domenica 30 marzo 2008

Il "Tafazzismo" della Sinistra: G8, i pm di Genova: «De Gennaro va processato»

Unita Gianni De Gennaro va processato per i tragici fatti del G8 di Genova 2001. Il comportamento dell´ex capo della polizia è infatti sotto la lente degli inquirenti per tutta la durata di quei drammatici giorni, denunciati anche da Amnesty International come violazione dei diritti umani. I pm Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini hanno richiesto il rinvio a giudizio per De Gennaro e alcuni suoi sottoposti. Sono numerose infatti le telefonate intercettate all'ex questore di Genova, Francesco Colucci, a colloquio con Spartaco Mortola, ex capo della Digos di Genova, e con altri colleghi, contestate a De Gennaro, imputato d´induzione alla falsa testimonianza con l'aggravante di «aver determinato a commettere il reato persona a lui sottoposta e con abuso della funzione pubblica esercitata quale direttore generale del Dipartimento della pubblica sicurezza». Della stessa accusa deve rispondere Mortola, mentre Colucci di aver reso falsa testimonianza.

I brogliacci delle telefonate, già contenuti nell'avviso di conclusione indagini preliminari ed in parte già noti, sono stati depositati in segreteria dai pm Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini, perché il tribunale conosca gli atti da cui sono scaturite le accuse nei confronti dei tre indagati, per cui è stato aperto un fascicolo a parte.

Il dettaglio, secondo l'accusa, su cui De Gennaro voleva che Colucci cambiasse la sua deposizione, cosa che fece durante la testimonianza, è su chi aveva inviato Roberto Sgalla, direttore dell'ufficio pubbliche relazioni del dipartimento di polizia, nella scuola Diaz la notte dell' irruzione. Colucci perciò in aula corresse la sua versione precedente dicendo di essere stato lui ad aver inviato Sgalla e non il capo della polizia. Secondo gli inquirenti questo dimostrerebbe che anche i vertici romani erano a conoscenza del blitz della polizia deciso in questura a Genova.

Degennaro Una delle telefonate risale al 26 aprile dell'anno scorso, prima dell'audizione del 3 maggio di Colucci come teste nel processo per la sanguinosa irruzione nella scuola Diaz, in cui l' ex questore dice: «Ho parlato con il capo, devo rivedere un pò...e fare marcia indietro». In un'altra telefonata, del 28 aprile, Mortola dice a Colucci, che gli chiedeva di ricordargli cosa era successo la notte della Diaz perchè aveva ricordi confusi «Devi dire solo quello che ricordi, devi dire la verità». Colucci poi incalza Mortola per sapere cosa era successo durante il G8 e gli fa una sfilza di domande: quanti sono stati gli arrestati alla Diaz? E nei vari giorni del G8? C' è stato anche un assalto al carcere? Chi c'era alla riunione in questura dove si decise la perquisizione? Insomma Colucci pare che non ricordi più niente del G8 e si fa imbeccare da Mortola per paura di non saper rispondere alle domande degli avvocati e dei pm. Infine il 5 maggio, dopo la deposizione in aula che gli costerà l'accusa di falsa testimonianza, Colucci commenta soddisfatto: «Sono andato bene, ho detto le cose giuste».

Dal 4 maggio in poi Colucci chiama a raffica Mortola e altri colleghi, rivendicando l'appoggio del capo, esprimendo il desiderio che De Gennaro venga nel processo a deporre. Invece il pm Enrico Zucca comunica in aula a sorpresa di rinunciare a sentire come teste De Gennaro. Mortola parlando l'8 maggio con Colucci della revoca della citazione del «capo», aggiunge: «Il capo comunque si è detto disposto, perché mi ha chiamato venerdì Luperi (ex numero due Ucigos, a sua volta imputato nel processo, che oggi ha fatto spontanee dichiarazioni) a testimoniare a nostro favore. E allora praticamente tutti gli avvocati fanno opposizione alla revoca di citazione di Zucca e lo citeremo come testimone a nostra difesa».

Ma la cosa non avverrà in quanto il capo della polizia era già indagato per induzione alla falsa testimonianza. Il 22 maggio Colucci riceve infatti l'avviso di garanzia della procura per falsa testimonianza, a cui fanno seguito quelli per De Gennaro e per Mortola.

Giuliani_haidi Siamo nati Tafazzi, moriremo Tafazzi. A volte ho una irrefrenabile tentazione di prendere Prodi per il bavero, e di chiedergli: ..."PERCHE'???"... Perchè nel momento in cui Prodi ha avuto la geniale idea di nominare De Gennaro Commissario Straordinario in Campania, i fatti per i quali oggi viene chiesto il rinvio a giudizio erano tutti già noti e chiari, e contenuti nell'avviso di garanzia. Non avremmo avuto una figura insospettabile da proporre per quell'alto incarico? Ora la Destra, in campagna elettorale, potrà comodamente rovesciarci addosso non solo milioni di tonnellate di spazzatura (pronta a dimenticare le proprie corresponsabilità), ma anche la nomina di un presunto bandito come commissario ad acta. Grazie, Prodi.

Nel frattempo io continuerò a chiedere all'amica Haidi Giuliani PERCHE' non farà parte del nuovo Parlamento, lei che, praticamente da sola, ha continuato a battersi per la costituzione di una commissione d'inchiesta su Genova, Cile. Commissione che sarebbe stata l'unico strumento atto a definire almeno delle condanne morali, visto che le condanne giudiziarie saranno vanificate dall'arrivo della prescrizione.

Cara Haidi, ci DEVI una risposta. Non ti sei voluta ricandidare? e in tal caso perchè? Oppure non ti hanno voluto ricandidare, e in tal caso CHI?

sabato 29 marzo 2008

Gli Impresentabili/2

Espresso .
Occhio al candidato

(di Peter Gomez e Marco Travaglio)
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Condannati. Riciclati. Voltagabbana. Fannulloni. Un libro analizza gli aspiranti parlamentari. Elenca quelli 'da evitare'. E propone il loro sciocchezzaio

Ciarrapicopredappio S'intitola 'Se li conosci li eviti': è il nuovo libro di Peter Gomez e Marco Travaglio (ed. Chiarelettere, 14,60 euro). Un "manuale di pronto soccorso" per aiutare gli elettori a scegliere il meglio, o il meno peggio, tra le liste dei candidati, anzi dei parlamentari nominati dai partiti grazie alla legge elettorale Porcellum. Il sottotitolo parla da sé: "Raccomandati, riciclati, condannati, imputati, ignoranti, voltagabbana, fannulloni del nuovo Parlamento". Ma, all'inizio del libro, gli autori fanno uno sforzo costruttivo ed elencano "i magnifici venti", cioè altrettanti parlamentari che hanno meritato la riconferma (infatti alcuni di essi, come Nando Dalla Chiesa e Tana De Zulueta, non sono stati ricandidati). Poi inizia il rosario degli impresentabili, scelti per categorie. Quelli che hanno votato l'indulto. Quelli che hanno partecipato alla grande abbuffata della monnezza in Campania. Quelli che han comprato case nel centro di Roma a prezzi di box auto. E poi i voltagabbana, gli assenteisti cronici, i somari sorpresi dalle Iene a balbettare anche sulla data della scoperta dell'America o della Rivoluzione francese e così via. Prima di un confronto fra gli ultimi due governi del centrodestra e del centrosinistra, con relative leggi vergogna, e dei programmi elettorali di Berlusconi e di Veltroni, c'è una lunga radiografia degli inquisiti, imputati e condannati presenti nelle liste. A farla da padrone è il Popolo delle libertà, che - se ha lasciato a casa i Pomicino, i Vito, i Biondi, e i Mastella - ha rinnovato il repertorio con parecchie new entry per meriti penali. A cominciare dai pregiudicati Ciarrapico e Sciascia e dagli indagati Speciale e Bergamini. In tutto, i condannati in primo o secondo o terzo grado del Pdl sono 25, più almeno altrettanti indagati o rinviati a giudizio, senza contare i miracolati dalla prescrizione. E pensare che Sandro Bondi aveva promesso "nessun candidato sottoposto a procedimenti penali" (anche se poi aveva aggiunto: "Tranne i perseguitati politici..."). L'Udc vanta almeno cinque condannati, fra provvisori e definitivi. La Destra due rinviati a giudizio, tra cui il suo leader Storace. Ma le sorprese vengono dal Pd che, nonostante la promessa di Veltroni di non candidare nemmeno i puniti in primo grado, schiera due condannati definitivi, Enzo Carra e Antonino Papania (entrambi in Sicilia, dove svetta anche Mirello Crisafulli, amico del boss di Enna), un condannato in primo grado, uno in appello, Dellutri cinque indagati (tutti fra la Calabria e la Basilicata), un rinviato a giudizio, tre salvati dalla prescrizione (tra i quali D'Alema). Senza dimenticare tutti i protettori di Giovanni Consorte nella scalata Unipol a Bnl. Completano il quadro l'Arcobaleno (due condannati: Caruso e Farina, ancorché per reati legati all'attività politica di "disobbedienti") e i Socialisti (un condannato per tangenti: De Michelis). Le schede di ogni 'impresentabile' si concludono con uno o più 'frasi celebri', che costituiscono un impareggiabile bestiario dei legislatori. Ecco una piccola antologia:

Lucio Barani (Pdl): "L'Eta agisce nel Nord dell'Irlanda, è l'organizzazione che vuole liberare la sua regione dall'Inghilterra".

Silvio Berlusconi (Pdl): "Mi sono battuto fino all'ultimo perché Enzo Biagi restasse in Rai".

Roberto Calderoli (Lega): "Dare il voto agli immigrati non mi sembra il caso, un paese civile non può far votare dei bingo-bongo che fino a qualche anno fa stavano ancora sugli alberi, dai".

Giuseppe Ciarrapico (Pdl): "'Sta destra imbalsamata... Ma chi la vole? È una monnezza..." (2007).

Giuseppe Consolo (An): "Aumenta la credibilità di Igor Marini (il calunniatore del caso Telecom - Serbia, nda) è innegabilmente più credibile di ieri..." (2005).

Gennaro Coronella (An): "La scoperta dell'America? Diciassettesimo secolo, 1700".

Marcello Dell'Utri (Pdl): "Se esiste la mafia? Le risponderò con una frase di Luciano Liggio: se esiste l'antimafia esisterà anche la mafia...".

Lamberto Dini (Pdl): "Non sono un trasformista, sono sempre stato coerente..." (10 febbraio 2008).

Fini_fascista Gianfranco Fini (Pdl): "Voglio che sia a tutti chiaro che, almeno per quanto riguarda il presidente di An, non esiste alcuna possibilità che An si sciolga e confluisca nel nuovo partito di Berlusconi... Berlusconi con me ha chiuso, non pensi di recuperarmi, io al contrario di lui non cambio posizione. Se vuole far il premier, deve fare i conti con me, che ho pure vent'anni di meno..." (18 novembre 2007).

Giampaolo Fogliardi (Pd): "Effetto serra è il pianeta che si raffredda".

Marco Follini (Pd): "Cuffaro è una persona per bene e io l'appoggio" (2006).

Maurizio Gasparri (Pdl): "Mi tocca di stringere centinaia di mani, sudate, calde, sporche. E, al sud, addirittura il bacio. Il saluto romano è più pulito. Dovrebbero imporlo le Asl per evitare il contagio".

Carlo Giovanardi (Pdl): "Il decreto Bersani prevede che l'Iva passi dal 10 al 20 per cento per una serie di merci: ci sono i prodotti dolciari, francobolli da collezione. C'è già una reazione furibonda da parte di collezionisti di francobolli, che sono migliaia... Le tariffe dei taxi italiani sono già tra le più basse d'Europa".

Luigi Grillo (Pdl): "Il governatore Antonio Fazio è un uomo di una severità, di una trasparenza, di una pulizia morale assolute".

Enrico La Loggia (Pdl): "C'è un manipolo di magistrati facinorosi che devono essere messi in condizione di non continuare a fare questo attacco alla democrazia. Forse varrà la pena di farne un breve elenco" (2002).

Mario Landolfi (Pdl): "È la tv che ha invaso la politica, non il contrario".

Raffaele Lombardo (Mpa): "Non ci piace Garibaldi. Noi dobbiamo rivalutare i nostri briganti".

Luigi_grilloFrancesco Lucchese (Udc): "Nelson Mandela? Il presidente sudamericano... brasiliano. No, Sudafrica, scusi il copsus... Ha combattuto per l'apartid, per il diritto di separazione fra bianchi e neri".

Leonardo Martinello (Udc): "Guantanamo? Mai sentito... I carceri in Iraq o in Afagnistan... Apfaghistan...".

Antonio Martino (Pdl): "Lunga vita ai paradisi fiscali. Difendo quei paesi dove viene salvaguardato strenuamente il segreto bancario, alto principio di civiltà e di garanzia per i contribuenti".

Riccardo Minardo (Pdl): "La rivoluzione francese? Milleottocento, seconda metà, mentre si faceva l'Unità d'Italia, si faceva anche la Rivoluzione francese... 1860, più o meno...".

Gaetano Pecorella (Pdl): "Hamas sappiamo benissimo che cos'è: è il capo dell'organizzazione palestinese. Lo sappiamo tutti...".

Marcello Pera (Pdl): "Berlusconi è a metà strada tra un cabarettista azzimato e un venditore televisivo di stoviglie, una roba che avrebbe angosciato e ispirato il povero Fellini" (1994).

Oskar Peterlini (Svp):"La Rcs è un'assicurazione, no?".

Pietro Rao (Mpa): "Caino era il figlio d'Isacco".

Claudio Scajola (Pdl): "Fatevi dire da Maroni se Marco Biagi era una figura centrale: era un rompicoglioni che voleva il rinnovo del contratto di consulenza".

Walter Veltroni (Pd): "Non penso affatto di presentarmi come leader del centrosinistra" (gennaio 2006).

Luigi Vitali (Pdl): "La scoperta dell'America? 1862".

venerdì 28 marzo 2008

Ultimo appello alla civiltà della coscienza - di Paolo Farinella, prete

PaolofarinellaCare Amiche e Amici,

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La «memoria» delle Italiane e degli Italiani è veramente corta e a volte si ha l’impressione che non esista proprio. Mi riferisco alle prossime elezioni che sono finte perché nessuno di noi può eleggere nessuno. Possiamo solo confermare le scelte delle segreterie dei partiti che sanno già chi sarà eletto e chi no. La decenza vorrebbe che nessuno andasse a votare perché è una presa in giro e una violazione della Costituzione che fonda la nostra democrazia sull’equazione: «una testa un voto»; alla fine si contano i voti e un solo voto di maggioranza fa la differenza. Winston Churchill che aveva due soli voti di maggioranza alla camera, soleva dire: «Uno è di troppo». Si sa, l’Inghilterra è dell’altro mondo. In Italia per Berlusconi 25 mila voti di maggioranza alle ultime elezioni sono una truffa: d’altra parte un truffatore che cosa può dare se non quello che è e che ha?

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Sembra che i giochi siano fatti. A me pare che siano fatti gli Italiani perché in queste elezioni non si elegge un parlamento e un governo, ma si deve impedire la deriva istituzionale che sarà irreversibile se vince la destra estrema di Berlusconi e i suoi accoliti. Nella mia corrispondenza con la «Madonna di Lourdes» pubblicata su MicroMega n. 2 (2008) e reperibile su:

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                           http://iltafano.typepad.com/il_tafano/2008/03/una-lettera-del.html

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ho descritto ampiamente i criteri etici e democratici per non votare Berlusconi e votare il male minore Veltroni. Di seguito alcuni telegrafici motivi, a corredo, che dovrebbero essere dirimenti in modo definitivo:

 

Santosilvio

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1. Chi ha votato il referendum per salvare la Costituzione non può votare in coscienza Berlusconi, Fini, Bossi, Casini e tutti i cespugli che li sostengono perché essi hanno votato la riforma della Costituzione che era la dissoluzione della Suprema Carta (il presidente della repubblica Ciampi, la rimandò indietro per palese incostituzionalità). Chi li vota vanifica quel referendum e premia gli assassini della Costituzione.

 

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2. Berlusconi ha 72 anni e queste elezioni sono la sua ultima occasione. Non ha più niente da perdere. Se andrà al governo distruggerà quello che potrà, dopo che ha sistemato definitivamente le sue cose e questa volta in modo blindato: affosserà la Costituzione e con essa lo stato di diritto.

 

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3. La Corte di giustizia europea, dopo la Corte costituzionale italiana, ha decretato che la sua tv, rete4, deve andare sul satellite e gli spazi liberi, appartengono di diritto a Europa7 che aspetta da 15 anni le frequenze. Se l’Italia non rispetterà la legge del diritto, pagherà sanzioni per 400.000,00 euro al giorno a partire dal 2000. Se vince Berlusconi, scaricherà sugli Italiani, anche quelli che devono nascere, un debito permanente di 146 milioni di euro all’anno (senza contare gli arretrati) perché senza le sue tv è un politico decotto.

 

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4. Nelle liste di Berlusconi vi sono 25 condannati in 1°, 2° e 3° grado, cioè in via definitiva. Chi lo vota se ne assume la responsabilità etica e no ha il diritto di appellarsi ad una giustizia «giusta».

 

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5. Per 5 anni noi abbiamo pagato 30.000,00 euro al mese gli avvocati di Berlusconi, Ghedini e Pecorella, per un ammontare complessivo in difetto di euro 1.800.000,00 (diconsi: un milione e ottocentomila). Questi due signori passavano il tempo a difendere il capo a spese degli Italiani e il secondo, Pecorella, era anche capo della commissione costituzionale del Senato, come dire quello che dava l’ok alle leggi truffa del padrone. E’ stato come avere messo uno spacciatore a difesa di una scuola contro la diffusione della droga.

 

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6. Nella vicenda Alitalia, Berlusconi ha dimostrato la sua totale assenza di senso di Stato: ha detto che i suoi figli erano disposti ad entrare nella cordata e ha chiesto allo Stato un prestito che tra l’altro è vietato dalle norme europee; due giorni dopo ha detto «manco per sogno»: ma a lui non importa chi ci perde, l’importante è portare lo scompiglio e fare della bugia la sua arma primaria. Il 17 febbraio del 2004 aveva dichiarato spocchioso come sempre che «Meno male che c’è Berlusconi che impiegherà il suo talento per risanare l’Alitalia». Si è visto come «meno male che Silvio c’è» oggi come allora: se vince gli Italiani si troveranno col sedere per terra. Fidarsi di uno così è consegnarsi da soli al boia, corda in mano.

 

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7. Votare Berlusconi significa votare per uno che è stato affiliato alla P2 (tessera n. 1816) e diventare complici dell’aumento della povertà in Italia perché la sua politica economica favorirà esclusivamente i ricchi extra large. Questo per i cattolici è un vero toccasana: si ricordino del cammello che passa dalla cruna di un ago e dei poveri con i quali Gesù si è identificato in Matteo 25.

 

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8. Chi volesse conoscere per esteso il curriculum giudiziario di tal Silvio Berlusconi non fa altro che collegarsi al sito

                    www.kensan.it/articoli/Curriculum_giudiziario_di_Silvio_Berlusconi.php

e si può fare una cultura sulle condanne e specialmente sulle assoluzioni. Tra le altre cosucce, nel 1990 fu condannato per avere giurato il falso sulla P2 (tribunale di Venezia). Chi vota Berlusconi non può invocare il diritto e la legge perché votandolo li calpesta con disprezzo.

 

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9. Berlusconi ha rubato anche a quelli che lo hanno votato e lo votano, ma anche a quelli che non lo hanno votato e non lo votano. Ha frodato il fisco e ha evaso valuta all’estero e si è salvato solo perché ha tolto la legge sul falso in bilancio: non elimina il crimine, elimina la legge che lo persegue. In questo è un esperto.

 

Amo il mio Paese, pur sentendomi cittadino del mondo, e mi dispiace vederlo in mano ad un pirata senza alcuna etica e «dignitas» e quando giungeremo alla frutta, non vorrei essere accusato di avere taciuto per convenienza o per interesse. Almeno che resti una testimonianza.

Genova 28 marzo 2008 – Paolo Farinella, prete

domenica 23 marzo 2008

I CRISTIANI E LA DESTRA: UN MATRIMONIO IMPOSSIBILE (la lettera di Aldo Antonelli, prete)

Non è una novità che la maggioranza dei “cattolici” nutra simpatie per il centro destra invece che per il centrosinistra. Secondo il sondaggio pubblicato ieri dal giornale La Repubblica siamo al 51,2 contro il 44,7. Nelle dichiarazioni di voto, a destra abbiamo il 45,2 per il Pdl+la Lega+Mpa e il 6 per UdC; mentre a sinistra si ha un 38,5 per il Pd+l’Italia dei Valori e il 6,2 per la Sinistra Arcobaleno. Nessuna novità, dicevo: tutto scontato.

Ciò che invece fa pensare e pone dei problemi sono le variazioni in base alla “frequenza della Messa” secondo le quali a destra si registra una costante crescita (34,8 – 47,8 e 50,6) e a sinistra una speculare, altrettanto costante decrescita (44,8 – 38,5 e 31,6) rispettivamente a “non praticanti”, “saltuari” e “assidui”. Insomma tra gli “assidui” troviamo un 59,5 di centro-destra contro un 35,8 di centro-sinistra! Ancor più  specificamente c’è da pensare che più uno è “fedele”, più frequenta, più medita e ascolta ciò che in chiesa dicono i preti e maggiormente sente che l’area di destra è la sua “casa”.

Le letture possono essere molte, tutte parzialmente legittime e tutte diversamente significanti.

Sta di fatto, comunque la si voglia mettere, che il fattore religioso svolge, purtroppo, un  ruolo condizionante a favore della conservazione, dell’autoritarismo e del moralismo, che sono, a loro volta, i tratti distintivi di una politica di destra.

Sta di fatto anche che l’istituzione chiesa, purtroppo, vive nello stesso condominio in cui abitano le istituzioni secolari della “politica serva” e dell’economia invadente, che sono i punti di riferimento e di difesa di una politica di destra.

Sta di fatto infine che il potere clericale, purtroppo, concepisce se stesso e la sua funzione totalmente appiattito sulle categorie proprie del potere militare, come struttura organizzativa (gerarchia), comportamentale (divisa) e filosofica (Legge).

Il “purtroppo” non sta a significare solo un mio personale disagio ma, ancor più, un radicale tradimento di quel messaggio di liberazione totale cui la chiesa stessa confessa di far riferimento.

Questo “purtroppo” è gravido di interrogativi impossibili.

Come può un cristiano cantare al Dio che risuscita i morti e nel contempo rivendicare “libertà” ad un mercato che fabbrica milioni di morti ogni giorno?  Perché questa libertà incondizionata ad un mercato necrofilo è rivendicata dalla destra.

Come è possibile che un  cristiano si affidi al potere coercitivo della legge per difendere “valori” che dovrebbero sbocciare dal vissuto della testimonianza e dalla convinzione della coscienza? …E ciò in spregio a Colui che anteponeva l’uomo al “sabato”, la “convinzione” alla “convenzione? E’, infatti, proprio della destra imporre i declamati valori tramite leggi.

E può bellamente un cristiano rivendicare per sé superfluità e privilegi in un mondo di disperati, sbarrare  porte e finestre a quanti bussano per un pezzo di pane, lui che professa di esser seguace di Colui che si è fatto povero tra i poveri, forestiero con i forestieri…? La “sicurezza nazionale” contro l’invasione degli “extra” è un punto cardine della politica di destra.

E infine, può un cristiano battezzare come “cristiana” un società che, ieri con le conquiste ed oggi con il mercato, continua a depredare popoli interi privandoli delle loro ricchezze e invadendoli con le proprie monnezze? Perché questo è quello che di fatto opera e di diritto rivendica la “Piazza delle Libertà”!

Bene ebbe a scrivere Vittorio Foa: "La distinzione tra Destra e Sinistra non si gioca più sul conflitto classico tra individuo e collettività, Stato e mercato, ma passa all'interno di ciascuna di queste categorie, ruotando intorno alla contrapposizione tra inclusione ed esclusione. Semplificando: è di sinistra chi si muove insieme agli altri nel segno dell'inclusione; è di destra chi si concentra soltanto su se stesso e sul proprio benessere, nel segno dell'esclusione"!

Non a torto, contro questa religione borghese che ha depotenziato il messaggio evangelico rendendolo funzionale agli interessi dei satolli e degli abbienti, il teologo Ruben Alves afferma: “Come diceva Rickert, con il trionfo della borghesia Dio cominciò ad avere problemi abitazionali cronici. Sfrattato da una parte, sfrattato dall'altra... Poco alla volta è stato buttato fuori dal mondo. Perché gli uomini possano dominare la terra è necessario che Dio sia confinato nei cieli”.

Già negli anni cinquanta don Primo Mazzolari denunciava, senza mezzi termini che “una religione che faccia perno unicamente sul bisogno di tranquillità e di ordine e lo favorisca come l'unica virtù, non ci può dare che cristiani mediocri e una pavida cristianità, servendo, senza volerlo, interessi partigiani tutt’altro che raccomandabili,e tagliandosi con le proprie mani i ponti delle grandi strade del domani".

E qualche anno dopo Giuseppe Lazzati gli faceva eco: “È facile per noi cattolici chiamare cristiana la politica per atti di ossequio formale da essa resi alla religione: ma purtroppo (!) sotto il velo di questa apparenza può vivere un ordinamento politico che, per la sua difformità dal fine naturale proprio della politica stessa, è grave ostacolo a che la parola di Dio corra nel mondo a salvezza di molti".

Di fronte ad una chiesa erettasi a barbacane del conservatorismo e della plutocrazia c’è oggi un urgente bisogno di una chiesa che ritrovi le proprie autentiche radici e si faccia voce di chi non ha voce, casa dei senza casa e patria dei senza patria. Una chiesa figlia del Cristianesimo dalle tre rotture: fra il sangue e la famiglia, fra la terra e la patria, fra il tempio e la religione”.

Queste tre rotture “impediscono ai cristiani di essere fondamentalisti, nazionalisti e uniformi" (Enzo Bianchi: intervista a La Croix del 18.11.2007).

Non più banalmente “scontato”, quindi, che un cristiano sia di destra. Anzi, tutt’altro. E’ altamente contraddittorio che lo sia.  Un abbraccio a tutte e a tutti.

Aldo Antonelli

Caro Aldo, grazie per le tue profonde considerazioni, che condivido in pieno. E scusami se ho perso tre giorni a pubblicarle, ma questo dipende solo da un periodo di "salute perfettibile", che mi sta un po rallentando, in questi giorni. Un abbraccio e Buona Pasqua

Tafanus

martedì 18 marzo 2008

Boicottiamo le olimpiadi di Pechino

ProgbiniNegli anni ‘80, si sono boicottate due edizioni delle Olimpiadi (Mosca 1980 e Los Angeles 1984), è possibile che nel 2008 nessun paese occidentale abbia il coraggio di prendere una posizione? La forza economica della Cina ha davvero tutto questo potere sui paesi che si definiscono democratici? Mi spaventa l’atteggiamento delle federazioni sportive di Belgio, Nuova Zelanda e Inghilterra, che pare faranno firmare un contratto ai loro atleti in cui si vieta di parlare o scrivere di ciò che non sia sport (con particolare riferimento ai diritti umani e alla situazione del Tibet) pena l’esclusione dalle squadre nazionali.

* Repubblica.it, 10/02/2008: “Atleti, niente politica a Pechino: contratto-capestro per gli inglesi“

* Corriere.it, 10/02/2008: “All’Olimpiade non criticate la Cina: un impegno scritto per gli atleti     inglesi“

Mi piacerebbe sapere, dai nostri futuri governanti, cosa ne pensano: cos’ha intenzione di fare Veltroni, cosa dice la Sinistra che vorrebbe portare a casa nostra la salma di Stalin. Mi piacerebbe soprattutto sapere cos’ha da dire Berlusconi su un paese, questo si, comunista che il suo amico Bush ha appena riabilitato sul fronte dei diritti umani e sul fatto che la democratica Gran Bretagna metta il bavaglio ai suoi atleti.

La Cina è una nazione dove non esiste la libertà di stampa, di opinione e di informazione, ma in nome del business ce ne siamo fregati e abbiamo accettato che questa manifestazione sportiva si svolgesse lo stesso in uno Stato dove i diritti fondamentali dell’uomo vengono regolarmente calpestati. Scandaloso. Potremmo dare un bel segnale al regime cinese boicottando le olimpiadi. I popoli della Terra hanno il sacrosanto diritto all’autodeterminazione e alla piena autonomia e indipendenza. Chi pensa di imporre agli altri il proprio con la forza delle armi deve essere messo al bando della comunità internazionale. Fare le Olimpiadi mentre i cingoli dei tank cinesi schiacciano i pacifici monaci tibetani è un’insulto alla civiltà.

L’Italia non deve partecipare alle Olimpiadi di Pechino. I Giochi Olimpici sono bagnati del sangue dei tibetani. A Lhasa sono morte almeno 100 persone, alcune bruciate vive. Protestavano nell’anniversario della sanguinosa repressione cinese del 1959. Il buddismo non è una religione di conquista, non ha causato stragi secolari come le religioni monoteiste. Il buddista può essere ucciso, ma non uccide.

Il governo cinese minaccia nuove stragi se i tibetani non cesseranno le manifestazioni entro lunedì. Li minaccia a casa loro, in una nazione occupata. Minaccia un popolo costretto in gran parte all’esilio. Di cui ha distrutto i monasteri. Di cui vorrebbe cancellare l’identità con una immigrazione selvaggia. I tibetani sono uno dei popoli più pacifici della terra. Da decine di anni è in atto nei loro confronti un piccolo olocausto dagli occhi a mandorla, ma l’Occidente volta sempre la testa dall’altra parte.

In un momento come quello attuale, in cui sempre di più il mondo s’interroga sul senso della vita e sui valori che dovrebbero essere alla base dell’esistenza, il Dalai Lama e i monaci offrono una preziosa occasione per riflettere su cosa effettivamente siano la ricerca spirituale, la tolleranza, il rispetto per l’altro, la difesa dell’ambiente, l’armonia interiore. Le parole del Dalai Lama rappresentano una delle migliori difese contro i pericoli del fanatismo, della violenza, dell’integralismo politico e religioso. In maniera semplice e chiara l’Oceano di Saggezza, come viene chiamato dal popolo tibetano il Dalai Lama, parla al cuore della nostra umanità e ci indica la via per cambiare positivamente noi stessi e il mondo in cui viviamo…. aiuta tutti noi, al di là delle differenze di sesso, razza, cultura o religione, a essere donne e uomini migliori e a comprendere fino in fondo le ragioni della speranza, della serenità e della convivenza civile…..

E tutto ciò deve continuare ad essere…..

I blog che vogliono aderire al boicottaggio delle Olimpiadi di Pechino possono ricopiare il logo che trovano nel post.

segnalo anche questa importante proposta: "TURN OFF PECHINO 2008"

Un grazie a Caramella Fondente e a Dicolamia hanno segnalato l'iniziativa.

lunedì 17 marzo 2008

Genova, Cile: la storia della "macelleria cilena" verso l'epilogo

Oggi la caserma non è più quella di allora: cancellati i "luoghi della vergogna" - Manganellate, minacce, umiliazioni: tutto ricostruito al processo da più di 300 testimoni - Le violenze impunite del lager Bolzaneto
(di Giuseppe D'Avanzo - Repubblica)

Avviso: questo articolo non è adatto ai minori, o a persone "affette" da un minimo, residuale senso di umanità. Può procurare nausea e vomito.

Berlusconidito C'ERA anche un carabiniere "buono", quel giorno. Molti "prigionieri" lo ricordano. "Giovanissimo". Più o meno ventenne, forse "di leva". Altri l'hanno in mente con qualche anno in più. In tre giorni di "sospensione dei diritti umani", ci sono stati dunque al più due uomini compassionevoli a Bolzaneto, tra decine e decine di poliziotti, carabinieri, guardie di custodia, poliziotti carcerari, generali, ufficiali, vicequestori, medici e infermieri dell'amministrazione penitenziaria. Appena poteva, il carabiniere "buono" diceva ai "prigionieri" di abbassare le braccia, di levare la faccia dal muro, di sedersi. Distribuiva la bottiglia dell'acqua, se ne aveva una a disposizione. Il ristoro durava qualche minuto. Il primo ufficiale di passaggio sgridava con durezza il carabiniere tontolone e di buon cuore, e la tortura dei prigionieri riprendeva.

Tortura. Non è una formula impropria o sovrattono. Due anni di processo a Genova hanno documentato - contro i 45 imputati - che cosa è accaduto a Bolzaneto,  tra venerdì 20 e domenica 22 luglio 2001, a 55 "fermati" e 252 arrestati. Uomini e donne. Vecchi e giovani. Ragazzi e ragazze. Un minorenne. Di ogni nazionalità e occupazione; spagnoli, greci, francesi, tedeschi, svizzeri, inglesi, neozelandesi, tre statunitensi, un lituano.

Studenti soprattutto e disoccupati, impiegati, operai, ma anche professionisti di ogni genere (un avvocato, un giornalista...). I pubblici ministeri Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati hanno detto, nella loro requisitoria, che "soltanto un criterio prudenziale" impedisce di parlare di tortura. Certo, "alla tortura si è andato molto vicini", ma l'accusa si è dovuta dichiarare impotente a tradurre in reato e pena le responsabilità che hanno documentato con la testimonianza delle 326 persone ascoltate in aula.

Il reato di tortura in Italia non c'è, non esiste. Il Parlamento non ha trovato mai il tempo - né avvertito il dovere in venti anni - di adeguare il nostro codice al diritto internazionale dei diritti umani, alla Convenzione dell'Onu contro la tortura, ratificata dal nostro Paese nel 1988. Esistono soltanto reatucci d'uso corrente da gettare in faccia agli imputati: l'abuso di ufficio, l'abuso di autorità contro arrestati o detenuti, la violenza privata. Pene dai sei mesi ai tre anni che ricadono nell'indulto (nessuna detenzione, quindi) e colpe che, tra dieci mesi (gennaio 2009), saranno prescritte (i tempi della prescrizione sono determinati con la pena prevista dal reato).

Scajola_claudio_2 Come una goccia sul vetro, penosamente, le violenze di Bolzaneto scivoleranno via con una sostanziale impunità e, quel che è peggio, possono non lasciare né un segno visibile nel discorso pubblico né, contro i colpevoli, alcun provvedimento delle amministrazioni coinvolte in quella vergogna. Il vuoto legislativo consentirà a tutti di dimenticare che la tortura non è cosa "degli altri", di quelli che pensiamo essere "peggio di noi". Quel "buco" ci permetterà di trascurare che la tortura ci può appartenere. Che - per tre giorni - ci è già appartenuta.

Nella prima Magna Carta - 1225 - c'era scritto: "Nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, spossessato della sua indipendenza, messo fuori legge, esiliato, molestato in qualsiasi modo e noi non metteremo mano su di lui se non in virtù di un giudizio dei suoi pari e secondo la legge del paese". Nella nostra Costituzione, 1947, all'articolo 13 si legge: "La libertà personale è inviolabile. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà"

La caserma di Bolzaneto oggi non è più quella di ieri. Con un'accorta gestione, si sono voluti cancellare i "luoghi della vergogna", modificarne anche gli spazi, aprire le porte alla città, alle autorità cittadine, civili, militari, religiose coltivando l'idea di farne un "Centro della Memoria" a ricordo delle vittime dei soprusi. C'è un campo da gioco nel cortile dove, disposti su due file, i "carcerieri" accompagnavano l'arrivo dei detenuti con sputi, insulti, ceffoni, calci, filastrocche come "Chi è lo Stato? La polizia! Chi è il capo? Mussolini!", cori di "Benvenuti ad Auschwitz".

Dov'era il famigerato "ufficio matricole" c'è ora una cappella inaugurata dal cardinale Tarcisio Bertone e nei corridoi, dove nel 2001 risuonavano grida come "Morte agli ebrei!", ha trovato posto una biblioteca intitolata a Giovanni Palatucci, ultimo questore di Fiume italiana, ucciso nel campo di concentramento di Dachau per aver salvato la vita a 5000 ebrei.Bertone_grillo

Quel giorno, era venerdì 20 luglio, l'ambiente è diverso e il clima di piombo. Dopo il cancello e l'ampio cortile, i prigionieri sono sospinti verso il corpo di fabbrica che ospita la palestra. Ci sono tre o quattro scalini e un corridoio centrale lungo cinquanta metri. È qui il garage Olimpo. Sul corridoio si aprono tre stanze, una sulla sinistra, due sulla destra, un solo bagno. Si è identificati e fotografati. Si è costretti a firmare un prestampato che attesta di non aver voluto chiamare la famiglia, avvertire un avvocato. O il consolato, se stranieri (agli stranieri non si offre la traduzione del testo).

A una donna, che protesta e non vuole firmare, è mostrata la foto dei figli. Le viene detto: "Allora, non li vuoi vedere tanto presto...". A un'altra che invoca i suoi diritti, le tagliano ciocche di capelli. Anche H. T. chiede l'avvocato. Minacciano di "tagliarle la gola". M. D. si ritrova di fronte un agente della sua città. Le parla in dialetto. Le chiede dove abita. Le dice: "Vengo a trovarti, sai". Poi, si è accompagnati in infermeria dove i medici devono accertare se i detenuti hanno o meno bisogno di cure ospedaliere. In un angolo si è, prima, perquisiti - gli oggetti strappati via a forza, gettati in terra - e denudati dopo. Nudi, si è costretti a fare delle flessioni "per accertare la presenza di oggetti nelle cavità".

Nessuno sa ancora dire quanti sono stati i "prigionieri" di quei tre giorni e i numeri che si raccolgono - 55 "fermati", 252 "arrestati" - sono approssimativi. Meno imprecisi i "tempi di permanenza nella struttura". Dodici ore in media per chi ha avuto la "fortuna" di entrarvi il venerdì. Sabato la prigionia "media" - prima del trasferimento nelle carceri di Alessandria, Pavia, Vercelli, Voghera - è durata venti ore. Diventate trentatré la domenica quando nella notte tra 1.30 e le 3.00 arrivano quelli della Diaz, contrassegnati all'ingresso nel cortile con un segno di pennarello rosso (o verde) sulla guancia.

È saltato fuori durante il processo che la polizia penitenziaria ha un gergo per definire le "posizioni vessatorie di stazionamento o di attesa". La "posizione del cigno" - in piedi, gambe divaricate, braccia alzate, faccia al muro - è inflitta nel cortile per ore, nel caldo di quei giorni, nell'attesa di poter entrare "alla matricola". Superati gli scalini dell'atrio, bisogna ancora attendere nelle celle e nella palestra con varianti della "posizione" peggiori, se possibile. In ginocchio contro il muro con i polsi ammanettati con laccetti dietro la schiena o nella "posizione della ballerina", in punta di piedi.

Castelliscajola1Nelle celle, tutti sono picchiati. Manganellate ai fianchi. Schiaffi alla testa. La testa spinta contro il muro. Tutti sono insultati: alle donne gridato "entro stasera vi scoperemo tutte"; agli uomini, "sei un gay o un comunista?" Altri sono stati costretti a latrare come cani o ragliare come asini; a urlare: "viva il duce", "viva la polizia penitenziaria". C'è chi viene picchiato con stracci bagnati; chi sui genitali con un salame, mentre steso sulla schiena è costretto a tenere le gambe aperte e in alto: G. ne ricaverà un "trauma testicolare". C'è chi subisce lo spruzzo del gas urticante-asfissiante. Chi patisce lo spappolamento della milza.

D. arriva nello stanzone con una frattura al piede. Non riesce a stare nella "posizione della ballerina". Lo picchiano con manganello. Gli fratturano le costole. Sviene. Quando ritorna in sé e si lamenta, lo minacciano "di rompergli anche l'altro piede". Poi, gli innaffiano il viso con gas urticante mentre gli gridano. "Comunista di merda". C'è chi ricorda un ragazzo poliomielitico che implora gli aguzzini di "non picchiarlo sulla gamba buona". I. M. T. lo arrestano alla Diaz. Gli viene messo in testa un berrettino con una falce e un pene al posto del martello. Ogni volta che prova a toglierselo, lo picchiano.

Pollariniccol B. B. è in piedi. Gli sbattono la testa contro la grata della finestra. Lo denudano. Gli ordinano di fare dieci flessioni e intanto, mentre lo picchiano ancora, un carabiniere gli grida: "Ti piace il manganello, vuoi provarne uno?". S. D. lo percuotono "con strizzate ai testicoli e colpi ai piedi". A. F. viene schiacciata contro un muro. Le gridano: "Troia, devi fare pompini a tutti", "Ora vi portiamo nei furgoni e vi stupriamo tutte". S. P. viene condotto in un'altra stanza, deserta. Lo costringono a denudarsi. Lo mettono in posizione fetale e, da questa posizione, lo obbligano a fare una trentina di salti mentre due agenti della polizia penitenziaria lo schiaffeggiano. J. H. viene picchiato e insultato con sgambetti e sputi nel corridoio. Alla perquisizione, è costretto a spogliarsi nudo e "a sollevare il pene mostrandolo agli agenti seduti alla scrivania". J. S., lo ustionano con un accendino.

Ogni trasferimento ha la sua "posizione vessatoria di transito", con la testa schiacciata verso il basso, in alcuni casi con la pressione degli agenti sulla testa, o camminando curvi con le mani tese dietro la schiena. Il passaggio nel corridoio è un supplizio, una forca caudina. C'è un doppia fila di divise grigio-verdi e blu. Si viene percossi, minacciati.

In infermeria non va meglio. È in infermeria che avvengono le doppie perquisizioni, una della polizia di Stato, l'altra della polizia penitenziaria. I detenuti sono spogliati. Le donne sono costrette a restare a lungo nude dinanzi a cinque, sei agenti della polizia penitenziaria. Dinanzi a loro, sghignazzanti, si svolgono tutte le operazioni. Umilianti. Ricorda il pubblico ministero: "I piercing venivano rimossi in maniera brutale. Una ragazza è stata costretta a rimuovere il suo piercing vaginale con le mestruazioni dinanzi a quattro, cinque persone". Durante la visita si sprecano le battute offensive, le risate, gli scherni.

Fini_fascista P.B., operaio di Brescia, lo minacciano di sodomizzazione. Durante la perquisizione gli trovano un preservativo. Gli dicono: "E che te ne fai, tanto i comunisti sono tutti froci". Poi un'agente donna gli si avvicina e gli dice: "È carino però, me lo farei". Le donne, in infermeria, sono costrette a restare nude per un tempo superiore al necessario e obbligate a girare su se stesse per tre o quattro volte. Il peggio avviene nell'unico bagno con cesso alla turca, trasformato in sala di tortura e terrore. La porta del cubicolo è aperta e i prigionieri devono sbrigare i bisogni dinanzi all'accompagnatore. Che sono spesso più d'uno e ne approfittano per "divertirsi" un po'.

Umiliano i malcapitati, le malcapitate. Alcune donne hanno bisogno di assorbenti. Per tutta risposta viene lanciata della carta da giornale appallottolata. M., una donna avanti con gli anni, strappa una maglietta, "arrangiandosi così". A. K. ha una mascella rotta. L'accompagnano in bagno. Mentre è accovacciata, la spingono in terra. E. P. viene percossa nel breve tragitto nel corridoio, dalla cella al bagno, dopo che le hanno chiesto "se è incinta". Nel bagno, la insultano ("troia", "puttana"), le schiacciano la testa nel cesso, le dicono: "Che bel culo che hai", "Ti piace il manganello".

Chi è nello stanzone osserva il ritorno di chi è stato in bagno. Tutti piangono, alcuni hanno ferite che prima non avevano. Molti rinunciano allora a chiedere di poter raggiungere il cesso. Se la fanno sotto, lì, nelle celle, nella palestra. Saranno però picchiati in infermeria perché "puzzano" dinanzi a medici che non muovono un'obiezione. Anche il medico che dirige le operazioni il venerdì è stato "strattonato e spinto".

Il giorno dopo, per farsi riconoscere, arriva con il pantalone della mimetica, la maglietta della polizia penitenziaria, la pistola nella cintura, gli anfibi ai piedi, guanti di pelle nera con cui farà poi il suo lavoro liquidando i prigionieri visitati con "questo è pronto per la gabbia". Nel suo lavoro, come gli altri, non indosserà mai il camice bianco. È il medico che organizza una personale collezione di "trofei" con gli oggetti strappati ai "prigionieri": monili, anelli, orecchini, "indumenti particolari".

Genovag8 È il medico che deve curare L. K. A L. K. hanno spruzzato sul viso del gas urticante. Vomita sangue. Sviene. Rinviene sul lettino con la maschera ad ossigeno. Stanno preparando un'iniezione. Chiede: "Che cos'è?". Il medico risponde: "Non ti fidi di me? E allora vai a morire in cella!". G. A. si stava facendo medicare al San Martino le ferite riportate in via Tolemaide quando lo trasferiscono a Bolzaneto. All'arrivo, lo picchiano contro un muretto. Gli agenti sono adrenalinici. Dicono che c'è un carabiniere morto. Un poliziotto gli prende allora la mano. Ne divarica le dita con due mani. Tira. Tira dai due lati. Gli spacca la mano in due "fino all'osso". G. A. sviene. Rinviene in infermeria. Un medico gli ricuce la mano senza anestesia. G. A. ha molto dolore. Chiede "qualcosa". Gli danno uno straccio da mordere. Il medico gli dice di non urlare.

Per i pubblici ministeri, "i medici erano consapevoli di quanto stava accadendo, erano in grado di valutare la gravità dei fatti e hanno omesso di intervenire pur potendolo fare, hanno permesso che quel trattamento inumano e degradante continuasse in infermeria".

Non c'è ancora un esito per questo processo (arriverà alla vigilia dell'estate). La sentenza definirà le responsabilità personali e le pene per chi sarà condannato. I fatti ricostruiti dal dibattimento, però, non sono più controversi. Sono accertati, documentati, provati. E raccontano che, per tre giorni, la nostra democrazia ha superato quella sempre sottile ma indistruttibile linea di confine che protegge la dignità della persona e i suoi diritti. È un'osservazione che già dovrebbe inquietare se non fosse che - ha ragione Marco Revelli a stupirsene - l'indifferenza dell'opinione pubblica, l'apatia del ceto politico, la noncuranza delle amministrazioni pubbliche che si sono macchiate di quei crimini appaiono, se possibile, ancora più minacciose delle torture di Bolzaneto.

Genovag82 Possono davvero dimenticare - le istituzioni dello Stato, chi le governa, chi ne è governato - che per settantadue ore, in una caserma diventata lager, il corpo e la "dimensione dell'umano" di 307 uomini e donne sono stati sequestrati, umiliati, violentati? Possiamo davvero far finta di niente e tirare avanti senza un fiato, come se i nostri vizi non fossero ciclici e non si ripetessero sempre "con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l'etica, con l'identica allergia alla coerenza"?

...e ora? niente paura: nessuno si farà male; c'è una legge che ha ridotto i termini di prescrizione; a dicembre tutto sarà archiviato "per scadenza dei termini". Non solo nessuno andrà in galera o sarà chiamato a risarcire i danni, ma non potrà neanche essere buttato fuori dalla pubblica amministrazione. E ora questi bastardi, che hanno non solo permesso, ma hanno favorito tutto questo, rischiamo di ritrovarceli nella stanza dei bottoni. Il prestigo dell'Italia, per il prossimo G8, sarà garantito: niente panni stesi alle finestre, fioriere disposte secondo regìa Fininvest.

                               SCHIATTA, NANO, SCHIATTA!

                      

domenica 16 marzo 2008

"Quelli di Via Fani": i morti dimenticati

Moro_agguato_2 Oggi questo numero triste e speciale della rubrica musicale abbiamo voluto dedicarlo a 5 giovani che esattamente trent’anni fa persero la vita nella strage di via Fani, compiuta per rapire Aldo Moro, che sarà a sua volta ucciso 55 giorni dopo. Fra il tanto materiale disponibile abbiamo scelto di non riproporre uno dei tanti articoli che raccontano i meccanismi e i retroscena del fatto, perché presumibilmente i giornali di oggi saranno pieni di queste cose.

Abbiamo preferito invece ricordare “quelli di via Fani”, quelli di cui nessuno ricorda i nomi. E lo abbiamo fatto attingendo principalmente ad un bel servizio de “La Storia siamo noi”, uno di quei servizi che la RAI sa ancora fare, quando è lasciata libera di esprimersi, il che succede sempre più raramente. Abbiamo voluto dedicare questo post a “quelli di via Fani” perché i loro nomi, che fra 55 giorni non citerà nessuno, rimangano impressi almeno nella nostra memoria.

Quelli di Via Fani: gli uomini della scorta

Il 16 marzo 1978 gli uomini della scorta di Moro vengono uccisi da un commando delle Brigate Rosse all’incrocio tra via Fani e via Stresa, a Roma. Questa è la storia di cinque persone, poliziotti e carabinieri che hanno dato la loro vita per proteggere il Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro: eroi del quotidiano, dimenticati troppo in fretta che in questa puntata raccontiamo attraverso i ricordi dei loro familiari.

Erano ragazzi semplici, padri affettuosi, mariti presenti, figli e fratelli adorati. Carabinieri e poliziotti con un forte senso di responsabilità nei confronti del servizio e dello Stato, uccisi mentre compivano il loro dovere.

Domenico Ricci era un appuntato dei carabinieri e aveva 42 anni; Giulio Rivera era un agente di polizia di 25 anni, Francesco Zizzi, era un vice brigadiere di polizia e aveva 30 anni; Raffaele Iozzino era un agente di polizia di 25 anni; Oreste Leopardi era un maresciallo dei carabinieri di 52 anni. Per le loro famiglie, dopo 30 anni di silenzio, di dolore e di ricordi, la ferita è ancora aperta non solo perchè hanno perso i loro cari, non solo perchè il tempo non può cancellare il dolore, ma perchè sono stati lasciati soli.

Domenicoricci_2 Domenico Ricci
Il carabiniere Domenico ricci, nasce a San Paolo di Jesi, in provincia di Ancona, nel 1934. Abile motociclista, entra a far parte della scorta di Moro alla fine degli anni Cinquanta. Diviene il suo autista di fiducia e non lo lascia fino alla morte. Il 16 marzo 1978 si trova al posto di guida della Fiat 130 su cui viaggiava il Presidente della DC. A 42 anni lascia una moglie e due bambini.

La moglie Maria Ricci, racconta: “Lui sapeva del pericolo che correva, era molto preoccupato. Mi diceva sempre - Stai tranquilla, tu pensa ai bambini. Ho saputo della sua uccisione dalla radio e sono svenuta. Quando mi sono ripresa c’era la mia vicina ad assistermi. La casa si è riempita immediatamente di gente: non capivo più niente. Il giorno dei funerali, vedendo i politici, ho avuto solo una grande rabbia perché vedevo quelle persone…era come se non gli interessasse la morte di quei cinque uomini. E poi la disperazione: guardavo i figli, li abbracciavo…non pensavo a me, ma a lui che non li avrebbe più visti e a loro che non avrebbero più visto il padre. […] Quando mio marito parlava del suo lavoro con il Presidente Moro, sembrava avesse vinto un terno a lotto. Infatti aveva dei bellissimi rapporti d'amicizia con tutta la famiglia Moro. Durante questi vent’anni ho provato tanta disperazione, tanta rabbia ed angoscia. Per me è stata una lotta atroce. Ma avevo fatto una promessa a mio marito. Gli giurai che avrei cresciuto i nostri figli come voleva lui.”

Oresteleopardi Oreste Leonardi
Oreste Leonardi nasce nel 1926 a Torino. Mentre frequenta il II ginnasio, Oreste rimane orfano del padre che muore durante la seconda guerra mondiale. Da quel momento decide di terminare gli studi e di arruolarsi nell’Arma dei Carabinieri. Dopo aver lavorato in diverse sedi, viene inviato a Viterbo. Lì diviene istruttore alla Scuola Sabotatori del Centro Militare di Paracadutismo e nel 1963 viene chiamato come guardia del corpo dell'On. Aldo Moro. Il maresciallo Leonardi era l’ombra di Moro, la sua guardia del corpo più fedele: quel 16 marzo del 1978, trovandosi nel sedile anteriore della macchina del Presidente, vicino al posto di guida, è proprio lui a compiere un tentativo estremo per proteggere Moro con il proprio corpo. A 52 anni ha lasciato una moglie e due figli.

La moglie, Ileana Leonardi ci racconta: “Quella mattina mio marito si è alzato, mi ha portato, come sempre, il caffè a letto e prima di uscire ha aperto l’armadio per prendere le pallottole. Gli ho chiesto perché, e lui mi ha risposto: “…così, per sicurezza…”. Ad un certo punto mi ha chiamato una mia cugina e per chiedermi dove fosse Oreste: evidentemente aveva sentito qualcosa alla radio. All’inizio nessuno sapeva con precisione come fossero andate le cose. Dopo poco abbiamo saputo che i ragazzi della scorta erano morti tutti. Non mi hanno fatto muovere da casa fino a quando non ci sono stati i funerali. Il giorno dei funerali, penso che se lo ricordino tutti, per noi è stato un incubo tremendo. La mattina dopo mi sono alzata presto e sono andata sola al cimitero per stare un po’ in pace con mio marito […] quando iniziò a fare la guardia del corpo dell’On. Moro, era entusiasta. Mio marito era innamorato del Presidente. Tra di loro nacque un rapporto d’amicizia e di fiducia così forte che l’On. Moro voleva che Oreste dormisse nella stanza accanto alla sua quando si recavano all’estero. La nostra disperazione è derivata anche dal fatto che durante tutti questi anni ci siamo trovati soli. Lo Stato non ci ha messo a disposizione psicologi, come si usa fare adesso… ”

Francescozizzi Francesco Zizzi
Francesco Zizzi, nasce a Fasano, in provincia di Brindisi, nel 1948. Entrato nella Pubblica Sicurezza nel 1972, quattro anni dopo vince il concorso per la scuola allievi sottufficiali di Nettuno. Il 16 marzo del 1978 è il suo primo giorno al servizio della scorta di Moro. Si trova nell’Alfetta che precede la macchina di Moro, seduto al posto del passeggero. Muore a trent’anni, durante il trasporto all'ospedale.


Adriana Zizzi, la sorella di Francesco ci racconta: “Quella mattina ha sostituito un suo collega; quello era il suo primo giorno di servizio. Provo tanto orrore nell’immaginare la violenza che ha subito in Via Fani. Ero in casa quella mattina. La notizia me la diede mio suocero. Non della morte mio fratello, ma del fatto che avessero rapito l’On. Moro. Mi dispiacque molto, ma non pensai minimamente che potesse essere capitato qualcosa a mio fratello. Io non sapevo che faceva parte della scorta di Moro. Francesco è stato trasportato al Gemelli subito dopo l’attentato a Via Fani ed è morto alle 12.30. Nel tardo pomeriggio abbiamo raggiunto Roma: la città era deserta, non c’era nessuno per strada. Andammo al Viminale e qualcuno ci indicò il nome dell’albergo che dovevamo raggiungere. Arrivati in albergo ancora ignari, abbiamo trovato i familiari degli altri caduti, tutti in pianto; c’era un clima terribile: lì ho capito che era morto mio fratello. Mia madre è stata l’ultima ad uscire dalla camera mortuaria: ha ottenuto di rimanere sola con il figlio […] per lunghi anni mi sono sentita diversa, come se portassi un marchio. Ancora succede che le persone mi identifichino come la sorella di Francesco Zizzi. E questa cosa mi turba, mi turba ancora. Mi da agitazione, inquietudine. In questi anni la nostra vita è stata cadenzata anniversari, ricorrenze, manifestazioni, monumenti. Sicuramente queste iniziative ci fanno piacere perché possa rimanere la memoria di questi poveri caduti, un messaggio educativo per nuove generazioni. Per noi però, tutto riapre nei nostri cuori una ferita che non si è mai rimarginata.


Giulio Rivera
Giuliorivera Giulio Rivera, nasce nel 1954 a Guglionesi, in provincia di Campobasso. Nel 1974 si arruola nella Pubblica Sicurezza e viene chiamato al servizio della scorta di Aldo Moro. Il 16 marzo si trova alla guida dell’alfetta che precede la macchina del Presidente. Muore a 24 anni all'istante, crivellato da otto pallottole.

Ci ha raccontato Carmela Rivera, sorella di Giulio: “Quella mattina ha fatto le cose di sempre: si è alzato, preparato e andato dall’On Moro. Mi telefonò mia cugina e mi disse che avevano rapito Aldo Moro e che avevano annientato la scorta, ma ancora non sapevamo come fosse accaduto e se qualcuno fosse ancora vivo. Nessuno ci disse niente. Partimmo subito per Roma. Lungo la strada, durante il primo posto di blocco ci fermarono e quando seppero che eravamo i Rivera ci fecero le condoglianze. Dalla sua morte, quando ho qualche problema, vado davanti la foto di mio fratello e gli chiedo di risolverlo. Così mi sento più tranquilla. Se solo chiudo gli occhi e lo rivedo in quella bara…non è piacevole. A casa non ho una sua foto in divisa: non riesco a sopportarlo.

Raffaeleiozzino Raffaele Iozzino
Raffaele Iozzino nasce in provincia di Napoli, a Casola, nel 1953. Nel 1971 si arruola nella Pubblica Sicurezza, frequenta la scuola di Alessandria e viene successivamente aggregato al Viminale e quindi comandato alla scorta dell’On. Moro. Il 16 marzo del 1978 si trova nel sedile posteriore dell’Alfetta che precede la macchina del Presidente. Muore come agente di polizia a solo 25 anni.

Ciro Iozzino, fratello della vittima, ci racconta: “ Quella mattina si accingevano a fare la loro buona giornata di lavoro, assicurando la massima protezione all’On. Moro. Io ero tra i campi ad aiutare mio padre. Avevo la radiolina accesa quando, purtroppo, interruppero le trasmissioni per dare la notizia del sequestro. Capii subito che quel giovedì era di servizio. Durante quei momenti atroci, mio fratello riuscì a scendere dalla macchina, forse non visto da qualcuno di loro e riuscì a sparare dei colpi rotolando per terra. Non servì a niente perché il fuoco incrociato dai tre lati non gli permise di fare altro. Ci mettemmo subito in contatto con i Carabinieri ma nessuno sapeva niente. Solo dopo qualche ora vennero i carabinieri di Cragnano per portarci a Roma. Da quando lo vidi nella camera ardente, ce l’ho sempre davanti agli occhi. Me lo ricordo come se fosse oggi.

4 marzo 2007: lettera aperta dei familiari delle vittime

Il 27 febbraio 2007 la puntata speciale di Studio Aperto dedicata a “Il ritorno delle brigate rosse” e condotta da Claudio Martelli, ha mandato in onda una lunga intervista a Alberto Franceschini, fondatore storico del gruppo terroristico nel lontano 1970 insieme a Renato Curcio. Lo speciale e stato realizzato proprio in via Fani, nel luogo in cui venne rapito Moro e rimasero uccisi gli uomini della sua scorta.

Il 4 marzo 2007, i familiari delle vittime hanno inviato a diverse testate una lettera aperta per commentare le immagini e le parole ascoltate durante l’intervista. E cosi l’hanno commentata:

 

Tale proiezione ci ha riportato indietro di trent’anni, a quel terribile giorno in cui le nostre vite si fermarono insieme a quelle dei nostri cari, ci ha inorridito vedere un terrorista accanto alla lapide che ricorda l’eccidio, ci ha disgustato sentirlo parlare di Brigate Rosse proprio in quel luogo di “memoria storica” per la Nazione tutta. Silenziosamente sino ad oggi, in quanto educati dai nostri caduti nel rispetto delle Istituzioni e nel credo cristiano, abbiamo taciuto sui vari accadimenti degli ultimi tempi. Abbiamo silenziosamente osservato Sergio D'Elia, ex terrorista di Prima linea, essere eletto segretario di presidenza della Camera dei deputati, abbiamo fissato l'ex terrorista Susanna Ronconi essere nominata alla Consulta nazionale delle tossicodipenze, abbiamo assistito l'ex brigatista Barbara Balzerani, nè dissociata nè pentita, ottenere la libertà condizionata nonostante il parere negativo espresso da noi familiari al Magistrato di Sorveglianza (parere che data la nostra discrezionalità non è mai stato dato in pasto alla stampa), ed ora, infine, siamo costretti ad assistere all’esaltazione mediatica dell’ex BR Franceschini proprio sul luogo in cui vennero uccisi gli uomini della scorta di Moro (come purtroppo vengono ormai ricordati i cinque agenti, precipitati nel limbo della dimenticanza comune). Abbiamo avuto sempre la massima discrezione, nel rispetto dei valori e delle Istituzioni, assistendo in cristiano silenzio al ritorno, in primo piano, degli ex terroristi. Li abbiamo guardati presentare libri, tenere convegni, salire in cattedra, entrare a far parte delle Istituzioni stesse, assistere, infine, all’ennesima loro “escalation mediatica” in puro stile “al-qaediano” sul proprio ricordo di quegli anni, come se quella stagione avesse avuto per protagonisti, agli occhi dei telespettatori, i soli componenti della lotta armata.”

 

Con sdegno, rammarico e commozione. I familiari dei morti di via Fani.

Oggi crediamo di poter dedicare a "quelli di via Fani" ed ai loro superstiti solo questo bellissimo Requiem di Mozart, con tutto il nostro affetto: la nostra "perla musicale" fuori collezione.

                       Mozart - Requiem in Re minore Op. K626 - "Dies Irae"

                 Download mozart_requiem_in_re_minore_k626_dies_irae.mp3

 

mercoledì 12 marzo 2008

...una lettera della madonna... scambio epistolare fra Paolo Farinella, prete in Genova, e la Maria di Nazareth, Madonna in Lourdes

...il 4 Febbraio 2008 Paolo Farinella, prete, aveva inviato questa lettera alla Madonna di Lourdes:

Da: Paolo Farinella, prete in Genova
A: Madonna di Lourdes

Paolofarinella Non ci resta che la Madonna di Lourdes, nella speranza che almeno lei possa fare qualcosa per l’Italia dove Padre Pio protegge il clan Mastella, Santa Rosalia piange il cattolicissimo Cuffaro condannato a cinque anni per complicità in «mafia personalizzata» e Santa Agata di Catania si affida alla mafia per la sua onorata processione. Madonna di Lourdes, confidiamo in te!

In queste ore si sta consumando l’assassinio della democrazia, ma più ancora della decenza e della dignità di una Nazione. Si va a votare, dopo appena due anni dalle elezioni perché deputati e senatori pagati 15 mila euro al mese (oltre al resto) per governare, non hanno saputo trovare il tempo per guadagnarsi lo stipendio. Pagati per governare, hanno spolpato la stessa parvenza della democrazia. Andremo a votare, infatti, con la legge-porcata che ha espropriato il popolo dell’unica ragione che lo rende democratico: il voto. Ancora una volta saranno le mafie dei partiti a redigere le liste dei candidati che il popolo schiavo dovrà votare a piè di lista senza fiatare.

Il dramma e il ridicolo si fondano insieme: Berlusconi che ha voluto la legge-porcata per rendere coscientemente ingovernabile il parlamento e il Paese, ci è riuscito con la complicità dei partiti di ispirazione cristiana che preventivamente hanno fatto i gargarismi con l’acqua benedetta. Ora con la stessa legge-porcata si avranno pseudo-elezioni che costeranno un patrimonio ai cittadini che  premieranno chi ha reso ingovernabile l’Italia, dopo avere frodato il popolo con l’esportazione di capitali all’estero, con la frode del fisco, con l’occupazione delle tv private e di Stato, assolvendosi dalla corruzione con le leggi su misura fatte dai suoi avvocati, fatti eleggere al parlamento e quindi stipendiati dallo stesso popolo che dovrebbe essere parte lesa e parte civile. Il popolo masochista invece applaude e gioisce. Il governo Prodi era stato votato per abolire le leggi vergogna, ma la maggioranza era troppo impegnata a litigare per un tozzo di visibilità finendo per lasciare le leggi ad personam insieme alla vergogna.

Tutti sono convinti che l’Unto Cerone tornerà al governo insieme ai suoi famigli, accompagnato da Previti e dagli alleluia della gerarchia ecclesiastica italo-vaticana. Precedono la processione inquisiti, mafiosi e condannati in primo, secondo e terzo grado. Per gli interdetti dai pubblici uffici Previti, Cuffaro, ecc.), si farà una leggina apposita per interdire i giudici dalla loro giurisdizione e cedere la giustizia ai familiari degli inquisiti fino al terzo grado di parentela. Si manda a casa Prodi per fare posto al senatore (prossimo) Cuffaro, uomo integerrimo e di specchiata virtù, certificata dall’autorità infallibile del vice papa, al secolo Casini Pierferdinando in Caltagirone, cristiano spocchioso di chiara moralità coniugale insieme al suo compagnuccio di merende, tal Gianfranco Fini: costoro, insieme al loro padrone e capo, cattolici dichiarati, urbi et orbi, amano tanto la famiglia da averne anche due sul modello poligamico arabo. Il parroco di Montecitorio, Mons. Fisichella, annuisce grato e congratulato. Costoro che hanno votato cristianamente in silenzio tutte le leggi immorali del governo Berlusconi, di cui, fino a ieri, dicevano peste e corna, oggi strisciano ai suoi piedi proni al bacio della sacra pantofola con la benedizione del santo padre e figli devoti, sotto la direzione del cerimoniere devoto Giuliano Ferrara. 

Il 19 giugno 2007, quindi in epoca non sospetta, in una mia precedente lettera al Governo e alla maggioranza, ora decapitati in Senato per mano del Bruto-Mastella, cattolico inossidabile armato dalla furia vendicativa del ruinismo ecclesiastico, avevo scritto, facile profeta:

"...noi popolo delle primarie e del referendum sulla Costituzione abbiamo contribuito… ad impedire la deriva dell’Italia verso il qualunquismo populista del berlusconismo che ha fatto scempio della legalità e della dignità delle Istituzioni repubblicane… siamo esterrefatti ed increduli perché la maggioranza è immobilizzata dagli interessi contrastanti incrociati, senza capacità di sintesi e di prospettiva. Pensavamo che il governo risolvesse le leggi vergogna e il conflitto d’interessi della precedente legislatura. Vediamo invece che il conflitto e la vergogna aumentano perché ogni singola scheggia di partito cura i propri interessi senza una visione globale dei bisogni della Nazione e dei più poveri. Assistiamo impotenti giorno dopo giorno al suicidio lento del governo che galleggia vittima del veto incrociato di ogni segmento di partito, affondando nel buio della indegnità anche il Paese…"

La maggioranza di centro-sinistra gestisce il potere in modo arrogante: si parla dei privilegi dei deputati e si girano dall’altra parte; si parla di costo della politica e ci accusano di qualunquismo; decidono la Tav di Val di Susa o la base di Vicenza non solo contro i cittadini locali, ma anche contro loro stessi perché i singoli ministri votano «sì» e subito corrono in piazza a gridare «no»… ridicoli e non credibili. Noi siamo allibiti per l’incapacità di questa maggioranza di trovare una convergenza su alcuni punti essenziali del programma elettorale senza doversi smentire l’uno contro l’altro un giorno sì e l’altro ancora. Guardiamo impotenti allo spettacolo inverecondo: stanno facendo l’impossibile e anche miracoli per riconsegnare l’Italia di nuovo a Berlusconi, dalle cui grinfie (e a che prezzo!) siamo riusciti a sfuggire. Berlusconi dopo le elezioni politiche era «finito», ma la maggioranza e la goffaggine del governo lo hanno risuscitato e rinvigorito, cedendogli «già» senza colpo ferire la piazza e l’iniziativa.

Alle prossime elezioni, egli vincerà a furore di popolo perché il clima che si respira in Italia oggi è lo stesso del 1922 che vide Mussolini impadronirsi dell’Italia. Un errore e una tragedia durate 20 anni di dittatura, una guerra mondiale e un’emigrazione spaventosa. Governo e maggioranza sono colpevoli perché stanno disprezzando il nostro voto e la delega che gli abbiamo dato, creando le condizioni per uno Stato dinastico che è già dietro l’angolo. Noi disprezziamo e abbandoniamo al loro destino questi politicanti ottusi e senza dignità. Li diserediamo dalla nostra coscienza di popolo e gli chiediamo conto del loro sperpero ideale, istituzionale ed economico. Non vi votiamo per amore, vi tolleriamo per necessità». 

Era il mese di giugno del 2007! Il mattino, come sempre, si vede dal buon giorno! Magra consolazione potere dire oggi: «avevo ragione»! Tristezza e desolazione pervadono l’anima e la volontà di non andare a votare perché sarebbe una finta e un insulto all’intelligenza e alla dignità di me persona che non posso decidere nulla se non firmare ciò che inquisiti, condannati e delinquenti decideranno nel segreto (ma non tanto) dei loro luridi interessi.

Mi addolora che in questo attentato alla democrazia si possa scorgere la longa manus della gerarchia ecclesiastica cattolica perché il colpo di grazia al governo Prodi, da sempre inviso oltre Tevere, forse perché da quelle parti non si tollerano i «cristiani adulti», è avvenuta in una sincronia di fatti e interventi che dirli casuali significa bestemmiare il Nome santo di Dio. Sull’autobus a Genova ho ascoltato questa affermazione: «Quando mamma-Cei chiama, picciotto-Mastella risponde». L’interlocutore proseguiì: «Con l’indulgenza plenaria all’uomo dell’indulto». Non a caso, la credibilità della struttura ecclesiastica è crollata di 10 punti percentuali.

Ora le destre e le armate di Ruini, il grande regista dell’asse «atei-devoti e devoti-atei» possono avanzare a tenaglia e, travolta la suicida maggioranza del governo Prodi, installarsi nelle casseforti del potere e spartirsi con immorale cupidigia le spoglie di ciò resta del malaffare, del conflitto d’interessi, dell’economia, della cassa e della dignità di un popolo dissanguato.

Onore a Veltroni che con la proposta di dialogare a tutti i costi con Berlusconi gli ha gettato in soccorso il suo salvagente, risuscitandolo dalle secche in cui moriva. Ora che lo statista senza statura ritorna alla mangiatoia, può allegramente sperperare i risparmi e il risanamento economico che l’incauto Prodi ha operato.

Onore a Diliberto, a Giordano, a Pecoraro, a Di Pietro e compagnucci tisicucci che con maestria hanno saputo segare il ramo su cui erano seduti, regalando il Paese per la seconda volta a Berlusconi e intanto continuano a sorridere e a giocare a scarica barile. Avevano una missione storica: impedire per sempre la deriva del berlusconismo, hanno invece lavorato gratis per il suo ritorno. Viene il dubbio che li abbia comprati al mercato dietro casa. Noi chiediamo che non siano ripresentati tutti i capi, vice capi e portaborse della defunta maggioranza. Lo esige la Decenza. Lo pretende l’Etica.

Onore alla Cei, a Ruini, a Bertone, a Betori e a Bagnasco che ora benedicono, senza dirlo espressamente, le falangi fasciste, casiniane, finiane, storaciniane, mastelliane e berlusconiane, dimenticandosi – ahimé! – che tutti questi lanzichenecchi hanno fatto scempio della morale cattolica e della dottrina sociale alla quale pure dicono di doversi ispirare, avendo fatto solo i loro interessi e quelli del padrone, infischiandosene di quelli del Paese, delle famiglie, dei poveri, degli immigrati e di quanti non hanno nemmeno lacrime per piangere come Rachele i propri figli che muoiono di fame e di abbandono.

Onore a tutti i cristiani, figli devoti del papa che in nome dei sacri valori della famiglia e del «sano laicismo» voteranno per cattolici divorziati, concubini, conviventi, mafiosi, condannati, ladri, atei e devoti capaci di vendere Cristo, l’etica e l’onore per meno di trenta denari. Quando si tratta di battere e riscuotere cassa, ciò che conta e la forza del potere , mai la coerenza del cuore e la dignità della coscienza che sono appannaggio degli spiriti deboli.

Non ci resta che sperare in un miracolo! Madonna di Lourdes, pensaci tu, per piacere! Anche in articulo mortis!

Paolo Farinella, prete - Genova, 4 febbraio 2008.

 

Oggi ci è pervenuta copia della risposta della Madonna di Lourdes a Paolo Farinella, prete

Da: Madonna di Lourdes – Paradiso
A: Paolo Farinella, prete – Genova

E p.c.: alle Italiane e agli Italiani in procinto di votare in Italia

Raccomandata tramite messaggero angelico.

Madonnalourdes Caro Paolo prete,

Sono la Madonna, la mamma di Gesù, e rispondo alla lettera aperta che esprimeva disillusione e disorientamento di fronte alle elezioni politiche dell’aprile 2008. Moltissimi cittadine e cittadini non riescono a capire le posizioni della gerarchia cattolica, nonostante la politica di formale «non coinvolgimento» che il Presidente della Cei ha annunciato con grande enfasi il 10 marzo 2008 nella sua prolusione al consiglio permanente dell’organismo che raggruppa i vescovi italiani. «Non coinvolgimento» apparente, perché poi tutto, l’atteggiamento, il clima, il respiro, il contesto, lo sguardo, tutto converge verso alleanze implicite in nome di valori  o singoli temi, perdendo di vista la visione complessiva del «bene comune» che è il criterio di fondo che la stessa gerarchia cattolica scrive nei suoi documenti ufficiali. Nello stesso tempo c’è il rifiuto di fronte alle liste così come sono fatte. Molti si chiedono se sia giusto votare, se sia utile, se sia doveroso. Da persona seria, rispondo e non mi sottraggo al dovere di offrire una valutazione e di dare un consiglio.

1. QUESTIONE DI METODO: la coscienza del voto
Il voto è l’unico motivo che giustifica una democrazia diretta o parlamentare. Nella prima il popolo (una te-sta, un voto) sceglie chi deve governarlo e gli si affida per una legislatura; nella seconda il popolo (una testa un voto) sceglie il parlamento che a sua volta dà o toglie la fiducia ai governi, garante il Presidente della Repubblica. Senza il voto libero non esiste democrazia. Questo il dato di diritto. Il fatto in Italia è molto diverso perché gli Italiani sono stati ingannati con premeditazione. Il governo Berlusconi qualche mese prima che finisse la precedente legislatura (2006), consapevole che avrebbe perso le elezioni, ha messo in atto la sindrome di Sansone: «poiché gli Italiani mi ripudiano io li distruggo» e per vendicarsi degli Italiani che lui stesso definì «coglioni» (chiedo scusa per la scurrilità, ma l’uomo è di quel livello), fece l’unica cosa che un uomo senza senso dello Stato e senza dignità civile avrebbe fatto: rese ingovernabile l’Italia. Ci riuscì attraverso uno scippo costituzionale, perché tolse agli Italiani il «diritto di voto», obbligandoli ad approvare liste preconfezionate, fatte nel segreto delle segreterie dei partiti. L’autore di quella legge ignobile in un rigurgito di lucidità, ebbe a definirla una «porcata». Poche furono le proteste di fronte a questo colpo di mano incostituzionale. L’ingovernabilità non è solo figlia della rissosità della sinistra e della tracotanza di Mastella e Dini, ma in primo luogo dalla legge elettorale imposta da Berlusconi e votata da Casini, Fini, Bossi e cespuglietti: tutti hanno un dato comune perché fanno riferimento ai valori cristiani.

Gli Italiani e le Italiane, dunque, di fatto non votano, ma votano per finta perché non scelgono alcuno, ma convalidano soltanto «gli eletti» che altri hanno già scelto, sapendo in anticipo chi sarà eletto e chi no. Nei posti sicuri delle liste, naturalmente, vi sono gli uomini e le poche donne coreografiche di sicura obbedienza e ricattabilità. In questo contesto, l’onore e la dignità vorrebbero che nessuno andasse a votare. Eppure il voto resta l’unico strumento non violento che l’inerme cittadino possiede per dire ancora una parola, una parola strozzata che, forse proprio per questo, diventa un urlo ancora più forte. Berlusconi ha trasformato i cittadini in sudditi, se ne vanta e molti cittadini geneticamente mutati in sudditi lo applaudono, lo votano, lo osannano: è come se un assassinato dicesse al proprio assassino: vai che sei forte, fammi vedere come mi ammazzi bene! L’ultimo regalo che gli Italiani e le Italiane hanno ricevuto da lui è stata la candidatura di CIARRAPICO che si vanta di essere fascista mussoliniano per la serie che il degrado non conosce limiti. La motivazione di Berlusconi è disarmante: «ne abbiamo bisogno per vincere perché ha molti giornali importanti» (dichiarazione tg3, ore 14,20 dell’11.03.08): la libertà della stampa e la dignità dei valori ideali sono serviti di barba e capelli. «Famiglia Cristiana» lo definì «anarchico di valori», perché quest’uomo è inaffidabile: crede solo al suo tornaconto. I cristiani sono avvertiti in tempo perché dopo non basterà una confessione a lavare la colpa della complicità che diventa anche apologia del fascismo.

Primo criterio di voto: Non votare quei partiti che con la legge elettorale «porcata» hanno tolto agli Italiani e alle Italiane il potere e il dovere di esercitare il loro diritto costituzionale di liberi cittadini sovrani. Sono i partiti di Berlusconi, Bossi, Casini, Fini e i loro cespugli.

2.QUESTIONE DI DECENZA
Berlusconi e Fini oggi sono contro Casini; Casini oggi è contro Berlusconi e Fini: si accusano con parole grosse, s’insultano e si offendono, ma dimenticano che fino a ieri hanno governato insieme per cinque anni. Oggi Casini definisce il suo ex-capo e padrone falso, populista e dedito solo agli interessi suoi e dei suoi amichetti, ma Casini dimentica che lo omaggiava e riveriva come il salvatore della patria. Ha votato tutte le leggi vergogna che Berlusconi ha imposto per difendersi dalla Legge, dai tribunali, dal carcere. Ha votato fedelmente le leggi che hanno salvato Berlusconi dai processi e dalla bancarotta. Ha votato senza battere le ciglia cattoliche e senza gonfiare la cristiana giugulare la legge xenofoba «Bossi/Fini», dichiarata in parte incostituzionale, e tutte le nefandezze che hanno fatto solo e ed esclusivamente gli interessi dell’azienda del capo-padrone, a danno di quelli degli Italiani e delle Italiane.

Secondo criterio di voto: Non votare Casini che o era falso ieri o è falso oggi. O era gonzo ieri o è gonzo oggi. Come ci si può fidare di uno che in cinque anni non si è accorto con chi aveva a che fare? O c’era o ci faceva.

3. QUESTIONE DI ETICA SOCIALE
I partiti di destra che non alcun senso etico,  hanno presentato in posti sicuri uomini inquisiti e/o condannati in 1° grado e anche in 3° grado (Cassazione).  Sono ripugnanti i delitti contro il patrimonio e l’evasione fiscale (Berlusconi, Dell’Utri), il favoreggiamento alla mafia e alla malavita in genere (Berlusconi, Dell’Utri, Cuffaro, Casini). Queste presenze sono un insulto alla dignità del popolo che lavora, che suda,  che è onesto e paga le tasse. Chi vota questi individui uccide se stesso e perde il diritto alla onorabilità e alla decenza. La Politica è Etica, non un lupanare dove i lestofanti fanno i loro intrallazzi. Berlusconi ha evaso il fisco per milioni di euro e ha fatto leggi a favore degli evasori. Da un punto di vista etico significa che egli e i suoi compari hanno rubato a pieni mani all’intero popolo italiano che così è stato costretto a pagare di tasca propria con altre tasse quello che «lorsignori» hanno frodato e portato all’estero.
Il fatto che uomini come Valentino Rossi, Dolce&Gabbana, Versace, ecc. ecc. hanno concluso patti per milioni di euro con il fisco, restituendo agli Italiani e Italiane quello che avevano loro rubato, la dice lunga sui motivi per cui in Italia le tasse sono così alte. Se vince Berlusconi, Fini e Bossi o Casini potete dire addio alla lotta all’evasione fiscale che rende indegno un popolo che vuole essere civile.
Casini da parte sua mette  a capolista della Sicilia, Cuffaro condannato in 1° grado per mafia. Decenza vorrebbe che chi strombazza etica e valori cristiani non si mischiasse con simili figuri, ma ne ha bisogno perché senza Cuffaro, Casini è in ginocchio, dal momento che il suo partito è in mano alla mafia: se Parigi val bene una messa, un Casini val bene un Cuffaro «vasa-vasa». Forse è alla «famiglia mafia» che Casini pensa quando esalta i valori cristiani della famiglia.

La Destra non farà mai gli interessi del popolo e dei poveri perché i loro interessi sono rivolti  ai cosiddetti ceti medio-alti con tendenza al più alto. Berlusconi e Fini avevano promesso che non avrebbero candidato il senatore Nino Strano, siciliano di AN, che il giorno della sfiducia a Prodi, mangiò mortadella e stappò spumante in piena aula del Senato. Tutti condannarono l’insano gesto offensivo dell’onore del Senato. Oggi Berlusconi e Fini fanno eleggere Nino Strano per meriti acquisiti sul campo di battaglia: è un’offesa all’intero Paese.

Terzo criterio di voto: non votare le liste che contengono inquisiti, condannati in qualsiasi grado di giudizio perché anche la «moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto». Non votare quei partiti che appoggiano uomini indecorosi come Nino Strano, e Cuffaro «vasa-vasa» (bacia-bacia, in linguaggio siculo-mafioso). Un cristiano che vota questi FIGURI, non può in buona coscienza partecipare all’Eucaristia e ricevere l’assoluzione in confessione perché diventa «complice in solido».

4. LA GERARCHIA CATTOLICA
Il «Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa» (2004) sintetizza la visione dei cattolici in politica, nel sociale e nella cultura in genere con parole gravi che dovrebbero fare riflettere vescovi e preti, i quali invece fanno finta che queste parole non esistono nemmeno. Pubblicano documenti che essi stessi disattendono. Scrive il «Compendio»:

«Dalla dignità, unità e uguaglianza di tutte le persone deriva innanzi tutto il principio del bene comune, al quale ogni aspetto della vita sociale deve riferirsi…[perché] il bene comune …. non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro… Le esigenze del bene comune derivano dalle condizioni sociali di ogni epoca e sono strettamente connesse al rispetto e alla promozione integrale della persona e dei suoi diritti fondamentali. Tali esigenze riguardano anzitutto l’impegno per la pace, l’organizzazione dei poteri dello Stato, un solido ordinamento giuridico, la salvaguardia dell’ambiente, la prestazione di quei servizi essenziali delle persone, alcuni dei quali sono al tempo stesso diritti dell’uomo: alimentazione, abitazione, lavoro, educazione e accesso alla cultura, trasporti, salute, libera circolazione delle informazioni e tutela della libertà religiosa… Non va dimenticato l’apporto che ogni Nazione è in dovere di dare per una vera cooperazione internazionale, in vista del bene comune dell'intera umanità, anche per le generazioni future… Il bene comune esige di essere servito pienamente, non secondo visioni riduttive subordinate ai vantaggi di parte che se ne possono ricavare, ma in base a una logica che tende alla più larga assunzione di responsabilità. Il bene comune è conseguente alle più elevate inclinazioni dell’uomo, ma è un bene arduo da raggiungere, perché richiede la capacità e la ricerca costante del bene altrui come se fosse proprio. Tutti hanno anche il diritto di fruire delle condizioni di vita sociale che risultano dalla ricerca del bene comune» (Compendio, nn. 164, 165, 166, 167).

Lunedì 10 marzo 2008. Nella sua prolusione al Consiglio di presidenza della Cei, il presidente cardinale Angelo Bagnasco ha detto queste testuali parole: «Dobbiamo uscire dall’individualismo, dal pensare egoisticamente solo a se stessi e alla propria categoria nella dimenticanza di tutti gli altri: ce la faremo se anche la politica farà la sua parte. Essa peraltro ha un’insopprimibile valenza di esemplarità. Occorre che il personale politico questo lo tenga presente sempre, abbandonando a sua volta una politica troppo politicizzata, per restituire alla stessa uno spessore etico che solo può fare da collante».
Sono parole gravi, parole solenni che provengono dirittamente dal vangelo e che dovrebbero trasformare i cristiani in testimoni trasparenti di disinteresse personale al servizio del bene degli altri, mentre invece si resta per-plessi di fronte alla posizione della gerarchia cattolica che apparentemente dichiara il proprio «non coinvolgimento in alcuna scelta di schieramento politico o di partito» (Bagnasco, Prolusione, n. 6), per poi di fatto appiattirsi sulle posizioni di Casini e, in subordine, della destra, contraddicendo così sia le proprie parole che lo spirito della Dottrina sociale della Chiesa. Cosa vuol dire «non coinvolgimento» se poi Casini deve telefonare al cardinale Ruini per accettare o rifiutare l’offerta di confluire nel polpettone di Berlusconi?
Cosa c’entrano la Chiesa e i «valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano» (Bagnasco, n. 6) con Berlusconi, Bossi, Casini, Fini, Storace, Dell’Utri, Cuffaro «vasa-vasa» e compagnia cantante? Se c’è un rapporto, questo si chiama «abisso». Non sono questi gli assertori di un individualismo di sistema, la negazione della esemplarità nella vita e nella politica? Non sono costoro la negazione di ogni spessore etico dal momento che hanno trasformato l’Italia in un colabrodo di interessi individuali, diffondendo a piene mani e in nome della civiltà cristiana, l’individualismo selvaggio del «si arrangi chi può e chi vuole essere furbo», rubando, frodando lo Stato, il vicino, i poveri, prendendo quello che serve, facendosi furbi senza lasciarsi beccare? Se il presidente della Cei fosse coerente dovrebbe concludere il suo invito e dire: “Cattolici, non votate questa destra e questo centro di plastica che sono la negazione di ogni principio etico cristiano. Un cristiano che va alle manifestazioni in difesa della famiglia, in coscienza, non può votare per Casini che ha buttato alle ortiche ogni esemplarità e ogni decenza perché per cinque anni ha fatto solo gli interessi immorali e illeciti di uno che della ricchezza individuale ha fatto il proprio idolo, mentre il papa nel Messaggio per la Quaresima, riguardo alle ricchezze materiali ha dichiarato che «netta debba essere la nostra decisione di non idolatrarle» (n. 4,29). Berlusconi non solo le idòlatra, ma le adora con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le sue forze. Egli è incompatibile con l’ombra del cristianesimo, anche se fosse riflessa in uno specchio rotto.

Ruini ieri e Bagnasco oggi non perdono occasione per bacchettare su singoli temi il partito di Veltroni come non hanno risparmiato in nessuna occasione il presidente del consiglio Prodi, che ebbe la colpa di dichiararsi «cattolico adulto» in occasione del referendum sulla procreazione assistita. La Cei non ama i «cattolici ADULTI», ma predilige i chierichetti immaturi e sempre disponibili all’ubbidienza cieca, pronta e assoluta. Mai si era visto che vescovi e cardinali sconfessassero un presidente del consiglio, credente, praticante, con una sola moglie da sempre e una famiglia fondata sul matrimonio, per dare udienza, credito e appoggio anche elettorale a partiti e uomini politici, finti religiosi per opportunismo, sempre pronti a genuflettersi pur di averne un tornaconto: uomini e donne immorali, evasori, conviventi, concubini, divorziati, drogati e mafiosi.

Il deputato Casini, divorziato e con doppia famiglia è il referente della Cei, tramite il cardinale Ruini, per la politica d’ispirazione cristiana di centro. Difensore della famiglia e dei valori cristiani, egli addirittura è invitato all’università del papa a tenere la prolusione accademica, proponendolo così come modello di cristiano da imitare. I vescovi non si rendono conto che la morale non è un elastico che si allunga o accorcia a piacimento: la morale è coerenza nella verità, quella verità sulla quale il papa stesso ha fatto una enciclica. Nel partito di Casini è capo dei deputati tale Luigi Volontè che, invece di lavorare e guadagnarsi lo stipendio, raccoglie giaculatorie a spese dello Stato italiano e quindi dei poveri che non arrivano alla «terza settimana».
Il Berlusconismo ha inficiato il tessuto connettivo del popolo italiano, perché vi ha immesso il virus della contrapposizione e del nemico. Nel momento in cui crollavano le ideologie e il mondo iniziativa una nuova èra verso una unità di fondo, in Italia, Berlusconi e i partiti che dicono di ispirarsi ai principi cristiani hanno frantumato le resistenze e alimentato gli spiriti bassi della gente, spingendola con i loro comportamenti, le tv addomesticate e le politiche destabilizzanti ad un esasperato individualismo che vede nell’altro il nemico da distruggere. Casini era in prima fila in questo sfracello etico.

I vescovi non stanno difendendo la libertà di fede che la costituzione garantisce, ma finiscono per avallare un sistema di vita politica, una visione di politica e scelte economiche che collidono con la Dottrina sociale della Chiesa che mette in primo piano la prospettiva del bene comune e l’interesse per i poveri e meno abbienti. Chi deve difendere la famiglia? Berlusconi e Casini e Bossi e loro adepti che l’amano tanto da averne più di una? Chi difende i valori cristiani, uomini come Storace o donne come Santanchè che nega ai cittadini i benefici di convivente di cui lei usufruisce come parlamentare? Chi difende i poveri, e tra i poveri i più poveri, cioè i bambini, la Moratti che, contro ogni diritto naturale e internazionale, espelle i bambini dalle scuole dell’obbligo, se non in possesso dei permesso di soggiorno? Gesù non ebbe il permesso di soggiorno quando emigrò in Egitto, ricercato dalla polizia di Erode che voleva ucciderlo. Se allora Moratti, Berlusconi, Fini e Casini e Bossi fossero stati al posto di Erode, avrebbero sparato a vista su Gesù bambino, profugo per necessità.
Che cosa hanno da dire i vescovi sugli immigrati, che il fascista Fini e il panteista Bossi vogliono eliminare a colpi di cannone? Essi con le loro scelte parziali inchiodati su singoli temi (aborto, convivenze, ecc.) hanno perso di vista la visione globale della politica e si sono asserragliati nella difesa perdente di una religiosità marginale e non più realistica. Compito dei vescovi è convincere le persone con la libertà della predicazione ad incontrarsi con Gesù e il suo vangelo, creare spazi di libertà e confronto, non imporre con leggi dello Stato la propria visione della vita, per la quale dovrebbero essere disposti a dare la loro vita, ma mai a mendicare connivenze e privilegi, specialmente economici, per sé e le loro strutture in cambio di voti passando sopra ogni senso etico.

Tutti i partiti che hanno simboli religiosi o che formalmente s’ispirano ai valori cristiani sono di fatto pagani vestiti con drappeggi religiosi, devoti finti e atei veri. Se i vescovi fossero coerenti dovrebbero vietare a chiunque l’uso politico dei simboli religiosi e l’uso strumentale nella propaganda elettorale di qualsiasi richiamo al cristianesimo. Così non è. Avere tollerato e appoggiato per anni il sistema clientelare di Mastella & Famiglia che nel simbolo aveva addirittura un campanile, significa avere perso il senso dell’orientamento etico e valoriale: hanno appoggiato solo uomo che si è venduto per qualche posto al migliore garante di prebende. Giuda almeno aveva un ideale di liberazione per il suo popolo, Mastella che ideale cristiano aveva? 
Nella guerra sotterranea tra Bertone, segretario di Stato vaticano e Ruini, vero manovratore della Cei attuale, appoggiando la destra  che ora con la svolta di Berlusconi è diventata estrema destra, la gerarchia cattolica, la maggioranza della gerarchia cattolica, si è venduta l’anima alla massoneria perché il finto programma di Berlusconi è lo stesso che fu trovato nelle cantine di Castiglion Fibocchi di Licio Gelli, venerabile maestro della P2. Qualcuno dice che negli elenchi dei fratelli massoni, oltre alla tessera di Berlusconi (n.1816), vi fossero anche nomi e tessere di cardinali, vescovi e monsignori. Se l’appoggio della Cei a Berlusconi rientra nei doveri di sostegno tra fratelli massoni, allora la questione è diversa: fedeli nei secoli, come i carabinieri.

Quarto criterio di voto: Non votare quei candidati e quei partiti proposti, suggeriti o im-posti, direttamente o indirettamente dalla gerarchia cattolica che su questo campo ha nulla da dire perché il concordato lo vieta. I cattolici, in obbligo di coscienza, in forza della loro credo, non possono votare liste e candidati che dicono d’ispirarsi ai valori cristiani se quei valori non li rispecchiano con la loro vita. Non pos-sono votare chi urla la difesa della famiglia ed è serenamente divorziato, anche più volte. Non possono votare chi usa simboli o nomi cristiani perché lo Stato deve essere laico e deve garantire libertà di coscienza a tutti.
   
5. LA CREDIBILITA’
La destra ha governato per cinque anni con una maggioranza bulgara alla camera e al senato: questo è l’unico fatto positivo di quel governo. Nessuno dice che fu il più rissoso e il più instabile di tutta la storia repubblicana perché cambiò 14 ministri, tra cui quello degli Esteri, l’ambasciatore Renato Ruggiero, che se ne andò dichiarando che Berlusconi con la sua politica e i suoi gesti plateali irrideva l’Italia nel mondo e nelle cancellerie e snobbava l’Europa. L’avvocato Gianni Agnelli definì il governo Berlusconi la «repubblica delle banane». In economia il governo Berlusconi aumentò il debito pubblico, le spesa corrente dello Stato, dilapidò l’avanzo primario di 5 mila miliardi che gli lasciò il governo Prodi, impoverì l’Italia, si mise contro gli operai che scesero in piazza in tre milioni. Non gli bastò: abbassò le tasse ai ricchi e ai possessori di motobarche, si condonò da solo l’evasione fiscale sanando un debito di 170 milioni di euro circa con 1.800 euro (diconsi mille e ottocento euro) in tre rate, condonò gli evasori fiscali, dissacrò la magistratura, irrise le Istituzioni, saccheggiò la Rai mandando via Enzo Biagi che non potè comprare. Per buon peso, risanò i debiti della sua azienda, distrusse lo Stato di diritto, abolendo il falso in bilancio per salvare se stesso e i suoi famigli a danno dei piccoli azionisti che così pagarono e pagano gli sperperi delle aziende. In politica estera, estromise l’Italia dall’Europa e la portò in guerra al fianco di Bush sulle cui posizioni si appiattì: i morti in Iraq cadono tutti sulla sua coscienza di megalomane. Promise di aumentare  al 7%° il contributo italiano alla cooperazione internazionale (G8 di Genova) e non mantenne mai la promessa, anzi dirottò quei soldi per finanziare la guerra in Iraq.  Un governo che non ha mantenuto un solo impegno di quello che aveva assunto, ma è riuscito a salvare il padre padrone dalla bancarotta e dalla galera, è una accozzaglia a delinquere che un cattolico non può votare nemmeno dopo avere fatto i gargarismi con l’acqua benedetta per nove giorni di seguito.

Quinto criterio di voto: Votare uomini e donne credibili, che promettono poco e mantengono molto. Non votare chi promette il paradiso in terra perché è un falso e un ingannatore. Non votare chi invece di spiegare il suo programma, parla sempre male degli altri e strappa i programmi dell’avversario, segno di debolezza, ma anche gesto di un pazzo che vede nemici dappertutto perché senza nemici non può esistere. Il cattolico che vota Berlusconi abiura da ogni principio etico e religioso, anzi da ogni parvenza di umana dignità.

6. UNA PAROLA SU WALTER VELTRONI
Il segretario del partito democratico è certamente serio, fotogenico, televisivo, ma anche è un monsignore: basta guardarlo per vedere subito «le physique du role». Berlusconi gli è debitore in eterno (infatti non lo attacca mia direttamente) perché fu Monsignor Dabliu Veltroni a salvare Berlusconi dalla bancarotta, consegnandogli, chiavi in mano, il monopolio televisivo. Era il 4 febbraio 1985. Al senato era in scadenza il decreto sulle tv voluto da Craxi e detto «decreto Berlusconi». La sinistra indipendente fece ostruzionismo e bastava che il Pci prestasse un suo uomo che parlasse per venti minuti e quel decreto non sarebbe mai più passato perché era stato bocciato una prima volta alcuni mesi prima. Dabliu Veltroni, che già studiava da prete, era responsabile dell’informazione di Botteghe Oscure e in questa veste diede ordine ai suoi di fare passare il decreto perché De Mita aveva concesso la direzione di Rai 3 all’allora PCI. Per venti minuti di ostruzionismo mancato, l’Italia si trova con il flagello Berlusconi e le sue tv. Chi volesse conoscere la storia intera visiti il sito: http://www.peacelink.it/mediawatch/a/24384.html . Di questo l’Italia deve ringraziare Monsignor Dabliu Veltroni che anche oggi ha assunto i panni ecumenici del «volemose bene tutti». Egli è così buono che non disturba Berlusconi nemmeno con domande birichine per paura di disturbargli la digestione.

Piangere sul latte versato sono lacrime perse e non si può costruire la storia sui se e sui ma. Questa però e la storia ed è bene non dimenticarla, perché gli uomini e le donne non s’inventano. Alla storia si aggiunge anche la promessa che Monsignore Dabliu Veltroni fece diventando sindaco di Roma per la seconda volta: allo scadere del mandato, sarebbe andato in Africa e lavoro per lo sviluppo di quel continente che ama tanto e avrebbe lasciato la politica. Oggi si è dimesso da sindaco e dirige il nuovo partito democratico, in omaggio alle promesse e alla coerenza. Detto questo, per chiarezza, bisogna rilevare che ha saputo dare l’unico e rilevante segno di rinnovamento, almeno iniziale, della politica, scegliendo di non allearsi con quella sinistra (si fa per dire!) recidiva che ha litigato tanto da riconsegnare per la seconda volta l’Italia a Berlusconi. Nelle sue liste bloccate come quelle degli altri, ha svecchiato il parlamento e ha fatto un programma credibile e possibile, anche se ha fatto l’errore di allearsi con i radicali, cortigiane a buon mercato che ieri erano di là, oggi di qua, domani non si sa, con nonchalance, in base al principio liberali, liberista, libertario e socialista: posti e soldi. I principi sono come i digiuni: non si muore mai di digiuni alla Pannella, tutt’al più si rimedia la linea e si abbassa il colesterolo.

CONCLUSIONE-CONSIGLIO
Se gli Italiani e le Italiane dovessero scegliere onestamente, secondo coscienza, non dovrebbero votare alcuno degli attuali pretendenti. Non votare però è un brutto segno.  E’ un insulto a tutti coloro che hanno dato la vita per garantirci questo diritto, anche se mutilato, anche se stuprato da Berlusconi e compagnia. Purtroppo oggi il voto ha una valenza che va oltre il voto stesso: ha valore di difesa dello stato di diritto e dello stato costituzionale, democratico e laico. Di fatto oggi non si può votare scegliendo qualcuno, ma vietando a qualcun altro di andare al governo.

Se Berlusconi ritornasse al governo, essendo la sua ultima occasione e  non avendo più nulla da perdere per ragioni anagrafiche, farà scempio di ogni regola e di ogni legalità, dissacrerà il parlamento, distruggerà la giustizia, arricchirà i ricchi e impoverirà i poveri, comprerà i vescovi con una manciata di benefici, metterà la museruola ad ogni dissidente, instaurerà una dittatura populista e strisciante perché i mezzi non gli mancano. Quest’uomo, giunto ormai al delirio del culto della personalità e al conseguente delirio di onnipotenza, è pericoloso e bisogna fermarlo. Egli sa che oltre non può andare più: si divertirà a distruggere ogni cosa e ad incrementare la sua ricchezza, la sua iniqua ricchezza.

C’è un solo modo per fermarlo, un solo modo per toglierlo di scena: votare il partito democratico di monsignor Dabliu Veltroni, turandosi il naso e tutto il resto. Non si può nemmeno votare i «cosiddetti» partiti di sinistra che sono responsabili dello sfilacciamento del governo Prodi e della distruzione dell’immagine del governo a causa della loro sistematica rissa. Viene il dubbio che siano stati pagati sottobanco da Berlusconi per la loro scientifica opera di sabotaggio politico e assassinio di uno dei migliori governi degli ultimi trent’anni. L’estrema sinistra ha lavorato per riportare per ben due volte Berlusconi al governo e la seconda volta, risuscitandolo dal coma politico. Errare humanum, perseverare diabolicum.

IN SINTESI
Se io, la Madonna, dovessi essere in Italia e votare seguirei questi criteri, in quanto cittadina e in quanto cristiana:

1. Non voterei per i partiti o liste e/o individui suggeriti o appoggiati, direttamente o indirettamente  dall’autorità ecclesiastica perché non ne ha competenza e perché in Italia vige un concordato che vincola le parti a fronte di reciproci benefici. La Chiesa deve pretendere la liberta di parola, di aggregazione, di culto, di insegnamento, senza oneri per lo Stato.

2. Non voterei simboli e scritte che portano il nome «cristiano» o immagini religiose, come croci, campanili: è un uso improprio, segno di  ateismo pratico.

3. Non voterei partiti e liste che presentano inquisiti di qualunque genere: il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, giustamente ha detto (aveva il diritto di dirlo) che i politici devono essere «esemplari». Un cristiano non può votare la lista di Berlusconi che ripresenta oltre trenta inquisiti più Marcello Dell’Utri già condannato in via definitiva e per la seconda volta i 1° grado; non può votare Udc di Casini che presenta Cuffaro «vasa-vasa», condannato in 1° grado per associazione mafiosa. I cattolici che li votano tradiscono tutto il loro codice etico.

4. Non voterei liste o partiti che presentano coloro che sono passati da una parte all’altra senza battere ciglio, tradendo gli elettori. Chi tradisce una volta è pronto per la seconda se il prezzo è congruo: non bisogna votare, ad es. De Gregorio, Dini, Bordon, Manzione, ecc.

5. Non voterei i difensori della famiglia che nella loro vita privata sono divorziati o conviventi, se pubblicamente urlano sulla indissolubilità della famiglia fondata sul matrimonio: non possono imporre agli altri i pesi che essi non sono stati capaci di portare. O stanno zitti o si ritirano a vita privata: se non lo fanno, devono mandarceli gli elettori.

6. Non voterei chi vuole imporre agli altri la propria visione della vita sia religiosa che politica, senza tenere conto delle esigenze delle minoranze di qualunque natura e cultura, nel rispetto assoluto della dignità della persona, sia essa residente o immigrata.

7. Non voterei liste o partiti che non abbiano candidato almeno un 30% di presenze femminili.

8. Non voterei liste o partiti che non abbiano almeno un 30% di candidati e candiate sotto i 40 anni.

9. Non voterei liste o partiti che presentano oltre il 30% di candidati con più di tre legislature.

10. Non voterei liste o partiti xenofobi che discriminano uomini e donne in base al sesso, alla religione, alla nazionalità, al bisogno e alla dignità come la lega di Bossi che venera il «dio Po» e rinnega anche la decenza.

Io, la Madonna, voterei per salvare l’Italia dal baratro della barbarie berlusconiana e poi dal giorno dopo le elezioni… sarà un altro giorno.

Con la mia materna benedizione

Maria di Nazaret, 11 marzo 2008

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