giovedì 26 novembre 2009

Breakin' News: Cuffaro, chiesto rinvio a giudizio per concorso in associazione mafiosa

Cuffaro-cannoli PALERMO - La procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio del parlamentare dell'Udc ed ex presidente della Regione siciliana Totò Cuffaro per concorso in associazione mafiosa. Secondo il procuratore Francesco Messineo e il sostituto Nino Di Matteo, Cuffaro ha tenuto un comportamento teso a rafforzare in maniera sistematica e continuativa l'associazione mafiosa. Cuffaro è già stato condannato in primo grado a 5 anni nel processo alla Talpe della Dda per favoreggiamento, con una richiesta in appello di aggravamento della pena a 8 anni in ordine all'aggravante di avere agevolato l'organizzazione criminale.

Accanto a tale procedimento, adesso i magistrati vogliono che se ne celebri un altro che ripartirà dall'udienza preliminare, con la richiesta di valutare gli stessi elementi del processo sulle "Talpe", ma anche le dichiarazioni di nuovi collaboratori di giustizia, soprattutto dell'agrigentino
(da Repubblica.it)
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 ...calma, niente paura... Silvio ha già pronta la soluzione: la cancellazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa...

E Berlusconi prepara un'altra mossa: via il concorso esterno in reati di mafia. È l'accusa per cui è processato Dell'Utri e che potrebbe essere rivolta allo stesso premier. Il reato non esiste nel codice penale, ma che si è consolidato con le sentenze della Cassazione

Dell'utriSono rimasti impigliati nel processo breve. Già sanno che non gli potrà servire per le future accuse di mafia. Ma ci stanno dentro e ormai devono andare avanti. Sono costretti a dirsi, tra di loro, come hanno fatto ieri sera durante la riunione della consulta del Pdl per la giustizia: "Dobbiamo rassegnarci a vedere questa legge bocciata dalla Consulta". Amara constatazione che farà andare su tutte le furie il Cavaliere. Ma tant'è. Troppe, e ormai irrimediabili, le contraddizioni. Cercheranno di metterci mano, ma la partita è difficile. Per questo si concentrano su altro, su quella che definiscono "una strategia complessiva" per salvare Berlusconi non solo dai processi di oggi, ma anche da quelli di domani".

È l'inizio di una battaglia lunga. Che parte con l'immunità parlamentare, che passa attraverso una legge interpretativa per fissare in modo certo le date di un reato e quindi della prescrizione, e finisce con una sortita che per la prima volta, nella sequenza delle 19 leggi ad personam per Berlusconi, previene un'incriminazione e un processo, quello (futuribile) per mafia.

Vogliono mettere mano al reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Quello per cui è sotto processo a Palermo Marcello Dell'Utri. Quello che all'inizio fu contestato a Giulio Andreotti. Quello che colpì (ma finì in un'assoluzione) il famoso giudice "ammazza sentenze" Corrado Carnevale. Quello che ha portato alla sbarra tanti politici nelle zone di mafia, camorra, 'ndrangheta. Un reato che in realtà non esiste, perché nel codice penale non c'è, ma che "vive" per le pronunce convergenti della Cassazione. Quindi un delitto assodato, consolidato, fermo nella storia del diritto.

Ma quel crimine adesso si avvia ad avere una macchia. Potrebbe essere utilizzato dalla procure di Caltanissetta, Palermo e Firenze per indagare il presidente del Consiglio. E questo è davvero troppo. Quindi i consiglieri giuridici del premier si stanno muovendo in anticipo per terremotarlo. Ragionano tra di loro, giusto in queste ore, su dove sia meglio aggredirlo, se incidere sui termini della prescrizione, oppure se "normare" ex novo il delitto, ma con paletti tali da renderne l'applicazione difficilissima.

È l'operazione più a rischio che abbiano mai tentato. Ma è quella che "davvero serve al presidente", come vanno dicendo tra loro. Che scatenerà un nuovo e duro conflitto con i magistrati. Ma con una possibile imputazione per mafia è una battaglia che vale la pena giocare. Assieme, e stavolta con il pieno appoggio di Fini, i piediellini si stanno per buttare nell'avventura dell'immunità parlamentare, del pieno ritorno all'articolo 68, come lo scrissero nel '48 i padri costituenti. È di ieri, alla Camera, la nuova proposta dell'ex presidente della Provincia di Roma Silvano Moffa, un altro finiano che entra in scena. Nelle caselle di tutti i deputati ha depositato tre pagine, due di relazione e una di testo, che rimette in pista il vecchio articolo della Carta. A ieri sera aveva già raccolto quasi 150 adesioni tra quelli del suo partito. La proposta numero 2954 ha preso il via. Prima di depositarla Moffa ha chiesto, come rivela lui stesso, "il via libera di Fini". Che glielo ha dato. Dimostrando un'apertura verso il Cavaliere e le sue difficoltà con la giustizia.

A questo si lavora dietro le quinte. Sulla scena invece resta il processo breve a cui ormai bisogna mettere la pezza giusta, "almeno per fargli passare la firma del capo dello Stato", come dicevano ieri sera alla consulta pdl. Per questo il Guardasigilli Angelino Alfano continua a svenarsi per negare i dati negativi dell'impatto e ad affermare la razionalità della legge che "è buona anche se serve in due casi a Berlusconi". I tecnici, ancora stasera e sempre alla consulta, cercheranno di rappezzarla per tagliare via le incostituzionalità più clamorose come l'anomala lista dei reati e la regola sull'entrata in vigore. Più reati inclusi, valida per tutti i processi. Ma l'impatto schizzerà ancora più in alto rispetto ai dati forniti dal Csm e, proprio per questo, Napolitano potrebbe bloccarla.
(di Diana Milella - Repubblica)
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Tafanus ...siamo alle solite... siamo al disutile Fini che in TV fa la voce grossa contro le leggi ad personam, i privilegi dei potenti, i ladroni e i mafiosi di stato, ma poi in parlamento il suo "partito dalle mani pulite" le ha votate TUTTE, queste porcherie, e continua a votarle e ad appoggiarle tutte. Con un angolino della bocca tuona contro il DDL sul "processo breve", mentre con l'altro autorizza i suoi peones a lavorare per la reintroduzione dell'immunità parlamentare generalizzata. Non più a protezione delle sole "alte cariche dello Stato", ma a protezione di tutti, a cominciare dai suoi.

Con un angolino della bocca chiama stronzi i razzisti, guadagnandosi il clappete clappete della sinistra cogliona, ma con l'altro angolino della bocca (e con la mano destra che ha "apposto la firma", è coautore, con tale Bossi Umberto da Cassano Magnago, della ignobile legge razzista che porta il nome di Bossi-Fini.
Tafanus
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lunedì 23 novembre 2009

La sinistra sull'orlo del baratro

Sinistra-e-liberta "Sinistra e Libertà sull'orlo del baratro", titola un articolo di Andrea Carugati su l'Unità. Solo S&L? io ho l'impressione, netta come non mai, che TUTTO ciò che è a sinistra del PD sia ormai in una situazione da spiaggiamento e suicidio collettivo, come succede spesso alle balene che perdono, per qualche ignota ragione, il senso dell'orientamento.. Riuscirà la sinistra italiana a riprendere il largo? Salvi, Diliberto, Angius, Boselli... qualcuno sa che fine hanno fatto? Li ritroviamo noi, o dobbiamo rivolgerci a "Chi l'ha visto"? La lettura di questo articolo mi ha dato un forte senso di straniamento, una nausea  da labirintite. Come se ne esce? Ecco l'articolo:

«È più facile dividere l’Australia che riunificare la Polinesia», sintetizza uno sconsolato Fabio Mussi. Lui è forse quello che ci aveva creduto di più, al tramonto dei Ds, nella possibilità di costruire una «Linke» all’italiana a sinistra del Pd. E ora, dopo aver «sbattuto più volte la testa contro il muro», anche «l’impaziente» Mussi ha optato per «i piedi di piombo».

Prima i Verdi con il loro congresso vinto da Bonelli sulla linea indipendentista, ora lo strappo dei socialisti di Nencini, pronti alle carte bollate per impedire a Vendola e compagni rimasti di usare il simbolo «Sinistra e libertà» che tutti insieme avevano sottoscritto dal notaio. «La squadra delle europee non c’è più», constata Mussi. Sono passati solo due mesi dalla festa di "Sinistra e Libertà" a Napoli, che pur tra mille resistenze aveva dato “dal basso” il via alla costruzione del nuovo soggetto politico. E ora la gelata. «Spero che da qualche parte arriveremo, ma bisogna capire bene che progetto può uscirne...», avverte Mussi. Non tutti la pensano come lui tra i sopravvissuti di Sinistra e libertà, che sono i vendoliani ex Prc, la Sinistra Democratica ora guidata da Claudio Fava, gli esuli del Pdci di Umberto Guidoni e i verdi dissidenti di Cento e Francescato. I toni di Fava, ad esempio, sono assai diversi. «Sinistra e libertà è un processo che non appartiene a qualche segretario, ma al Paese. C’è un’attesa, un’urgenza, già 40mila persone hanno aderito».

Insomma, si va avanti, verso l’appuntamento decisivo, l’assemblea del 19 e 20 dicembre. «Volevamo fare un nuovo soggetto politico e quello faremo», rincuora i militanti Vendola, che proprio ieri ha sfidato i partiti annunciando la sua ricandidatura a presidente della Puglia. «Mi candido nel nome del popolo della legalità, della precarietà e dei bambini, ho interrotto il giro di valzer con i partiti, ora tutti devono giocare a carte scoperte». Vendola ha chiesto a Michele Emiliano di coordinare la sua campagna, si è detto pronto alle primarie e ha lanciato una sfida all’Udc: «Mi spieghino perché io sono un problema». L’ennesima «sfida impossibile» per lui, che si intreccia con le difficoltà del suo partito che ancora non c’è. E proprio tra i suoi fedelissimi non manca chi gli rimprovera qualcosa sul doppio-lavoro. «In questi mesi ha pensato solo alla Puglia», sussurrano.

Nencini, intanto, annuncia battaglie legali anche sul simbolo modificato, quello varato a Napoli, «Sinistra, ecologia e libertà». «Non credo che potranno usarlo», avverte, accusando gli ex compagni, a partire da Vendola e Fava, di aver «tradito» i patti e arrivando persino a mettere in discussione l’appoggio a «Nichi» in Puglia. «Hanno forzato sul nuovo partito, gli accordi erano che noi non ci saremmo sciolti». Su Nencini, del resto, piovono accuse: per aver stretto un accordo per una lista comune col Pd nella sua Toscana, già dal luglio scorso. Per aver fatto oscurare il sito di Sl (ne è nato un’altro provvisorio). Lui nega: «Sul sito abbiamo deciso insieme a Verdi e Sd». «Ha una visione antica e egoista della politica, ma tra i suoi militanti c’è già chi ha scelto noi», attacca Fava.

«Fa politica solo con le carte bollate», incalza Gennaro Migliore. «Si svegli dal sonno della burocrazia..». Continua Migliore: «Chissà, forse senza di loro andrà meglio:tanto peggio di così...». Si litiga anche sulla piazza del 5 dicembre: Sl ha aderito, Nencini no: «Sl non esiste più». Intanto nei Verdi si parla di espulsione per Cento, Francescato e gli altri dissidenti. «Non si può fare i dirigenti di due partiti diversi, sembra un film di Buñuel», li strapazza Bonelli. E ora che succede? I «reduci» proveranno ad andare alle regionali col nuovo simbolo. Dopo il voto il congresso fondativo, sempre che non prevalga la diaspora, chi verso Ferrero, chi verso Bersani e chi con Di Pietro. «Noi col Pd? Una stupidaggine», dice Fava. Ma Mussi è più cauto: «Se Berlusconi ci precipita al voto anticipato, bisogna ripensare tutto, neanche un voto può essere buttato...».

(di Andrea Carugati - l'Unità)

...qualcuno ha una xamamina a portata di mano?

venerdì 20 novembre 2009

Come il Governatore Raffaele Lombardo finanzia gli affari della moglie. Coi soldi pubblici.

L'istituto controllato dalla Regione finanzia l'impianto della moglie del governatore. Ben 5 milioni e 600 mila euro di fondi. Storia di un affare di famiglia

(di Marco Guzzetti - l'Espresso) 

Espresso È un piccolo conflitto di interessi alla luce del sole, è il progetto di finanziamento per un impianto fotovoltaico, approvato dal consiglio di amministrazione dell'Irfis, l'istituto di mediocredito siciliano, a favore dell'impresa agricola di Saveria Grosso, la moglie del presidente Raffaele Lombardo. Il progetto vale oltre 5 milioni e 600 mila euro. La somma sarà coperta in gran parte dalla banca di investimenti, il cui pacchetto di maggioranza è sotto l'egida di Unicredit con la regione Sicilia nelle vesti di socio minoritario. Proprio per questa partecipazione, l'Irfis è sottoposto al controllo e alla vigilanza da parte dell'amministrazione guidata da Lombardo.

La pratica della first lady siciliana è stata varata in tempi record: presentata ad aprile del 2008, ha avuto l'ok in soli due mesi.

Lombardo-raffaele Leggendo il documento si intuisce che i funzionari hanno subito il fascino sottile del potere, tanto che nel descrivere le attività della signora Grosso si sfiora il sublime: «Titolare dell'omonima aziendale agricola che opera dal 1999 nell'ambito delle colture agrumicole, esercita, inoltre, attività consulenziali nell'ambito dell'intermediazione finanziaria. Essa è coniugata con l'onorevole Raffaele Lombardo, presidente della Regione Sicilia». Una proposta, dunque, che l'Irfis non poteva rifiutare.

Il programma di spesa prevede la realizzazione nella tenuta di Ramacca, in provincia di Catania, di un impianto integrato per la produzione di energia solare, per una potenza pari a 992 kwh, su una serra di 20 mila metri quadri. L'Irfis sarà la capofila di un pool di banche che copriranno con quasi 3 milioni, il 50 per cento del costo.

Ma come farà la first lady a restituire il credito? Anche qui entrano in scena gli incentivi. Il piano economico lo spiega chiaramente. L'impianto - che sarà realizzato da Spes engineering, affiliata della rete franchising di Enel.si - verrà gestito da un "Spv", società veicolo previste dalla legge sul "conto energia". All'impresa agricola della Grosso toccheranno incentivi pari a 0,431 euro per ogni kwh prodotto. La stima è di oltre 1 milione e mezzo di kwh annui che faranno incassare alla Spv della famiglia Lombardo oltre 730 mila euro l'anno. Un bel business. Che l'Irfis ha condiviso con entusiasmo. Anche perché l'istituto è al centro di un delicata partita che vede il governo Lombardo contrapposto a Unicredit, nel controllo del pacchetto di maggioranza. Lo scenario vede la Sicilia pronta a cedere lo 0,5 per cento delle azioni detenute in Unicredit, in cambio del 76 per cento dell'Irfis, controllato da piazza Cordusio attraverso il Banco di Sicilia. Il sogno autonomista è utilizzare la licenza bancaria dell'Istituto per creare una banca siciliana.

L'Irfis è una preda ambita: anche la Popolare di Vicenza, presente in Sicilia con il marchio Bancanuova, ha tentato la scalata. Vista di buon occhio dal governo regionale, la proposta del gruppo bancario che fa riferimento a Zonin è stata stoppata dal no di Bankitalia. Tracce di Bancanuova si trovano anche nel progetto di finanziamento che la signora Grosso in Lombardo ha presentato all'Irfis. "Le attività consulenziali" citate nel documento si riferirebbero all'incarico di pr che la first lady sicula ha svolto per Bancanuova, generando un reddito imponibile di circa 200 mila euro l'anno. Secondo conflitto di interessi sfiorato: Bancanuova svolge il servizio di tesoreria per l'assemblea siciliana e gestisce alcuni fondi di rotazione dell'amministrazione regionale per oltre 50 milioni l'anno. A quanto risulta a "L'espresso", però la signora Grosso ha di recente rinunciato a questo incarico.
(19 novembre 2009)
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martedì 17 novembre 2009

Rutellismo on stage?

Salvelox
L'Alleanza per il Salvelox

Fra i nomi più prestigiosi della nuova Alleanza Salvelox si annoverano:

Francesco "Cicciobello" Rutelli: radicali > Verdi > Margherita > Ulivo > Unione > Alleanza Salvelox

Giorgio La Malfa: Repubblicani > Alleanza Democratica > Patto per l'Italia > Ulivo > Casa delle Libertà > Repubblicani Europei > Repubblicani, Liberali, Riformatori > Popolo della Libertà > Alleanza Salvelox (forse dimentico qualcosa...)

Pino Pisicchio: Democrazia Cristiana > Rinnovamento Italiano > UdEur > Patto per l'Italia > Italia dei Valori >  Margherita > Alleanza Salvelox

Paolo Guzzanti: filo-cossighiano, grande manovratore della commissione Mitrokhin, scopritore e sponsor del consulente Scaramella, filo-DC > Polo della Libertà > PdL > Partito Liberale Italiano (esiste, esiste...) > Alleanza Salvelox

Massimo Calearo: falco di Confindustria, improvvidamente imbarcato da uolter nel PD (quanti voti ci ha fatto perdere?), dopo la vittoria di Bersani alle primarie scopre di non essere mai stato di sinistra (se è per quello, neanche il PD...) Ora nell'Alleanza Salvelox.

Lorenzo Dellai, altro peripatetico: Democrazia Cristiana > PSI > Verdi > Margherita > Alleanza Salvelox


Vi terremo informati

venerdì 13 novembre 2009

Tutte le porcherie dei governi Berlusconi: dal 2001 al 2009, due leggi ad personam all'anno

Berlusconi02 -1) "Fuori sacco", il «Decreto salvaladri», luglio 1994. Ministro Biondi. il Cavaliere a Palazzo Chigi da tre mesi e germoglia già il seme della legislazione ad personam. Da quell'esatto momento - mentre gli italiani sono distratti dalla semifinale Mundial, Palazzo Chigi partorisce il primo decreto che risparmierebbe il carcere ai corruttori. Il decretino Biondi non vide mai luce, si sa. Quell'estate '94 i mondiali finirono, gli italiani si svegliarono e sull'onda dell' ndignazione il premier ritirò la prima delle norme vergogna.
-2) Pochi mesi dalle elezioni del 2001 ed il 28 settembre prende corpo la legge delega per la riforma del falso in bilancio, ridotto a poca cosa, «una legge di cui si vergognerebbero persino gli elettori di una repubblica delle banane» scrive allora "L'Economist".
 
-3) Il 3 ottobre tocca alle rogatorie internazionali, Dell'Utri-Guzzanti-Jannuzzi con una sola norma ne stoppano 7.000 già richieste alla Svizzera e a mezzo mondo dai giudici di Mani pulite (che indagano su Berlusconi e Previti) e i pool antimafia e antiterrorismo. Inutilizzabili.
 
-4) Gennaio 2002, è l'ora di mettere a tacere il conflitto di interessi con una legge ad hoc varata dalla Camera. Non basta la mera proprietà di aziende per configurarlo, le sanzioni non esistono e Berlusconi è salvo.
 
-5) Gaetano Pecorella dà il nome alla legge che cancella la possibilità di appello per le procure contro chi è assolto in primo grado, sarà poi cancellata dalla Consulta nel 2007.
 
-6) I processi ma anche l'impero di Silvio Berlusconi. Che le sue società si siano avvalse del primo scudo fiscale del decreto Tremonti 2001, resta solo un sospetto alimentato dalle 64 società off-shore del «comparto estero» Fininvest.
 
-7) Ha a che fare con l' impero anche il decreto Salva Rete4 del dicembre 2003, proprio quando la terza rete Mediaset stava per decollare forzatamente verso il satellite, la legge Gasparri del 2004 che ridisegna su misura il sistema tv

-8) Il Tremonti bis del 2003 che detassa le plusvalenze.

-9) Il decreto che nel 2004 copre col segreto di Stato i lavori faraonici nella residenza presidenziale di Villa Certosa. La renderanno invulnerabile agli attacchi terroristici, ma non alle incursioni dei fotografi.
 
-10) Quell'anno passerà col voto di fiducia anche la sanatoria sui reati ambientali e sulle coste, a scanso di sorprese. Ma assillo del premier, allora come oggi, restano toghe e procure. E poco importa se con la «blocca processi» del 2008 stavano per esserne cancellati 100 mila (denuncia Anm) e altrettanti con la riforma ora in cantiere.
 
-11) È storia vecchia. Melchiorre Cirami battezza nel 2002 il «legittimo sospetto» nel tentativo di spostare processi Imi-Sir, Lodo-Mondadori e Sme.

-12) Eudardo Cirielli, ex An, prima firma la norma che taglia le prescrizioni nel 2005

-13) Poi si pente: la legge diventerà ex Cirielli e andranno in prescrizione 35 mila procedimenti.

-14) La stretta sulle intercettazioni (ve n' è traccia nel lodo Schifani del 2003).

-16) Il sogno inconfessabile resta l'immunità totale che l'attuale presidente del Senato trasformò invano in legge nel 2008 l'altro fedelissimo siciliano Angelino Alfano. Su entrambi, il timbro della sconfitta: l'incostituzionalità.

-17) Il tentativo, stoppato, di abbreviare i termini di prescrizione del 20%.

-18) Infine (è storia di ieri) la porcata delle porcate: la durata massima 2+2+2 oer i reati di Berlusconi. Se passa la legge, ridiventerà candido come un giglio.


[Dati elaborati dall'articolo di Carmelo Lopapa - Repubblica]

mercoledì 11 novembre 2009

Lettera aperta a Tonino il Contadino

Tafanus Caro Tonino,

il tentativo mal riuscito di qualcuno, che vuole tappare la bocca alla rete, ha fatto riaffiorare alla mia memoria (ed alla mia rinnovata attenzione), fatti del 2006, di nessun rilievo, visto che si sono conclusi con l'assoluzione con formula piena degli imputati. E tu mi hai sempre spiegato che le sentenze della magistratura devono essere rispettate. Quando eri magistrato, questo rispetto lo rivendicavi sia per le sentenze da te emesse, che per quelle che avresti eventualmente potuto subire.

Quindi, senza tirare in ballo i protagonisti, che in questa fase non interessano, voglio rivolgerti alcune domande:

-a) corrisponde al vero che nel 2006 sia stato arrestato, mentre era in vacanza con la famiglia dove tutti sapevano che fosse (e cioè in un villaggio turistico), e quindi non in "latitanza", un assessore regionale DS, accusato di concussione (accusa da cui è stato assolto due anni dopo con formula piena), con l'accusa di aver spinto per l'assunzione di 2 (due) operai in due fabbriche che mai hanno iniziato la produzione?

-c) corrisponde al vero che alcuni parlamentari di tutti i partiti dell'Unione, tranne che dell'IdV, si siano recati in carcere, in missione ispettiva prevista dalla legge, a visitare il pericoloso detenuto, e a verificarne le condizioni fisiche e di detenzione, come previsto e consentito dalle leggi al cui rispetto sei tanto affezionato?

-d) corrisponde al vero che "...l'iniziativa ha fatto scoppiare una polemica durissima con te, che ti sei detto «stupito per la solidarietà espressa all' esponente della Quercia», tanto da far scattare la reazione di senatori e deputati solidali con l'arrestato, al punto che questi ultimi  ti hanno persino invitato a dimetterti?

-e) corrisponde al vero che in te, come ricordano i giornali dell'epoca dei fatti, non sia scattata la stessa sorpresa e la stessa disapprovazione, quando la processione di parlamentari (principalmente di AN) in visita ispettiva in carcere riguardava tale Vittorio Emanuele, e fatti ben più gravi di quelli imputati al pericoloso DS?

-f) Last but not least: corrisponde al vero che il primo dei  non eletti in un vicino capoluogo di provincia, in lista nel tuo partito, fosse il fratello del GIP che ha convalidato l'arresto del pericoloso DS? Ovviamente, non ipotizzo alcuna relazione fra i fatti. E' solo per sapere se corrisponde al vero questa circostanza, maliziosamente sottolineata da molti giornali, e da molti parlamentari dell'Unione.

Una tua eventuale risposta sarebbe molto gradita, perchè chiarirebbe finalmente se sono io ad essere "puntuto" o se sono i fatti e il tempo ad essere galantuomini. Ti saluto, con mutata stima.
Tafanus

P.S.: Giacchè ci siamo, anch'io mi associo alle dieci domande che ti sono state rivolte da una fonte non sospetta (i tuoi vecchi amici di MicroMega), sulla necessità di rinnovamento dell'IdV, con questo [articolo].


domenica 8 novembre 2009

Come hanno ammazzato Stefano Cucchi - La Russa e Alfano: niente da dichiarare?

Unita-cucchi
La "prima" dell'Unità del 7 novembre
Unita C’è una cosa che nessuno ha voluto raccontare finora sulla storia di Stefano Cucchi, arrestato vivo dai carabinieri e restituito morto alla famiglia. Non lo ha riferito il ministro Angelino Alfano. Né la direzione sanitaria dell’ospedale Sandro Pertini. Hanno soltanto detto che Stefano ha rifiutato le cure. Non il motivo. Ve la riferiamo così come è, nella sua crudezza, questa storia. Stefano Cucchi rifiutò l’alimentazione e l’idratazione forzata per protesta. Perché non volevano fargli contattare il suo avvocato di fiducia. Non è una indiscrezione.

 

È scritto in un documento firmato da un dirigente del reparto detentivo dell’ospedale Sandro Pertini, dove il giovane è morto il 22 ottobre scorso. "...Cucchi ha rifiutato espressamente qualsiasi terapia reidratante endovenosa, necessaria per la presenza di un quadro di insufficienza renale da disidratazione. E ha affermato di rifiutare anche di alimentarsi, accettando di bere liquidi e di assumere la terapia orale finché non parlerà con il suo avvocato..."

 

Ignazio-larussa1Cucchi era anoressico, pesava appena 45 chili per un metro e 76 di altezza, ma l’avvocato di fiducia non glielo hanno fatto chiamare neanche di fronte al suo rifiuto del cibo. Né lo hanno fatto parlare con i suoi genitori, andati più volte al Pertini per incontrarlo. Il documento inedito del dirigente sanitario ci viene letto da Luigi Manconi, presidente dell’associazione «A Buon diritto», già sottosegretario alla Giustizia. «È da una settimana - dice Manconi - che segnalo il fatto che già all’atto dell’ingresso in caserma, il 15 ottobre, Cucchi chiede che venga avvertito il suo avvocato di fiducia. La cosa non avviene in quel momento né in seguito, tanto che la mattina dopo se ne lamenta in tribunale, durante il processo per direttissima, con un carabiniere. Ha avanzato di nuovo la richiesta al Pertini e di nuovo gli è stato negato uno dei diritti fondamentali della persona, quello alla difesa».

 

Stefano ha bisogno di parlare con qualcuno di cui si fida, da solo. Forse proprio di quello che è successo dal momento in cui lo hanno arrestato la sera del 15 ottobre al parco dell’Acquedotto mentre piazzava due dosi di hashish, come è scritto nel rapporto dei carabinieri che lo hanno fermato. Un primo tentativo di parlare lo fa con un medico dell’ospedale Fatebenefratelli, dove arriva alle 20.01 del 16 ottobre, il giorno dopo. In pessime condizioni fisiche al medico che lo visita, C.C., Cucchi racconta di essersi provocato «il trauma contusivo» la sera precedente, «il paziente precisa alle 23», si legge nel referto. Alle 23, a ridosso dell’ora dell’arresto. Mentre parla Cucchi non è solo, c’è un agente ad accompagnarlo.

 

La tesi che qualcuno vuole portare avanti è che quelle lesioni risalgono a settimane prima. «Stefano stava bene - dice la sorella Ilaria - e lo dimostra un certificato medico di cui siamo in possesso, rilasciato dal suo dottore il 3 agosto scorso». Una radiografia effettuata all’Isola Tiberina mostra «frattura del corpo vertebrale di L3 sull’emisoma sinistro e frattura della prima vertebra coccigea». Il medico scrive che la deambulazione «è impossibile». La situazione è peggiorata rispetto al mattino, quando Cucchi andò sulle sue gambe in tribunale. «Mi è stato riferito che a Regina Coeli - dice Manconi - Cucchi per alcuni spostamenti utilizzasse una sedia a rotelle». I tre medici di Regina Coeli, ascoltati ieri mattina dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale, hanno confermato che al momento del suo arrivo in carcere, Stefano aveva lesioni gravi al volto, lesioni vertebrali e un sospetto di trauma cranico e addominale.

 

Alfano-angelino2«Noi siamo ancora all'inizio della nostra indagine - ha spiegato il presidente Ignazio Marino - ma i medici sono stati molto precisi circa la condizione fisica di Stefano Cucchi nel momento d'ingresso al carcere di Regina Coeli». Hanno spiegato anche che la nausea accusata da Cucchi è stata associata al sintomo come ad un'evidenza di un danno nervoso centrale.

 

A tale proposito doveva essere effettuata una Tac di controllo ma, ha riferito Marino, «apparentemente sembra ci sia stato il rifiuto di Cucchi di sottoporsi a questo tipo di esame".  Su questo punto, la commissione ascolterà mercoledì i medici del Fatebenefratelli. Ma saranno anche quelli del Pertini a dover spiegare cosa è successo. Il direttore sanitario Antonio D’Urso, riferisce che è in corso un’indagine interna.

 

Quanto al diniego di ingresso ai genitori fanno sapere di aver seguito alla lettera il protocollo firmato con il Dap. Senza autorizzazioni non si può vedere il paziente. Neanche se sta per morire. I carabinieri dal canto loro riferiscono che tutto quello che c’era da dire l’hanno detto al magistrato. Sono tranquilli. L’unico «buco nero», fanno notare,risalirebbe dalle 13.30 alle 14.05 quando la polizia penitenziaria lo trasferisce nelle celle di sicurezza del tribunale in attesa di andare in carcere. Si potrebbe definire uno «scaricabarile».

[di Maria Zegarelli - l'Unità]

ULTIM'ORA: Intanto il TgTre delle 19 ci mostra il documento col quale secondo Angelino Alfano, Stefano avrebbe richiesto che i familiari non fossero informati delle sue condizioni di salute. In effetti il documento citato esiste. Il piccolo particolare, però, è che questo documento non è firmato da nessuno: né dai sanitari, né da Stefano Cucchi. Per il resto, il documento è proprio come lo descrive Angelino Alfano... Ma ecco cosa aveva dichiarato "Angelino" Alfano in parlamento:

Alfano: non volle dare sue notizie ai parenti. Il ministro ha detto durante la sua informativa che Stefano Cucchi «ha manifestato ai sanitari la volontà di non rilasciare notizie sul suo stato di salute ai genitori. In base alle notizie che mi sono state comunicate dall'amministrazione penitenziaria i familiari di Cucchi per due volte si sono recati presso la struttura penitenziaria dell'ospedale Sandro Pertini» per parlare con il giovane. Ma in entrambe le occasioni, «è stata rappresentata loro la necessità di munirsi di permesso di colloquio». Quanto al «diniego» sempre opposto ai familiari di incontrare i sanitari per avere informazioni sullo stato di salute del giovane, Alfano ha spiegato che «si è data applicazione all'accordo esistente con la Asl di Roma secondo cui nessuna informazione può essere data ai familiari senza l'autorizzazione del magistrato. Questo divieto può essere superato dall'autorizzazione firmata dal detenuto. Ma - ha aggiunto Alfano, citando informazioni pervenute dal ministero della Salute - da quanto si evince dalla documentazione Stefano Cucchi ha firmato per non autorizzare alla diffusione le informazioni sulle sue condizioni di salute ai familiari».

...informiamo Angelino Alfano, ex segretario di Berlusconi, ministro, che dal documento mostrato dal TgTre si evince che Stefano Cucchi non ha firmato un c.... Tafanus

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giovedì 5 novembre 2009

Off Topics del 5 Novembre - patente a punti per il diritto di voto

...cominciamo bene...

....ha ragione il nostro amico Diabolik... BASTA suffragio universale. Introduciamo la tessera elettorale a punti, e i corsi di recupero (...ammesso che ci sia qualcosa da recuperare...)

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lunedì 2 novembre 2009

Ora che abbiamo cucinato Marrazzo come meritava, vediamo le "stranezze" del caso

Tafanus Di Marrazzo abbiamo scritto tutto il male possibile. Quindi, per piacere, nessuno immagini che il "complottismo" che sta prendendo piede in questi giorni sia in alcun modo in difesa di Marrazzo. Se c'è una banda di farabutti che ha tentato e tenta di usare le debolezze di Marrazzo a fini politici, di lucro personale o aziendale, è stato magnificamente aiutato da Marrazzo, dalla sua dabbenaggine, dalla sua scarsa consapevolezza dei doveri che il suo ruolo comportavano. Marrazzo ha fatto l'assist, ma alla fine si è dimesso. Altri continuano a dire che non se ne andranno MAI, neanche a fronte di una condanna penale, neanche a fronte dell'imbarazzo che la  permanenza su certe poltrone sta creando in Italia e all'estero.

Ribadite le colpe di Marrazzo, veniamo a quello che potrebbe alla fine risultare il vero risvolto banditesco dell'operazione. Chi l'ha condotta, come, perchè, per conto di chi, con quali contraddittorie dichiarazioni dei "personaggi e interpreti". E lo facciamo iniziando dalla pubblicazione di stralci dell'articolo [di Mariagrazia Gerini su "l'Unità"]

La strana asta del video rubato

Belpietro-maurizio «Senti ho visto adesso Piero.... ste cose non le dire... però m’ha detto...guarda Tonino io sto a questo punto...». «E niente... questa mattina... ho fatto un grosso lavoro fatto bene perché finalmente... è venuto il Presidente... levano la delega a quel deficiente dell’assessore». Piero è Marrazzo, il Presidente della Regione Lazio, prima che lo scandalo di via Gradoli si abbattesse su di lui. Tonino è Antonio Angelucci, il “re” delle cliniche private e della riabilitazione, con accreditamenti per 90 milioni solo nel Lazio. E così parlava al telefono di «Piero» con la moglie e con il suo uomo di fiducia. Stralci di conversazioni datati settembre 2007 finiti nell’inchiesta della Procura di Velletri su una struttura di proprietà degli Angelucci, il San Raffaele di Velletri. Una ricostruzione a tutto tondo del metodo Angelucci. Biglietti gratis alla partita, favori, regalie. I giornali usati come una clava. E poi pullman sotto il palazzone di via Colombo per protestare quando la Regione si rifiuta di riconoscere nuovi accreditamenti.

«Con il bastone e la carota» - scrivono gli inquirenti - Antonio Angelucci tentava di interferire nelle scelte della sanità. Ma mettiamo tutto questo da parte. Solo una premessa per dare la misura della confidenza tra Angelucci e il presidente della Regione Lazio. E veniamo alle vicende di questa estate. È l’11 luglio. Gianguarino Cafasso, il pusher di via Gradoli, contatta attraverso il suo avvocato una cronista di Libero, le fa sapere che ha un video molto compromettente su Marrazzo. Lei avverte la collega che dirige la Cronaca di Roma di Libero e insieme vanno a vedere di che si tratta. Guardano il video. Vedono Marrazzo, il trans, l’interno di un appartamento. Sono passati appena otto giorni da quando i carabinieri-mele marce hanno fatto irruzione in via Gradoli. In otto giorni, il video arriva sul tavolo del primo possibile acquirente, Libero, appunto, il giornale di proprietà degli Angelucci. Le due croniste riferiscono al direttore, Vittorio Feltri. Gli dicono della proposta di acquisto: 500mila euro. Lui si fa una risata e risponde che non ha nessuna intenzione di comprarlo.

Signorini-antonio-chi Insomma, la reazione non è molto diversa da quella di Antonio Signorini, il direttore di “Chi”, settimanale di proprietà della famiglia Berlusconi. Contattato a settembre, vede il video, decide di non comprarlo. Ma la prima cosa che fa è informare il suo editore. Marina Berlusconi, che avverte il padre, Silvio. E il presidente del consiglio decide che bisogna fare qualcosa. Quindi, alcuni giorni dopo, telefona al presidente della Regione Lazio e lo avverte che c’è in giro quel video su di lui. «No, invece in questo caso gli Angelucci non sono  stati informati di nulla», spiega la fac-totum dell’editore di Libero, Daniela Rosow. Gli Angelucci - spiega - non vennero a sapere del video né a luglio, quando editore era Feltri, né a ottobre, quando il nuovo direttore Maurizio Belpietro decide di vedere in prima persona quel video.

È il 12 ottobre. «Non sapevo nulla che qualcuno nei mesi passati aveva già cercato di contattare Libero, sono diventato direttore il 12 agosto e nessuno me lo aveva raccontato», spiega Belpietro: «Del video vengo a sapere da una mia fonte, un collega del Giornale; a quel punto mi informo, contatto l’agenzia Photomasi e lo vedo», spiega Maurizio Belpietro. «Come sono solito fare, ho deciso senza informare l’editore che quel video non mi interessava». Nessuna telefonata all’editore, poi, per raccontargli che in giro c’era un video assolutamente compromettente per il governatore della Regione Lazio. Anche se, secondo una ricostruzione fatta da Carmen Masi, lo stesso Angelucci esattamente due giorni dopo va alla Photomasi, vede il video e si dice interessato. «Ma io del video con Angelucci ne parlo solo quando il caso è già scoppiato e scrivo sul mio giornale che anche io lo avevo visto: lo incontro per altri motivi... », spiega Belpietro.

E anche Angelucci smentisce: «Mai visto quel video, mai comprato, mai saputo nulla da Belpietro». Un comportamento veramente britannico. D’altra parte, gli Angelucci questa estate erano presi da altre vicende, sempre legate al presidente Marrazzo ma nella sua veste istituzionale. A febbraio, infatti, l’inchiesta della Procura di Velletri accende i riflettori su uno dei tanti pezzi dell’impero Angelucci. Scatta l’ispezione regionale. Si scopre che i pazienti venivano dirottati da Velletri, struttura accreditata, a Montecompatri, in una struttura non accreditata. E a settembre a Montecompatri viene revocata l’autorizzazione. Scatta la revoca anche per Velletri, a cui gli uffici stanno ancora lavorando. Intanto, come se non bastasse due decreti intaccano il cuore del sistema Angelucci. Il numero 46 limita il day hospital a 10 posti ogni 100, prima in alcuni casi erano il 40%. L’altro colpisce gli introiti sui trattamenti di lungodegenza. Insomma, a luglio e nei mesi successivi gli Angelucci avevano altro a cui pensare. La sanità laziale, costretta dal Piano di rientro a tagliare circa 30-35 milioni alle cliniche Angelucci [...].

Tutto qui? No. Vediamo, nella ricostruzione del Corsera, le "strane cronologie" della famiglia Berlusconi

"...mentre i tre carabinieri si muovono, il fotografo Max Scarfone fa salire il livello degli interlocutori affidando il negoziato all’agenzia Photo Masi. Le regole per veicolare materiale delicato le conosce bene, visto che due anni fa fu proprio lui a immortalare Silvio Sircana, il portavoce del governo Prodi, mentre si accostava con la macchina a un transessuale in un viale alberato di Roma. Tentano con il settimanale della Rcs Oggi , ma dopo aver mandato il giornalista Sulas a visionare il video, il direttore Andrea Monti dichiara di non essere interessato. Ben diversa è la procedura con Mondadori, visto che il 5 ottobre Alfonso Signorini ne ottiene una copia. «Non avevo alcuna intenzione di pubblicarlo», dichiara quando la storia diventa nota. Ma, nonostante questo, non ha ritenuto di doverlo restituire a chi lo gestiva in esclusiva. Anzi.

Marina-berlusconi Ne parla subito con Marina Berlusconi e con lo stesso presidente del Consiglio, al quale lo porta in visione. Poi lo veicola all’interno del gruppo editoriale, ma non solo. Per il 12 ottobre procura un appuntamento al nuovo direttore di Libero Maurizio Belpietro che lo visionerà negli uffici della Photo Masi. Lo stesso accade due giorni dopo — 14 ottobre — con Gianpaolo Angelucci, l’imprenditore della sanità ed editore di Libero e del Riformista. Il diretto interessato smentisce di aver guardato il filmato, ma è Carmen Pizzuti, la titolare dell’agenzia, a rivelare i dettagli di quell’incontro, specificando che «Angelucci si mostrò interessato e disse che mi avrebbe dato una risposta entro le 19».

Chi mente e perché? Racconta Pizzuti: «Quello stesso 14 ottobre Signorini mi chiamò e mi disse di fermare tutte le trattative perché Panorama era molto interessato e dovevano decidere chi doveva pubblicare tutto». Adesso bisogna capire che cosa accadde nei cinque giorni successivi. Perché il 19 ottobre è lo stesso Berlusconi ad avvisare Marrazzo dell’esistenza del video. FATTI I CONTI? Sono trascorse due settimane da quando il suo gruppo editoriale lo ha avuto in consegna. Perché ha aspettato tutto questo tempo? Il presidente del Consiglio ha detto pubblicamente di aver fornito a Marrazzo i contatti per trovare un accordo con l’agenzia.

Il governatore racconta un’altra storia: «Silvio Berlusconi mi ha telefonato per comunicarmi di aver saputo che negli ambienti editoriali milanesi girava voce che ci fossero foto compromettenti che mi riguardavano. (..."quelle finesse"... "foto", non "filmati"... "Giravano", e non "...ho visto, tenuto, trattato il materiale per due settimane...NdR) Io ho subito ripensato all’episodio accaduto nei primi di luglio e ho cercato tramite i miei collaboratori dell’ufficio stampa di saperne di più. È così che mi è stato dato il numero di telefono dell’agenzia che sembrava interessata alla commercializzazione delle presunte foto che mi riguardavano». Pizzuti lo smentisce: «Il 19 ottobre Signorini mi ha telefonato dicendomi che mi avrebbe chiamato Marrazzo perché la cosa, per ovvi motivi, interessava direttamente lui. Infatti il 19 ottobre, tra le 15.00 e le 15.30, mi contattava sul mio cellulare una voce maschile che si presentava come Piero Marrazzo». Se anche fosse riuscito ad acquistare quel materiale, come poteva sperare il Governatore che il segreto fosse mantenuto per sempre? Sono tutte queste domande, tutti i misteri ancora aperti, a dimostrare come siano i ri­svolti politici ad intrecciarsi con un’inchiesta giudiziaria che potrà accertare la verità soltanto chiarendo le diverse versioni fornite dai protagonisti.

(da Fiorenza Sarzanini - Corsera)

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