domenica 30 settembre 2007

La rete: storie ordinarie di "interattività", e la truffa del sito i grillo (minuscolo)

Stamattina uno dei primi commenti arrivati è stato quello di Claudio, di cui trascrivo un pezzetto:

"...un'altra cosa che mi fa incazzare  e' "la democrazia della rete" "il popolo dei blog", ma l'avete mai visti i blog? Il novanta per cento sono la fiera delle cazzate, alcuni sono roba da surrealismo anni '20 del 900; un'altra cosa che mi fa incazzare sembra che quaranta milioni d'italiani siano fruitori d'internet. Non e' vero, anzi alla maggior parte dei fruitori della politica non importa una beata minchia, i blog cosiddetti politici sono frequentati da persone che di politica parlano, si interessano, ne parlavano, si interessavano a prescindere..."

Sull'onda di questo commento, ma anche perchè lo avevo già in mente, avevo anticipato a Claudio la mia intenzione di raccontare le mie esperienze sulla "interattività del" blog di Grillo, di cui tanto si parla in queste settimane. Con questo chiudo col blog di Grillo, mentre procede la mia ricerchina sul mondo dei blogs in generale, onde evitare che mitizziamo troppo la rete, prima che se lo meriti sul serio.

Ecco la mia esperienza, verificabile da chiunque abbia voglia e tempo:

Aprite il blog di Beppe Grillo alla home-page ( www.beppegrillo.it )

Sulla barra dei menù trovate l'icona di una busta (dovrebbe indicare che a Beppe Grillo possiamo scrivere: alè, oh ohò). Provo, non si sa mai. Caspita, si apre! C'è una scritta che ci informa :

Il Blog di Beppe Grillo è uno spazio aperto a vostra disposizione, è creato per confrontarsi direttamente. L'immediatezza della pubblicazione dei vostri commenti non permette filtri preventivi.

(Come dire: ognuno dice il cazzo che gli pare a chi gli pare. Niente filtri, niente controlli, neanche sull'identità di chi scrive. In effetti potete mettere come vostra email anche alcidedegasperi@libero.it. Passa tutto)

L'utilità del Blog dipende dalla vostra collaborazione per questo motivo voi siete i reali ed unici responsabili del contenuto e delle sue sorti.

Traduzione: "Voi siete responsabili delle stronzate che dite, Grillo è responsabile del successo del blog). Un'ideuzza in proposito me l'ero fatta, osservando un fatto abbastanza sconvolgente: sul grillo-blog si possono votare i commenti: io boccio o promuovo tizio, tizio boccia o promuove me e caio. La rissa è assicurata (anzi, metodologicamente incentivata). L'elevato numero di commenti, anche. La qualità, un pò di meno...

Puoi segnalare fatti e informazioni di interesse allo staff di Beppe Grillo oppure per indicare problemi tecnici, o errori presenti sul blog.

Questa l'ho capita meno: io volevo scrivere a Grillo, non al suo "staff"...

Prima di inviare il testo SELEZIONA obbligatoriamente il contatto desiderato e in seguito la sottocategoria:

Beh... su questo nessun problema: non fosse che, come vedremo più avanti, le categorie sono "chiuse": cioè puoi parlare di tutto, purchè nell'ambito di quello che ti è consentito dalle "categorie" predefinite. Apro il menù a tendina [scegli la categoria], e il cuore si apre alla speranza: ci sono le seguenti opzioni

Scrivi a Beppe, Invia una segnalazione, Richiesta di informazioni, Gli amici di Beppe (?), Tour, Sito Web, Acquisto DVD e libri, Parlamentare dissociato (?), Gelato al Buttiglione (?)...

Veramente io alla "categoria "Richiesta di informazioni" sto scrivendo tutti i giorni da una settimana. Volevo una informazione semplice semplice: a quanti voti "vidimati e certificati" siamo arrivati? dove posso trovare l'elenco per comune? Domanda legittima. Per ora non hanno risposto, ma forse ho scritto all "staff" sbagliato. Non mi resta che provare col Capo. alla categoria "Scrivi a Beppe". Provo. Mi viene perentoriamente chiesto: "Conferma". Io "confermo". Si, vorrei proprio conferire con l'Altissimo...
Si apre un altro menù a tendina, con due sole opzioni, che mi aprono alla speranza:

"Saluti a Beppe", e "Lettera a Beppe". Scelgo "Lettera a Beppe". Io non voglio salutarlo, voglio scrivergli, visto che ha un sito interattivo.

Appare di nuovo, perentorio l'ordine di "confermare". Si, Perdio! E' mezz'ora che sto cercando di dirvi che voglio scrivere a Beppe in persona e non allo staff, e che non voglio salutarlo, VOGLIO SCRIVERGLI! Quante cazze di volte lo devo ripetere???

Silenzio... si è aperta una finestra... provo silenziosamente a scrivere, prima che il blog s'incazzi e richiuda la finestra, o mi chieda di confermare...

"Sire, è da sette giorni che provo a chiedere al suo STAFF dove posso trovare l'elenco delle firme verificate e vidimate per comune, ma non ho ricevuto finora alcuna risposta. Ora provo con Lei, certo che non vorrà farmi mancare la Sua risposta"

Posto la mia domanda nell'apposita finestra, fornisco, come da richiesta, nome, cognome, email, oggetto, accetto le condizioni sulla privacy, fornisco il colore degli occhi, le impronte digitali, la foto dell'iride, il cap ed il codice fiscale, il gruppo sanguigno, e finalmente posso cliccare INVIO. Ce l'ho fatta!!!!

Ce l'ho fatta un cazzo. Perchè appare immediatamente questo anuncio:

Grazie per averci contattato. Dato l'elevato numero di email ricevute quotidianamente non è possibile fornire una risposta a tutte le richieste. Prosegui la navigazione

Mi scusi, SIRE, ma non poteva mettere questo bellissimo annuncio ALL'INIZIO della procedura? così mi sarei risparmiato il lavoro defatigante che serve per mandarle una email alla quale "quasi certissimamente" non è possibile "fornire una risposta" ??? Però nel frattempo il SIRE ha incamerato nella sua mailing list un'altra email (la mia). Non si sa mai, potrà sempre tornare utile per la vendita di qualche DVD, o di un libro, o per promuovere qualche marchetta teatrale...

sabato 29 settembre 2007

Il Vaffa-Day, il Generale Custer, e il mistero di Carate Brianza

...non chiedetemi subito cosa c'entrino fra di loro queste tre cose. Lo capirete, se avrete la pazienza di seguire il racconto, che inizia con una vecchia, stantia barzellettina sul Generale Custer...

Dunque, il Generale Custer e le sue truppe si trovano in una valle circondata dalle colline, e dietro le colline ci sono, pronti all'attacco, gli Indiani. Il Generale vuole sapere quanti siano, più o meno, gli Indiani. Manda quindi una vedetta in esplorazione. Dopo alcune ore, la vedetta, trafelata, è di ritorno: "Mio Generale, dietro le colline ci sono 3.023 indiani". Il Generale, ammirato ma anche scettico, chiede: "Caspita! ma come fai ad essere così sicuro, e così preciso?" "Generale, vede la collinetta sulla sinistra? ci sono venti indiani. Li ho contati, uno per uno. Vede la collinetta sulla destra? Ci sono tre indiani di vedetta. Vede la grande collina al centro, ricoperta da tanti alberi? Beh, a occhio e croce, ci saranno all'incirca 3000 indiani".

Vediamo cosa c'entra il Vaffa-Day col generale Custer. Sono giorni che chiedo a Grillo dati aggiornati sull'andamento della verifica e della vidimazione delle firme. Niente, non riesco a venirne a capo. Allora sono costretto a rifarmi alla somma dei vari punti di raccolta, scrupolosamente comunicati dai meettuppini, ma rigorosamente immobili a 15 giorni fa. Dunque, le firme, come gli indiani di Custer, sono ESATTAMENTE 336.144. Sommando i numeri (dispari e plausibili, perchè hanno una qualche relazione logica col "bacino" di raccolta, si arriva a 36.144 firme. Le altre (quelle TROPPO arrotondate, e quelle TROPPO arronzate, saranno all'incirca 300.000. Totale: 336.144.

A volte, lavorare coi numeri è uno spasso. Per esempio: quante sono le firme di Milano? 10.000. Non una di più non una di meno. E quelle di Jesi? 8.000: non una di più, non una di meno, e quasi il doppio delle 4.800 di Torino. Jesi 8.000 firme? ma sono più del 25% dell'elettorato attivo del comune! Ma Jesi non è mica record nazionale, perchè ancora meglio hanno fatto Pescara col 34% dell'elettorato, e Nervesa della Battaglia, dove ha votato più del 47% dell'elettorato (2500 persone su 5400 elettori!!!!). Un altro aspetto fantastico è che ben 55 comuni su 185 hanno fornito cifre TONDE (i 10.000 di Milano, gli 8.000 di Jesi, i 5.000 di Forlì, ma poi tantissimi comuni (a completamento dei 55) con numeri tondi al centinaio (1600, 2300, e via centando). Se avete un amico esperto in statistica, o in calcolo delle probabilità, fatevi raccontare quali siano le probabilità che un numero casuale finisca per 00, e quali le probabilità che questa cosa si ripeta 55 volte su 185 eventi. Credetemi, il 5+1 al superenalotto è più facile.

Ed ora veniamo al mistero di Carate Brianza. E' un paese che mi è caro e che conosco bene (ci abita mia figlia Marzia coi gemellini ed il suo compagno). Quest'ultimo, in particolare, è uno sfegatato fan di Grillo, per il quale camminerebbe sui carboni ardenti. Quindi, già da alcuni giorni prima del Vaffa-Day era in fibrillazione, tentava di contattare il sito del meettuppino locale per sapere dove si firmava, ma non trova nulla. Alla fine riceve un indirizzo da un meettuppino limitrofo. insomma, si era ben preparato all'evento. Il fatidico Vaffa-Day si reca a firmare nel luogo indicato, ma non trova una mazza. Allora entra in un Internet-Point, e cerca di ricollegarsi col meettuppino per sapere dove sia stato spostato il luogo della firma. Niente, il sito è sordo e muto. Ma Stefano è uno che non si arrende facilmente: sapendo che per il luogo di raccolta delle firme ci vuole il permesso dei vigili, si reca (come si dice in burocratese) al "competente Comando dei Vigili", dove di permessi, di tavolini o quant'altro non sanno nulla. Disperato, indaga, chiede a vecchi e giovani, a cani e porci. Alla fin deve rinunciare.

Bene, mi direte, dov'è lo scandalo? può darsi che il meettuppino all'ultimo si sia ammalato e abbia dovuto rinunciare a "fare il tavolo". Può capitare. Ma i vigili? Forse Stefano ha parlato con un vigile ignorante e disinformato. Può capitare. Tutto può capitare.

Quello che però non può capitare è che oggi Carate Brianza figuri, con 2100 firme (pari ad oltre il 16% dell'elettorato) ai primissimi posti nel rapporto firme/abitanti. Carate, dove nessuno ha trovato o visto il "tavolino", per numero ASSOLUTO di firme ha messo in fila, per dire, Cremona, Perugia, Pesaro, Vicenza, Trento, Savona, Ascoli, Viareggio, Rovigo, Lodi, Vercelli, Novara, Lecco, Ivrea, Messina, Carrara, Crotone, Foggia, Belluno, Campobasso, Pistoia, Caserta, Crema, Pavia, Agrigento, Reggio Calabria, Bolzano, Piacenza, Terni, Verona, Siena, Nuoro, Caltanissetta, Ancona, Catanzaro, Aosta, Benevento, Grosseto, Modena, Urbino, Potenza...

In percentuale ha stracciato Milano per 16:1, e Torino addirittura per 24:1

Non è un risultato straordinario? Specialmente ove si consideri che questo "meetup" risulta costituito... 3 giorni dopo il V-Day. Ecco quanto riportato nel sito:

Location: Carate Brianza, Italy 45.699.23
Founded: Sep 11, 2007

...insomma, sono veramente orgoglioso e felice che mia figlia sia andata a vivere in una cittadina così laboriosa ed efficiente...

MicroMega (gruppo Repubblica/L'Espresso) sposa il Vaffa-Day?

Eugenio_scalfari In questi giorni mi è stato ripetuto in tutte le salse che devo buttare nel cesso (e tirare a lungo lo scarico) praticamente tutti i giornalisti di punta del gruppo Repubblica - L’Espresso. La ragione? Sono rei di essersi schierati tutti, acriticamente, a favore del PD (quasi una specie di gruppo editoriale di partito). Peccato mortale.

Mi è stato spiegato anche, ed a lungo, visto che sono uno dei pochi a non averlo capito, che questa è la ragione per la quale alcune teste ex-pensanti del gruppo (per tutti: Scalfari e Mauro), ormai sono dei venduti a D’Alema e Veltroni, ed è per questo (e non per loro autonoma e legittima analisi), che hanno ferocemente criticato il Vaffa-Day, e tutto il bailamme successivo.

Ezio_mauro Senonché, come tutti sanno, io sono poco intelligente, per nulla dietrologo, ma testardo, e testardamente attaccato al principio (al quale cerco di ancorare il mio lavoro, qualche volta persino riuscendovi) di tenere le opinioni distinte dai fatti.

Oggi mi è capitato sotto mano l’ultimo numero di MicroMega, che come tutti sanno fa parte della scuderia Repubblica-L’Espresso (si, esatto, quella ormai svenduta totalmente al PD di Fassino, D’Alema e Veltroni).

La rivista riporta le opinioni, sul Vaffa-Day, di quattro persone note. Stavo quasi per passare avanti, sicuro che avrei sentito un peana contro il Vaffa-Day; infatti il primo articolo riportato era il noto articolo, già riportato dal Tafanus, di Luttazzi. Poi però, sullo slancio, ho guardato le altre firme, ed erano tre firme di sostenitori convinti, senza se e senza ma, del Vaffa-Day: Marco Travaglio, Pancho Pardi, Paolo Flores D’Arcais. Ecco alcuni brevi incipit (chi vuole, trova i quattro interventi completi al seguente link):

http://micromega.repubblica.it/?ref=rephpsbsx

 

Daniele_luttazzi DANIELE LUTTAZZI: “…su Beppe Grillo ho tutta una serie di riserve che riguardano il cosa e il come. Spunti per una riflessione, niente di più: Grillo è ormai un tesoro nazionale come  (fatevi da soli il paragone: è la "democrazia dal basso") e a caval donato non si guarda in bocca. Certo non mi auguro che finisca come Benigni, a declamare Dante in braccio a Mastella. (Il Benigni di vent'anni fa si sarebbe fatto prendere in braccio da Mastella solo per pisciargli addosso. E una volta l'ha fatto! Bei tempi.)…

.

Marco_travaglio MARCO TRAVAGLIO: “…a vedere i telegiornali di regime, cioè praticamente tutti, sabato a Bologna e nelle altre piazze non è successo niente (molto spazio invece al matrimonio di Baldini, l¹amico di Fiorello). A leggere i giornali di regime (molti), il V-Day è stato il trionfo dell¹«antipolitica», del «populismo», del «giustizialismo» e del «qualunquismo». In un Paese che ha smarrito la memoria e abolito la logica, Questa inversione del vocabolario ci sta tutta: la vera politica diventa antipolitica, la partecipazione popolare diventa populismo, la sete di giustizia diventa giustizialismo, fare i nomi dei ladri anziché urlare «tutti ladri» è qualunquismo…”

Pancho_pardi PANCHO PARDI: “…Piazza Maggiore riempita a Bologna, mobilitazione di giovani dappertutto, Trecentomila firme per tre proposte di iniziativa popolare raccolte in un giorno: ecco il bilancio dell'iniziativa lanciata da Beppe Grillo. E il giorno dopo subito i tentativi di esorcismo: antipolitica, populismo, qualunquismo. Rosy Bindi corregge: non è antipolitica ma richiesta di una buona politica, sta a noi soddisfarla. Bertinotti aggiunge: se in politica si apre un vuoto qualcuno lo riempie e non serve a niente criticare chi lo fa. Fioccano i rimproveri a Grillo per il linguaggio di piazza e le sue espressioni colorite, mentre la battuta di Bossi sulla Lega che potrebbe riprendere in mano i fucili è già dimenticata: al senatore le intemperanze verbali sono perdonate prima ancora che le pronunci…”

Paolo_flores PAOLO FLORES D’ARCAIS: “…La giaculatoria partitocratica d’ordinanza è dilagata sui media d’establishment, secondo copione: qualunquisti, populisti, perfino esaltatori dei terroristi. Questo sarebbero i partecipanti al “vaffanculo day” di Beppe Grillo. E cominciamo dall’ultima accusa, aver inneggiato alla morte di Biagi. Una menzogna che più menzogna non si può. Richiesti di uno straccio di prova, gli accusatori farfugliano di un passaggio sullo schermo di alcune frasi prese da un libro di Grillo sul precariato. Nessun attacco a Biagi, dunque, ma una critica, che più legittima non si può, alla “legge Maroni” che i media continuano invece a chiamare “legge Biagi”. L’on.Casini, che ha continuato a stracciarsi le vesti contro questo (del tutto inventato) inneggiare agli assassini di Biagi, dovrebbe perciò, se è uomo d’onore, chiedere scusa ai manifestanti del “vaffanculo day”, uno per uno. Altrimenti, con la nuova “logica Casini”, chiunque critichi le “convergenze parallele” diventa un “inneggiatore” agli assassini di Moro. E tutti quelli che hanno inveito con Indro Montanelli (perché antiberlusconiano, quindi “comunista”), diventano solidali con i brigatisti che a suo tempo lo gambizzarono…”

Ora, devo confessarlo, sono in profonda crisi d’identità: perché non so più se credere a quello che sento dire sul blog sul gruppo editoriale Repubblica/L’Espresso, o a quello che vedo coi miei occhi su MicroMega, e sono piombato nella più profonda incertezza, anticamera della depressione; e non so se e quando riuscirò a tirarmene fuori…
Tafanus

 

venerdì 28 settembre 2007

Sempre peggio: Pietro Calabrese lascia la direzione di Panorama a Maurizio Belpietro

Belpietro Il comunicato della Mondadori è scarno: Pietro Calabrese lascia dopo tre anni di "fattiva collaborazione". Sarà sostituito alla guida del magazine nientemeno che da Maurizio Belpietro. Perchè, non è detto. Possiamo soloCornacchione intuirlo. Calabrese non era certamente un bolscevico, ma neanche una macchietta del giornalismo come Belpietro, come Mimun, come Rossella, come Forbice. Era comunque uno che ci teneva a conservare i suoi gradi di libertà. Troppo, per uno che aveva cacciato un Montanelli perchè si rifiutava di fare smaccatamente campagna per Forza Italia.

Il comunicato della Mondadori non specifica se Belpietro manterrà anche la direzione del "Geniale", o da chi sarà eventualmente sostituito. Mistero! Vuoi vedere che affideranno la direzione ad Antonio Cornacchione?

giovedì 27 settembre 2007

L'editoriale di Ezio Mauro: Antipolitica, per chi suona la campana.

Ezio_mauro Ritengo utile riportare, senza cambiare o togliere una virgola, l'editoriale di oggi di Ezio Mauro su Repubblica, già segnalato da Claudio. E' "l'articolo che avrei scritto io", se avessi la penna e la cultura di Ezio Mauro. Ora attenderò a piè fermo che anche Ezio Mauro venga accusato, come già Scalfari, di "rincoglionimento senile (?)", come spesso capita nei confronti di chi non la pensa come noi.

C'è qualcosa di impopolare e tuttavia necessario da dire ancora sull'assalto dell'antipolitica al cielo italiano di questo sgangherato 2007. Niente di ciò che sta avvenendo sarebbe possibile se sotto la crosta sottile di questa crisi dei partiti che diventa crisi di rappresentanza, si allarga alle istituzioni, corrode il discorso pubblico, non ci fosse un'altra crisi ben più profonda che continuiamo a ignorare perché non la vogliamo vedere. E' la decadenza del Paese, l'indebolimento della coscienza di sé e della percezione esteriore, la perdita di peso specifico e di identità culturale. Ciò che dà forma contemporanea ad un'idea dell'Italia, la custodisce aggiornandola nel passaggio delle generazioni, la testimonia nel mondo, garantendo una sostanza identitaria agli alti e bassi della politica, ai cicli dell'economia, all'autonoma rappresentazione del Paese che la cultura fa nel cinema, nella letteratura, nel teatro, nella musica, nei media o in televisione.

Se questa idea che il Paese ha di se stesso, e che il mondo ha di noi, non si fosse fiaccata fino a confondersi e smarrirsi, il sussulto di ribellione ai costi crescenti della politica, alla lottizzazione di ogni spazio pubblico con l'umiliazione del merito, all'esibizione pubblica dei privilegi avrebbe preso la strada di una spinta forzata al cambiamento e alla riforma. Non di un disincanto che si trasforma in disaffezione democratica mentre la protesta diventa una sorta di secessione dalla vita pubblica: un passaggio in una dimensione parallela - ecco il punto - dove l'idea stessa di cambiamento cede alla ribellione, e alla cattiva politica si risponde cancellando la politica e abrogando i partiti. Come se cambiare l'Italia fosse impossibile. O, peggio, inutile.

Un Paese che dedica quattro serate tv a miss Italia, riunisce una trentina di persone in un vertice di maggioranza attorno a Prodi, inventa un cartoon politico come la Brambilla per esorcizzare il problema politico della successione a Berlusconi, vede restare tranquillamente al suo posto il presidente di Mediobanca rinviato a giudizio con altri 34 per il crac Cirio, forma due partiti anche per discutere l'eredità Pavarotti e dà ogni sera al Papa uno spazio sicuro nel suo maggior telegiornale, ha la proiezione internazionale che questo triste perimetro autunnale disegna. Un'Italia in forte perdita di velocità, dove l'unico leader capace di innovazione è un manager straniero come Sergio Marchionne mentre il ceto politico è l'elemento più statico, immobile, in un sistema che perde peso e ruolo in Europa e nel mondo. Perché la moda, il Chianti e le Langhe non possono da soli sostenere e rinnovare la tradizione e l'ambizione di un Paese che non può essere soltanto l'atelier dell'Occidente, o la sua casa di riposo.

Ma se tutto questo è vero, e purtroppo lo è, l'antipolitica è soltanto una spia - e parziale - dell'indebolimento di un sentimento pubblico e di uno spirito nazionale, qualcosa che va molto al di là delle dimensione strettamente politica e istituzionale. È quel che potremmo chiamare il senso di una perdita progressiva di cittadinanza in un Paese che perde intanto ogni piattaforma identitaria comune, ogni appartenenza sicura, qualsiasi cultura di riferimento. Come può questo Paese non perdere sicurezza, coscienza, peso, capacità di rappresentare se stesso e di valorizzarsi, innovando e modernizzando?

Beppe_grillo Il "V-day", a mio giudizio, è una prova di questo impoverimento. Solitudini politiche sparse, delusioni individuali, secessioni personali si riuniscono in uno show, come se cercassero "soluzioni biografiche a contraddizioni sistemiche". È quella che Zygmunt Bauman chiama la comunità del talk-show, con gli idoli che sostituiscono i leader, mentre il potere dei numeri - la folla - consegna loro il carisma, capace a sua volta di trasformare gli spettatori in seguaci. Attorno, la celebrità sostituisce la fama, la notorietà vale più della stima, l'evento prende il posto della politica e trasforma i cittadini da attori a spettatori: pubblico.

Ma come si fa a non vedere che in questa atrofia del discorso politico, che cortocircuita se stesso trasformando il "vaffanculo" nella massima espressione di impegno civile dell'Italia 2007, c'è la decadenza di ogni autorità, il venir meno di ciò che si chiamava "l'onore sociale" dei servitori dello Stato, il logoramento vasto del potere nel suo senso più generale: il potere in forza della legalità, in forza "della disposizione all'obbedienza", nell'adempimento di doveri conformi a una regola.

Se è questo che è saltato, il vuoto allora riguarda tutti, non soltanto la classe politica. È l'establishment del Paese nel suo insieme che invece di sentirsi assolto dal pubblico processo al capro espiatorio politico, deve rendere conto di questo deficit complessivo di rappresentanza, di questo impoverimento del sistema-Italia, di questa secessione strisciante, dello smarrimento non solo del senso dello Stato ma anche di uno spirito repubblicano comune e condiviso. Troppo comodo partecipare al valzer dell'antipolitica dagli spalti di un capitalismo asfittico nelle sue scatole cinesi, di una finanza che cerca il comando senza il rischio, di un'industria che dello Stato conosce solo gli aiuti e mai le prerogative.

Quando la crisi è di sistema e l'indebolimento del Paese è l'unico risultato visibile ad occhio nudo, davanti alla secessione strisciante di troppi cittadini dalla cosa pubblica bisognerebbe che l'establishment italiano evitasse di contare in anticipo le monetine da lanciare contro la politica, aspettando la supplenza e sognando l'eredità. Meglio chiedersi, finché c'è tempo, per chi suona la campana.

EZIO MAURO - Repubblica.it

martedì 25 settembre 2007

...vucumprà senegalesi arrestano rapinatore italiano...

Borghezio_double_2Uso naturalmente il termine "vucumprà" con tutta la simpatia possibile. Il fatto (è di pochi minuti fa, e non lo trovo sui giornali o sulle agenzie): dunque, un italiano si avvicina alla cassa di un supermercato di Corsico. E' solo, ed è armato di coltello. "O la borsa o la vita!"

Nessun italiano si muove (posso anche capirlo). Ma all'uscita ci sono tre vucumprà senegalesi. Clandestini. Non fanno finta di niente: riescono a bloccare il rapinatore, a riprendergli i soldi (che restituiscono fino all'ultimo centesimo alla cassiera), ma si lasciano sfuggire il rapinatore che brandisce ancora il coltello. Danno l'allarme, ed in pochi minuti il "bravaggente" italiano è in manette.

I carabinieri vorrebbero trovare il modo di far dare ai tre vucumprà almeno un permesso di soggiorno provvisorio. Non è possibile (la Bossi-Fini non prevede). I tre si dileguano, riprendendo discretamente la via della clandestinità.

E ora questa storia chi gliela racconta, a Borghezio?

...vucumprà senegalesi arrestano rapinatore italiano...

Borghezio_double_2Uso naturalmente il termine "vucumprà" con tutta la simpatia possibile. Il fatto (è di pochi minuti fa, e non lo trovo sui giornali o sulle agenzie): dunque, un italiano si avvicina alla cassa di un supermercato di Corsico. E' solo, ed è armato di coltello. "O la borsa o la vita!"

Nessun italiano si muove (posso anche capirlo). Ma all'uscita ci sono tre vucumprà senegalesi. Clandestini. Non fanno finta di niente: riescono a bloccare il rapinatore, a riprendergli i soldi (che restituiscono fino all'ultimo centesimo alla cassiera), ma si lasciano sfuggire il rapinatore che brandisce ancora il coltello. Danno l'allarme, ed in pochi minuti il "bravaggente" italiano è in manette.

I carabinieri vorrebbero trovare il modo di far dare ai tre vucumprà almeno un permesso di soggiorno provvisorio. Non è possibile (la Bossi-Fini non prevede). I tre si dileguano, riprendendo discretamente la via della clandestinità.

E ora questa storia chi gliela racconta, a Borghezio?

PENSIONATO RUBA PER FAME, NEGOZIANTE ORGANIZZA COLLETTA

Caro Candido, invece la notizia che tu hai solo segnalato con un discreto link in un commento (te ne ringrazio) merita di avere la prima pagina. Quando un paese riduce i propri vecchi in uno stato di bisogno tale da costringerli a tentare il furto di un pacco di pasta e di un pezzo di formaggio, dovrebbe trovare il modo di vergognarsi come e più dell'America di Sicko. Quando un "avido mercante", anzichè denunciarlo o sputtanarlo, apre una colletta per aiutarlo, e denuncia la diffusione di questo stato di miseria, che è già morte civile, mi riapre il cuore alla speranza. Però i nostri vecchi non dovrebbero essere obbligati  a far conto, per la soprvvivenza, sulla "economia del vicolo". Il loro "vicolo" dovrebbe essere lo Stato. La loro dignitosa sopravvivenza dovrebbe dipendere da un dignitoso patto generazionale, e non dalla pietà del prossimo.

P.S.: quanti vecchi si possono aiutare coi 98 miliardi di euro dell'evasione fiscale di Stato?

Cagliari, 17:16 - Repubblica.it

Un pensionato, costretto a rubare per fame, e' stato perdonato dal negoziante che ha anche mobilitato il quartiere per organizzare una colletta a favore dell'uomo. Protagonista della vicenda, avvenuta a Cagliari, un anziano di 75 anni sorpreso all'interno del negozio di alimentari nel quartiere di Is Mirrionis mentre tentava di portare via un pacco di pasta e un pezzo di parmigiano. La singolare vicenda e' stata pubblicata oggi dal quotidiano "L'Unione sarda". L'uomo, sorpreso dalla moglie del commerciante derubato, dopo che il "bottino" nascosto tra maglietta e pantaloni gli era caduto a terra, e' scoppiato in lacrime assicurando che era la prima volta nella sua vita che compiva un gesto del genere. Ha detto di essere disperato e ha spiegato che, rimasto vedovo, da tempo non ha nessuno che lo assiste e non riesce ad arrivare alla fine del mese con la sua misera pensione di artigiano. I commercianti, impietositi, hanno subito mobilitato alcune famiglie del quartiere e hanno organizzato una gara di solidarieta'. Il titolare del market, che dice di non aver pensato neanche per un momento di sporgere denuncia, ha detto al quotidiano di Cagliari che molte famiglie del quartiere spesso non riescono ad arrivare a fine mese e talvolta non hanno il danaro per poter comprare qualcosa da mangiare. Questo non sembrava essere il caso del pensionato che fino ad allora - hanno assicurato i commercianti - era sempre puntuale e preciso nei pagamenti.

Le graduatorie dei parlamentari inquisiti per partito politico

Per rispondere ad una domanda di un'amica, riporto all'onore delle cronache, ripubblicandolo, un post del Tafanus del 1° Luglio 2006 (a camere insediate da poco), quando, senza aspettare Beppe Grillo, il Tafanus aveva già pubblicato l'elenco degli onorevoli inquisiti. L'articolo era tratto dal giornale al quale collaboro quando posso: La Voce d'Italia. Scrivevamo:

...grazie alla legge porcata, alle gioie del proporzionale ed alle liste bloccate fatte dai partiti, siamo ancora una volta governati da un parlamento nel quale il 6,5% dei parlamentari è condannato o inquisito. Il 6,5% è tantissimo; se applicassimo questa percentuale al popolo italiano, dovremmo avere, in Italia, 3.750.000 condannati e/o inquisiti. Non li abbiamo. Vuol dire che i nostri parlamentari sono, in media, più zozzi che la popolazione di riferimento, cioè il popolo di cui pretendono di essere classe dirigente...

...come sempre, la leadership di questa Italia da buttare spetta a Forza Italia, ma anche AN, l'ex partito dalle mani pulite, non si fa mancare niente...

La par condicio dei condannati e degli inquisiti
 
Ce n'è per tutti: centrodestra e centrosinistra. Almeno qui la par condicio è applicata correttamente
Sono 60 i condannati e gli inquisiti ospitati in Parlamento

La parte del leone la fa Forza Italia. Il partito del plurinquisito Silvio Berlusconi, infatti, schiera tra le sue fila il maggior numero di condannati. In cima alla lista spicca il sodale dell’ex premier, il senatore azzurro Marcello Dell’Utri, condannato a nove anni di reclusione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa e all'interdizione perpetua dai pubblici, oltre che per le a sei mesi per le fatture false di Publitalia, e due anni per frodi fiscali, oltre ad altri due per estorsione.

Al Senato gli fa compagnia l’ex guardasigilli,e vicepresidente della Camera, Alfredo Biondi (2 mesi patteggiati per evasione fiscale a Genova), e l’ex ministro per le Politiche comunitarie del Pri Giorgio La Malfa (condanna definitiva patteggiata a 6 mesi e 20 giorni per finanziamento illecito Enimont), rieletto in quota Forza Italia.
Tra gli ex ministri, anche
Enrico La Loggia è indagato dal Tribunale dei Ministri con l'ipotesi di violazione alla legge sui finanziamenti ai partiti per 100 mila euro ricevuti dall’ex patron di Parmalat Calisto Tanzi in cambio di presunte «consulenze».
Gianpiero Cantoni
invece vanta un arresto per corruzione, bancarotta fraudolenta e altri reati, commessi quando era presidente della Bnl in quota Psi, che gli hanno fruttato una condanna pattegiata a 2 anni, oltre ad un risarcimento di oltre 400 mila euro.
Stessa accusa per l’ex  popolare Luigi Grillo, subito trasmigrato in Forza Italia dopo un breve passaggio nell’Udc,
imputato in Liguria per truffa nella progettazione della TAV Milano-Genova reato prescritto nel 2006 grazie dimezzamento dei tempi in applicazione dalla ex Cirielli, attualmente è indagato a Milano nell'ambito dell'inchiesta sulla scalata ad Antonveneta. L’accusa è di concorso in aggiotaggio per aver ricevuto soldi da Giampiero Fiorani per la sua attività lobbistica a favore dell’ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio.
L’intervenuta prescrizione ha salvato anche
l’ex presidente democristiano della Provincia di Trento Mario Malossini, condannato nel 1993 per ricettazione per le tangenti dell’Autobrennero. Naturalmente, non mancano gli imputati mafia, quali Giuseppe Firrarello, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, turbativa d'asta e corruzione.
Anche l’ex questore di Napoli Franco Malvano, candidato lo scorso mese alla carica di Sindaco del capoluogo partenopeo,
ha un passato fatto di inchieste e processi per concorso esterno in associazione camorristica. Pasquale Nessa è stato invece ricandidato e rieletto a Bari, nonostante fosse stato chiesto dai pm il suo arresto per concorso in concussione.

Tra i presidenti di regione, che dovrebbero essere incompatibili con la carica di parlamentari, si distinguono il presidente dell’Ars siciliana Totò Cuffaro, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, e indagato per rivelazione di segreto nell'inchiesta su “Messina ambiente”, il suo collega lombardo Roberto Formigoni, invischiato nell’inchiesta “Oil for food” che coinvolge anche il segretario generale dell’Onu Kofi Annan, ed il presidente forzista del Molise Michele Iorio, dichiarato decaduto dalla carica di presidente della Giunta regionale del Molise dal tribunale di Campobasso, che ha accolto il ricorso firmato dal segretario regionale dei Ds, il neosenatore Augusto Massa, e dal segretario provinciale di Campobasso dello stesso partito (Iorio, comunque, ha annunciato che ricorrerà in appello con l'obiettivo di sospendere gli effetti della sentenza e, quindi, di rimanere in carica fino al pronunciamento del secondo grado che dovrebbe arrivare a ridosso delle elezioni regionali previste per l’autunno).
Già nel 2001 Iorio si candidò alla carica di Presidente, pur essendo già Deputato della Repubblica, e violando così l’art. 112 della Costituzione. Anche il governatore veneto Giancarlo Galan, nonostante l’appello dei presidenti delle Camere a ripristinare la legalità dell’assemblea, resta inchioodato al seggio di palazzo Madama.

E al Senato è rientrato anche l’ex deputato azzurro Egidio Sterpa, condannato a 6 messi definitivi per la tangente Enimont, che divide l’emiciclo con l’ex presidente del Lazio, ed ex ministro della Salute, Francesco Storace, indagato dalla procura della Repubblica di Roma nell'ambito dell'inchiesta sul presunto spionaggio politico alle scorse regionali.
Proprio An è il partito che nell’ultimo anno ha registrato un aumento esponenziale di inquisiti, a cui si è aggiunto la scorsa settimana l’ex segretario di Fini Francesco Proietti, ora deputato. Tra di loro spicca l’ex ministro Gianni Alemanno, indagato per finanziamento illecito ai partiti per i 47 mila euro concessi da Calisto Tanzi alla rivista della sua corrente “Area”. Diversa l’accusa per l’ex titolare del dicastero dell’Ambiente
Altero Matteoli, indagato a Genova per rivelazione di segreti e favoreggiamento verso l'ex prefetto di Livorno: l'avrebbe avvertito di indagini su abusi edilizi all'isola d'Elba.
Sempre al Senato ha trovato posto anche l’ex ministro delle Poste dello Psdi Carlo Vizzini, ora con Forza Italia, condannato in primo grado per tangenti Enimont, reato poi prescritto.
Chiudono la pattuglia degli ex missini al Senato il capogruppo Domenico Nania, condannato in primo grado per gli abusi edilizi commessi nella sua villa di Barcellona, e l’ex viceministro alle Infrastrutture Ugo Martinat, sotto inchiesta per concorso in turbativa d'asta e abuso d'ufficio. Più grave la situazione dell’ex latitante Marcello De Angelis, direttore di “Area”, la rivista della corrente di Gianni Alemanno, condannato in via definitiva a cinque anni di carcere per banda armata e associazione sovversiva, in quanto impegnato nelle attività dell'organizzazione extraparlamentare di destra radicale denominata "Terza posizione".

Alla Camera l’esercito degli inquisiti di Forza Italia, guidata dal suo leader, si apre con l’ex Ministro della Difesa Cesare Previti, avvocato personale di Silvio Berlusconi, che ha ereditato l’incarico professionale dal padre, che aiutò l’ex presidente del Consiglio a fondare la Fininvest, in un turbine di strane società svizzere e di anonime fiduciarie.
Previti è dunque uno dei consulenti che conoscono i segreti delle origini di Berlusconi
. Due mesi fa il deputato azzrro a varcato i cancelli del carcere romano Regina Coeli in seguito alla condanna definitiva della Cassazione a 6 anni nel processo "toghe sporche" Imi-Sir-lodo Mondadori, per aver corrotto i giudici di Roma perché emettessero sentenze favorevoli a Berlusconi e alla Fininvest. Altri 5 anni li ha accumulati nel processo "toghe sporche", quello sulla compravendita della Sme.
Gli fa compagnia l’avvocato Massimo Maria Berruti, arrestato nel ’94, e
condannato in via definitiva a otto mesi per corruzione nel processo delle tangenti Fininvest, quando, capitano del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, guidava le ispezioni a Cologno Monzese. Segue l’ex sottosegretario alle Riforme Aldo Brancher, arrestato nel 1993, e condannato in secondo grado a 2 anni e 8 mesi per tangenti e falso in bilancio (poi depenalizzato), quando era a capo di Publitalia nel Veneto, ora indagato con Gianpiero Fiorani nell’ambito dello scandalo della Banca popolare italiana. 
L’altro ex sottosegretario alle comunicazioni del governo Beerlusconi III, Paolo Romani, già coordinatore regionale della Lombardia di Forza Italia, e attuale v
icepresidente del gruppo di Forza Italia alla Camera, nonostante sia uscito dall’indagine per bancarotta fraudolenta e false fatture della sua ex emittente televisiva Lombardia 7, è finito sul registro degli indagati nel processo sulla scalata ad Antonveneta.
Più grave, invece, l’accusa mossa dai magistrati a
Gaspare Giudice, sotto processo per concorso in associazione mafiosa, come Alfredo Vito, a cui si aggiunge però l’accusa di corruzione. “Mister 100.000 preferenze” era stato infatti condannato dai magistrati napoletani per voto di scambio e corruzione, che fruttarono all’ex parlamentare dc una condanna a due anni con la sospensiva, dopo patteggiamento (dietro l'impegno solenne di ritirarsi per sempre dalla politica), e con la restituzione di cinque miliardi per 22 episodi di corruzione nel capoluogo partenopeo.
Il reato di corruzione e mafia sembra infatti essere il più diffuso tra i parlamentari azzurri: anche Romano Comincioli, ex compagno di liceo di Berlusconi, ed ex funzionario di Publitalia, che teneva i rapporti tra il tycoon televisivo e l’ex faccendiere piduista Flavio Carboni, coinvolto nel crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, è stato imputato, e poi assolto, dall’accusa di avere intrattenuto rapporti con
Gaspare Gambino, imprenditore siciliano vicino a Pippo Calò, il cosiddetto cassiere romano di Cosa nostra, colluso con gli uomini della Banda della Magliana. Accusato successivamente per bancarotta fraudolenta, Comincioli si è dato alla macchia per alcune settimane, prima di venire imputato nel processo per le false fatture di Publitalia. Francesco Colucci, craxiano di ferro ai tempi dello Psi, ora deputato azzurro, nonchè questore della Camera, è stato invece condannato a un anno di reclusione per voto di scambio nel dicembre 1994. Poi è arrivata la condanna in appello, il rinvio in Cassazione e l’assoluzione nel nuovo appello.
E sempre per voto di scambio è indagato il suo collega di partito Pietro Franzoso, mentre l’ex presidente della Sardegna Mauro Pili è indagato a Cagliari per peculato.

Un caso particolare è quello del senatore azzurro Lino Jannuzzi, condannato a 2 anni e 4 mesi per vari casi di diffamazione con sentenza passata in giudicato, ma graziato dall’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Gli fa compagnia Giampiero Catone, l’ex braccio destro di Vito Bonsignore, e poi dell’ex ministro dei Beni culturali Rocco Buttiglione, arrestato e per truffa e finanziamenti illeciti del ministero al polo industriale di Barzano, ed eletto con Forza Italia in quota alla Dc di Rotondi. Il suo ex “capocorrente” ai tempi della “balena bianca” Vito Bonsignore, il “re delle autostrade”, ora eurodeputato Udc, grazie a Follini, che nel 2004 ha optato per la Camera, è stato invece condannato a 2 anni definitivi per tentata corruzione appalto ospedale Asti.
E proprio l’attuale segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, arrestato nel 1993 per gli appalti Anas, è stato condannato nel 2001 a 3 anni e 3 mesi per corruzione, sentenza annullata dalla Corte d'appello di Roma, in quanto lo stesso magistrato aveva svolto prima la funzione di pm e poi di giudice. Il reato è ora prescritto.
L’onorevole Giuseppe Drago, invece, è stato condannato al pagamento in favore della Presidenza della Regione Siciliana della somma di € 123.123,00, oltre che a 3 anni e 3 mesi per abuso e peculato, per essersi appropriato di 230 milioni di liredi fondi riservati quando era presidente dell’Ars. "Li ho spesi in beneficenza", disse.
L’ex sottosegretario alla Pubblica istruzione e alle Politiche agricole e forestali dei governi Berlusconi, Teresio Delfino, per ora solamente indagato ad Asti per truffa ai fondi dell’Enoteca d’Italia, è stato riportato a Montecitorio proprio nella circoscrizione del Piemonte dove sarebbe stato commesso il reato.
Ben più grave l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa mossa all’ex sottosegretario al Lavoro Saverio Romano per i rapporti col boss Guttadauro: il pentito Francesco Campanella ha detto che “La cosca di Villabate lo ha votato alle politiche”.

Con buona pace dell’ex presidente della Camera Pierferdinando Casini, che aveva dichiarato che l’Udc non avrebbe condidato alcun indagato.

Ce n’è anche per la Lega Nord, che tra i condannati alla Camera ha schierato in pole position il segratario federale Umberto Bossi (8 mesi per la maxitangente Enimont, i 50 milioni di vecchie lire dati dal cognato di Raul Gardini, Calo Sama, all’ex tesoriere della Lega Nord Alessandro Patelli, ora con la Dc di Rotondi), che ha però optato per confermare il seggio a Strasburgo, e l’ex ministro del Welfare Roberto Maroni (4 mesi e 20 giorni per resistenza a pubblico ufficiale durante la perquisizione della polizia in via Bellerio nel 1996, come il suo leader).
E per i reati di via Bellerio, è stato condannato anche l’ex ministro delle Riforme Roberto Calderoli, ora a palazzo Madama. Per solidarietà, Bossi ha portato alla Camera anche il suo avvocato Matteo Brigandì, arrestato nel 2003 quando era assessore alla Regione Piemonte, e tuttora sotto processo per una presunta truffa legata agli indennizzi per le alluvioni.

Oltre al neodeputato Francesco Proietti, convolto nello scandalo delle autorizzazioni per le macchinette mangiasoldi che ha portato all’arresto di Vittorio Emanuele di Savoia, alla Camera An vanta numerosi condannati. Tra di essi  si distingue il siciliano Giuseppe Buzzanca, appena dichiarato decaduto dalla Corte d’Appello di Messina, in quanto ineleggibile,  in seguito alla condanna per peculato d’uso.
Infatti, Buzzanca, quand’era, sindaco della città sullo Stretto, aveva usato la macchina di servizio per farsi accompagnare, e poi venire a prendere, al porto di Bari, dove, nell’agosto del ’95, si era imbarcato con la moglie per il viaggio di nozze. Ingrossa la pattuglia di An alla Camera Antonio Buonfiglio, vicecapo di gabinetto dell’ex ministro Gianni Alemanno, condannato a 2 anni e 8 mesi per falso in bilancio (poi depenalizzato), e indagato a Roma per presunta corruzione nell'inchiesta sui crediti della Federconsorzi.
L’ex presidente della provincia di Roma
Silvano Moffa è invece indagato per corruzione e abuso d'ufficio in uno scandalo di insediamenti industriali a Colleferro, motivo per cui è stato interdetto dal suo collegio nel Lazio.

Tra i “giubilati” c’è l’ex ministro democristiano per il Mezzogiorno Calogero Mannino, arrestato per collusione con la mafia, assolto in primo grado, ma condannato in appello a 5 anni, che ha visto la Cassazione annullare la sentenza. Il nuovo processo è stato “congelato” grazie ad un emendamento alla legge Pecorella proposto dall’Udc, che lo ha riportato in Parlamento. Di lui il presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro ha detto: “Mannino? Un grande maestro, del quale sono orgoglioso di aver promosso il ritorno alla politica. Certo, mi dispiace un po’ che il suo nome sia dietro al mio in lista. In ogni caso lui per me rappresenta il futuro, perché credo che chi non ha memoria non abbia neppure futuro.
E il ritorno di Mannino nella grande politica, nella scena parlamentare, significa sperare che la Sicilia possa tornare a contare su figure di primo piano, come la sua è stata e sarà ancora”.

E’ rientrato a Montecitorio con la Dc di Gianfranco Rotondi anche un altro condannato “eccellente”, l’ex ministro del Bilancio Paolo Cirino Pomicino, un patteggiamento di 1 anno e 10 mesi a Milano per corruzione e finanziamento illecito ai partiti per la maxitangente Enimont.
Cirino Pomicino era stato eletto nel 2004 al Parlamento europeo con l’Udeur, grazie al ministro delle Giustizia Clemente Mastella, che lasciò libero il seggio a Starburgo, consentendo a “o’ ministro” di subentrargli.

Anche l'europarlamentare e segretario del nuovo Psi, l’ex ministro degli Esteri di Bettino Craxi Gianni De Michelis, condannato a 1 anno e 6 mesi patteggiati a Milano per corruzione per le tangenti autostradali del Veneto, e altri 6 mesi patteggiati per il finanziamento illecito Enimont, è stato rieletto alla Camera con la stessa lista, ma, a differenza di Cirino Pomicino, ha scelto di restare in Europa.

Se Sparta piange, Atene non ride. E così, anche il centrosinistra ha portato in Parlamento un piccolo drappello di condannati ed inquisiti. Alla faccia di Antonio Di Pietro e di Beppe Grillo, che, negli scorsi mesi, si sono battuti strenuamente per un Parlamento “pulito”.

Nell’Unione la Rosa nel pugno si distingue per aver portato alla Camera l’ex terrorista di Prima Linea Sergio D’Elia, nominato segretario di presidenza della Camera dei deputati, e condannato in primo grado a trenta anni di carcere, poi ridotti in appello a venticinque, per l’omicidio del 1978 a Firenze dell’agente di polizia Fausto Dionisi.

Tra i Democratici di Sinistra spicca l’ex ministro dell’economia Vincenzo Visco, condannato per abuso edilizio, e attuale viceministro dello stesso dicastero che ora è guidato da Tommaso Padoa-Schioppa.

Sotto la Quercia ha trovato protezione anche Vincenzo De Luca, deputato fedelissimo del presidente dei Ds, il ministro degli Esteri Massimo D'Alema (anche lui prescritto a Bari per un mini-finanziamento illecito). De Luca è indagato a Salerno per il piano regolatore e gli appalti della centrale termoelettrica.
Il pm ne ha chiesto l'arresto per associazione per delinquere, truffa, minacce a pubblico ufficiale, ma il gip ha respinto la richiesta. Anche l'ex sindaco di Enna e vicepresidente dell’Assemblea regionale siciliana Vladimiro Crisafulli detto Mirello è tornato a Montecitorio, anche se è sotto inchiesta da parte della
Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta per concorso esterno in associazione mafiosa insieme a Cuffaro.
Alla Camara si trova al fianco di Cesare De Piccoli, accusato nei primi anni novanta di aver ricevuto su tre conti a lui riferibili un finanziamento illecito dalla Fiat, ma uscito dall'inchiesta grazie alla prescrizione.

Alla Camera il ministro della Giustizia Clemente Mastella ha riportato Nuccio Cusumano, già sottosegretario al Tesoro del governo Amato, arrestato nel 1998, ed ora sotto processo per corruzione e turbativa d’asta

A Montecitorio invece la Margherita schiera le punte Enzo Carra (un anno e 4 mesi per falsa testimonianza su Enimont), e Andrea Rigoni, senatore uscente, nonostante una condanna a 8 mesi in primo grado per abuso edilizio all'isola d'Elba.

In senato il partito del vicepremier Francesco Rutelli, condannato dalla Corte dei conti, con sentenza confermata dalla Cassazione, a risarcire al Comune di Roma 65.000 euro spesi per i numerosi consulenti esterni all'amministrazione capitolina, assunti con varie delibere dal 1993 in poi quando era Sindaco della Capitale, ha riportato Romolo Benvenuto, condannato in primo grado per percosse nei confronti dell'ex moglie, una vicenda che si è estinta con un risarcimento.

Anche Rifondazione comunista non è voluta essere da meno, ed ha fatto eleggere alla Camera il leader no-global napoletano Francesco Caruso, arrestato nel 2002 su ordine della procura di Cosenza, con l'accusa di sovversione, cospirazione politica ed attentato agli organi costituzionali dello Stato", condannato per rapina il 24 febbraio del 2003 in primo grado a 10 mesi di reclusione dal tribunale di Milano, e assolto per prescrizione in appello lo scorso 26 maggio.
Oltre ad disobbediente partenopeo, il partito del presidente della Camera Fausto Bertinotti, ha portato a Montecitorio anche il portavoce del Centro sociale Leoncavallo di Milano, Daniele Farina.
Condannato nel 1996 per oltraggio, resistenza, violenza, fabbricazione o detenzione di materie esplodenti, l’ex consigliere comunale meneghino, che vanta un impresionante elenco di arresti e segnalazioni, è vicepresidente della Commissione giustizia della Camera.

 

Basta un confronto tra le liste dei candidati ed i ministri dell'ultimo governo Andreotti, in carica dall'aprile 1991 all'esplosione di Tangentopoli, per scoprire che il tempo si è fermato.
Sono tornati in Parlamento dieci ministri di 15 anni fa. Oltre all’ex ministro democristiano del Bilancio Paolo Cirino Pomicino, e al titolare socialista degli Esteri Gianni De Michelis, che però ha optato per restare a Strasburgo, rieletti nella lista Dc-Psi, si ritrovano insieme gli ex colleghi Carmelo Conte (Aree urbane), Francesco D'Onofrio (Affari regionali) e Calogero Mannino (Mezzogiorno), entrambi con l’Udc, mentre Vincenzo Scotti (Interni) ha tentato inutilmente di rientrare con il Terzo polo. Forza Italia ha portato al Senato l'ex liberale Egidio Sterpa (rapporti col Parlamento), trasmigrato dalla Camera, dove è in compagnia dell'ex Psdi Carlo Vizzini (Poste) e della craxiana Margherita Boniver (Italiani all'estero), entrambi suoi compagni di partito. A sinistra troviamo solo l’ex ministro del Lavoro Franco Marini, eletto con la Margherita, e ora presidente dell’assemblea di palazzo Madama.

E numerosi sono i condannati e gli inquisiti candidati, ma rimasti fuori dal Parlamento. Benvenuti nella Seconda Repubblica.

www.voceditalia.it

Parlamentari: i ladroni dell'emiciclo per ogni partito politico

Chi ha detto che io parli SEMPRE male di Beppe Grillo? per esempio questo grafico a torta, che suddivide i parlamentari inquisiti per partito, l'ho tratto proprio dal blog di Grillo (anche se sono una semplice trasposizione grafica dei dati che sono presenti sul blog da mesi, ed anche se un qualsiasi grafico msgraph, excel, lotus avremmo potuto farlo cogli stessi dati tutti. Ma ho voluto prendere PROPRIO l'immagine del blog di Grillo, e poi dirò perchè:Condannati_per_partito Facciamo la caccia agli errori. Fatto? Io ci ho provato:

-1) I ladroni non sono accostati, nella "torta", per coalizione; quindi manca quel quadro d'assieme della distribuzione dei ladroni nell'emiciclo. Se Grillo lo avesse fatto, avremmo "visto" tutti, graficamente, che i ladroni di centro destra sono 20, e quelli di centro-sinistra sono 4 di cui uno appartenente al PSI di De Michelis che all'epoca dei ladrocini stava dall'altra parte, ed uno appartenente alla Rosa nel Pugno, una cui grossa componente dall'altra parte ci sta tornando. Ma anche senza questi correttivi, avremmo visto che l'83% della merda è depositata sull'emiciclo destro del parlamento, e il 17% è depositato nell'emisfero sinistro

-2) Ma teniamo pure buono il 20 a 4: non mi sembra un confronto numerico che possa far dire in un megafono che i partiti sono tutti uguali, che sono tutti la "stessa merda". No, Grillo, alcune coalizioni, in fatto di merda, mi sembrano oggettivamente più uguali di altre.

Voi mi direte che la merda è merda sempre... e chi potrebbe mai negarlo? Però, a titolo di preferenza puramente personale, se proprio posso scegliere, preferisco star seduto in mezzo a 17 chili di merda piuttosto che ad 83 chili di merda.

lunedì 24 settembre 2007

"Processate Moratti e Galliani": la vendetta di Montezuma esiste...

"Processate Moratti e Galliani" - l'accusa è di falso in bilancio - La Procura di Milano chiede il rinvio a giudizio per i vertici delle società milanesi. I conti dei club sarebbero stati ritoccati attraverso compravendite gonfiate.
Repubblica.it

Galliani MILANO - La Procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio per il presidente dell'Inter Massimo Moratti, il vicepresidente Rinaldo Ghelfi e l'ex dirigente Mauro Gambaro, e l'ex amministratore delegato e vicepresidente vicario del Milan, Adriano Galliani indagati nell'ambito dell'inchiesta sul falso in bilancio condotta dal pm Carlo Nocerino. La richiesta di rinvio a giudizio è partita nei giorni scorsi dall'ufficio di Pm per essere inoltrata al Gup, he dovrà fissare la data per la prima udienza preliminare.

I dirigenti accusati avrebbero ritoccato i conti dei due club calcistici attraverso lo scambio di alcuni giocatori i cui prezzi sarebbero stati gonfiati. Il Milan e l'Inter sono accusati di aver violato la legge 231 che obbliga le società "a predisporre modelli organizzativi atti a prevenire reati". I fatti contestati risalgono al periodo compreso tra 1999 e il 2003.

L'inchiesta era nata da un esposto presentato dall'ex presidente del Bologna Giuseppe Gazzoni Frascara alla magistratura di Roma. Il fascicolo venne poi trasmesso alla procura di Milano per quanto riguarda Milan e Inter.

La prima reazione è quella del Milan che, in una nota ufficiale, sottolinea la corretteza dei bilanci societari e, quindi, l'"assoluta estranieta" di Galliani.

Sgup del Tafanus: Montezuma esiste. Ricordate il Berlusca pallonaro che berciava perchè avrebbero dovuto restituire al Milan un numero imprecisato di scudetti, perchè era l'unica squadra pulita? Bene, il Gazzoni Frascara da Bologna, suo sodale, pensando forse di dare una mano, presenta un esposto alla procura di Roma. La procura di Roma, invece, invia il fascicolo anche a Milano, dove sotto inchiesta finiscono l'Inter di Moratti (la squadra che esibisce orgogliosamente lo scudetto "conquistato" l'anno scorso dopo aver chiuso il campionato al terzo posto), e... il Milan di Cipria chiagne 'e fotte.  E ora il gesto dell'ombrello del mitico Galliani a chi sarà diretto???
(24 settembre 2007)

"Falce e Carrello": in questo libro, scritto dal patron della Esselunga Bernardo Caprotti, si denunciano le angherie subite ad opera delle Coop Rosse (1° Puntata)

Esselunga ...memoria corta...

Da qualche giorno è in libreria un libercolo di denuncia scritto da Bernardo Caprotti, fondatore, patron e ri-patron della Esselunga, dovo aver ricacciato indietro il figlio Giuseppe, per pochi anni Amministratore Delegato dell'azienda (si dice perchè troppo tenero, col metro di Bernardo, coi sindacati e coi lavoratori). Il libro denuncia le malefatte e le angherie subite dal Caprotti ad opera delle Coop (Rosse, naturalmente). Una denuncia alquanto particolare, visto che Bernardo ci ha impiegato mezzo secolo, prima di decidersi a denunciare tutti i torti, le ingiustizie e le angherie subite.Bernardo, come è arcinoto, è "culo e camicia" con Silvio Berlusconi. Ma lo era stato anche con Albertini, e prima ancora con Formentini, con Bossi... aveva fatto e ricevuto favori. Angherie, in zona, neanche l'ombra. Vedremo più avanti.

Il Libercolo, "Falce e Carrello", "edito da Marsilio (che non è, come colore politico, molto connotato a sinistra), ha trovato ampie e favorevoli recensioni... indovinate dove? Su Panorama, sul Geniale, su Libbbero, su La Patania... Insomma, su un plotone di giornali, diciamo così, "indipendenti", e con 50 anni di ritardo sulla storia delle angherie subite dal Caprotti. E molto vicino ad una probabile crisi di governo. Ditemi voi se questa non è informazione obiettiva! Of course, questo testo fondamentale sarà distribuito gratis attraverso la "catena discriminata".

Cominciamo dal "Geniale", che pubblica questo disinteressato articolo (riporto, per carità di Patria, solo alcuni stralci (l'articolo è del 22 settembre, è a firma Stefano Zurlo, e chi ha stomaco può leggerlo per intero nella sua sede maturale):

"Le cooperative come le banche prendono soldi e danno interessi"

Caprotti_bernardo I numeri li spiega lui in conferenza stampa: «Il sistema Coop, in base ai bilanci del 2006, ha pagato imposte per 73 milioni di euro contro i 152 versati dal gruppo Esselunga che però ha fatturato 4,9 miliardi di euro contro i 7 delle Coop». Qualcosa non torna e Bernardo Caprotti lo dice ad alta voce. Ma soprattutto lo scrive offrendo un panorama concreto dei privilegi dell’impero Coop nel suo libro "Falce e carrello" (Marsilio editore, 192 pagine, 12,50 euro, in libreria da mercoledì prossimo, anche nelle Coop).

Nel testo c’è un po’ di tutto: l’ostruzionismo dei sindaci rossi, l’impossibilità di costruire un supermercato in tante città, il rapporto con i sindacati, difficile quanto quello con i giornalisti. Non solo. Per spiegare come in Italia la concorrenza sia ancora un’utopia, Caprotti illustra i meccanismi finanziari che spingono le Coop su una strada tutta in discesa. Siamo così al capitolo sul prestito sociale. Di che si tratta? «Di fatto - spiega il fondatore di Esselunga - le coop funzionano come fossero sportelli bancari (anche se la legge vieta l’esercizio attivo del credito): raccolgono i risparmi dei soci, li impiegano come meglio credono e distribuiscono interessi che i veri istituti di credito si sognano di fare, grazie al fatto che l’imposta sugli interessi non è pari al 27 per cento (come per i depositi bancari) bensì a meno della metà: soltanto il 12,5 per cento».

Niente male. «Un bel risparmio - prosegue Caprotti - un affarone per tutti. Per i risparmiatori, che possono lucrare un interesse elevato; e per le Coop, messe nelle condizioni di autofinanziarsi con una massa di liquidità a buon mercato e soprattutto sottratta ai controlli delle autorità creditizie». Con questo sistema, a sentire lui, le Coop raccolgono «una montagna di denaro, pari a 12 miliardi di euro; quanto una manovra finanziaria di media entità del governo. È questa - nota l’autore attratto dal confronto con l’attualità - la provvista-base con cui l’Unipol voleva dare la scalata alla Banca nazionale del lavoro». [...]

Superstore Non riporto (per ora e per carità di Patria) gli articoli degli altri giornali "amici", perchè tanto sono copiati uno dall'altro, e tutti copiati da due giornali indipendenti come Panorama di Rossella e Il Geniale di Belpietro. Prima di riportare cosa hanno scritto i giornali non appartenenti alla scuderia, vediamo, con lo stile fattuale che cerchiamo di non abbandonare mai, di distinguere i fatti dalle minchiate.

-1) Nella provincia più ricca d'Italia (Milano) che rappresenta poco più del 10% del reddito nazionale, Caprotti concentra 55 punti di vendita su un totale di 132. A occhio, fa il 42%.

-2) Sempre in questa ricca e redditizia provincia, le Coop, pur fatturando complessivamente il 43% in più della Esselunga, hanno solo 28 punti-vendita. Non vogliono essere presenti dove c'è il lardo? sono discriminati da un'area geografica dove da un millennio impera il centro-destra? A saperlo...

-3) Altri 37 punti vendita dei 77 rimanenti, Caprotti li ha aperti nelle "regioni rosse" (Toscana, Emilia e Romagna), e cioè in quelle regioni dove non si muove foglia che la Coop non voglia. Scusi, sciur Bernardo, ma dove la vede la discriminazione?

-4) Viceversa Caprotti è totalmente assente da regioni poco redditizie ma non certo rosse, come, per esempio, la Sicilia... Non siamo propensi a credere che Cuffaro, se lei avesse voluto aprire, mettiamo, a Palermo, le avrebbe creato eccessive difficoltà. Forse sono mancati i fondamentali economici? o le "palle"? o entrambe le cose? Perchè vede, Caprotti, i supermarkets sono come le fibre ottiche: tutti vorrebbero avere entrambi a Milano (possibilmente in zona Magenta o San Siro), e pochi vorrebbero averli a Palermo, poniamo alla Vucciria. O no? Chieda al Grande Imprenditore e suo sodale Berlusconi, come sia facile aprire un supermarket in Sicilia e come sia difficile gestirlo... Memento Standam!

Coop_pistoia -5) Poi, rapida come il fulmine, arriva la seconda perla caprottiana: "...«il sistema Coop, in base ai bilanci del 2006, ha pagato imposte per 73 milioni di euro contro i 152 versati dal gruppo Esselunga che però ha fatturato 4,9 miliardi di euro contro i 7 delle Coop»..." Mi consenta, Caprotti: le tasse si misurano sugli utili, e non sul fatturato. Un esempio di scuola: la Coop potrebbe avere il 43% di fatturato in più della Esselunga, e fare il 122% di utili in più. Chi può dirlo? O magari potrebbe essere vero l'inverso. Si ricordi: quando parla di tassazioni, non si riferisca al fatturato (che non è tassato), ma ai profitti: PRO-FIT-TI.

-6) Caro Sciur Caprotti, che le società cooperative siano assoggettate ad un regime fiscale diverso da quello delle SpA lo sanno tutti, cani e porci, e persino Berlusconi, sotto il cui governo è stata varata l'ultima legge in materia. Possibile che solo lei, inventore della "Esse Lunga che più lunga non si può", lo ignori? Non ci posso credere!!! Vede, sciur Bernardo, anche lei può accedere al regime fiscale delle Coop: è sufficiente che trasformi il gruppo in cooperativa, ed avrà (glielo giuro!) esattamente lo stesso trattamento fiscale di cui godono le Coop. Però la avverto: dovrà, esattamente come le Coop, pagare delle contropartite: dovrà reinvestire gli utili anzichè metterli nelle sue capienti tasche (magari per comperare bellissime aree industriali dismesse a Milano col beneplacito di Formentini prima e di Albertini poi). Avrà degli obblighi di frazionamento del capitale (insomma, non potrà più fare i porci comodi suoi, come estromettere suo fratello per "eccesso di attenzione" ai bisogni dei lavoratori), ed avrà degli obblighi di comportamento e di rendicontazione che forse le sfuggono (o che forse conosce fin troppo bene, e che non le piacciono).

-7) Faccia tutto questo, e potrà persino raccogliere fondi dai soci, esattamente come le Coop. A proposito, giacché ne stiamo parlando, non ci spiegherebbe il mistero delle Coop che contemporaneamente "raccolgono liquidità a bassissimo costo" e "distribuiscono ai soci elevatissimi interessi"? Non trova le due cose alquanto in contrasto? Comunque, se trova queste cose allettanti, può farle: trasformi, dicevo, la Spa in cooperativa, e si accomodi.

Mediasetlogo -8) Oppure faccia come faceva il suo sodale Berlusconi con la Standa: contratti coi fornitori dei termini di pagamento a tre mesi, e poi paghi a sei mesi, o a nove, o come le aggrada (Berlusconi aveva anche inventato il "cambio merce": crediti per merce "vera" contro spots su Rete 4 all'alba. Insomma, soldi veri contro soldi virtuali. E' un fantastico sistema di raccolta di liquidità a costo zero. Anzi, se è bravo, può tirarci su addirittura degli interessi attivi.

-9) Vede, Bernardo (posso chiamarla Bernardo?) Le Coop sono così antidemocratiche che hanno deciso di mettere in vendita il suo pamphlet nei loro punti-vendita. Spirito mercantile, o speranza che questo libello possa sputtanare più lei che le Coop? a saperlo...

Comunque, bando alle ciance, e nelle prossime puntate vedremo cosa scrivono di lei i giornali che sono fuori dalla scuderia dei suoi amici. (Continua)

"Falce e Carrello": Caprotti, la Esselunga e le Coop Rosse (2° puntata)

Esselunga ...memoria corta...

Unita

Sabato 9 ottobre 2004

Esselunga, torna il vecchio Caprotti: licenziati tre delegati - La forte partecipazione dei lavoratori alle elezioni delle Rsu ha innervosito la dirigenza che riscopre i metodi ben collaudati dal capostipite Bernardo. Protesta dei sindacati

di Giampiero Rossi

MILANO - È più facile che un cammello passi per la cruna di ago, che un delegato sindacale sfugga al mirino del Cavalier Caprotti, padre-padrone dell’Esseleunga. Ci risiamo. La famosa catena della grande distribuzione si ripropone nella sua seconda attività, dopo quella del commercio di generi alimentari e non solo: la caccia al sindacalista. Nel giro di un solo mese, infatti, la direzione del personale ne ha licenziati ben tre, due della Fisascat Cisl e uno della Filcams Cgil. «È il biglietto da visita del nuovo gruppo dirigente», sottolineano i sindacati di categoria, che unitariamente non esitano a chiamare in causa la «vergogna» che dovrebbero provare i grandi capi della catena di supermercati. Che poi, a ben guardare, il gruppo dirigente è nuovo soltanto in parte, perché in sostanza ai piani alti di Esselunga è stato ripristinato il vecchio regime: allontanato dalla stanza dei bottoni l’erede al trono Giuseppe, “reo” di non avere dimostrato una linea abbastanza dura nella gestione delle relazioni sindacali, il capostipite Bernardo Caprotti, sodale di Berlusconi, ha ripreso saldamente in mano il bastone del comando, scegliendo di circondarsi di manager in sintonia con le sue “vedute”. [...]

«Tre licenziamenti in un mese, dopo i rinnovi delle Rsu, che hanno rafforzato la presenza sindacale, sono un chiaro messaggio politico - osserva Renato Losio - e infatti, sebbene siamo riusciti a organizzare la mobilitazione di protesta nella sede interessata, abbiamo trovato lavoratori spaventati. Ed è proprio questo l’obiettivo dell’azienda. Loro il sindacato non lo vogliono. E allora, tanto per cominciare, la Filcams Cgil della Lombardia non si presenterà al tavolo di contrattazione per l'integrativo, Ma la reazione non si limiterà a questo. E intanto Caprotti rilancia lo slogan promozionale interno di Esselunga: colpirne tre per educarne trecento.

Diario

1 agosto 2002   

L'inchiesta vecchio stile - Esselunga, diritti corti corti - Benvenuti nell’azienda dei padroni padri. Buona con chi tace e acconsente, dura con chi ha grilli per il capo e osa chiedere la tutela dei sindacati.

di Sandro Gilioli

Qualcuno avvisi Berlusconi e Tremonti che il loro modello di liberismo in Italia esiste già. Viene sperimentato, ogni giorno, in un’azienda con 13 mila dipendenti e un solo padrone. Un’azienda dove il sindacato non esiste o quasi e si lavora perfino il primo maggio. Un’azienda dove le moderne teorie sulla motivazione si mescolano al vecchio autoritarismo di fabbrica. Un’azienda «totale», com’è stata definita, perché tende ad abolire l’identità individuale schiacciando tutti sull’obiettivo unico della qualità e del profitto. Un’azienda che licenzia senza problemi i (pochi) dipendenti che denunciano il clima interno. Un’azienda che si propone come punta di diamante del nuovo capitalismo e tuttavia rifugge la Borsa, perché il suo proprietario non intende condividere la gestione, non rilascia interviste e si fa fotografare il meno possibile. In questa azienda probabilmente siete entrati qualche volta anche voi, soprattutto se abitate nel Nord. Si chiama Esselunga, è uno dei colossi della grande distribuzione italiana. Ed è lì, tra i banconi dei formaggi e gli scaffali dello scatolame, che si scopre dove vogliono portarci Berlusconi e Tremonti.

Dietro il modello di neocapitalismo aggressivo incarnato da Esselunga c’è un anziano signore che si chiama Bernardo Caprotti. Nel 1957 aprì, con l’aiuto del miliardario americano Nelson Rockefeller, il primo supermercato italiano: era – ed è ancora – in viale Regina Giovanna, a Milano. Il gruppo si chiamava «Supermarkets italiani Spa», ma poi la esse iniziale (disegnata dal grafico Max Huber con una coda lunghissima) finì per dargli il nome attuale [...]

Il paradosso di Esselunga è che ufficialmente si propone come azienda modello, politicamente corretta e di mentalità aperta. Nel suo sito internet, per esempio, assicura di garantire un «salario equo» a tutti, si vanta di non vendere cibi transgenici e di aver stretto accordi con le associazioni per il commercio equo e solidale. L’ufficio stampa aggiunge che il contratto integrativo è ai massimi livelli salariali e che l’orario di lavoro effettivo è di 36 ore la settimana, contro le 38 di altre catene. Insomma, un quadretto idilliaco. Che tuttavia stride paurosamente con la realtà che sta emergendo da qualche mese, cioè da quando – a poco a poco – alcuni dipendenti ed ex dipendenti hanno iniziato a uscire allo scoperto rovesciando sull’azienda di Caprotti una quantità impressionante di accuse: si parla – nelle lettere a giornali locali e nelle e-mail inviate ai vari siti di chainworkers – di ricatti continui, di mobbing diffuso, di controlli a vista, di lavoratori part-time costretti al tempo pieno, di attività antisindacali e di angherie degli ispettori.

Ma il bubbone è esploso veramente negli ultimi mesi, quando in Lombardia l’azienda ha licenziato e querelato (con richiesta milionaria di danni) due suoi dipendenti – Massimo Brunetti e Cosmi Panza – che su un sito internet avevano definito «mafioso» l’atteggiamento aziendale nei confronti del personale. Questo atto di forza si è rivelato un mezzo boomerang, perché la vertenza ha convinto il sindacato ad aprire finalmente il dossier Esselunga, facendo venire a galla (e non più in forma anonima) decine di denunce sulle condizioni di lavoro, sul clima di paura interno e sulla grande arbitrarietà – al limite del potere assoluto – con cui i capi gestiscono turni e mansioni, domeniche e straordinari, permessi e punizioni. Giovanni Gazzo, il segretario lombardo della Uil-TuCs, usa in proposito un lessico un po’ più duro: parla di «un’azienda dove c’è un rigido sistema di controllo del sacro canone, un sistema dove tutti sono controllori e controllati, un universo totalitario, un regime di fatto, un caso di negazione della libertà e dell’integrità psicofisica della persona, un luogo dove avviene un processo di annientamento dei diritti dei lavoratori e chi non si consegna all’azienda viene inserito nel libro nero». Secondo Gazzo, parlare di mobbing all’Esselunga è riduttivo, perché «il meccanismo repressivo è più grande e riguarda tutti i dipendenti: si tratta di un mobbing strutturale e non occasionale, insito nella cultura organizzativa dell’azienda, che intende la flessibilità come espianto dei diritti, secondo un’ideologia di estremismo imprenditoriale». Gazzo sottolinea che ispettori e capi hanno l’abitudine di «accerchiare i singoli dipendenti in angoli isolati del luogo di lavoro per intimorirli con rimproveri e pressioni». E conclude: «In Esselunga c’è una relazione tra i profitti straordinari e la straordinaria assenza di diritti». (Continua)

"Falce e Carrello": Caprotti, la Esselunga e le Coop Rosse (3° puntata)

 

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...MEMORIA CORTA...

L'Espresso del 25-11-05

 

Dynasty Caprotti - Il boss di Esselunga non vuole lasciare niente al figlio. Perché lo considera troppo tenero con i dipendenti

 

Perché l'anziano proprietario di Esselunga, Bernardo Caprotti, preferisce vendere il suo impero a un concorrente anziché lasciarlo nelle mani del figlio Giuseppe? Al di là delle valutazioni di carattere economico, nella decisione del fondatore del gruppo non è difficile intravedere motivazioni personali assai delicate e tutte interne alla dynasty milanese. Per chi conosce la famiglia non è un mistero infatti che il giovane Giuseppe ha idee politiche un po' diverse da quelle del suo ottuagenario papà. Se Bernardo è notoriamente un conservatore (fu tra i primi finanziatori di Forza Italia nel 1993), Giuseppe ha moderate simpatie di sinistra e, soprattutto, filo-ambientaliste; se il padre è noto per aver impostato le relazioni industriali con principi di durezza tipo Wal-Mart, il figlio vagheggia invece un'azienda ispirata a modelli di socialismo utopistico. Smarcatosi pubblicamente dal genitore-fondatore nel 2002 (dopo le prime rivelazioni sui casi di mobbing in Esselunga e sulle vessazioni nei confronti dei dipendenti), Giuseppe è stato poco dopo licenziato proprio dal padre-padrone, che che gli ha tolto ogni delega operativa. Essendo tuttavia proprietario del 30 per cento del gruppo, il giovane Giuseppe ha cercato pochi mesi fa di rientrare, proponendo al padre di vendergli una quota per arrivare così alla maggioranza. Niente da fare: piuttosto che cedere la sua creatura a un figlio ecologista che lui considera un po' troppo "di sinistra", Bernardo preferisce venderla a un gruppo concorrente.

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L'Espresso del 03-05-01

 

ESSELUNGA / CAPROTTI FA INCETTA DI AREE DISMESSE

 

Prima era amico di Formentini. Ora è vicino a Berlusconi e Albertini. Così piano piano ha comprato mezza città. Obiettivo...

 

di Giuseppe Nicotri

Arrivato a 75 anni e a 6 mila miliardi di fatturato, con un utile netto di 200, più di 11 mila dipendenti e 109 punti vendita concentrati in Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana ed Emilia, Bernardo Caprotti potrebbe dirsi soddisfatto della sua Esselunga, fondata nel 1957 come Supermarkets Italiani, e magari vendere anche lui agli stranieri. Farebbe il pieno perché i suoi fratelli Claudio e Guido hanno lasciato la società già nel 1982, come del resto altri soci blasonati quali la famiglia Crespi (ex "Corriere della Sera"), la International Basic Economy di Nelson Rockefeller, la principessa Letizia Boncompagni e quel Marco Brunelli che ha poi preferito far nascere i supermercati Gs. Al suo fianco c'è solo il figlio Giuseppe, laurea in Storia contemporanea alla Sorbona di Parigi e due anni di apprendistato in un supermercato di Chicago prima di diventare il braccio destro di papà. Ma nel futuro dei Caprotti non c'è la vendita e nemmeno la Borsa. C'è il mattone. Fatale è l'attrazione verso le aree industriali dismesse. Soprattutto a Milano, dove Bernardo ha tessuto una fitta trama di amicizie con gli amministratori del centro-destra. A gennaio, per esempio, ha messo a disposizione del sindaco Gabriele Albertini il buffet e le ex officine OM di via Ripamonti per gli Stati Generali di Milano. Negli stessi giorni, Caprotti ha organizzato una cena elettorale per Silvio Berlusconi a palazzo Trivulzio Brivio-Sforza con 180 invitati, tra i quali molti fornitori della Esselunga. L'obolo è stato sostanzioso: non i trenta miliardi di cui si è parlato, ma otto sicuri. Non sono state improvvisazioni. Già nel settembre 1999 Caprotti aveva acquistato l'intero paginone centrale del "Corriere della Sera" per sostenere le tesi di Albertini a favore dell'aeroporto di Linate contro la Malpensa pigliatutto. E prima ancora, nel '94, con il sindaco leghista Marco Formentini, Caprotti aveva firmato la convenzione per ristrutturare il Padiglione d'arte contemporanea distrutto dalla bomba del 27 luglio '93. Ben quattro delle cinque localizzazioni commerciali previste dalla giunta Formentini nel Piano di riqualificazione urbana erano toccate a Caprotti. Così erano stati chiusi i vecchi punti vendita in affitto e aperti i nuovi di proprietà. Con gli autobus dell'Azienda dei trasporti milanese che trasportavano, gratis, i cittadini nella zona con il nuovo punto vendita. Oggi la lista delle aree dismesse a Milano e dintorni diventate proprietà della Esselunga è impressionante: ex Maserati di via Rubattino, ex Lancia in via Papa, ex Magneti Marelli in via Adriano, ex Finalube ed ex Dalmine e Scac a Quarto Oggiaro, ex Carlo Erba in via Imbonati, ex Montecity in via Bonfadini, ex Acciaierie Redaelli a Rogoredo, Oerlikon in via Scarsellini e area industriale di via Antonini 32. Poi ci sono le aree a Pantigliate, ad Abbiategrasso, della ex Cantoni a Legnano. E le mire sulle aree Ferrovie dello Stato a Porta Vittoria, dell'ex Motta in viale Corsica, del Sieroterapico di Cabassi, della zona Garibaldi-Repubblica di De Mico.

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...ecco, questa sembra essere la storia di un imprenditore quasi rovinato dalla politica. E che aspetta 50 anni, ed una probabile, imminente crisi di governo, per tentare di sdebitarsi cogli amici, e cogli amici degli amici...

(Fine)

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