Da qualche tempo, ogni volta che si parla di legislazione sul lavoro, c'è sempre qualcuno - folgorato sulla via di Rignano sull'Arno - che parte lancia in resta e spara a zero sulla Camusso, rea di essere la Camusso (cioè una sindacalista) e su Stefano Fassina, il 46enne responsabile del settore "Economia e Lavoro" del PD. Facoltativa (ma frequente) la contemporanea citazione apologetica di Pietro Ichino (...Pietro si che se ne intende... altro che questo ragazzotto del PD cresciuto fra biliardini delle sezioni e salamelle delle feste dell'Unità...). Fassina assurto a simbolo vivente dell'ignoranza del PD. Vuoi mettere gli Ichino, i Morando, i Giavazzi? E perchè non aggiungere il neo-peggio alla Velardi & Rondolino?
Poichè il cazzarismo, come è noto, non è il mio genere, ho deciso di pubblicare queste brevi note biografiche su Fassina (di cui ho grande stima) tanto per separare, more solito, i fatti dalle pugnette. Ecco chi è il "ragazzotto che venne dal calcio-balilla selle sezioni":
Stefano Fassina, nato a Roma il 17/04/66. Ha conseguito la Laurea in Discipline Economiche e Sociali presso l'Università Bocconi di Milano, dove è stato eletto anche rappresentante degli studenti di Sinistra Giovanile dal '90 al '92.
Direttore Scientifico di "NENS" - Nuova Economia Nuova Società
Componente del Comitato Scientifico della rivista "Il Fisco"
Dal 2006 editorialista de "l'Unità"
Da Aprile 2006 ad Aprile 2008 è stato Consigliere Economico del Vice Ministro dell'Economia e delle Finanze on. prof. Vincenzo Visco
Dal 2000 al 2005 è stato economista al Fondo Monetario Internazionale (Washington DC)
Nel 1999 consulente dell'Inter-American Development Bank (Washington DC).
Dal 1999 è stato dirigente del Dipartimento Affari Economici - Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Dal 1996 al 1999 è stato consigliere economico al Ministero dell'Economia e delle Finanze.
Recentemente ha pubblicato con Vincenzo Visco "Governare il mercato" (Donzelli, Roma 2008), raccolta di saggi suIIe culture economiche del Pd.
Nei 2007, con Pier Carlo Padoan, ha curato per II Mulino la sezione monografica di "Perchè l'Europa? Rapporto 2007 sull'integrazione europea". Ha inoltre pubblicato:
"Social Security Reform in smalI Emerging Economies" (con K. Dowers e S. Pettinato) Inter-American Development Bank - Washington DC, 2005.
"Rising Health Care Spending in PRGF Countries Appears to be benefiting the Poor", Con Gabriela Inchauste Comboni, IMF Survey Giugno 2003, Washington DC.
"Linee di riforma del Wlelfare State dei paesi dell'Unione Europea" in Esping-Andersen G., Paci M., Rocard M.: "Il Welfare del futuro in Europa", Ediesse, Roma, 1999.
"Dalla contribuzione alla fiscaIità: una proposta per il finanziamento dei sistema pensionistico" in L. Pennacchi: "Lo Stato Sociale del futuro", prefazione di Carlo Azeglio Ciampi. Donzelli, 1997, Roma.
"Equità ed efficienza nel sistema pensionistico pubblico", con R. Aprile e D. Pace, in "Pensioni e risanamento della finanza pubblica", di Padoa Schioppa e F. Kostoris, II Mulino, 1999.
Mi raccomando, Fassina... non scriva e non legga troppo, altrimenti non le resta tempo per il calcio-balilla e le salamelle... Tafanus
martedì 28 febbraio 2012
Ritratti: Stefano Fassina, visto senza gli occhiali affumicati dal livore
venerdì 24 febbraio 2012
Comunione & Speculazione - CL fa i conti con la crisi di Formigoni. E sorprendono - ma non troppo - i nomi di certi sodali
Per restare al centro dei grandi affari stringe nuovi rapporti: da Alfano (ma questo non sorprende), al ggiovane "salve sono Matteo Renzi". Con un asso nella manica: il ministro Passera
Il loro futuro passa dalla rimozione del passato: cancellare l'abbraccio con Silvio Berlusconi ed evitare che i guai di Roberto Formigoni si trasformino in un problema per l'intera organizzazione [...] Non uno dei tanti "poteri forti" che spesso vengono evocati nell'eutanasia della Seconda Repubblica, ma l'unico network capace di unire aziende bianche, cooperative rosse e colossi delle infrastrutture fornendo sostegno nelle istituzioni nazionali, regionali ed europee. In più hanno un asse di ferro con Intesa Sanpaolo e tanti altri istituti di credito sul territorio, per garantire ossigeno alle ditte minacciate dalla crisi: la formula magica della Compagnia delle Opere (CdO), il braccio economico di CL che continua a prosperare in numeri e fatturato, facendo man bassa di appalti pubblici. E schierano il cardinale Angelo Scola che dal Duomo di Milano viene dato in pole position per prendere il posto di Benedetto XVI.
Nel nome di Passera - Oggi sulla scacchiera italiana gli eredi di don Luigi Giussani (che festeggiano i trent'anni del riconoscimento vaticano della loro Fraternità e vorrebbero la beatificazione del fondatore) contano sui pezzi più prestigiosi, in una manovra che assomiglia sempre più a uno scacco matto che potrebbe consegnare loro il potere spirituale e quello temporale. Come premier, puntano apertamente su Corrado Passera: persino Formigoni, nel tentativo di garantirsi una ritirata onorevole, ha tributato omaggio alla leadership del superministro. E nel segno della trasversalità, il legame con l'ex banchiere di Intesa è diventato politico dopo essere stato imprenditoriale, con il ruolo della banca in diverse operazioni della CdO, nonché familiare visto che la sorella e la prima moglie del ministro sono operosamente inserite nel network di Cl.
La storia l'hanno raccontata loro stesse a "Famiglia Cristiana". Tutto parte nel 2003, quando Bianca Passera e Cecilia Canepa si rivolgono a Mario Ciaccia, oggi vice di Passera al ministero delle Infrastrutture, per scrivere il testo della cosiddetta "legge del buon samaritano". All'epoca dare in carità i pasti non utilizzati nelle mense aziendali, nelle scuole o negli ospedali non era possibile per questioni igieniche. In pochi mesi Berlusconi fa propria la legge compilata da Ciaccia e le due cognate battezzano Siticibo, una fondazione che ogni giorno spedisce i propri furgoni in giro per Milano e Como a raccogliere le eccedenze di cibo nelle mense di aziende e enti pubblici, refettori scolastici e alberghi, per poi donarlo ai poveri. Fin dall'inizio, il partner dell'intera operazione per far approvare la legge in Parlamento, fornire personale e mezzi è il Banco Alimentare, un'istituzione di Cl che molti conoscono per le collette di cibo nei supermercati.Al di là di Passera, però, il movimento conta su altri candidati ben piazzati: a sinistra hanno un feeling antico e profondo con Pier Luigi Bersani, il segretario del Pd che al Meeting di Rimini trattano come "uno di loro", affidandogli il commento delle opere di don Giussani. In più sono riusciti a diventare uno dei pilastri della Firenze di Matteo Renzi, che hanno sostenuto fin dalle primarie con migliaia di voti. Il vicesindaco Dario Nardella è ciellino; l'assessore alla mobilità Massimo Mattei era a capo di una società della CdO, dove tra l'altro lavoravano l'ex segretario cittadino dei Ds, Michele Morrocchi, e il coordinatore locale del Pdl, l'onorevole Gabriele Toccafondi. Ma la figura determinante della liaison è il braccio destro del sindaco: Marco Carrai, costruttore cattolico suo coetaneo e cugino dell'imprenditore che ha creato la CdO in Toscana. Come spiegava al telefono un manager intercettato: "Quello che dice Carrai è quello che dice Renzi, e viceversa". A chiusura del cerchio, l'amico di Matteo il Magnifico è entrato nel consiglio dell'Ente Cassa di Risparmio, azionista di Intesa e grande finanziatore delle attività culturali, sociali e politiche fiorentine.
Supermarket Sicilia - Che in uno scenario elettorale con il Pd al potere vinca il segretario o il rottamatore, per loro ci saranno dunque porte aperte. Ma anche a destra Angelino Alfano guarda a CL per rendere sempre più democristiano il Pdl e scaricare le anime nere di An e i plurinquisiti della defunta Forza Italia: suo fratello è uno degli uomini chiave della CdO in Sicilia, dove la compagnia raccoglie diversi produttori e consorzi agro-alimentari, dall'olio alle arance. E intorno ad Alfano fa quadrato Maurizio Lupi, che nella stagione berlusconiana ha tentato di scalzare Formigoni dall'empireo ciellino e che oggi combatte nell'ombra una sfida insidiosa contro il governatore lombardo, che nel 2008 lo aveva stoppato nella corsa a un ministero importante. Una battaglia di retroguardia, la loro, perché le interviste parallele e convergenti rilasciate qualche settimana fa al "Corriere della Sera" dal cardinale Scola e da don Julián Carrón, il successore di don Giussani che papa Ratzinger ha nominato di recente "Consultore del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione", sono state lette come un de profundis per le ambizioni di Formigoni e l'estrema unzione ai vecchi assetti politici
(...di Alessandro Alfano - nella foto - fratello di Angelino, avevamo trattato anche noi in un post nel quale davamo conto della laurea da sfigato, a 34 anni, nonostante si sia facilitato il percorso con alcuni esami comprati in contanti. Ciò non gli ha impedito di diventare Presidente della potente Unioncamere a 31 anni, quando era, ad occhio studente all'ottavo anno fuori corso in giurisprudenza. Un cursus honorum invidiabile... NdR)
Il passato però continua a vivere nei corridoi della procura di Milano. E può rovinare i piani per il futuro. La questione chiave oggi è il San Raffaele, che ridisegnerà gli assetti della sanità lombarda e potrebbe scoperchiare un verminaio di tangenti e finanziamenti opachi. Nel mirino c'è il rapporto con il Pirellone. Da novembre è in cella Pierangelo Daccò, compagno di yacht e di vacanze sarde del governatorissimo: è accusato come architetto dei fondi neri di don Verzè per aver incassato 2 milioni di euro che, sostiene lui, erano il semplice risarcimento per spese che aveva anticipato e che il San Raffaele gli ha poi restituito in modi un po' spicci [...]
La mano di Milady - Tanti attori secondari si muovono però in questa storia, tutti potenzialmente capaci di rivelazioni importanti. Si parla ad esempio di Milady, il soprannome rocambolesco assegnato alla manager di una fiduciaria elvetica, arrestata in Svizzera un mese fa e che ora rischia l'estradizione: è accusata per i soldi sporchi delle bonifiche lombarde, ma nelle sue mani sono passati molti altri denari. E nell'inchiesta sul San Raffaele sta crescendo l'attenzione per le mosse di Antonio Simone, che sarebbe socio di Daccò nell'arcipelago di società internazionali che l'imprenditore ha utilizzato per costruire, fra l'altro, un ospedale in Terra Santa.
Nel massimo silenzio Simone si è presentato già due volte dai pubblici ministeri per cercare di chiarire il suo ruolo: lo difende Giuseppe Lucibello, il legale uscito a testa alta dall'affaire dei prestiti ad Antonio Di Pietro, che oggi assiste anche Maurizio Lupi. Simone, tra i fondatori del braccio politico di Cl, è una vecchia conoscenza dei magistrati: fu arrestato durante Mani Pulite come smistatore di tangenti percepite assieme a un altro ciellino quando era assessore al Territorio in Lombardia. Condannato in primo grado, nel 1999 ha concordato con la Regione un risarcimento di 140 milioni di lire, mossa utile per puntare alla prescrizione in appello. Vent'anni dopo, qual è stato realmente il suo ruolo nel naufragio del San Raffaele?Quella dell'ospedale creato da don Verzè è una ferita aperta per Cl. A differenza di quanto amasse mostrare in pubblico, il prete-manager scomparso il 31 dicembre non era per niente estraneo al movimento. È vero che aveva fondato fin dal 1964 una sua associazione di fedeli, i cosiddetti "Sigilli", che vivevano con lui in una grande cascina costruita accanto al San Raffaele e che facevano voto di dedicare la vita intera all'ospedale. Ed è altrettanto vero che nell'università che aveva creato dal nulla, don Verzè si era tolto lo sfizio - impensabile per le gerarchìe cielline - di chiamare a insegnare molti spiriti liberi, dal filosofo Massimo Cacciari al teologo Vito Mancuso.
Ha chiamato Don Luigi - Al San Raffaele si racconta però che negli anni Novanta don Luigi, come lo chiamavano i suoi medici, avesse il timore di non riuscire a fare nuovi proseliti per i Sigilli. E che, per questo motivo, avesse aperto le porte della sua cascina a numerosi Memores, che aveva collocato in posizioni chiave all'interno dell'ospedale. Per anni la comunione è filata liscia. Poi, qualche tempo fa, l'intesa è andata in frantumi e c'è stata la cacciata dalla cascina. Il motivo? Mistero. Una spiegazione che circola è legata ai timori di ridimensionamento che, viste le capacità e gli appoggi politici dei ciellini, nutrivano le due storiche assistenti di don Verzè, Raffaella Voltolini e Gianna Zoppei, tuttora molto presenti negli affari dell'ospedale e dell'università. Nonostante l'apparente rottura, però, don Verzè ha continuato a coltivare rapporti fortissimi con il mondo di Cl e l'entourage di Formigoni [...]
A che cosa arriveranno le indagini della magistratura è difficile prevedere. È però plausibile che l'acquisto del San Raffaele da parte di Giuseppe Rotelli cambierà gli equilibri che si erano ormai consolidati e che vedevano i ciellini in posizione di forza. Si dice che Formigoni avrebbe preferito pilotare l'ospedale verso il gruppo Humanitas della famiglia Rocca, guidato da Ivan Colombo, un altro manager transitato dal San Raffaele che viene indicato come uno dei protetti di CL. Ora, invece, il movimento dovrà cercare di riposizionarsi, visto che Rotelli, pur in buonissime relazioni con gli ex Forza Italia, non è ritenuto organico ai circoli ciellini.
Se la sanità è uno dei business più redditizi della CdO, che ha saputo infilarsi in maniera organizzata negli appalti pubblici e nei servizi affidati all'esterno dagli ospedali, nel tempo il ventaglio di attività si è allargato parecchio.
Il bosco del malaffare - Il concetto è quello della rete. Se un'iniziativa parte, si diffonde un nodo dopo l'altro fra le migliaia di imprese aderenti. Negli anni passati si è puntato tantissimo sull'energia verde e così fra gli associati spiccano progettisti, produttori e installatori di pannelli solari. Che a volte si uniscono in consorzio, come accaduto con le otto imprese lombarde riunite sotto il nuovo marchio B.next. La parola d'ordine è digitalizzazione? Ecco allora accorrere le ditte informatiche che incamerano valanghe di commesse. Per non parlare delle iniziative che nascono ad hoc, come il portale GTours che, partito dal Gargano, vuole catalogare, collegare e offrire con speciali convenzioni agli associati CdO alberghi, bed & breakfast, noleggi d'auto e tutte le strutture turistiche di proprietà dei soci [...]
(di Gianluca Di Feo, Luca Piana e Michele Sasso - l'Espresso) - Hanno collaborato Riccardo Bianchi e Natascia Ronchetti
domenica 12 febbraio 2012
Aiutiamo il Manifesto a salvarsi
Continua la lotta per la sopravvivenza del "Manifesto". Possibile che un giornale vero, con una storia alle spalle, della fare la stessa fine de "Il Campanile" di Clemente Mastella?
Député au Parlement européen
vice-Président du groupe GUE/NGL
J’apprends avec stupéfaction et colère que notre confrère italien Il Manifesto vient ce jour d’être mis en liquidation judiciaire.
Aucun démocrate ne peut tolérer cette vague de destruction de journaux qui s’abat en Europe. Celle-ci se produit parce que les Etats réduisent les aides publiques sous couvert de programme d’austérité ; que la communication publicitaire est accaparée par les grands groupes de médias et de communication et que le pouvoir d’achat abaissé de nos concitoyens les contraints souvent désormais à se priver de leur journal.
Au moment où chaque pays européen est confronté à une grave crise ; au moment où les dirigeants européens, sous la férule de Mme Merkel et M. Sarkozy, veulent imposer quasiment sans débat un nouveau traité européen détruisant les souverainetés populaires et les principes démocratiques, il est indispensable que vivent dans toute l’Europe une presse pluraliste. Ajoutons, qu’au moment où les politiques d’austérité et de chômage provoquent un immense désarroi, des souffrances inconnues jusque-là, des populations sont poussées vers d’inquiétants extrémismes, il est indispensable que la presse progressiste vive. C’est une condition indispensable du débat démocratique. C’est la condition pour construire l’Europe des peuples ensemble en rejetant les extrémismes et le populisme qui constituent non seulement de dangereuses impasses mais qui peuvent provoquer des chocs extrêmement graves pouvant féconder «la bête immonde».
Pour toutes ces raisons d’intérêt général pour la débat démocratique ; pour l’intérêt des citoyens européens ; nous demandons expressément que des dispositions particulières soient prises dans toute l’Union européenne pour défendre et faire vivre les journaux comme Il Manifesto, outils essentiels du débat démocratique, de l’information et de l’échange entre citoyens.
Que toute l’équipe d’Il Manifesto et que sa direction soient assurées de toute ma solidarité combative.
Patrick Le Hyaric
lunedì 6 febbraio 2012
Ho preso i soldi, ammiratemi - Voglio cambiare mestiere, sull'esempio del senatore Lusi
La faccenda del senatore Lusi, che si è preso dalla cassa della Margherita tredici milioni di euro, ha posto alla grande stampa dei problemi politici e a me un problema personale. Un po’ tutti gli articolisti si chiedono come sia stato possibile un simile furto, senza che nessuno (?!) se ne accorgesse, e come si possa arginare la cascata di soldi ai partiti, fonte di corruzione e malversazioni.
Io condivido, ma lascio ad altri le soluzioni. Il fatto è che, proprio imparando dal senatore Lusi, ho una reazione diversa. Dopo 66 anni di giornalismo, diconsi sessantasei, mi propongo anch’io di cambiare mestiere. Capisco che la cosa non è semplice. Per rubare milioni, che ai miei tempi erano miliardi, non basta una vocazione. Servono studi, appunto una scuola adeguata. Serve allenamento. Serve soprattutto una specializzazione: un master, come si dice oggi. Meglio ancora se si è parlamentari, amministratori di grossi enti, mandarini dell’apparato statale; tutte qualifiche, ahimè, cui non posso più aspirare. Tanti anni fa ci fu chi mi propose di candidarmi a qualcosa, comprese Camera e Senato. Ma adesso mettono a riposo i cardinali, figuriamoci i giornalisti. Per cui dovrò farmi venire delle idee.
Naturalmente dovrò procedere per esclusione. Niente scippi o borseggi, roba da balordi. Niente rapine a mano armata, per le quali bisogna avere la mano, oltre che il pelo sullo stomaco. Niente casseforti da forzare evitando che suoni l’allarme, come succede in banca. Neanche è da tentare la truffa ai vecchietti, non foss’altro che per solidarietà fra coetanei. Oltre tutto, salvo organizzare una gang con lance termiche, sono imprese che non fruttano granchè mentre il senatore Lusi, senza pistole o uso di manolesta, mostra da vero docente la strada giusta.
Dovrò quindi procedere per gradi: in primo luogo, individuare il bersaglio; poi studiare le procedure; infine agire. Quando mi sentirò pronto, sarà mia premura divulgare metodi, traguardi e risultati. Da subito, comunque, posso rendere noto il mio obiettivo. In estrema sintesi, e appunto a imitazione del senatore Lusi, portarmi a casa un bel pacchetto di milioni, proporre di restituirne un terzo e chiedere al giudice un patteggiamento. Diciamo la condanna a un anno, beninteso con la condizionale. Cioè senza andare in galera, luogo che tutti i benpensanti considerano scomodo e poco civile.
Ditemi un po’ se sbaglio. Anche se non mi dessero la condizionale, e mi affibbiassero un anno a San Vittore o a Regina Coeli, ho già fatto i miei conti. Poniamo che, dopo aver rimborsato un terzo del malloppo – ed è già un favore che faccio – mi restino otto o dieci milioni. Dividiamo per dodici e otterremo fra i sette e i novecentomila euro al mese. Venti o trentamila euro al giorno. Mi pare davvero che ne valga la pena. Se poi fossero arresti domiciliari, non protesterei. Anzi. L’appartamento dove sto in affitto, a prezzi di mercato, dispone anche di un giardinetto. Non dovrei nemmeno rivendicare l’ora d’aria.Capisco che si tratta di obiettivi molto ambiziosi. Ma vi assicuro che fin d’ora avvio la preparazione. Se avrò successo, e leggerete sui giornali che mi hanno condannato per un furto milionario, non compiangetemi. Ammiratemi. Giorgio Vecchiato
FF: Fantastico Fini! ha scoperto che esiste il razzismo
Quando Rosarno era in Francia, e gli immigrati eravamo noi: racconti di un secolo fa, troppo simili a quelli di oggi.
(di Marco Brando - Marco Brando)
Per sfuggire alla miseria erano giunti in quella terra straniera. Avevano passato i confini in tanti, spesso clandestinamente. E pur di lavorare avevano accettato una paga assai più bassa rispetto a quella degli abitanti della zona, che – tra l’altro – disdegnavano quel lavoro, considerato troppo duro e mal retribuito. Lavoravano in condizioni penose. Alcuni “abitavano” in ripari di fortuna, capanni col tetto di frasche. Tantissimi dormivano all’aperto, come capitava. Venivano tollerati a stento da chi viveva lì. Li consideravano ladri, sporchi, magnaccia e fannulloni. Per giunta le loro paghe scarse non finivano nelle casse dei negozi locali, perché cercavano di mandare tutto quello che potevano alle famiglie lontane. La rabbia esplose con un pretesto non del tutto chiaro. Fatto sta che una mattina la gente del posto attaccò i capanni che ospitavano gli immigrati: così iniziò una gigantesca caccia allo straniero, che devastò la cittadina e tutta la zona circostante.
È il racconto degli scontri di Rosarno, in Calabria, magari così come potrebbe essere scritto tra qualche anno? Macché. Sembra. È un’altra storia: risale al 1893, più o meno l’epoca in cui vissero i bisnonni degli ultracinquantenni dei giorni nostri. Però è anche la “stessa” storia. Diversi i protagonisti. Le vittime della caccia all’uomo cominciata il 17 agosto di 117 anni fa furono gli italiani immigrati nella zona di Aigues-Mortes, cittadina della Camargue nel Sud della Francia. Erano lì per lavorare nelle saline. L’esito fu ben più terribile di quello calabrese. Il bilancio finale delle vittime tra gli operai italiani, linciati da una folla inferocita, non è mai stato accertato: nove secondo le stime ufficiali francesi. Il Times di Londra parlò di almeno 50 morti. Secondo altre fonti arrivarono addirittura al centinaio. Una rivolta xenofoba che pochi ricordano oggi, raccontata tra l’altro in un bel libro di Enzo Barnabà: Morte agli italiani! Il massacro di Aigues-Mortes 1893 (Ed. Infinito, 2008).
Gli italiani, allora, erano chiamati dai francesi “Christos” o “Macaronis”(...veramente "macaronis" ai francesi scappa anche oggi, qualche volta... NdR). Erano emigranti stagionali, arrivati dal vicino Piemonte e da altre regioni per fare i braccianti. In Italia l’agricoltura era in crisi. I prezzi dei prodotti tipici dell’economia contadina erano aumentati. In Piemonte, poi, i vigneti erano decimati da malattie come fillossera, iodio, peronospora. Il lavoro era scarso e pagato pochissimo. Così non restava che emigrare. Il ricercatore piemontese Alessandro Alemanno scrive che «il lavoro in salina era duro, scarsamente remunerato, e si svolgeva in un ambiente paludoso, dove sempre erano in agguato le febbri malariche…
Da secoli l’estrazione del sale era occupazione riservata quasi esclusivamente agli ex galeotti, ma proprio nel 1893 la Compagnia delle saline aveva assoldato 600 italiani». Scrive lo storico francese Jean-Claude Hocquet: «Tutti questi operai lavoravano in condizioni penose, esposti tutto il giorno a un sole ardente, con gli occhi bruciati dal bagliore accecante dei cristalli di sale che scintillavano al sole, senza altra ombra dove riposare gli occhi che non fosse quella del cappello a larghe falde, coi corpi che gocciolavano di sudore, coperti di graffiature, scorticati dal canestro di vimini, mal protetti da una tela di sacco gettata sulla spalla, con le mani tagliate dai cristalli di sale, calzando zoccoli di legno guarniti di paglia».
Eppure il settimanale Mémorial d'Aix allora scriveva: «Gli italiani cominciano ad esagerare con le loro pretese: presto ci tratteranno come un paese conquistato». Poi: «Generalmente sono di dubbia moralità; il tasso di criminalità è elevato: del 20%, mentre nei nostri non è che del 5%». Sul quotidiano Le Jour si chiedeva al Governo d’Oltralpe di "proteggere i francesi da questa merce nociva, e peraltro adulterata, che si chiama operaio italiano». È passato oltre un secolo da quei tragici avvenimenti. Però – leggendo quelle valutazioni - sembra di scorrere commenti o di ascoltare dichiarazioni concepiti nell’Italia dei nostri giorni, durante i fatti di Rosarno e in occasione di precedenti casi di intolleranza. Anche ad Aigues-Mortes ci fu chi – tra i francesi – cercò di evitare la tragedia: è il caso di un prete. Pure in quel caso amministratori pubblici e politici avevano fatto da sponda all’odio xenofobo crescente per cercare di raccogliere consensi elettorali. (...caspita... sembra pari pari la descrizione di Bossi, di Borghezio, ma anche di Prosperini, l'ammanettato lumbard di AN. O della Signora Santanché, l'azionista del Billionaire... NdR)
Dietro quella strage di fine Ottocento, certo, c’era un groviglio di tensioni locali, nazionali e internazionali che contribuirono ad alimentare l’intolleranza (il libro di Barnabà ne offre il quadro). Così come dietro gli scontri in Calabria c’è una situazione molto complessa, incluso il ruolo non secondario svolto dalle cosche della ’ndrangheta. Parlare del contesto in cui questi fenomeni maturano e si consumano richiederebbe molto spazio; per giunta la storia dell’emigrazione italiana nel mondo è costellata di altri eventi che dovrebbero indurci a riflettere sull’immigrazione in Italia. Tuttavia è chiaro che la barbarie è dietro l’angolo. E che il ruolo di vittime e carnefici è intercambiabile. Forse la storia – visto quel che continua a succedere – non riesce davvero ad essere “maestra di vita”. In ogni caso sapere chi siamo e da dove veniamo può servirci, per lo meno ad essere consapevoli dei nostri errori: «La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso… - canta Francesco De Gregori - La storia non ha nascondigli, la storia non passa la mano».
Ringrazio Filippo che mi ha segnalato questa chicca, e riporto in calce - scusandomi per l'autocitazione - i links ad alcuni fra i tanti articoli antirazzisti pubblicati dal Tafanus.
[Tafanus: dalle leggi "razziali" (1938, alle leggi "razziste" (2008)]
[Tafanus, Giugno 2009: "Quando eravamo noi italiani i puzzoni"]
[Tafanus: Roma: "Sporco negro di merda" 1 e 2]
Tafanus: Ricciardi inchioda Meloni in Aula: “Ma cosa festeg...
Tafanus: Ricciardi inchioda Meloni in Aula: “Ma cosa festeg...
-
Come annunciato nei giorni scorsi, il glorioso "Tafanus" è stato ucciso, col breve preavviso di tre settimane, dalla piattafor...
-
Camila Giorgi lascia L’Isola dei Famosi, spunta una foto che fa sorgere i dubbi sulla reale motivazione ...