venerdì 20 dicembre 2013

Esordio con figuraccia per la ggiovane dirigente della segreteria Renzi, Marianna Madia

TafanusLo giuro! se qualcuno tira fuori il "senno di poi", questa è la volta buona che tiro fuori la pistola! Perchè scripta manent, ed io il giorno dopo il "Carosello" di Matteo Renzi sulla "segreteria" decisa e varata in meno di 24 ore", sulla "maggioranza di donne", sull'età media ggiovane ggionave dei suoi dirigenti, avevo scritto, fra l'altro:

In generale: "...Una profezia? al di la del Carosello sui ggiovani e sulle sette donne, a livello di competenza siamo vicini al 3 meno. Seguiremo le prime uscite con curiosità. Così come seguiremo i tanti fedeli servitori alla Giachetti, rimasti a piedi... Quanto ci metteranno a cambiare di nuovo cavallo?..."

In particolare, su Marianna Madia: "...Marianna Madia, 33 anni (lavoro) "...Marianna Madia non ha avuto molto tempo per maturare significative esperienze professionali, visto che è nata nel 1980 ed è stata candidata in parlamento nel 2008 da Veltroni, presentata come volto nuovo e persona estranea agli apparati..."

In quella e in altre circostanze la ggiovane Marianna Madia aveva ripetuto la frasetta ad effetto mandata a menoria: "Metto a disposizione di tutti la mia inesperienza". Bella la frasetta. Bella ed insignificante come quella che il ggiovin Renzi ripete spesso come nuova, dimenticamdo che l'ha già detta mille volte circa: "si deve restituire dignità alla speranza".  Bella. Bella come quella della Madia. Bella e insignificante come un Bacio Perugina... Ma noi, che siamo "square" (come direbbero gli anglosassoni con tono dispregiativo), un minimo pediatrico di esperienza lo avremmo gradito...

Tutto documentato, tutto controllabile sul Tafanus del 9/12. Che tempestività, vero? e che preveggenza! Abbiamo dovuto aspettare solo 10 giorni, e la prima mossa in assoluto di un nuovo membro della Segreteria "ggiovane e Femminile" di Fonzie ci ha confortati in tutti i nostri peggiori sospetti... A seguire, un "abstract" della figuraccia

Marianna-madia-veltroniana
Marianna Madia, ggiovane scoperta del "talent scout" Veltroni (quello di Calearo)

Marianna Madia va a parlare di lavoro ggiovanile. Ma sbaglia ministro: a Via Veneto parla con il ministro dello Sviluppo Economico, ma doveva cercare quello  del lavoro...

Colpa dell’inesperienza o forse di un tassista burlone. Fatto sta che la prima azione politica della neoresponsabile del lavoro del Pd gestione Renzi, Marianna Madia, fresca di nomina, non è sicuramente da scrivere nei manuali dei ggiovani amministratori dell’Italia del futuro.

La Madia, infatti, proprio per scansare le polemiche sulla sua presunta inesperienza nei dossier economici, ha ben pensato di salire a Via Veneto verso le stanze ministeriali del potere economico. Si è fermata a metà strada e ha imboccato con piglio e risolutezza la porta del Ninistro per lo Sviluppo Economico, Flavio Zanonato. Superare il filtro della segreteria è stato relativamente facile. Anche senza appuntamento, come negare alla ggiovane ministra «ombra» un colloquio cordiale e conoscitivo, ha pensato Zanonato. E in fondo dare spazio e opportunità ai colleghi under 40 del suo stesso partito è anche un gesto nobile e lungimirante.

Così il responsabile del dicastero ha fatto accomodare la Madia nel suo studio. Piccoli convenevoli poi subito il punto. Con stile asciutto e professionale ha chiesto al ministro dettagli sulle politiche del lavoro, ha ipotizzato interventi per l’occupazione giovanile nell’ambito dello «Youth Guarantee», il programma europeo che stanzia fondi per dare lavoro alla giovani generazioni. Con ciò dimostrando una visione di ampio respiro sovranazionale su uno dei temi che interessano maggiormente gli italiani. Poi ha chiaramente chiesto l’appoggio di Zanonato per iniziare a concretizzare le sue idee nei testi legislativi e nelle future misure governative.

Probabilmente il fervore emotivo dell’apprendista non le ha fatto notare l’espressione tra il sorpreso e il divertito del ministro Zanonato. Che a un certo punto, dopo avere ascoltato con attenzione, ha esclamato con tono paterno: «Cara Marianna. Sono contento del vigore e dell’entusiasmo con il quale mi chiedi supporto. Ma di questo avresti dovuto parlare con il collega ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. Le mie competenze non sono specificamente destinate alle politiche dell’occupazione». Silenzio. Sorpresa e imbarazzo. Il candido pallore della Madia si è trasformato in un rossore mortificato. Solo qualche balbettio per mormorare a mezza bocca: «Ma scusa ministro ma non sei te che ti occupi di lavoro?». «No». Prendendo la ggiovin «ministra ombra» sottobraccio, Zanonato l’ha accompagnata alla finestra e puntando il dito dall’altra parte di Via Veneto le ha sussurrato: «Vedi il ministero del Lavoro è dall’altra parte. Hai sbagliato indirizzo». Fine. Consiglio a Renzi: se tiene al Paese regali una guida stradale ai suoi giovani ministri in pectore (Fonte: Filippo Caleri - Il Tempo).

Ma c'è stato anche qualcuno tempestivo quasi quanto noi. Per l'esattezza, Chiara Geloni, direttora di YouDem (la TV satellitare del PD), renziana nonchè madiana" confessa, che il 10 dicembre (un giorno solo dopo il nostro post), ha scritto una lettera aperta a Marianna Madia sullo Huffington Post: cortese nei toni, ma nella sostanza una chiara presa di distanze, con 9 giorni di anticipo sulla figuraccia. Che Chiara, sensibile ai media, avesse già capito tutto in anticipo? Ecco la lettera:

Lettera aperta di Chiara Geloni a Marianna Madia: non dovresti darci delle spiegazioni? (Pubblicata il 10 Dicembre)

Cara Marianna

a suo tempo non lo dissi pubblicamente, ma tu lo sai: alle primarie per i parlamentari io ho votato per te. Conosci anche il motivo: avevo superato i pregiudizi dovuti al modo in cui ci era stata presentata la tua prima candidatura, e di quei pregiudizi un po' mi sentivo colpevole. Avevo visto che da parlamentare ti eri concentrata su un tema, il lavoro, e ti eri impegnata con serietà e concretezza. Mi faceva anche piacere votare per una persona, e una donna, che si era dimostrata libera da settarismi e serena nei rapporti politici e personali.

Oggi però, nell'augurarti in bocca al lupo come responsabile lavoro del Pd, compito che non ho dubbi svolgerai egregiamente, sento il bisogno di rivolgerti qualche domanda, che ti faccio in pubblico perché mi pare che la cosa non riguardi solo me e te. Mi spiego.

Pur non conoscendoti benissimo, questo è quello che so della tua storia: quando Veltroni ti ha scelto come capolista nella circoscrizione Lazio 1 frequentavi l'Arel di Enrico Letta. Sei partita "veltroniana" (lo so, va così, ti mettono sempre un'etichetta), ti sei detta estimatrice di D'Alema, hai votato alle primarie per Bersani. Qualcuno mi dice di averti visto a qualche riunione dei Giovani Turchi ma leggo che oggi tu neghi di aver partecipato mai a riunioni di corrente. Non saprei, perché nemmeno io ci sono mai stata.

Dopo le elezioni, hai dapprima capeggiato la rivolta contro Marini al Quirinale, rivolta che - io e molti altri siamo convinti - ha portato dritti alla fine della segreteria Bersani e delle residue speranze di evitare le larghe intese, poi hai frequentato riunioni romane di civatiani in cui hai detto che il Pd romano era in mano a una mafia.

Successivamente, hai sostenuto per la segreteria di Roma Lionello Cosentino, un segretario contro il quale io non ho niente anche se ne ho votato un altro, ma che era sostenuto da tutto l'establishment del Pd romano. Infine, sei andata alla Leopolda e ti sei detta renziana.

Bene. La mia domanda è: non ritieni per caso di dovermi spiegare qualcosa? Perché io, ecco, tecnicamente, sarei una tua elettrice: quindi tu, come dire, dovresti rappresentarmi. E onestamente mi stai rendendo molto difficile sentirmi rappresentata da te. Ora non dico che dovresti fare quello che ti dico io, tu sei la dirigente e io col mio voto ti ho dato una delega, e fra l'altro te l'ho data senza chiederti di che corrente eri. Ma siamo sicuri che il tuo modo di esercitarla rappresenti il cambiamento che il popolo delle primarie chiede al Pd?

Perché io temo di doverti avvertire che "cambiamento" significa un'altra cosa da "cambiare idea senza spiegare mai perché". Tutti abbiamo diritto a cambiare idea, per carità, anche i dirigenti politici. Però una volta ogni tanto forse dovrebbero voltarsi indietro a guardare negli occhi chi li segue. Altrimenti magari loro saranno sempre dalla parte giusta - e complimenti - ma sarà difficile che la politica riguadagni stima e buon nome.

Con i miei migliori auguri per tutto, Chiara Geloni

P.S.: c'è qualcuno, da queste parti che vorrebbe aiutare Marianna Madia a dare risposte sensate alle domande della renziana Chiara Geloni? Io non sono in grado. Non capisco (o capisco troppo bene?) i "movimenti" di Marianna Madia, quindi sono la persona meno indicata. E poi, è arcinoto... io sono fazioso. Quindi mi limito a fare ciò che so e posso: offro spazio a risposte (eventuali).

Tafanus

giovedì 12 dicembre 2013

Off Topics del 12 Dicembre - La Dittatura di Gianni Cuperlo sui media

...solo per porre fine al tormentone secondo il quale Cuperlo avrebbe avuto una presenza mediatica superiore (addirittura!) a quella di Matteo Renzi. E nella nostra abituale ottica di "separare i fatti dalle pugnette"...

Il Signor Grasso, che avrebbe fatto questa affermazione, con l'ausilio del notissimo Istituto Geca Italia, noto almeno a due persone (lo stesso Grasso, e Tale Andrea), avrebbe potuto - gratis e senza uscire dal suo ufficio al Corrierone - far fare dalla sua segretaria, o anche da un fattorino, una ricerchina sull'Archivio Storico del Corsera. I cui dati sono gratuiti, liberi, non ptotetti da speciali forme di copyright, e pertanto controllabili da chiunque voglia cercare dati e non sogni sogni erotici.

Dunque, abbiamo fatto una verifica del numero di articoli apparsi sul Corriere nel 2012, e dall'inizio del 2013 fino ad oggi. Lo abbiamo fatto per Pierluigi Bersani, e per i quattro candidati alla segreteria del PD del 2013. E' un lavoretto che può fare chiunque, persino un imbianchino. Forse Renzi è particolarmente gradito in via Solferino, e Grasso non se n'è accorto... In tal caso, se dovesse esistere questo sospetto, ripeteremo la ricerchina su tutti i giornali che offrono archivi storici dei loro articoli (l'Unità, l'Espresso a pagamento, Repubblica, etc..) Per oggi, dato che sono stanco, offro alla riflessione di tutti gli imbianchini d'Italiua solo i dati relativi al Corrierone di Aldo Grasso. Grasso dovrebbe fidarsi... che diamine... stiamo parlando del giornale che gli da pane e companatico...

Articoli-corsera-grafico

Articoli-corsera-tabella

Ora, chiunque disponga di una macchinetta calcolatrice da un euro, può calcolare che Matteo Renzi, DA SOLO, è stato presente nei quasi due anni in 1835 articoli. Più del doppio, DA SOLO, degli altri tre candidato messi assieme. In particolarte, il Corrierone (lo stesso Corrierone che per bocca di Grasso, tenuta aperta da Geca Italia, e scandalizzando l'associazione imbianchini, ha affermato che Cuperlo è stato il vero monarca dei media...

Nel dettaglio, Renzi ha goduto, sul Corrierone, di 5,9 volte lo spazio concesso a Bersani; 6,2 volte quello concesso a Civati; 6,7 volte quello concesso a Cuperlo, e 22,9 volte quello concesso a Pittella.

Con questi dati, anche il gatto dell'imbianchino sarebbe riuscito a farsi eleggere Re d'Italia.

O no?

Tafanus

 

 

 

 

 

martedì 3 dicembre 2013

Vauro scrive a Dario Fo: “Compagno che cosa ci facevi sul palco di Beppe Grillo?”

Il vignettista scrive al premio Nobel per chiedere spiegazioni sulla sua partecipazione al 3° V Day del Movimento 5 Stelle. In particolare non gli sono piaciute alcune espressioni pronunciate da Beppe Grillo: "Brutte parole 'vincere e vinceremo'" (Fonte: Il Fatto)

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Dario Fo grillino - Il "Nuovo che Avanza" ha 87 anni

“Che cosa ci facevi su quel palco?”. Il vignettista Vauro ha deciso di scrivere una lettera aperta al premio Nobel Dario Fo per chiedere spiegazioni sulla sua partecipazione al 3° V Day del Movimento 5 Stelle. A far discutere, secondo l’autore, sarebbero le frasi pronunciate da Beppe Grillo che ricordano le parole di Mussolini. “‘Dobbiamo vincere e vinceremo‘. Che brutte parole. Sì, certo, c’era anche la parola ‘rivoluzione’ che ti piace e piace anche a me. Però non è rivoluzione strillare che tutti sono morti, cadaveri. E se lo è non mi piace”.

Vauro commenta la giornata di Genova, quando sul palco si è esibito anche Dario Fo per un lungo monologo, ed esprime le sue perplessità. “Non mi piacciono i portatori di verità assolute ed indiscutibili, non mi piace chi non ha dubbi e non mi piacciono nemmeno le piazze quando non sanno che ripetere le parole del capo. Ecco sì, le parole del capo. Condivido rabbia e sdegno ma non posso condividere parole macabre e di macabra memoria. Tu credo mi possa comprendere perché sai meglio di me quanto le parole siano anche contenuto. Allora scusami Dario per quello che ti chiedo. Ti chiedo di scendere da quel palco Compagno Dario. Scendi per favore. Con l’affetto e la stima di sempre”.

Vauro

TafanusHo sempre ammirato il Dario Fo attore, la sua incredibile bravura per la mimica, per il "grammelot", e per l'impegno antiberlusconiano. Da giovane, mi sono fatto il culo quadrato per assistere a tutto Dario Do (e più volte) sugli scomodissimi gradoni in cemento, senza spalliera, della "Palazzina Liberty", veri strumenti di tortura. Anche per il Fo autore teatrale ho avuto spesso una grande ammirazione, e per il Fo di "Morte accidentale di un anarchico", e di "Mistero Buffo". Fine dell'ammirazione.

Ho già criticato Dario Fo e Signora quando furono fulminati sulla via del dipietrtismo - che già ne avevano connotato la forte propensione per i movimenti populisti. Propensione che non prometteva niente di buono. Infatti Dario Fo, dopo la totale dissoluzione del dipietrismo, l'ho aspettato al varco dei populisti che avrebbero sostituito Di Pietro. Ed eccolo, surreale e patetico, a 87 anni, accanto al nuovo, sconclusionato populista. il Rag. Grillo. Questo Dario Fo mette tristezza, specie a chi lo aveva battezzato uomo di sinistra. Vederlo affiancare uno sconclusionato urlatore di cazzate, e il Casaleggio che prevede la distruzione del genere umano ormai imminente (ci restano solo 6 anni...) mi fa sentire tradito. Ma nella vita degli uomini spesso le cose si tengono. La "strambata" di Dario Fo da uomo che molti avevamo ritenuto di sinistra, verso Di Pietro prima, e verso Grillo poi, ci hanno riportato alla memoria il giovane Dario Fo repubblichino, che avevamo trroppo frettolosamente rimosso. Colpa nostra. Coi "troppo bravi" non si deve mai abbassare la guardia... Tafanus

Vincere
Mussolini, 1931 - Rag. Grillo, 2013


Quando Dario Fo militava nella Repubblica Sociale di Salò  (Fonte: Wikipedia)

Nel 1975, Giancarlo Vigorelli sul quotidiano Il Giorno scrisse: «Anche Fo sa di avere in pancia l'incubo dei suoi trascorsi fascisti», Fo querelò il giornalista e il quotidiano per diffamazione e la vicenda si concluse con la pubblicazione di una rettifica. Ma il senatore Giorgio Pisanò del Movimento Sociale Italiano, storico e direttore del "Candido", documentò il trascorso repubblichino di Dario Fo, volontario nei parà e sottufficiale delle Brigate Nere, che si distinse per i rastrellamenti casa per casa nei centri vicini al Lago di Como.

Nello stesso anno il deputato democristiano Michele Zolla presentò invano un'interrogazione al Ministro della Difesa per sapere se rispondesse a verità questo fatto [...] Nel 1977 Fo querelò per diffamazione Gianni Cerutti per aver pubblicato su "II Nord" un articolo che lo attaccava con parole pesanti: «A Fo non conviene ritornare a Romagnano Sesia, dove qualcuno lo potrebbe riconoscere: rastrellatore, repubblichino, intruppato nel battaglione Mazzarini della Guardia Nazionale della Repubblica di Salò».

Fo risponde querelando Cerutti. Il processo di svolse a Varese dove veniva stampato Il Nord: alla prima udienza, nel febbraio 1978, Fo fu messo dinanzi ad una foto che lo vedeva con la divisa della Rsi e si giustificò raccontando che all'età di 18 anni, nel 1944, collaborava con il padre, esponente della Resistenza nel Varesotto. Preso tre volte dai tedeschi, e sempre scappato, si era arruolato volontario nei paracadutisti di Tradate, ma lo aveva fatto per non destare sospetti, anzi d'accordo con i partigiani amici del padre.

Il suo sogno era sempre stato quello di unirsi alla formazione militare Lazzarini, la banda partigiana terrore dei nazifascisti sulla riva orientale del Lago Maggiore. Nel frattempo a marzo il giornalista Luciano Garibaldi sul settimanale Gente pubblicò la foto di Dario Fo in divisa da parà repubblichino con le testimonianze di una decina di ex-camerati di Tradate tra cui Carlo Maria Milani secondo il quale Fo partecipò, con il compito di portare bombe, al rastrellamento della Val Cannobina per la riconquista dell’Ossola.

Nello stesso articolo è presente l'intervista dell'ex comandante partigiano Giacinto Lazzarini: «Le dichiarazioni di Dario Fo destano in me non poca meraviglia. Dice che la casa di suo padre era a Porto Valtravaglia, era un "centro" di resistenza. Strano. Avrei dovuto per lo meno saperlo. Poi dice che "era d’accordo con Albertoli" per raggiungere la mia formazione. Io avevo in formazione due Albertoli, due cugini, Giampiero e Giacomo. Caddero entrambi eroicamente alla Gera di Voldomino e alla loro memoria è stata concessa la medaglia di bronzo al valor militare.

Forse Fo potrà spiegare come faceva ad essere d'accordo con uno dei due Albertoli di lasciare Tradate nel gennaio 1945, quando erano entrambi caduti quattro mesi prima. Senza dire, poi, che i cugini Albertoli erano tra i più vicini a me e mai nessuno dei due mi parlò di un Dario Fo che nutriva l’intento di unirsi alla nostra formazione [..] Se Dario Fo si arruolò nei paracadutisti repubblichini per consiglio di un capo partigiano, perché non lo ha detto subito, all’indomani della Liberazione? Sarebbe stato un titolo d’onore, per lui. Perché mai tenere celato per tanti anni un episodio che va a suo merito?».

Subito dopo in un'intervista a La Repubblica Fo dichiarò: «Io repubblichino? Non l'ho mai negato. Sono nato nel '26. Nel '43 avevo 17 anni. Fino a quando ho potuto ho fatto il renitente. Poi è arrivato il bando di morte. O mi presentavo o fuggivo in Svizzera. Mi sono arruolato volontario per non destare sospetti sull'attività antifascista di mio padre, quindi d'accordo con i partigiani amici di mio padre». Le dichiarazioni di Milani e Lazzarini provocarono grande scalpore, tant'è che testimoniarono durante il processo di Varese contro Fo il quale, dopo un acceso confronto, li denunciò per falsa testimonianza. La querela al comandante partigiano Giacinto Lazzarini provocò non poco stupore, poiché nella biografia "La storia di Dario Fo", di Chiara Valentini, si legge che «il leggendario comandante Lazzarini fu l'idolo della mia vita».

Il processo di Varese durò un anno e si concluse, dopo oltre dieci udienze, il 15 febbraio 1979 con una sentenza che assolve per intervenuta amnistia il direttore de II Nord. Nel 1979 nella sentenza fu scritto: «È certo che Fo ha vestito la divisa del paracadutista repubblichino nelle file del Battaglione Azzurro di Tradate. Lo ha riconosciuto lui stesso - e non poteva non farlo, trattandosi di circostanza confortata da numerosi riscontri probatori documentali e testimoniali - anche se ha cercato di edulcorare il suo arruolamento volontario sostenendo di avere svolto la parte dell’infiltrato pronto al doppio gioco. Ma le sue riserve mentali lasciano il tempo che trovano. [...] lo rende in certo qual modo moralmente corresponsabile di tutte le attività e di ogni scelta operata da quella scuola nella quale egli, per libera elezione, aveva deciso di entrare. È legittima dunque per Dario Fo non solo la definizione di repubblichino, ma anche quella di rastrellatore».

Milani fu assolto dall'accusa di falsa testimonianza con sentenza definitiva nel 1980 perché «il fatto non sussiste». La sentenza non fu appellata e così passò in giudicato. Fo dichiarerà poi nel 2000 al Corriere della Sera: «Aderii alla Rsi per ragioni più pratiche: cercare di imboscarmi, portare a casa la pelle (...insomma, un "eroe dei nostri tempi, per fortuna non imitato dai resistenti veri della Val d'Ossola e di tutta Italia. NdR). Ho scelto l’artiglieria contraerea di Varese perché tanto non aveva cannoni ed era facile prevedere che gli arruolati sarebbero presto stati rimandati a casa. Quando capii che invece rischiavo di essere spedito in Germania a sostituire gli artiglieri tedeschi massacrati dalle bombe, trovai un’altra scappatoia. Mi arruolai nella scuola paracadutisti di Tradate. Poi tornai nelle mie valli, cercai di unirmi a qualche gruppo di partigiani, ma non ne era rimasto nessuno» [...]

Nel 2007 viene pubblicata l'autobiografia "Il mondo secondo Fo. Conversazione con Giuseppina Manin" editore Guanda. Nel libro viene riaperta la questione, Dario Fo «ha fatto parte della Repubblica di Salò», osserva l’intervistatrice Giuseppina Manin, coautrice del libro. Dario Fo non si sottrae e risponde che quella «parentesi» lui non l’ha «mai negata». Ammette di essersi arruolato «per salvare la pelle» [...]

Nel 2007 Ercolina Milanesi, giornalista, collaboratrice e free-lance su diversi quotidiani nazionali, ha scritto che nel 1944-1945 era sfollata a Cittiglio (VA), ha raccontato che conosceva bene Dario Fo e ha ricordato che «Un giorno si presentò tronfio come un gallo per la divisa che portava e ci tacciò di pavidi per non esserci arruolati come lui» [...]

Peccato, Fo... certe cose si tengono, e i fantasmi del passato a volte ritornano. Anche per ricordarci che non bisogna mai abbassare la guardia (e la soglia del ricordo), specie quando il "virtuosismo attoriale" tende a farci dimenticare troppo frettolosamente un passato segnato da troppe stranezze.

Tafanus

Tafanus: Ricciardi inchioda Meloni in Aula: “Ma cosa festeg...

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