sbarazzarsi di una nomenclatura ormai bolsa e inadatta. E' la donna nuova, la sua creatura. Rapida e devota lei difatti spiega: "ho agito su mandato di Berlusconi, nome e simbolo sono a sua completa disposizione". Sono suoi, di Silvio, ovviamente. Figuriamoci se Brambilla può lavorare politicamente in nome proprio: è tutta un'operazione orchestrata dal capo.

La storia del notaio è una cortina fumogena. Non è vero che Berlusconi sia andato a fondare il partito in segreto da un notaio amico. La notizia avrebbe fatto impazzire fan e detrattori: per il partito democratico un anno di calvario, per il partito della libertà un minuto dal notaio. No, non è andata così. Berlusconi ha mandato avanti, e già da mesi, Michela Vittoria: i circoli della libertà, la tv della libertà, il giornale della libertà. Lei in video, lei intervistata dai rotocalchi, lei che dice su Youtube "finché ci sarò io questo sarà un posto di gente libera", ovazione in sala.

Clubdelleaquile_2 Del successo dei Circoli si parla moltissimo, sarebbero migliaia in Italia, centinaia per regione. Sul sito se ne rintraccia qualche foto: gruppi di quattro-sei persone davanti al simbolo con la banda tricolore. Nella realtà non si trovano così facilmente. Giorni fa un giornalista della redazione torinese di Repubblica è andato a cercare l'unico dotato di un indirizzo e del nome di un coordinatore. La sede è quella di An, al telefono non risponde nessuno. Neppure Laura Colombo, assistente di Brambilla e suo braccio destro nell'organizzazione, risponde al telefono. Bisogna ricorrere al web, siamo alla politica virtuale. Nel sito del circolo di Varese ci si può già iscrivere al partito, si scarica il modulo on line. Si pagano dieci euro con vaglia intestato alla "Segreteria del Partito della libertà", viale Belforte 144, ogni un ulteriore contributo volontario è gradito. Valgono anche i fax. Al telefono squilli a vuoto.

Sono dettagli, certo. La realtà delle persone fisiche e delle sedi sono questioni minori. Quel che conta è che con protocollo numero 6203012 di "marchio comunitario" il nuovo partito del centrodestra unito sia già pronto. Ora basta solo informare gli alleati. Matteoli di An, per esempio, convinto ingenuamente che "per fare un partito insieme bisogna essere almeno in due e noi non siamo stati avvisati".

Convincere gli scettici. Udc, Lega. Domare gli inquieti tra i forzisti. Adornato, per esempio, già prodigio neo forzista molto esibito dal Cavaliere ai tempi della conversione a destra, è dispiaciuto che "una professionista dell'anti-casta" come Brambilla faccia il bello e il cattivo tempo. "Io il marchio l'ho registrato in primavera presso i competenti uffici italiani", era arrivato prima lui. Ma anche queste sono scaramucce, ora che arriva settembre e tutti tornano a casa dal Billionaire non ci vorrà niente a Berlusconi per convincere tutti che Brambilla è una grande risorsa, che porta a casa i voti degli scontenti e dei demotivati della politica, draga soprattutto fra i para leghisti del Nord Est quei voti che sono mancati alle ultime elezioni. Maranonapoli

La ragazza fa il suo show, impiega le sue energie che sono molte, ha detto Berlusconi a Crosetto ed altri forzisti che sono andati a trovarlo in Sardegna. I segretari e i colonnelli stanno a Roma, fanno un altro mestiere, tranquilli. Poi toccherà a Michela Vittoria, da oggi ufficialmente prima donna della destra nonché madre della creatura. Potrebbero non prenderla bene Bartolini e Santanché, ma si capisce che nemmeno questo è un problema. Lei non è il genere che si scoraggia.

I cafoni la chiamano "trota salmonata" per via del fatto che è rossa di capelli ed esporta pesce. I siti internet ne pubblicano la foto dove si vede una calza autoreggente: ignorano che indossa solo quelle, le ferma con lo smalto quando si smagliano essendo persona pratica. A diciott'anni Miss Romagna, da ragazza testimonial della Omsa, "ero un manichino vivente per la biancheria intima: sono una taglia seconda perfetta", spiegò a Sabelli Fioretti in era prepolitica, 2004.

A nove anni ha avuto in dono per Natale una leonessa (vera) dal papà imprenditore (trafilati di acciaio) che la mandava in giro con la scorta per paura dei rapimenti. Paure più recenti sue proprie non si rintracciano. Vive a Calolziocorte, Lecco, in una dimora in grado di ospitare 14 cani 24 gatti 7 capre 2 asini 4 cavalli 300 piccioni e 3 galline oltre ad un compagno di nome Eros ed un figlio di due anni. Si è laureata in filosofia, suona il piano. Trova che "la coerenza non sia un valore e che l'opportunismo sia a volte necessario per sopravvivere". Il partito c'è già: è suo e di Silvio. Fini Casini e Bossi se credono si accomodino. Divano bianco, naturalmente.

Trieste Anch'io ho fatto il mio esperimento: ho provato ad iscrivermi ad uno dei 5000 "circolodellaliberta". Ho chiamato il "Numero Verde" nazionale: 800.94.94.11. Risposta al primo squillo (o alla prima squillo?). "Signorina, vorrei iscrivermi, può darmi l'indirizzo e il telefono del circolodellaliberta del mio paese?  Spelling del nome del paese, niente circolo. Può darmi quello del circolo più vicino? Nuovo spelling, imbarazzo, guardi non saprei non conosco bene la zona... Cazzo, ma non esistono i database fondati su CAP? In compenso c'è un circolo nella più vicina città capoluogo di provincia (Monza). Niente telefono fisso, solo il cellulare della PRESIDENTE, tale Lucia Motta Confalonieri. Con questo doppio cognome, pesante quasi come Michela Vittoria Brambilla, come Marco Trochetti Provera, come Letizia Arnabolfi Brichetto Moratti, che mestiere avrebbe potuto fare, se non il Presidente del circolodellaliberta di Monza?

venerdì 17 agosto 2007

Valentino Rossi? piccole evasore. Le bische di stato evadono MILLE volte di più

Slot_machine A questa notizia, segnalataci da nostri lettori (Caio e Rita), non  volevo credere.  Ci doveva essere un errore di tre zeri. Se Valentino Rossi ha evaso 100 MILIONI di euro, qui si parla di 100 MILIARDI, 3/4robuste finanziarie, evase da società dello stato ai danni dello stato? Eppure, sembra che non ci siano dubbi. Ecco la storia, che non può restare confinata in una serie di commenti al blog, ma merita di avere la più larga diffusione.

Politica: Due giornalisti del Secolo XIX di Genova, Menduini e Sansa, denunciano da tempo le imposte non pagate dai Monopoli di Stato. Tenetevi forte, sono 98 MILIARDI DI EURO.
Dove sono finiti questi soldi? Ai partiti, alle Mafie, a privati cittadini? Tangentopoli in confronto sembra una barzelletta e Valentino Rossi un bambino che ha rubato le caramelle. Visco se ci sei batti un colpo, dato che le federazioni dei Ds sono proprietarie di sale Bingo. Fini e Alemanno, così impegnati sui costi della politica, chiedete informazioni ai vostri consiglieri delle società concessionarie delle slot machine. Di seguito la lettera di Menduini e Sansa al signor Tino, direttore dei Monopoli di Stato.

"Gentile dottor Giorgio Tino,

ci piacerebbe porgerle queste domande a voce, ma parlarLe sembra essere impossibile. Da mesi La cerchiamo inutilmente, cominciamo quasi a dubitare che Lei esista davvero. E dire che Lei avrebbe interesse a rispondere (oltre che il dovere). Secondo il rapporto di una commissione di inchiesta parlamentare e secondo gli uomini della Guardia di Finanza infatti, tra imposte non pagate e multe non riscosse le società concessionarie delle slot machine devono allo Stato 98 miliardi di euro (sì, proprio miliardi, quelli con nove zero, per capirci). Sarebbe una delle più grandi evasioni della storia d'Italia.

Secondo la commissione e gli investigatori, questo tesoro - che equivale a tre manovre finanziarie costate lacrime e sangue ai contribuenti - sarebbe stato in sostanza regalato alle società che gestiscono il gioco d'azzardo legalizzato. Di più: nei consigli di amministrazione di alcune di queste società siedono uomini appartenenti a famiglie legate alla Mafia. Insomma, lo Stato italiano invece di combattere Cosa Nostra le avrebbe regalato decine di miliardi di euro.
Con quel denaro si potrebbero costruire metropolitane in tutte le principali città d'Italia. Si potrebbero comprare 1.000 Canadair per spegnere gli incendi. Potremmo ammodernare cinquecento ospedali oppure organizzare quattro olimpiadi. Si potrebbero realizzare impianti fotovoltaici capaci di fornire energia elettrica a milioni di persone oppure si potrebbe costruire la migliore rete di ferroviaria del mondo.

Da mesi noi abbiamo riportato sul nostro giornale, Il Secolo XIX, i risultati dell'indagine. Decine di pagine di cronaca che non sono mai state smentite. Secondo la commissione d'inchiesta, i Monopoli di Stato hanno gravi responsabilità nella vicenda. Non solo: la Corte dei Conti ha chiesto alle società concessionarie di pagare decine di miliardi di euro per il risarcimento del danno ingiusto patito dallo Stato. E nei Suoi confronti, signor Tino, i magistrati hanno aperto un
procedimento per chiedere il pagamento di 1,2 miliardi di euro di danni. Ma Lei che cosa fa? Tace e rimane al suo posto, come tutti i responsabili dei Monopoli, dalla dottoressa Barbarito alla
dottoressa Alemanno (sorella dell'ex ministro di Alleanza Nazionale). E, cosa ancora più incredibile, tace il vice-ministro dell'Economia, Vincenzo Visco (che da mesi ha ricevuto il rapporto della commissione di inchiesta), da cui Lei dipende. Ma noi proviamo a porLe ancora una volta alcune domande:

- Come mai nell'agosto scorso il Governo Prodi ha deciso di confermare la Sua nomina al vertice dei Monopoli di Stato nonostante che, appena un mese prima, Lei fosse stato indagato dai magistrati di Potenza nell'inchiesta sul gioco d'azzardo?

- E' vero, come risulterebbe dalle intercettazioni telefoniche, che alcuni membri della Sua famiglia avrebbero ricevuto viaggi in regalo da importanti compagnie produttrici di tabacco?

- Perché, nonostante Lei fosse al vertice dei Monopoli di Stato, sedeva anche nel consiglio di amministrazione di una delle più importanti multinazionali di distribuzione dei tabacchi?

- Ma soprattutto: può spiegarci per filo e per segno che fine hanno fatto quei 98 miliardi di euro che secondo la Finanza sono stati sottratti alle casse dello Stato? E può dirci perché i Monopoli, come sostengono gli investigatori, non hanno chiesto il pagamento di nemmeno un euro di multa?

Finora Lei non ci ha mai voluto rispondere. Forse conta sul sostegno del mondo politico. Del resto la Sua poltrona è una delle più ambite d'Italia. Pochi lo sanno, ma i Monopoli gestiscono il commercio del tabacco e del gioco d'azzardo legalizzato. Insomma, un tesoro, su cui i partiti si sono lanciati da anni: An ha suoi rappresentanti proprio nei consigli di amministrazione delle società concessionarie delle slot machine, mentre le federazioni dei Ds sono proprietarie di molte sale Bingo. Così Lei può permettersi di tacere. Ma chissà che cosa farebbe se a ripeterLe queste domande fossero decine di migliaia di visitatori di questo blog (l'indirizzo dell'ufficio stampa è ufficiostampa@aams.it )?

Marco Menduni e Ferruccio Sansa - Giornalisti del Secolo XIX

Cari Menduni e Sansa,

per quello che può valere, abbiamo spostato la notizia di questa vostra inchiesta da alcuni commenti al nostro blog, al post di apertura di oggi. Speriamo che non ce ne vogliate. Inoltre, invieremo questo posts ai 6.500 lettori della nostra newsletter. Se riuscirete ad inviarci le dodici puntate dell'inchiesta in formato word, le pubblicheremo tutte. Complimenti per il vostro lavoro. Il paese ha bisogno di giornalisti come voi.

Tafanus

Don Pierino Gelmini SpA: l'inchiesta dell'Espresso

Espresso di Marco Lillo

Ben 164 sedi in Italia, 74 nel mondo. E poi terreni, pascoli, casali, appartamenti. Ecco il patrimonio del prete sotto accusa. Ma il bilancio resta un mistero

Don_gelmini Quando il cardinale Francesco Marchisano gli ha chiesto di dimettersi, per difendersi dall'accusa di molestare i suoi ragazzi, don Pierino ha risposto: "Giammai. Io non guido un'associazione religiosa, ma laica". Don Pierino ha ragione. La Comunità Incontro è un'associazione privata. Nessuno può mettere bocca sulle sue 164 sedi italiane e nemmeno sulle 74 residenze estere. Ancora più difficile vedere i suoi conti. La comunità per legge stila un bilancio ogni anno, ma sono in pochi ad averlo visto. A chi chiede lumi replicano: "Non parliamo con la stampa". Scelta comprensibile in questo momento delicato, con don Gerlmini indagato dai pm di Terni per abusi sessuali sui giovani ricoverati. Ma la trasparenza amministrativa non è mai stata una priorità della comunità. Sul sito Internet non c'è traccia del bilancio. Bisogna andare alla Camera di commercio a Roma per scoprire che la Comunità Incontro, organizzazione non lucrativa a fini sociali, è presieduta da una sconosciuta: Umbertina Valeria Mosso, avvocato di 86 anni. Il comitato direttivo è composto dalle persone più vicine a don Pierino, come Claudio Legramanti e Claudio Previtali e dal 'don', che è il segretario generale, ma con ampi poteri di gestione. Il patrimonio è in gran parte composto da terreni e fabbricati rurali. Una vecchia passione. Già nel 1965, un anno prima di darsi ai tossicodipendenti, il sacerdote aveva comprato la splendida tenuta di Caviggiolo con tanto di maniero e riserva di caccia a Barberino del Mugello, sull'Appennino toscano. I giornali dell'epoca raccontano che gli assegni per 200 milioni di lire (del 1965) consegnati alla Società Idrocarburi per l'acquisto, erano scoperti e il tribunale inflisse tre mesi di galera a don Pierino. Oggi quel possedimento è di Alfio Marchini, ma la comunità vanta tenute che non hanno nulla da invidiarle.

La prima pietra sulla quale Gelmini ha costruito l'impero è Amelia. In questo borgo in provincia di Terni, nel 1979, dopo una serie di disavventure economiche e penali, Piero Gelmini adocchiò un frantoio abbandonato, il Mulino Silla, e ne fece la sede della sua nuova attività. Il comune concesse di buon grado il rudere in comodato d'uso, ma presto i rapporti si guastarono. Amelia, 11 mila abitanti, era guidata dall'ex leader della Cgil Luciano Lama e le personalità forti del sindaco e del prete-imprenditore diedero vita a una riedizione di Peppone e don Camillo. Erano gli anni del boom delle comunità e don Pierino non badava troppo al codice urbanistico. I piccoli casali abbandonati diventavano imponenti ostelli. Mensa, campo di calcio, sotterranei, tutti edificati a fin di bene, ma tutti abusivi, furono immediatamente segnalati da Lama alla Procura. Alla fine tutto fu sanato, grazie anche ai socialisti della giunta. Intanto la comunità cresceva al ritmo di 12 mila presenze annuali. Oltre al comodato sul mulino (dovrebbe scadere nel 2018) la Comunità ha acquistato nella provincia di Terni boschi, uliveti, vigneti e pascoli per una ventina di ettari, più fabbricati sparsi tra Cenciolello, Porchiano e la strada di Orvieto per una settantina di vani.

Frateria_padre_eligio_gelmini All'inizio degli anni Novanta don Pierino comprò il convento di Santa Monica, nel pieno centro della città, pagandolo 600 milioni di vecchie lire. Il sindaco Lama insorse e la cittadinanza raccolse 4 mila firme contro l'apertura di un albergo nel centro. "Ma quale albergo", replicò offeso il don, "ci metterò dieci suore di clausura". Nel 2003 la comunità cede il convento a una società privata amministrata dal commercialista della curia di Terni e partecipata da una famiglia che fabbrica ascensori. E l'albergo? Sarà realizzato, insieme a una chiesa e a un po' di appartamenti per il comune. Ma non da don Gelmini, bensì da una società romana che ha rilevato l'immobile pochi mesi fa. Lo stop del Santa Monica spinge don Gelmini fuori dall'Umbria, una regione rossa dalla quale non si sente amato. Anche il centro odontoiatrico che sta per aprire ad Amelia, grazie a un celebre volontario della comunità, l'ex ministro Francesco De Lorenzo, non è stato finanziato dalla Regione.

Negli anni Novanta don Pierino medita di spostare la capitale del suo impero in Emilia Romagna, sull'Appennino tra Casola Valsenio e Castel del Rio. La onlus rileva 400 ettari e una serie di casali sparsi tra le provincie di Ravenna e Bologna. L'immensa tenuta era di una cooperativa che aveva tentato l'attività agrituristica senza successo. Attraverso la cooperativa Terra Nostra, il braccio imprenditoriale della comunità, don Gelmini ottiene anche un finanziamento Ue per realizzare uno stabilimento zootecnico per 130 pecore e 80 mucche. Il progetto però fallisce. Gran parte dei casali sono abbandonati, gli ospiti oggi non arrivano alla decina ed è in corso una trattativa per svendere tutto [...]

Da dove arrivano i soldi per comprare? Lo Stato non è mai stato troppo generoso. Il fondo nazionale per la lotta alla droga ha pagato solo 277 mila euro nel dicembre del 2001. Qualche regione stanzia contributi per progetti specifici, come il Lazio, che lo scorso anno ha pagato 35 mila euro. Gli introiti più importanti arrivano dalle rette per i tossicodipendenti ricoverati. Le convenzioni variano a seconda della regione e le tariffe oscillano tra i 34 e i 50 euro al giorno, a seconda della diagnosi e del trattamento. Con punte di 130 euro per i soggetti a 'doppia diagnosi', cioè i malati di mente tossicodipendenti. Il mutamento dello scenario delle tossicodipendenze fa però facendo diminuire le presenze. I nuovi drogati da ecstasy e coca preferiscono i servizi ambulatoriali. Mentre gli eroinomani, che possono restare in comunità fino a due anni, sono in calo netto e costante.

Negli ultimi due anni intere regioni come Calabria e Umbria, e Asl come quelle di Varese e Bergamo, e della città di Milano, non hanno inviato nemmeno un assistito alla comunità di don Pierino. Restano i tossici cronici: ragazzi ospitati a spese delle famiglie che pagano circa 300 euro al mese e i detenuti. Nel 2006 sono stati 2 mila e 750 quelli che hanno scontato la pena in comunità. Complessivamente il ministero della Giustizia ha pagato per loro 93 mila e 600 euro. Ma il vero benefattore si chiama Silvio Berlusconi: nel 2005 ha donato 10 miliardi di vecchie lire per alcuni interventi in Thailandia e poi altri 450 mila euro per l'emergenza Tsunami, stavolta mediante le sue holding.

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'Cento miei ex ora sono in politica
di Giuliano Foschini

Raccontava così, don Pierino Gelmini nel giardino della sua comunità di Zervò, Aspromonte, durante i preparativi del don Gelmini Day: "Sento la solidarietà di molti, intorno a me. Dei politici, dei miei ragazzi che poi spesso sono anche la stessa cosa". Prego? "Ho fatto uno screening proprio qualche mese fa: in questo momento nei consigli comunali, regionali, qualcuno anche in Parlamento, ci sono almeno cento ospiti delle mie vecchie comunità. Significa che qualcosa di buono lo facciamo: recuperiamo la gente e diamo loro anche la sicurezza psicologica per poter comandare, per poter fare qualcosa di bene per il resto della gente". Don Pierino assicura che oggi i suoi ragazzi sono sia a destra sia a sinistra. E cita un nome, uno solo: "Vincenzo Zaccheo, l'ex parlamentare di Alleanza nazionale, ora sindaco di Latina. È stato da me quando era giovane. Mi ha chiamato quando è successa tutta questa schifezza per Berlusconi_formigoni_2 starmi vicino. Queste cose fanno molto piacere". La vicinanza al mondo politico di don Gelmini non corrisponderebbe però con la vicinanza alla politica delle sue comunità. "Noi facciamo tutto con le nostre gambe", ricordava ai sui ospiti, appena scoppiato lo scandalo giudiziario: "Non siamo come molti altri miei colleghi che prendono sovvenzioni su sovvenzioni o riutilizzano i beni statali". Lui sostiene di ricevere dallo Stato 350 euro al mese all'incirca per ogni ospite, qualora i ragazzi siano seguiti dal Sert. In caso contrario, devono pagare da soli. In alcuni casi le strutture delle comunità vengono cedute in comodato gratuito a don Pierino. È successo per l'ex sanatorio dell'Aspromonte, un posto meraviglioso, dove Gelmini si rifugia ogni agosto. "Quando l'abbiamo ripreso cadeva a pezzi. Abbiamo fatto tutto noi, mettendolo a nuovo e costruendo la chiesetta, il campanile. All'inizio c'era il problema delle autorizzazioni: il territorio qui fa riferimento a tre comuni, poi c'è il Parco. Insomma un gran casino. Allora abbiamo fatto come dicevo io. Prima si costruisce e poi si chiedono le autorizzazioni. Si deve fare così, altrimenti questi in Italia non ti fanno fare nulla". Amen.

giovedì 16 agosto 2007

Quando erano gli italiani vittime dell'odio anti-immigrati

Per non titolare, per l'ennesima volta, "Italiani brava ggente". Per far capire (impresa disperata) ai Gentilini e ai Calderoli che non tutti gli italiani sono "brava ggente", esattamente così come non tutti gli immigrati in Italia sono spacciatori e puttane. Impresa disperata, ma non dobbiamo mai smettere di provarci.

Repubblica Duisburg, la strage di Ferragosto - Sei italiani vittime della faida di San Luca - Le vittime erano calabresi, un minore e gli altri tra i 20 e 39 anni. A sparare sarebbero state almeno due persone armate di fucili. Oltre 70 bossoli ritrovati sul luogo del massacro, di fronte al ristorante "Da Bruno". Uno dei sei uccisi era lo chef-proprietario, da vent'anni viveva in Germania

Duisburg_strage DUISBURG (Germania) - Una strage feroce, senza precedenti. Sei italiani sono stati uccisi a colpi di fucile davanti a un ristorante, nei dintorni della stazione della città tedesca di Duisburg. Sono sicuramente vittime della faida di San Luca, una delle più sanguinose guerre tra cosche rivali della 'ndrangheta.

Avevano appena festeggiato il diciottesimo compleanno di uno di loro, Tommaso Venturi, nel ristorante "Da Bruno", di proprietà della famiglia Strangio. Tra dieci giorni avrebbe compiuto 18 anni un'altra delle vittime, F.G., un ragazzo della famiglia Giorgi. Gli altri uccisi sono: Francesco e Marco Pergola, rispettivamente di 22 e 20 anni, Marco Marmo, di 25 anni, Sebastiano Strangio, di 39 anni.

Sono tutti nati a Locri (al cui ospedale vanno a partorire le donne di San Luca), tranne Tommaso Venturi, nato in Germania: tre di loro abitavano in Germania. Marco Marmo fino a sabato era a Reggio Calabria: proprio quel giorno era stato in questura dove gli era stato notificato un avviso orale, misura preventiva per la possibilità che l'uomo, vicino alla cosca Vottari, potesse essere coinvolto nella faida con gli Strangio-Nirta. Una delle ipotesi che gli investigatori stanno valutando è che fosse lui il principale obiettivo della strage. La ricostruzione è però complessa: ci sono membri della famiglia Strangio in entrambe le cosche rivali e c'è un ramo con quel cognome che invece è totalmente estraneo.

Sebastiano Strangio era lo chef-proprietario del ristorante, da vent'anni lavorava a Duisburg. Non è escluso che sia stato ammazzato per essersi trovato in compagnia della gente sbagliata.

I sei dovevano credere di essere al sicuro, erano disarmati. Il commando dei sicari sarebbe partito direttamente dalla Calabria e a sparare sono stati almeno in due, armati di fucili: sul posto sono stati rinvenuti settanta bossoli [...]

Duisburg è oggi una città sconvolta. Fiori e bigliettini (in uno c'è scritto: perché?) sono stati portati sul luogo della strage. All'interno del locale ci sono le foto in cui Sebastiano Strangio è ritratto insieme a personaggi dello spettacolo. Il suo era considerato uno dei ristoranti italiani migliori della Germania. Nel menu è evidente l'origine del proprietario: gamberoni alla
calabrese (22 euro e 50), filetto di orata alla calabrese (20 euro 50), involtini di carne alla calabrese (16 euro).

Increduli passanti e curiosi si fermano di continuo davanti alle vetrine del locale. Una signora tedesca, scioccata per quello che è accaduto, dice: "Nessuno poteva immaginare che un ristorante elegante e di alta qualità come 'Da Bruno' potesse essere teatro di una carneficina del genere".

ROMA - "La 'ndrangheta si conferma l'attore criminale più competitivo e quello in grado di esprimere le maggiori potenzialità eversive ed è ramificata nei Paesi centrali dell'Europa: Germania, Olanda, Francia e Belgio". E' il rapporto del Sisde, nella relazione presentata al Governo ai primi di agosto, rilanciato dall'agenzia AGI. "Il modello orizzontale - scrivono i nostri 007 - che prevede la piena autonomia delle cosche nei territori di rispettiva competenza, accresce le opportunità di penetrazione del tessuto socio-economico di riferimento, causando simultaneamente anche tensioni tra leader concorrenti nella stessa area".

Le ramificazioni all'estero. "Le aggregazioni calabresi tendono a concentrarsi dove l'emigrazione è più cospicua e radicata, così da conservare la propria forza intimidatoria per penetrare il locale tessuto economico e finanziario. Consistenti risultano le presenze in Germania, Francia, Belgio, Olanda, nei Balcani (ove vantano solidi rapporti con la criminalità locale, in particolare albanese) e nell'Est europeo, nonchè in Sud America, in ragione di consolidate relazioni con i gruppi produttori e trafficanti di cocaina".

mercoledì 15 agosto 2007

"Second Life": la grande puttanata - Ecco come finirà lo straparlare di "Intelligenza artificiale"

Quel bluff chiamato Second Life - Secondo la prestigiosa rivista Usa "Wired": l'85% degli "avatar" ci entra solo una volta. Molte aziende hanno investito nel mondo virtuale solo perché ne parlavano i media. Tanta pubblicità, pochi abitanti
di JAIME D'ALESSANDRO - Repubblica

ROMA - Second Life? Ormai vive sulla carta stampata. L'originale, quello aperto in Rete nel 2003 dalla Linden Lab, è un luogo solitario pieno di cattedrali nel deserto sempre vuote. Diecimila isole, campionario di edifici strabilianti messi in piedi da multinazionali di ogni dove per attirare orde di consumatori, tutte o quasi abbandonate. Sembra infatti che gli abitanti, appena 300 mila, preferiscano di gran lunga affollare sex shop e discoteche. Ma solo 70 alla volta, assembramenti maggiori i server proprio non possono gestirli. A sostenerlo è il prestigioso mensile americano Wired, in un articolo apparso sul numero di agosto che mette in dubbio i dati forniti dalla Linden Lab come già aveva fatto l'inglese The Guardian il 21 dicembre. Dei quasi 9 milioni di residenti, circa l'85% sarebbero entrati una sola volta in questo mondo virtuale senza tornarci più. Dei restanti bisognerebbe depennarne almeno la metà, perché avere due o più "avatar" in Second Life è una pratica comune quanto andare nei night club. Il che porta a una popolazione reale di 300 mila persone circa. Poca cosa rispetto ad altri mondi virtuali frequentati da milioni di utenti, nulla se paragonata alle comunità che animano espressioni del Web 2.0 come YouTube e Flickr.

E pensare che aziende del calibro di Coca Cola, Nike, Ibm, Microsoft, Nissan, Sony (per citarne solo alcune, la lista completa prenderebbe un paio di pagine), hanno speso milioni per costruire le loro splendide e desolate sedi virtuali in Second Life. Si va dai 10.000 dollari per una presentazione e un concerto, al mezzo milione all'anno per un'isola superaccessoriata e colma di grattacieli sfavillanti. Almeno stando al prezzario della Electric Sheep o della Milions of Us, specializzate nel business delle costruzioni virtuali.

"Mi sembrava di essere entrato nel film Shining. Non c'era nessuno e non c'era nulla da fare" ricorda Michael Donnelly, capo della divisione interactive marketing della Coca Cola. Eppure Donnelly ha comunque deciso di spendere centinaia di migliaia di dollari per il Coke's Virtual Thirst Pavillion. Perché? "Perché di Second Life se ne parla molto", ammette. Ma nonostante la popolarità sui media, è un investimento che non sembra avere molto senso. Soprattutto se si pensa che lo stesso Donnelly ha sponsorizzato un concorso su Yahoo! Video guardato da quasi 6 milioni di persone, mentre sulla sua isola virtuale di Second Life passano sì e no 15 utenti al giorno.

"Molti dirigenti vivono nel terrore", spiega Joseph Plummer della Advertising Research Foundation, che dagli anni '60 studia il mondo della pubblicità. "Sono cresciuti con un modello elementare, quello degli spot da trenta secondi da mandare in televisione, che oggi non funziona più". Di qui la necessità di trovare nuovi veicoli per raggiungere i consumatori. E non sapendo che pesci prendere, si buttano a capofitto in qualunque cosa gli capiti a tiro anche se non ne capiscono limiti e potenzialità.

"Ecco come si è arrivati ad avere due Second Life diversi", sintetizza Mario Gerosa, giornalista che frequenta l'universo della Linden Lab da anni e sul quale ha scritto un ottimo libro (Second Life, edizioni Melteni): "Una versione sul Web e una sui media. Ed è la seconda la più interessante. E' nata a ottobre scorso quando si venne a sapere che l'agenzia stampa Reuters stava aprendo una sua sede su Second Life. Poi arrivò la notizia che Anshe Chung, una giocatrice cinese che vive in Germania, era riuscita a guadagnare 1 milione di dollari vendendo proprietà immobiliari. Da allora il flusso di articoli non si è mai fermato, ingrandendo e modificando la realtà di Second Life. A quel punto aziende grandi e piccole, musei, politici, televisioni, etichette musicali, case cinematografiche hanno iniziato a spendere soldi senza alcun criterio alimentandone il mito al di fuori della Rete". Insomma, il mondo virtuale di Second Life sarebbe il primo a esser diventato mondo di fantasia. Una quinta teatrale immaginaria, o se preferite uno specchio, dove mettere in scena paure e speranze generate dalla tecnologia e dal World Wide Web.

...ora aspettiamo fiduciosi che un novello Fantozzi venga fuori, in un congresso, a fare il suo intervento: "...posso dire una cosa? secondo me, Second Life è una grande minchiata..."

lunedì 13 agosto 2007

Lost and found: Francesca Bentivoglio, la più grande promessa del tennis, sparisce nel nulla

Francesca_bentivoglioLe settimane centrali di agosto, in casa nostra, sono riservate ai lavori inutili: alleggerire la cantina, ripulire il ripostiglio dalle cose inutili… quest’anno mi sto dedicando alla trascrizione dei miei VHS su DVD, prima che i nastri marciscano o si incollino, come mi è già capitato. Dunque, facendo questo lavoro, mi sono ritrovato fra le mani la cassetta dedicata ad una ragazzina che ho amato (in senso figurato) per due anni, e che poi, così com’era apparsa nella mia vita, è sparita nel nulla...

 

 

Una premessa: a Milano si disputa, da oltre 40 anni, uno dei più importanti tornei mondiali di tennis under 16. Tanto importante, che da questo torneo hanno spiccato il volo personcine come Barazzutti, Borg, Lendl, Cash, Edberg, Ivanisevic, Martinez, Capriati, Hingis, Fernandez (e scusate se è poco). Io cercavo di frequentarlo, perché si vedeva del tennis sorprendente e pulito. Un giorno arrivo al Club durante la pausa pranzo (luglio 1993, 32 gradi), e in un campo secondario gioca, contro una specie di armadio vikingo, un fuscello di ragazzina che sarà stata sui 35 chili. In campo c’erano le due giocatrici, un arbitro raccattato, niente giudici di linea, niente raccattapalle, e gli spettatori: UNO, io. Il fuscello era Francesca Bentivoglio, di anni 15, mai sentita nominare. Eppure qualcosa di buono aveva già fatto. Due anni prima, a 13 anni, aveva vinto negli Stati Uniti il campionato mondiale under 14, noto come “Orange Bowl”. L’anno dopo, a 14 anni, si era ripetuta in doppio, ed aveva vinto in singolare la Continental Cup, battendo in finale un’altra ragazzina italiana, figlia d’arte: la Canepi.

 

JananovotnaFrancesca, nei rari passaggi a vuoto, in mancanza di meglio mi guardava, quasi implorando un sostegno psicologico. Io non ho potuto vedere la partita fino alla fine, e non so come sia finita, perché la mia ricreazione era giunta al termine, e i giornali parlavano solo di calcio; qualche volta mettevano due righe sul tennis adulto nelle “brevi” di sport, quindi di questa ragazzina non ho più sentito parlare.

 

Fino all’anno successivo, quando mi sono concesso la mia scappatella romana per vedere gli internazionali al foro italico. Con grande sorpresa, trovo che nel tabellone principale c’era la mia Francesca. Ma come cacchio c’era arrivata? Non solo non aveva la classifica per entrare nel tabellone principale, ma neanche quella per entrare nel torneo di qualificazione. Aveva avuto una wild-card per il torneo di qualificazione, che aveva superato, battendo, una dopo l’altra, due giocatrici che erano ben più avanti di lei in classifica (lei era solo n° 329 al mondo!): la Habsudova e la Krizan. Nel tabellone principale, come spetta a quelle che vengono dalle qualificazioni, si era trovata davanti un corridoio irto di insidie e di… teste di serie. Praticamente una linea Maginot. Ma Francesca non viene da un posto qualsiasi d’Italia: viene da quel faentino che ha già dato al tennis italiano una caterva di numeri uno (Andrea Gaudenzi, Raffaella Reggi, Sandra Cecchini), tutti specialisti nel considerare una palla “finita” solo quando la vedono terminare in tribuna.

Zvereva93

Al primo turno incontra e batte con irridente facilità un “cardensun” olandese di nome Bollegraf. Al secondo turno, sembra che sia arrivata a fine corsa: sulla sua strada c’è Jana Novotna, numero 9 al mondo, finalista di Wimbledon, e quant’altro. La batte, in due set: 7/5 7/6.

 

Al terzo turno, ancora un incontro proibitivo: la bielorussa Natasha Zvereva, numero 22, ma che qualche anno prima era stata anche la n° 5 del mondo, e che è un grandissima doppista e giocatrice di volo, tanto da aver vinto, in coppia con Gigi Fernandez, sia il Roland Garros che Wimbledon. La batte, in una partita di quasi tre ore, che termina a mezzanotte.

 

Il giorno dopo le tocca la Gabriela Sabatini, e qui arriva veramente al capolinea, ma con grande onore. La bella Gabriela è n° 5 al mondo, ha un grande feeling col torneo romano, che ha già dominato 4 volte, ed anche col pubblico, che la adora, e che non è più compattamente schierato con la piccola Francesca. Anche Gabriela ha tanti fans. E poi, la minuscola Francesca ha fatto 6 partite in 6 giorni. Sei maratone. L’ultima, di tre ore, è finita a mezzanotte del giorno prima. Gabriela non ha giocato ovviamente le qualificazioni, non ha giocato il primo turno (c’è un “bye” per le prime otto), e non gioca da due giorni. Francesca esce con grande onore dal torneo: ha raggiunto i quarti, ha battuto due top-ten, farà un salto in classifica dal n° 329 al n° 73. Ed ha solo 16 anni. Ci sono le premesse per una grande carriera.

Gabriela_sabatini

Invece, sparisce. Di lei si perdono le tracce. Invano su Internet si tenterebbe di trovare una sua foto. La cosa è talmente clamorosa, che persino sul sito ufficiale della WTA (Women’s Tennis Association) si scatena un forum sul perché sia sparita. Lascia il tennis. Si avanzano le idee più strampalate. Le più gettonate:

 

-a) una eccessiva pressione da parte dei genitori. Balle. Al Torneo dell’Avvenire, era l’unica che giocava senza la presenza di un folto stuolo di mamme, padri, coaches, tifosi. Era sola. Era sola anche a Roma.

 

-b) Aveva “paura di volare”: balle. Aveva“ volato, in tutti i sensi, negli USA dai 13 ai 16 anni.

 

La verità è molto più semplice, e molto più bella: Francesca voleva una vita normale, e voleva privilegiare lo studio rispetto al tennis; l’anno dopo avrebbe avuto la Maturità Scientifica, che voleva preparare bene, e poi voleva fare (ed ha fatto) medicina, specializzazione in Ginecologia, come suo padre. Sapeva che lo studio serio e lo sport serio erano inconciliabili. Ha scelto lo studio, lasciandoci orfani del suo talento e della sua grazia semplice.

 

L’orrenda foto (orrenda dal punto di vista qualitativo) che correda questo post è tratta da un fotogramma di una registrazione VHS di una sua partita. Se per caso Francesca dovesse imbattersi in questo post, la preghiamo di contattarci, e di raccontarci la sua vera storia, di prima mano. Noi, da parte nostra, ci impegniamo a mettere su Videobanca, nei prossimi giorni, gli ultimi 10 minuti dei suoi sets contro i mostri sacri che ha incontrato e battuto a Roma, Maggio 1993, anni 16.

 

Tafanus

edit

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