sabato 19 novembre 2011

Sic transit gloria immundi: il lascito di Renato Brunetta (l'ultimo dei craxiani)

Come presidente il sindaco che l'ha sposato. In consiglio uomini nei guai con la giustizia. Costi: 4,5 milioni l'anno. Ecco il Formez-bis voluto dal ministro
(di Angela Camuso - l'Espresso)

Brunetta-carta-identita
Ci sono buoni intenti e pessimi risultati. Con iniziative che dovrebbero rendere razionale la macchina pubblica e invece si trasformano in ulteriori mangiatoie di denaro. E la vicenda dei due Formez appare il simbolo di questi paradossi, anche perché nasce dalla volontà di Renato Brunetta, che della guerra agli sprechi ha fatto il suo slogan.

Il Formez è uno storico ente di formazione e selezione del personale pubblico impegnato soprattutto nel Mezzogiorno, e diventato spesso sinonimo di carrozzone clientelare. Tre anni fa il ministro castiga-fannulloni ha deciso di creare un suo clone, Formez Italia, una spa che avrebbe dovuto svolgere la stessa missione ma con criteri privatistici: una botta di efficienza per risollevare il Sud dalla sua indolenza. Il primo problema sono le persone a cui è stato affidato il compito.

Alla presidenza è stato messo Secondo Amalfitano, geologo ed ex sindaco di Ravello. Difficile individuare nella sua carriera di amministratore della perla della Costiera i titoli per l'immane impresa di risvegliare il Meridione. Di sicuro è intimo di Brunetta, di cui la scorsa estate ha celebrato le nozze notturne, e a cui ha concesso di trasformare il rustico in una villa di gran fascino. Oggi come leader del Formez privatizzato Amalfitano riceve uno stipendio di tutto riguardo: fino a giugno 17 mila euro lordi al mese, diventati 20 mila da settembre in poi. Più un premio di produttività concesso a luglio di 70 mila euro. E come benefit un appartamento romano non lontano da piazza Barberini, in pieno centro, per gli spostamenti dalla sede operativa di Napoli a quella legale capitolina, in viale Carlo Marx, dove si reca due volte a settimana: metà del canone è a carico della vecchia società pubblica. Senza contare poi una carta di credito aziendale per le spese di rappresentanza, ovviamente a carico della privatissima spa.

Grazia-caponeAl suo fianco una figura a dir poco imbarazzante: Paolo Giovanni Bernini, un tempo consigliere del ministro Pietro Lunardi. Ossia il teorico della "convivenza con la mafia": un viatico niente male per chi deve indirizzare lo sviluppo virtuoso del Sud. Bernini nel 2005 fu interrogato per chiarire i suoi rapporti con il boss casalese Zagaria. Lui confermò di averlo incontrato ma disse candidamente che pensò di avere davanti un normale imprenditore. Una testimonianza che non ha rovinato la sua carriera politica: al Formez come consigliere d'amministrazione intascava in media 4 mila euro al mese, mentre la busta paga dello scorso ottobre ne prevede ben 7 mila. Ma Bernini, assessore del Comune di Parma, è stato arrestato, filmato mentre intascava una mazzetta sugli appalti delle mense scolastiche. Ora si discute delle sue possibili dimissioni, ma di fatto mantiene l'incarico dalla detenzione domiciliare.

Quanto a rinascita del Mezzogiorno il personaggio più illuminante è Salvatore detto Totò Castellaneta, avvocato di Fasano, in provincia di Bari e membro del collegio sindacale di Formez Spa. Intimo di Giampaolo Tarantini, è accusato insieme a lui di associazione a delinquere, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Perché, secondo la procura barese, Castellaneta avrebbe convinto Grazia Capone, meglio nota come l'Angiolina Jolie barese, a prostituirsi a palazzo Grazioli per allietare le notti del premier. Come abbia fatto a ottenere la nomina si può forse intuire dalle intercettazioni di quell'inchiesta. Agli atti c'è un suo sms del febbraio 2009: "Mi vogliono fregare il collegio sindacale Formez domani vogliono fare il blitz, se riesci a far parlare lui a Brunetta ministro competente". Immediata la replica di Tarantini, all'epoca sodale delle nottate di Silvio Berlusconi: "Stasera parlo". Ma la nomina slitta e così il 15 marzo del 2009 Castellaneta torna alla carica, chiedendo a Tarantini, come annotano i finanzieri, "di interessare Raffaele (il ministro Fitto, ndr.) per la questione Formez che stava in scadenza". A lui va una paga di rispetto: 3.668 euro a luglio, 4 mila ad agosto di quest'anno [...]

Brunetta-fannulloneFormez Italia spa è nata per essere piccola - capitale di solo mezzo milione - e agile. Il 76 per cento delle azioni però è detenuta da Formez pubblica, che ne dirige e coordina le iniziative: un vincolo che va rispettato nel formulare ogni convenzione. E il 90 per cento delle attività "private" viene "subappaltato" dalla vecchia struttura, l'unica che a norma di legge può prendere commesse pubbliche per progetti con importo superiore a 20 mila euro. Sulle quali - paradosso nel paradosso - Formez Spa deve pagare l'Iva.

Il listino dei subappalti di quest'anno include il format "Vinca il migliore" un progetto di selezione del personale ad alta innovazione tecnologica; il Ripam di Napoli, "corso-concorsone" per il personale del Comune del capoluogo campano; il seminario per l'incremento del livello professionale dei dipendenti della Corte dei Conti. Gli effetti della gestione privatistica in alcuni casi sono discutibili: per risparmiare si taglia sulla qualità. A Napoli il "corso concorsone" per il personale comunale è stato affidato a tutor che fino ad allora si erano occupati del protocollo. E per la lezione pratica degli operatori informatici si finì in un'aula senza computer. I risparmi in questo caso sono virtuali e sembrano soprattutto un escamotage: il costo di quel progetto è stato di 610 mila euro, personale a parte, inclusi una quarantina di contratti di consulenza esterna. Formez può dire di avere speso di meno, perché le consulenze esterne sono pagate con lo stanziamento per il progetto e non pesano sul bilancio di Formez. Ma alla fine l'esborso di denaro pubblico non cambia. Più che una prassi virtuosa sembra un trucco. Che però permette ai Brunetta boys di fare bella figura e intascare i premi di produttività.

Espresso

lunedì 14 novembre 2011

Mario Monti: un alieno a Roma (di Concetto Vecchio)

Monti-napolitanoNon potrebbero essere più diversi. Mario Monti alloggia all’Hotel Forum, dove una doppia costa 140 euro, quanto un bicchiere di palazzo Grazioli, e ieri, come milioni di italiani, è andato a messa con la moglie Elsa, mentre l’altro non lo faceva mai e nel giorno libero saliva sul suo jet per trascorrere il week-end in una delle sue ville da Mille e una notte; “faccio una vita disumana” si giustificava se un fotografo lo beccava con una aspirante concorrente al Grande Fratello.

Monti è rigido come uno svizzero, e infatti la tv elvetica gli tributa un affettuoso ritratto dal titolo “Il tecnocrate dalle buone maniere”. Fa impressione vederlo camminare nella luce opulenta di  Roma, senza dire una parola, intimidito; in quei frangenti che l’altro occupava per maledire i comunisti, attaccare i giudici, biasimare la stampa libera o solo raccontare una barzelletta sporca. Studi dai gesuiti, serene abitudini borghesi – le serate all’Opera, passeggiate silenziose tra i boschi dell’Engadina – la consorte, capo ispettore della Croce Rossa, gli ha portato le valigie viaggiando in treno da Milano, Monti è davvero l’anti-Silvio. In Parlamento, ad esempio, non conosce nessuno, è un perfetto alieno; si è sempre sottratto alla vischiosità salottiera della Roma del potere, e infatti non esiste nemmeno una sua paparazzata su Dagospia.

Ce la farà il professore Monti? La sua riuscita dipende anche dalla lealtà di Berlusconi, che comunque dispone della maggioranza al Senato, e la cui immagine ci perseguita anche all’indomani delle dimissioni, come dimostra il videomessaggio andato in onda – non a caso – mentre il Professore varcava la soglia del Quirinale per l’incarico. Non molla, il deputato Berlusconi, e quel “viva l’Italia!” pronunciato alla fine lascia presagire altri colpi di coda.

Le tv continuano a mostrare il discorso della sua discesa in campo, 26 gennaio 1994: sono passati quasi 18 anni! In 1994. Colpo Grosso, l’istant-book di Pino Corrias, Massimo Gramellini, Curzio Maltese, uscito per Baldini& Castoldi nella primavera del primo governo Berlusconi, si racconta questa scena, avvenuta a Montecitorio il 13 gennaio 1994: D’Alema, richiesto di un parere sulle probabilità di successo di Berlusconi, le scacciò via come una mosca fastidiosa: “Non siamo mica in Brasile”; la Bindi profetizzò “a destra Bossi batte Berlusconi 3 -1, perché la Lega al contrario di Forza Italia è popolare”, e Segni, che allora era l’uomo nuovo che il tycoon delle tv pensava inizialmente di appoggiare, dottoregiava: “Può darsi che la pensi come me, ma non conosco le sue idee perché m’interessano poco”. Oggi un giovane non sa nemmeno chi sia Mario Segni.

Forse Monti ce la farà, e a quel punto Berlusconi sarà davvero tramontato, ma abbiamo il dovere di essere, proprio in quest’ora di liberazione, sommamente severi con noi stessi: su quel che è stato, su quel che siamo diventati. “Perché – scriveva Barbara Spinelli su Repubblica il 12 settembre – la questione davvero importante non è Berlusconi, ma è come l’Italia abbia potuto sopportare un personaggio così per 17 anni. Chi siamo noi è la questione?” E Ida Dominijanni, ieri sul manifesto, si domandava “come fu che l’Italia di Machiavelli e di Gramsci, del diritto romano, del Rinascimento e del Risorgimento, l’Italia che Benigni porta davanti al parlamento europeo, dimenticandosi di citare il fascismo, venne captata nell’immaginario della fiction di Arcore: questa è la domanda che resta, e che obbliga a spostare lo sguardo, prima o poi, da lui a noi”.

(Concetto Vecchio - Repubblica)

mercoledì 9 novembre 2011

Troppo tardi, troppo male. Il mondo diffida dalle "promesse di dimissioni", e il "codice Clearnet" si è messo in moto. Ora solo un miracolo può salvarci dal default

Tafanus...ecco cosa scriveva, solo ieri, Alex Cariani su questo blog:

"...venerdì 4.11 il differenziale ha superato i 450 punti (il rendimento sul Bund è largamente inferiore al 2%, contro il 6,66% italiano): lunedì 7 novembre ha toccato il massimo di 492, e secondo il codice Clearnet, dopo cinque giorni consecutivi in cui lo spread resta sopra i 450 punti chi ha presentato titoli italiani come garanzia di un prestito è obbligato ad integrare con denaro contante il 15% del totale del prestito. Ovviamente l'effetto di questa regola sarà quello di una vendita al ribasso dei titoli detenuti dagli investitori, che si farà ovviamente catastrofico all'avvicinarsi del momento topico in cui scatterà il "si salvi chi può".

Questa slavina che la BCE sta cercando (invano) di arginare, in altri termini, potrebbe a breve trasformarsi in una valanga incontrollabile: prova ne sia il fatto che i Btp ad un anno vengono trattati sopra il 6% mentre i Bund tedeschi della stessa durata sono trattati allo 0,25%..."

Da anni, passandoci il testimone, Alex ed io abbiamo svolto il triste ruolo di profeti di sventura. Profezie facili, per chi abbia voglia di leggere lo sviluppo dei conti. Ora, purtroppo, non pagherà solo lo stronzo di Arcore, ma pagheremo TUTTI.

Solo 11 mesi fa, lo spread era intorno ai cento punti-base. Potevamo ancora salvarci, ma Berlusconi era impegnatissimo a salvarsi il culo, facendo il "Gallia degli scilipoti". Oggi ci avviciniamo ai 600 punti. La "tassa Berlusconi" costa, in prospettiva,  5 punti percentuali ALL'ANNO su una montagna di quasi 2000 miliardi di euro di debito. Significa che OGNI ANNO, per anni, dovremo trovare risorse per 100 miliardi di euro solo per pagare il "danno Berlusconi. Che Dio lo stramaledica.

A questo si aggiunga che ormai le misure che ci vengono richieste (giustamente, visto che l'Italia da sola rappresenta un quarto del debito totale della UE) sono maledettamente procicliche. Manovre che spingono la crisi ad avvitarsi su se stessa. E l'infelice esordio di Ignazio Visco (tranquilli, fino all'8% di rendimento non ci sono problemi) non ha certo contribuito ad insinuare dubbi nell'operato di investitori e speculatori.

"...ha dda passà a nuttata...", ma sarà una "nuttata" terribilmente lunga, terribilmente buia.

Tafanus

venerdì 4 novembre 2011

Renzinvest (di Marco Travaglio) e i nuovi ideali di Giorgio Gori e di Billy Aranciata Costacurta

Gori-giorgioTutti (si fa per dire) si domandano perché Matteo Renzi abbia scelto proprio Giorgio Gori come regista dell’operazione Leopolda ed estensore delle sue Cento Idee, e perché abbia scelto proprio Martina Mondadori per dire “Matteo tocca a te, ti vogliamo presidente del Consiglio”. Ma forse la domanda va rovesciata: perché Gori e la Mondadori hanno scelto proprio Renzi? Evidentemente perché lo sentono familiare. E per capire il motivo basta leggere le biografie dei due ex berluschini folgorati sulla via di Firenze (che presto, visto il super-ego del suo sindaco, verrà ribattezzata “Firenzi”).

Giorgio Gori viene da Bergamo. Da ggiovane bazzicava gruppi di destra, poi negli anni 80 fu adocchiato da Craxi e divenne craxiano. Dunque dirigente del gruppo Fininvest, dove se non eri craxiano non ti si filava nessuno. Carriera folgorante: nel 1989, a 29 anni, è capo dei palinsesti di tutte e tre le reti del Biscione, mobilitate l’anno seguente nella campagna pro legge Mammì; e nel  '91, a 31 anni, è direttore dell’ammiraglia Canale 5, dove rimane fino al 2001, salvo una parentesi di due anni a Italia 1.

Il che significa che nel '93 è roba sua la campagna “Vietato Vietare” contro la regolamentazione degli spot in tv. E nel '94, mentre B. entra in politica cacciando subito Montanelli dal Giornale, è lui il comandante della portaerei Fininvest che in tre mesi lancia Forza Italia nel firmamento della telepolitica (ricordate gli spottini di Mike, Vianello, Zanicchi & C.?) e fa vincere le elezioni al padrone. Ed è ancora lui a mettere la sua faccina efebica e la sua firma su programmi-manganello come Sgarbi Quotidiani e Fatti e Misfatti di Liguori, specializzati nel killeraggio dei “nemici” del padrone.
Mai un dubbio, una presa di distanze, un moto di disgusto, un sopracciglio inarcato. Nel '95 è la sua Canale 5 a capitanare la campagna elettorale contro i referenda che tentano di porre un argine agli spot e un tetto antitrust al gruppo Fininvest, come stabilito l’anno prima dalla Consulta. Ora, al fianco di Renzi, Gori dice di voler “liberare la Rai dai partiti”. Cos’è, una battuta? Che altro erano la Fininvest e poi Mediaset, Canale 5 e Italia 1, dal '94 in poi se non il braccio armato di un partito, con Gori sulla tolda di comando?

Sarà un caso, ma Gori vuole departitizzare solo la Rai: su Mediaset manco una parola. Sarà un caso, ma l’indomani Renzi è subito ospite di Matrix, da cui Mentana fu cacciato appena ospitò Di Pietro. E sarà un caso, ma l’unico tema trascurato alla Leopolda, assieme alla giustizia e alla mafia, è stato proprio il conflitto d’interessi televisivo. Dal 2001 Gori è fondatore, presidente e azionista di Magnolia, casa di produzione di format televisivi. Ieri s’è dimesso da presidente per dedicarsi a “nuove sfide” (Renzi), ma rimane azionista di una società fornitrice negli anni di Rai, Mediaset, La 7 e Sky. Una mossa che ricorda tanto quella di un altro signore che nel '94, con la morte nel cuore, annunciò che lasciava la Fininvest, restandone azionista e passandola al suo prestanome Confalonieri. Una mossa che certamente lo toglierà d’imbarazzo la prossima volta che Renzi sarà ospite di Piazza Pulita, l’ottimo programma di La 7 prodotto da Magnolia.

Martina Mondadori, classe 1981, figlia di Leonardo alleato di B. nella guerra di Segrate vinta da B. grazie a una sentenza comprata, siede nel Cda della casa editrice che fu della sua famiglia e che ha appena rimborsato a De Benedetti 560 milioni di danni per quella mega-corruzione. Alla convention di Renzi ha detto: “La nostra generazione vuole impegnarsi per cambiare l’Italia e la politica”. Evviva. Ma forse dimettersi dal Cda di una società rubata potrebbe essere un buon inizio.

P.S.: No, non ci siamo dimenticati la domanda d’esordio: perché Renzi piace a tanti berluschini. Una possibile risposta, davvero strepitosa, la dà Billy Costacurta come potete leggere qui sotto
(Marco Travaglio - Il Fatto Quotidiano)

Costacurta: “Perché sto con Renzi? Perché è il nuovo Berlusconi” (sic!)

L'ex calciatore: "Votare per Marina? Meglio andare al parco". Sul sindaco di Firenze: "Vuole il bene del Paese come un tempo il Cavaliere che ora dovrebbe dimettersi". E in caso di primarie afferma: "Darò il mio appoggio a Matteo". Vendola e Di Pietro? "Meglio la Santanchè" (...quando si dice l'approfondimento... NdR)

Alessandro Costacurta, 45 anni, 662 partite con il Milan. Se la caduta di un sistema inizia dai dubbi di chi fu colonna del palazzo, Billy è la fotografia di un crollo. Martina Colombari, sua moglie “da sette anni, ma stiamo assieme da 17” lo ha convinto all’ascolto di Matteo Renzi. Costacurta è andato e adesso, mentre si scalda al sole di Dubai, in testa, ha un’idea meravigliosa.

Costacurta come è andata?
Benissimo. Secondo me Renzi è il nuovo Berlusconi.

Scherza?
Neanche un po’. Renzi vuole lavorare per il bene del Paese, come un tempo accadde a Berlusconi. I due si sono conosciuti. Incontrati. Piaciuti credo. Se le dico rottamatori a cosa pensa? All’aria nuova. Ce n’è un bisogno folle.

Berlusconi deve andarsene?
È un mio amico, ma credo sia il momento.

Non teme di essere annoverato tra gli ingrati?
In Italia c’è libertà di pensiero, di parola e di ironia. Io cerco solo di dare un consiglio a una persona a cui voglio bene. Adesso Berlusconi non è in grado di fare il suo bene, quello della sua famiglia e soprattutto dell’Italia. Subisce attacchi continui, non so dire se giusti o sbagliati. Forse è meglio che si dimetta.

Lei lo fece.
Ero a Mantova e allenavo, in una situazione difficile con gli stipendi non pagati e il morale dei calciatori a terra. I risultati erano buoni, ma pensai che dimettermi fosse la soluzione più dignitosa. Berlusconi potrebbe fare, senza vergogna, lo stesso.

Lei voterà a sinistra?
Mai detto. Anche se nel 2008, al Senato, scelsi Veronesi del Pd. Lo conoscevo, mi fidavo. Io sono un moderato e al comune di Milano ho optato per Letizia Moratti.

È preoccupato?
Neanche per idea. Non sono triste né preoccupato per la vittoria di Pisapia. È una bella persona, Giuliano. Farà bene.

Lei non voterà per il Pd ma non andrà neanche alle primarie del Pdl.
Demonizzare non mi piace. Se ci saranno le primarie del Pd voterò Renzi, il giorno di quelle del Pdl, visti i nomi che girano, andrò al parco con mio figlio.

Perché?
Non mi convincono le candidature. Quando ho sentito il nome di Marina Berlusconi ho pensato si trattasse di uno scherzo.

Marina non la entusiasma.
Non la conosco e non la potrei mai votare, ma ripeto, il suo nome e quello di Formigoni non mi sembravano adatti. Così ho sospirato e poi ho deciso: "Billy, è meglio se ne stai lontano".

Ma l’avversione per Marina?
Non l’ho mai ascoltata dire: "Faccio qualcosa per l’Italia". Si devono tenere fuori i propri interessi quando si va a fare qualcosa di pubblico.

E se domani la chiamasse a collaborare Renzi?
Non andrei. Nel centrosinistra sei costretto ad accompagnarti a individui come Vendola e Di Pietro. A quel punto, meglio la Santanchè (...si vede, che questo nuovo innamorato del Renzino, è uno che si intende di politica... BdR)

Qualcuno insinua che sua moglie l’abbia trascinata da Renzi perché il polo televisivo di domani, l’ha scelto come candidato.
È ridicolo. Ho un amico in Magnolia, ma non si chiama Giorgio Gori che tra l’altro, ha appena lasciato la carica. Sono serio e non ho mai invaso la spazio professionale di mia moglie.

Qualche proposta renziana che l’ha persuasa?
Una sola Camera e la drastica riduzione delle leggi. Nonostante Berlusconi abbia fatto qualche casino, ha qualche giustificazione. Governare è complicato.

Lei ha detto di essersi trovato d’accordo con oltre la metà delle argomentazioni affrontate alla Leopolda.
Non è che l’altra metà mi sia parsa inutile. Non ho capito di cosa parlassero. (Ride)

La vita privata di Berlusconi in copertina l’ha indignata?
Neanche un po’. Io non giudico, però mi piacerebbe che quelli che ci governano non fossero sui giornali per queste cose, che si comportassero in altro modo.

In quale modo?
Nello stesso modo in cui mi comporto io.

(da "Il Fatto Quotidiano del 3/11/2011)

Tafanus...adesso la squadra è fatta... Giorgio Gori ghost writer e allenatore; Billy Aranciata Costacurta difensore centrale, Matteo Renzi all'ala destra, Chiamparino mezz'ala sinistra.

Ora lo so: arriverà ancora qualcuno che mi chiederà: "Tafanus, non ti sembra di esagerare"? Oppure: "Tafanus, perchè tanto astio per Matteo Renzi"?

Pre-rispondo, così evito di perdere e far perdere del tempo:

-a) no, non mi sembra di esagerare. I fenomeni di populismo vanno contrastati quando nascono e cercano di svilupparsi come una metastasi, non quando sono già diventati difficili da operare.

-b) no, niente di personale. Ho riservato a turno lo stesso trattamento (chemioterapia concentrata nel tempo), al cazzaro di Genova, ai violini di Di Pietro, Pancho Pardi e Ferrero, mascherati da spore spontanee "nate dal basso", ai superlui Gianfranco Mascia e Piero Ricca, a Di Pietro "senzamaschera" sub-specie di Pietro, e persino a Vendola quando lanciava le sue OPA velleitarie su partiti tre volte più grandi del suo, e quando pretendeva di parlare come un professore di glottologia ai metalmeccanici in cassa integrazione, che avevano più familiarità con torni e frese che col linguaggio aulico di Svendola.

Quindi, niente di personale. Ogni volta che nel mio campo visivo apparirà un cazzaro, io gli tirerò addosso. Che sia uno di sinistra, di centro o di destra.
Tafanus

Tafanus: Ricciardi inchioda Meloni in Aula: “Ma cosa festeg...

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