venerdì 30 dicembre 2011

Dall'euro non si può scappare

Sulla moneta unica non si può tornare indietro. Sarebbe troppo costoso. Ora l'Italia ha quattro possibilità per salvarsi. Nessuna delle quali prevede che a decidere saremo noi
(di Luigi Zingales - l'Espresso)
 
EuroL'anno scorso in questo periodo quando menzionavo il rischio di una fine dell'euro ero preso per pazzo o, peggio, per la quinta colonna americana che voleva insidiare le magnifiche sorti e progressive della nostra moneta comune. Oggi a considerare questa possibilità sono in molti: dalle banche che preparano piani per l'evenienza, agli studi legali che nei nuovi contratti inseriscono clausole per l'eventualità che uno o più Paesi escano dall'euro. L'euro è veramente arrivato al capolinea?

Per capire cosa succederà all'euro bisogna comprendere le cause della sua crisi. E queste cause sono in parte legate all'economia reale e in parte legate a quella finanziaria. Cominciamo dall'economia reale. Come ha scritto giustamente il premio Nobel per l'economia Paul Krugman, l'euro non è stata la creazione di un gruppo di tecnocrati, ma di un gruppo di inguaribili romantici che alle ragioni dell'economia ha anteposto quelle del cuore. Una moneta comune significa una politica monetaria comune.

Se un Paese è in una fase di boom e un altro in una fase di recessione, come può la banca centrale determinare un tasso di interesse che vada bene ad entrambi? Per questo la teoria economica dice che un'unione monetaria funziona solo se i Paesi dell'unione soddisfano quattro condizioni: libera circolazione di merci e capitale, mobilità del lavoro tra Paesi, un meccanismo di redistribuzione fiscale, e un'esposizione simile agli shock economici. Delle quattro l'Europa soddisfa pienamente solo la prima. La mobilità del lavoro tra Paesi è molto parziale. I portoghesi vanno a lavorare in Germania, ma quanti tedeschi sono disposti ad andare a lavorare in Spagna? La redistribuzione fiscale è minima. Per finire, le economie del Sud e Nord Europa sono esposte a shock molto diversi. Il turismo è fondamentale per il Sud, l'export di prodotti manifatturieri per il Nord.

Ma allora perché fu fatto l'euro? Perché si anteposero le ragioni del cuore. Nel desiderio di unificare politicamente il Continente si decise di cominciare dalla moneta, con la speranza che con il tempo si sarebbero fatti i passi necessari per rendere questa scelta sostenibile. Purtroppo questi passi non sono stati fatti ed oggi il Sud Europa si trova con una crisi di competitività: per data produttività il costo del lavoro nel Sud Europa è più alto che nel Nord. Per questo la Germania cresce e la Spagna e l'Italia no. Senza la leva del cambio e una politica monetaria mirata, il Sud Europa fa molta difficoltà a riprendersi. Per riguadagnare competitività deve aumentare la produttività di più dei tedeschi o ridurre i salari rispetto a quelli tedeschi. Il primo obiettivo può essere conseguito con forti investimenti in capitale fisico e umano, entrambi non facili da effettuare in un periodo di stagnazione economica. Per conseguire il secondo obiettivo in tempi brevi, c'è bisogno di un taglio dei salari nominali, difficilmente sopportabile dal punto di vista sociale.

Anche se riteniamo che l'euro sia stato un errore, disfarlo non è necessariamente la soluzione, perché ci sono enormi costi di transizione. Immaginiamo che, all'insaputa di tutti, il primo di gennaio 2012 il governo Monti annunci che la moneta a corso legale in Italia non è più l'euro, ma la (nuova) lira. Contestualmente decreta che tutti i contratti denominati in euro debbano intendersi denominati in lire al tasso di cambio di 1 a 1. L'indomani sul mercato la lira varrà tra il 30 e il 50 per cento in meno di un euro, conseguendo l'effetto di una svalutazione.

Il governo italiano, però, ha il potere di cambiare i contratti solo all'interno del suo Paese. I titoli obbligazionari in euro emessi dalle aziende italiane sui mercati internazionali non possono essere modificati dal nostro governo e quindi rimarrebbero in euro. Di conseguenza, le nostre principali imprese e banche si troverebbero ad avere l'attivo svalutato e parte del passivo no. Molte di loro fallirebbero. Lo stesso vale per i titoli del tesoro italiano. Quelli emessi su piazze straniere, non sottoposte alla nostra giurisdizione, non sono convertibili e rimanendo in euro andrebbero ad aumentare il peso del nostro debito pubblico. Per finire, il Tesoro dovrebbe pagare degli interessi molto più elevati per convincere gli investitori a sottoscrivere le nuove emissioni. Questi interessi finirebbero per rendere insostenibile il nostro debito, costringendoci al fallimento. Nell'unirsi all'euro, l'Italia si è bruciata i ponti alle spalle ed ora non c'è una via di fuga.

Se questi problemi economici non bastassero, ci sono i problemi finanziari, che l'Unione europea ha visto bene di gestire nel peggiore dei modi possibile. Quando la Grecia, che aveva mentito nelle sue statistiche ufficiali, ebbe difficoltà nel finanziarie il proprio debito, il resto dell'Unione si trovò di fronte ad una scelta: affermare il principio che ogni Stato è responsabile per le proprie finanze e lasciar fallire la Grecia o stabilire che l'unione monetaria vuole anche dire solidarietà fiscale e mettere in piedi un meccanismo credibile di mutuo soccorso.

Si può discutere su quale fosse la soluzione migliore nel lungo periodo, ma entrambe avevano una coerenza logica. L'Unione europea cercò un compromesso che, mancando di ogni coerenza logica, si rivelò peggiore di entrambe le soluzioni estreme. Si cercò di salvare la Grecia con misure ad hoc, creando un'enorme ambiguità su cosa sarebbe successo se altri Paesi (in particolar modo l'Italia) si fossero trovati in difficoltà.

L'ambiguità è molto pericolosa quando un Paese è fortemente indebitato come il nostro. Il minimo dubbio sulla nostra solvibilità si trasforma in una profezia autorealizzantesi perché fa aumentare i tassi che rapidamente rendono il peso del nostro debito non sostenibile. La scintilla che ha scatenato l'incendio è stato lo scandalo cha ha coinvolto il braccio destro dell'ex ministro Tremonti. Ma era solo questione di tempo. Il ritardo del governo Berlusconi nel rispondere alla crisi ha creato sfiducia nel nostro Paese ed ha indotto molti investitori stranieri a vendere i nostri titoli.

Luigi Einaudi diceva che i risparmiatori sono come gli uccelli: è facile farli volare via, ma difficile farli ritornare. Lo stesso vale per gli investitori in titoli di Stato. Il governo Monti sta facendo il possibile per risanare le nostre finanze e dare credibilità al nostro Paese. Ma è troppo tardi. L'Italia non è più in grado di salvarsi da sola. A questo punto ci sono quattro possibilità.

La prima è che si faccia un unione fiscale. Questo significa che i tedeschi garantiscono il nostro debito pubblico. Perché questo avvenga dovremo rinunciare a gran parte della nostra autonomia di bilancio. Nel lungo periodo può essere costoso, ma nel breve sarebbe per noi la situazione migliore. È però difficile che i tedeschi acconsentano.

La seconda è che la Banca centrale europea si metta a fare quello che hanno fatto sia la Fed che la Banca d'Inghilterra: comprare massicciamente titoli sovrani. Questo ridurrebbe la tensione sui nostri titoli di Stato e spingerebbe al ribasso l'euro, facilitando le nostre esportazioni al di fuori dell'Europa. L'unico rischio sarebbe quello di inflazione. Un rischio che, date le alternative, forse vale la pena di correre. Ma come la pensano i tedeschi?

La terza soluzione è che non ci sia nessun accordo. In questo caso è facile che prima o poi un'asta del Tesoro italiano vada deserta e l'Italia debba chiedere aiuto al Fondo monetario internazionale. In cambio il Fondo chiederebbe misure draconiane. Come è successo per la Grecia, il Paese si avviterebbe in una recessione e poi alla fine in un default. Per noi questa sarebbe di gran lunga la soluzione peggiore.

La quarta è che ad uscire dall'euro sia la Germania con i paesi del Nord Europa. Sostituendo una valuta forte (il nord-euro) a una che diventa debole (l'attuale euro che diventerebbe il sud-euro), la Germania avrebbe la facoltà di decidere chi può convertire e nessuno degli esclusi avrebbe alcun rimedio legale. Anche in questo caso, il costo maggiore sarebbe per la Germania, che vedrebbe ridotta la sua competitività e si troverebbe costretta a sostenere le proprie banche.

Purtroppo tutte quattro queste possibilità hanno un elemento in comune: a decidere non siamo più noi. Ormai siamo solo una provincia dell'Impero.

Luigi Zingales

domenica 25 dicembre 2011

La morte di Giorgio Bocca - Il ricordo e le testimonianze dei colleghi e degli amici di Repubblica

Giorgio-bocca-gazzettapopolo...morire il giorno di Natale... ci sono giorni migliori, per andarsene... Noi non possiamo aggiungere niente di nostro alle testimonianze di chi gli è stato più vicino. A Repubblica, all'Espresso. L'articolo che linkiamo è la testimonianza più completa che sia uscita finora in rete. Contiene brevi note biografiche, una videointervista ad Ezio Mauro, il link al suo ultimo articolo, una nota sulla sua rubrica sull'Espresso.

Di Giorgio Bocca  avevo letto (sono passati trent'anni) una ponderosa "Storia della Repubblica Italiana". Sei volumi, pubblicati da Rizzoli nel 1981. Spero che nessun idiota adesso voglia tirar fuori l'appartenenza di Giorgio Bocca al GUF, durante il periodo universitario, magari senza sapere  che per un giovane e promettente sciatore l'iscrizione al GUF era l'unico modo possibile per fare sci agonistico. E che vogliano invece ricordare la sua convinta partecipazione alla Resistenza nel gruppo di "Giustizia e Libertà".

Quello che segue è il link all'articolo di Repubblica, nel quale sono contenuti sotto-links di notevole interesse. Un affettuoso saluto ai suoi familiari ed ai suoi colleghi. Giorgio vivrà attraverso il lavoro enorme di giornalista e di scrittore che ci ha lasciato. Tafanus

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Alla memoria di Giorgio Bocca vorrei dedicare un suo pungente articolo del 13 febbraio 1997. Sono passati 14 anni, e neanche nel '97 Giorgio Bocca era un giovincello di primo pelo (aveva 77 anni). Eppure il suo tagliente sarcasmo contro il populismo in genere, e quello di Giacinto Pannella detto Marco in particolare, avrebbe potuto benissimo portare la data di ieri.

Siamo sempre nel campo in cui risuonano come un mantra espressioni che nessuno è più capace o voglioso di decodificare, tante sono le volte che sono state ripetute. Dette di radicali, parole come partitocrazia, regime, partito transnazionale-transpartito, liberista-liberale-libertario, sciopero della fame e sciopero della sete (ad oltranza, a staffetta, in comitiva o in singolo) hanno perso la loro capacità semantica, ed hanno acquistato la fastidiosa natura di rumore di fondo. Oggi lo hanno capito quasi tutti, ma 14 anni fa Pannella era il Grillo del 2007, il Vendola del 2010, il chissà-chi del 2012... Tafanus

Pannella e dintorni, l'insopportabile retorica del popolo sovrano
(di Giorgio Bocca - l'Espresso - 13/02/1997)

L'Italia populista piange sui no della Corte costituzionale a buona parte dei referendum proposti da Marco Pannella. Il quale continua ad apparire in televisione con dei cartelli sul petto, e a sbalordire con dichiarazioni sbalorditive: come quella che il fascismo era meglio della nostra democrazia, era molto più liberale, anche se uno come lui durante il ventennio non avrebbe circolato un solo giorno a piede libero.

Questo populismo dilagante e questi referendum a pioggia poco li capisco. Non capisco questa democrazia referendaria, da Golgota, del tipo: volete salvo Cristo o Barabba?, e tutti subito: Barabba, come hanno sempre gridato nei secoli dei secoli le folle.

Ho visto che fra i referendum approvati c'è anche quello per l'abolizione dell'Ordine dei Giornalisti. Ma che cosa ne sa il popolo sovrano? Che cosa ne sa la maggioranza degli italiani che i giornali non li leggono, tanto è vero che siamo fermi da un decennio a 6 milioni di copie con tendenza a diminuire? Faccio da cinquanta anni il giornalista, e non ho ancora capito se questo Ordine sia un bene o un male o un niente per la professione: dovrei saperlo fra qualche mese dal popolo sovrano?

Il popolo sovrano già una volta ha abolito il ministero dell'Agricoltura, e ora, secondo i populisti, dovrebbe abolire anche quello dell'Industria. L'agricoltura non c'è più? L'industria è evaporata? No, ma il populismo va a braccetto con il federalismo, altra chimera moltiplicatrice di burocrati. Via i ministeri, i rapporti con l'Unione europea saranno tenuti dalle Regioni? Ma non sono state un fallimento? Qualcuno di voi mi sa dire quali vantaggi siano venuti per i produttori dalla regione Lombardia o da quella siciliana?

Il ragionamento dei nostri politici populisti, tutti, dall'estrema destra all'estrema sinistra, è questo: siccome la prima Repubblica non funziona più, vediamo di cambiarla. Mica nel costume, mica nella scuola, mica nella giustizia, mica nella sostanza; ma nella confezione. Una nuova Costituzione, e popolo sovrano in abbondanza. Nomina diretta del capo dello Stato, del presidente del Consiglio: è lui, il popolo, la fonte di ogni autorità. Vergognose ipocrisie. La democrazia è regole del gioco e rispetto dei diritti umani, non queste colossali turlupinature. Come se i candidati alle più alte cariche non fossero come prima, come sempre selezionati dai partiti, imposti dai partiti, dai mass media, dai giornali dei ceti dominanti.

Il popolo sovrano! Compresi i 440 marinai rinviati a processo perché rubavano sui traslochi? Compresi quelli della scuola di guerra di Civitavecchia che facevano altrettanto, come i loro colleghi inquisiti in quel di Padova? Compresi gli evasori fiscali a milioni? Popolo sovrano chiamato a decidere anche di etica amministrativa i 30 mila di Gela che abitano in case abusive?

Non siamo certo qui a tentare un revival dell'autoritarismo che diede vita al fascismo, le invettive antipopolari di Domenico Giuliotti contro i guastatori dell'ordine gerarchico ci sembrano roboante retorica. Ma questa democrazia referendaria, plebiscitaria non ci convince; questo intramontabile gigione navigante fra destra e sinistra che si chiama Pannella, e che impapocchia su resistenze partigiane al nuovo fascismo, ci dà più tristezza che fastidio. Ancora questo inganno populistico, questo fingere un governo delle masse mai esistito e sempre rivoltato a danno delle masse.

Che cos'è questa pioggia di referendum, metà abbondante dei quali incomprensibili a una persona colta, preparata, figuriamoci ai milioni di altri che non ne sanno niente? Pubblichiamo in continuazione sondaggi da cui risulta che la maggior parte dei concittadini sa niente di storia, di politica, di amministrazione e poi gli chiediamo di decidere sui massimi sistemi? Ma chi fa il politico, l'uomo di potere deve far finta di crederci. Non può dubitare in pubblico del popolo sovrano. Perciò lascia che sia rimbecillito dai media pubblicitari e consumistici, lo vede abboccare a tutte le mode, a tutti i conformismi, e poi chiede che sia lui a comandare. Per burla.

giovedì 15 dicembre 2011

Senegalesi uccisi: da Firenze, una lezione di civiltà.

Senegalesi-foto
Il più bel risarcimento che la comunità senegalese di Firenze avrebbe potuto ricevere, è stata la sincera e commossa partecipazione della città, e in primo luogo di quegli stessi ambulanti di San Lorenzo, che hanno chiuso i loro banchi per rispetto ai loro "concorrenti" di pelle scura. Grazie, Firenze!

Video - Intervista al portavoce della comunità, Pape Diaw

...ma ora, dopo il momento della commozione, si passi all'azione. Troppe volte il reato di istigazione al razzismo è stato tollerato, quasi come se perseguirlo o meno fosse un optional... Non è un optional, è un obbligo giuridico e morale...

lunedì 5 dicembre 2011

Manovra Monti, lacrime e sangue: le principali decisioni in dettaglio

Fornero-elsa-lacrime

Ecco cosa contiene la manovra correttiva approvata dal consiglio dei Ministri e illustrata dal premier Monti e da alcuni ministri e viceministri durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi.

Manovra da 20 miliardi netti - La manovra è di 20 miliardi al netto e di 30 al lordo. Lo ha detto il viceministro Vittorio Grilli, aggiungendo che tale entità risponde in pieno alle richieste della Ue: "Se prendiamo - ha detto Grilli - un anno medio, di riduzione di spesa ci sono circa 12-13 miliardi e il resto (17-18 miliardi, fino ad arrivare a 30 miliardi) di aumento delle entrate".

Irpef
, non cambiano aliquote - A sorpresa, è stato escluso l'intervento sull'Irpef. Nelle prime bozze c'era il ritocco al rialzo delle aliquote del 41 e del 43%, che avrebbe toccato i redditi superiori ai 55mila e 75mila euro. Entrambi gli aumenti sono stati accantonati nella bozza finale. La rinuncia al ritocco è compensata con un leggero aumento dell'addizionale Irpef (con corrispondente diminuzione dei trasferimenti alle regioni) dallo 0,9 all'1,23%.

Tassa per scudo fiscale - E' prevista una "tassa" una tantum dell'1,5% sui capitali rientrati tramite l'ultimo scudo fiscale. Le somme, ha detto il premier Mario Monti, serviranno a coprire l'inflazione per le pensioni fino a 960 euro (Dubito, come ho scritto altrove, che si riuscirà a riscuotere questa tassa. Chi ha aderito, ha stretto un patto con lo Stato, che non può essere modificato a posteriorei. Parere personale)

Casa - L'imposta municipale unica sostituisce la vecchia Ici e si pagherà anche sulla prima casa con un'aliquota dello 0,4%, con una detrazione di 200 euro, rispetto allo 0,76% dell'aliquota ordinaria per la seconda casa. E' prevista anche una rivalutazione degli estimi del 60% (La detrazione di 200 euro significa che di fatto non pagheranno l'ICI tutti, anche i poveri, perchè la loro ICI sarà coperta dalla franchiglia. Bene le aliquore differenziate fra prima casa e successive)

Recupero edilizio, il 36% a regime - Diventa strutturale l'agevolazione del 36% (finora sempre in proroga da 10 anni) sulle ristrutturazioni edilizie di abitazioni e viene estesa a edifici non residenziali per le zone colpite da calamità naturali. Le agevolazioni del 55% per l'efficienza energetica dovrebbero essere prorogate al 2014 (ottimo provvedimento, che metterà in grado singoli proprietari di case monofamiliari e condomini a programmare ristrutturazioni, avendo la certezza sulla durata degli incentivi)

Iva - E' previsto un aumento dell'imposta sul valore aggiunto: sarà del 2% (dal 21 al 23%) dal primo settembre 2012. Sarà a copertura della clausola di salvaguardia e da attuare "solo nel caso in cui sia necessario". L'aumento è a copertura della delega fiscale del precedente governo che ha previsto risparmi di 4 miliardi nel 2012 tagliando sgravi e agevolazioni. Le somme recuperate andranno "a favore delle famiglie, delle famiglie giovani e delle donne" (male l'incremento dell'IVA. ma non si applicherà ai beni tassati al 10%, partirà - ma non è certo -  dal settembre 2012, e il ricavato andrà a vantaggio di categorie deboli. Quindi non è un incremento luneare, come molti hanno detto, ma uno spostamento di risorse da una platea generalizzata - che include anche gli evasori fiscali - a categorie mirate)

Limiti al contante - La soglia della tracciabilità del denaro viene abbassata a mille euro. Al di sopra di questo tetto non saranno possibili operazioni in contanti. La soglia è abbassata a 500 euro per i pagamenti effettuati da pubbliche amministrazioni per stipendi e prestazioni d'opera (Male, malissimo il capitolo della lotta all'evasione fiscale. Troppo alto il limite dei 1000 euro; non si parla di ri-penalizzazione del reato di falso in bilancio; non c'è niente sul collegamento delle varie banche-dati della PA per scovare le anomalie. Si può, si dece fare molto di più)

Autorità ridotte o soppresse - Il governo prevede la riduzione dei componenti delle varie Authority operanti in Italia, dalla Consob al Garante per la concorrenza ecc. ecc. E' prevista inoltre la soppressione dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, dell'agenzia per il terzo settore, dell'agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, dell'ente nazionale per il microcredito e dell'autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza. Sono inoltre soppressi gli enti previdenziali Inpdap ed Enpals; le loro funzioni passeranno all'Inps (è una risposta - parziale ma importante - a coloro che già dicevano che non c'era niente contro le caste. Questo provvedimento si aggiunge ai tagli dei vitalizi, e dei tagli alle province. Si deve fare di più, attaccando numero e retribuzioni dei troppi consiglieri d'amministrazione e dei troppo dirigenti di aziende pubblice e parastatali. Alla Regione Lazio - quella più tassata d'Italia - c'è un dirigente ogni 6 dipendenti. Cosa dirige?)

Fondo garanzia per imprese - La manovra prevede un potenziamento del fondo di Garanzia con almeno 20 miliardi di credito a disposizione delle piccole e medie imprese, ma anche la ricostituzione dell'Istituto per il commercio estero e la creazione di un'autorità nei trasporti per accompagnare il processo di liberalizzazioni.

Irap - Le imprese potranno dedurre dall'Ires e dall'Irpef la quota di Irap "relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato". L'Irap alle imprese "verrà sgravata" anche "per chi prevede" l'assunzione di "donne e giovani". La misura in questione "va a ridurre il gettito dell'Irap per le Regioni e sarà perciò compensato con un aumento dei trasferimenti statali".

Tagli a enti locali - Per le regioni si prevedono ulteriori tagli per 3,1 miliardi a decorrere dal 2012. Le Regioni a statuto ordinario concorrono per 2,1 miliardi, mentre le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano per 1,035 miliardi (in proporzione al numero degli abitanti, sono penalizzate di più le regioni a statuto speciale, fini qui troppo favorite. Bene così)

Per i Comuni oltre i cinquemila abitanti sono previsti tagli per 1,450 miliardi nel 2012; della stessa entità, ma dal 2013, i tagli ai Comuni con popolazione superiore ai 1.000 abitanti. Per le Province, la riduzione dei trasferimenti sarà di 415 milioni a partire dal 2012.

Farmaci liberalizzati - Via libera alla liberalizzazione dei farmaci di fascia C, quelli a pagamento, che potranno essere venduti anche nelle parafarmacie, ma "nell'ambito di un apposito reparto delimitato, rispetto al resto dell'area commerciale, da strutture in grado di garantire l'inaccessibilità ai farmaci da parte del pubblico e del personale non addetto, negli orari sia di apertura al pubblico che di chiusura" (???).

Tassa su elicotteri e aerei privati - La bozza prevede un'imposta erariale annuale sugli aeromobili privati immatricolati nel registro aeronautico nazionale. La tassa è calcolata in base al peso ed è raddoppiata per gli elicotteri privati.

Tassa su auto di lusso - La tassa sul lusso è prevista anche per le auto più potenti: "A decorrere dai pagamenti dovuti dal 1° gennaio 2012 - si legge nella bozza - per le autovetture è dovuta un'addizionale erariale della tassa automobilistica, pari a 20 euro per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a 170 chilowatt (231 hp), da versare alle entrate del bilancio dello Stato" (provvedimento giusto, ma alquanto demagogico. Quante sono le auto sopra i 231 hp? Però va bene, perchè colpisce quasi solo prodotti d'importazione)

Via doppi stipendi per i membri del governo - "I soggetti chiamati all'ufficio della presidenza del consiglio, di ministro e sottosegretario per tutta la durata dell'incarico cessano da qualunque altro trattamento retributivo gravante sul bilancio dello stato". Lo prevede una norma inclusa nella manovra varata dal governo.

Bollo su depositi titoli - E' prevista l'estensione del bollo dai conti correnti ad altri strumenti finanziari quali depositi titoli, polizze vita e fondi mobiliari.

Stato garante per le banche - Una norma contenuta nella manovra prevede che il ministero dell'Economia "fino al 30 giugno 2012 è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane, con scadenza da 3 mesi fino a 5 anni, o a partire dal 1° gennaio 2012 a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite".

Il ruolo dell'Isee - La manovra prevede un maggiore ricorso all'Isee, l'Indice della situazione economica equivalente, per la concessione o meno di una serie di agevolazioni, come la detrazione degli interessi sul mutuo prima casa. I meccanismi verranno stabiliti nel 2012 per entrare in vigore nel 2013.

Accise carburanti - Dal 1° gennaio 2012 l'imposta di fabbricazione sulla benzina salirà a 704,20 euro per mille litri, mentre quella del diesel a 593,20 euro per mille litri. Secondo quotidianoenergia.it, considerando anche l'effetto moltiplicatore dell'iva, "l'impatto sui prezzi al consumo sarà di quasi 10 centesimi per la verde e di 13,6 centesimi per il gasolio .Rialzi sono previsti anche per il gpl". Le somme così recuperate serviranno a rifinanziare il trasporto pubblico locale. (04 dicembre 2011)

LA STRETTA SULLE PENSIONI

(Repubblica 05/12/2011)

Tafanus: Ricciardi inchioda Meloni in Aula: “Ma cosa festeg...

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