giovedì 27 febbraio 2014

Matteo Renzi? alle 07:00 sta già lavorando per noi. E Mirta Merlino è eccitatissima all'idea

Lavori_in_corso
Mirta-merlino-sobria
Mirta Merlino

Da due mattine, una "arrapatissima" Mirta Merlino, su "La7", ci somministra ogni cagata di "tweet" postato da Matteo Renzi. I tweet che più la affascinano e la esaltano sono quelli che Renzi (o chi per lui) posta da diverse mattine alle 07:00 in punto, attraverso i quali Renzi informa urbi et orbi che "si comincia", iniziata la giornata di lavoro". Immagino da casa, dal poco confortevole appartamentino di Palazzo Chigi, senza il fastidio di guidare la macchina nel traffico, o prendere il trenino dei pendolari. Uno sforzo sovrumano.

Cara Mirta, soffro di insonnia. Mi capita spesso, verso le 5/6 di mattina, di accendere la TV in camera da letto, per vedere la rassegna stampa, e a volte mi becco "Onda Verde". Ed ogni volta resto affascinato nel vedere che già a quell'ora le tangenziali sono intasate da gente in macchina che si è alzata chissà a che ora, per andare a lavorare da chissà dove a chissà dove... I mitici "Ford Taunus" carichi di muratori bergamaschi che vanno nei cantieri di Milano; addetti al metrò che alle 06:00 fanno partire i treni, supplenti che partono da Voghera per fare due ore di supplenza a Milano, addetti alla pulizia delle strade, baristi, edicolanti...

Cara Mirta, il mondo reale è PIENO di gente che alle 07:00 non è davanti all'iPod a scrivere la prima banalità del giorno, ma è in piedi da ore a fare lavori scomodi, senza scorta e auto di servizio, e non la lussuosi appartamenti di servizio, ma da furgoni, edicole, panetterie, tram, camion della spazzatura. I veri eroi del nostro tempo.

Cara Mirta, la storia di questo disgraziato paese è piena di gente che anzichè dormire di notte, veglia e lavora per noi. Mussolini lasciava accesa la luce a Piazza Venezia, per far vedere che anche di notte "lavorava per noi". La luce accesa aveva la funzione dei tweet, che allora non c'erano. Berlusconi non perdeva occasione di informarci che "ho scritto il discorso alle tre di notte, perchè a me bastano due/tre ore di sonno a notte. Lui alle 06:30 riceveva già la mazzetta dei quotiani. Non a letto, ma nel suo studio, già incipriato, incatramato, e ingessato nel suo Caraceni doppio-petto sempre uguale.

Cara Mirta, se questi personaggi avessero dormito un po' di più, ed operato qualche ora in meno, oggi forse vivremmo in un paese migliore, o meno disastrato. Lorsignori si riposino, di tanto in tanto. Purtroppo non lo fanno. Dopo i superattivi Benito & Silvio, oggi il destino ci infligge il superattivo Matteo. Ne sentivamo il bisogno. 

Cara Mirta, non le sembra abbastanza cretino che per caso uno inizi a "lavorare per noi" sempre alle 07:00? Che non gli capiti mai di iniziare alle 06:56, o alle 07:04? Ha mai sentito parlare dei programmi che postano ciò che vogliamo noi, all'ora decisa da noi? E se anche fosse tutto vero, e non favolistico, chi se ne frega se Renzi inizia a "curare i nostri destini" alle 07:00?

Cara Mirta, dobbiamo commuoverci per un Renzino che conduce una vita così disperata per poter essere a Treviso in una scuola media a darsi il cinque con dei ragazzetti per finire in tutti i telegiornali? E magari per recitare Rio Bo come Silvio? Dopo aver mobilitato scorte, un aereo di stato, centinaia di poliziotti, piloti, e quant'altro? Quanto è costata questa "TV Opportunity"? Qual'è il vantaggio per noi di questa storica giornata veneta? Domani qualche insegnante e qualche alunno di Treviso avranno una scuola più sicura? Insegnati migliori, pagati più dignitosamente? Gente che alla vigilia della pensione abbandonerà finalmente la condizione di precariato?

Cara Mirta... stamattina lei era arrapata anche per la "prodigiosa memoria" di SuperMatteo... Se così fosse, perchè Super Matteo ci ha detto il 12 di gennaio che il Giobatta sarebbe apparso in tutto il suo splendore il 16 di Gennaio? Per poi dirci il 18 "vedrete, in un paio di settimane"... Per dirci ieri che sarà pronto - puntuale come la cometa - il 17 Marzo?

Cara Mirta, non è che magari Matteo è dotato di una "memoria prodigiosa" (anche se nessuno se n'è accorto?) Per esempio, quando Renzi è approdato senza la "legittimazione del passaggio alle urne" a Palazzo Chigi, non avrà mica dimenticato ciò che aveva affermato per mesi con la consueta prosopopea? e cioè che MAI E POI MAI lui avrebbe fatto come D'Alema, o come Monti, o come Letta?

Cara Mirta, non è che lei, come molti che hanno frequentato la sua scuola di giornalismo, sia per caso dotata di memoria non "prodigiosa", ma "selettiva"? Ci faccia capire...

Tafanus

I commenti 

Matteo Renzi, e i costi della politica (di Axel)

Renzi-supermanE’ singolare leggere i commenti dei tafani che discutono con frasi davvero scoraggianti tipo “da qualche parte bisogna ben prendere i soldi” sulla tassazione di rendite finanziarie e/o di utili derivanti da posizioni consolidate. Come se i 2000 e passa miliardi di passivo accumulati dai geniali politicanti italiani avessero origine dall’evasione fiscale oppure dalle famose “rendite di posizione” di cui si favoleggia da anni: ebbene, per chiarire una volta per tutte quali siano le vere origini della drammatica situazione italiana sarebbero da considerare pochi elementi finanziari, quelle nozioni che se la celeberrima casalinga di Voghera mette in pratica da anni pare che i geni provenienti dalla Bocconi non abbiano ancora capito.

Il concetto, agilmente sviluppato dal mio professore di analisi al Politecnico ormai 30 anni fa, era che se si vuole riempire una vasca da bagno la soluzione non è quella di triplicare i rubinetti, ma quella di tappare i buchi.

Un esempio: cosa costa la politica in Italia ? sappiamo che la camera ha un bilancio di circa 1 miliardo e 150 milioni di euro, mentre il senato (bontà loro…) spende poco di meno, circa 1 miliardo e 80 milioni di euro. Aggiungiamo il Quirinale, che spende da solo approssimativamente 450 milioni di euro (come, sinceramente, è difficile capire, atteso che i bilanci non sono disponibili se non per sommi capi) mentre i costi diretti ed indiretti delle provincie sono pari a circa 14 miliardi di euro, concentrati per il 78% in affitti, stipendi e buonuscite dei politici, nonché nei “rimborsi spese” dei gruppi consiliari.

La stima di risparmio in caso di abolizione è di circa 11 miliardi di euro, mentre per quanto concerne le regioni il costo per assicurare lo stipendio all’esercito di consiglieri, presidenti e assessori di Regioni e province autonome pesa ogni anno sulle casse pubbliche circa 800 milioni di euro e rappresenta una delle voci più onerose per i bilanci delle Autonomie, terza dopo il costo del personale (2,9 miliardi) e le generali «spese per servizi» (1,3 miliardi), ed esclusi i trasferimenti.

Sommando i consigli regionali, provinciali e comunali, poi, la politica costa 1,4 miliardi (quasi metà dei fondi necessari per togliere l'Imu sulla prima casa), ovvero 35 euro l'anno per ogni contribuente, di cui 19 solo per le Regioni. Per fare un paragone, per le opere di sistemazione del suolo si spendono solo 25 euro per ognuno dei 41,3 milioni di contribuenti.

I dati delle uscite 2012 ribadiscono il triste primato dei costi della politica, che almeno fino all'anno scorso, sopravviveva a qualsiasi spending review: un primato in cui le Regioni surclassano gli enti locali.

Prendiamo per esempio le Province, da anni nel mirino proprio perché ritenute inutili e costose: l'affermazione è solo parzialmente smentita dai dati (almeno per quel che riguarda il costo pro capite di consiglieri e assessori provinciali) il loro costo pro capite è «solo» di 2,5 euro contro i 19 dei politici regionali e i 13 di quelli comunali.

Ovviamente se si approfondisce l’analisi il discorso cambia: analizzando il rapporto percentuale tra la spesa corrente e quella per organi istituzionali si evince che il peso economico dei rappresentanti delle Province è pari a 1,32 euro rispetto al totale della spesa corrente dello stesso ente, contro lo 0,55 dei politici regionali e l'1,07 di quelli comunali, mentre rimangono fissi i costi legati ad affitti e gestione degli immobili.

Lo Stato Italiano (dati 2010) spende per l’Amministrazione Centrale 182 miliardi di euro, per la Previdenza 298, per gli Interessi sul debito 72, per le Regioni 170 (di cui 114 Sanità, ove ci sarebbero possibilità enormi di razionalizzazione della spesa…), per i Comuni 73 ed infine per le Province 12 miliardi di euro (lievitati a 14,5 nel 2013) che corrispondono all’1,5% della spesa pubblica del nostro Paese.

Prima degli interventi operati dalle diverse manovre economiche, il costo dei 1774 amministratori provinciali (costo della politica) era di 113 milioni di euro (Fonte, Siope 2010). Rispetto alla spesa complessiva delle Province (12 miliardi di euro) i costi della politica ammontavano allo 0,9%. Dopo la manovra 2011, a regime, sulla base di quanto previsto dal decreto 78 del 2010 in materia di riduzione delle indennità degli amministratori provinciali, il costo complessivo dei 1.774 amministratori provinciali si ridurrà a circa 35 milioni di euro (Stima Upi su Fonte Siope, 2010).

I 12 miliardi di euro erano così ripartiti: 8.562.810.574 € per le spese correnti, 2.936.728.318 per quelle in conto capitale, 659.245.656 € per rimborso dei prestiti.

Il dato macroscopicamente abnorme però è quello del rapporto tra la spesa corrente e quella produttiva di sviluppo e crescita, ovvero la spesa in conto capitale: nelle regioni i costi sono pari a 145 miliardi in un anno per funzionare la macchina, contro i 17 miliardi spesi per investimenti su strade, ospedali ed espropri: in pratica, soltanto un euro ogni dieci usciti dalle casse regionali l'anno scorso è servito a finanziare un'infrastruttura mentre nove sono serviti per far funzionare la macchina. In altri termini, è come se, per realizzare un intervento nel nostro condominio, pagassimo mille euro all’impresa e 9.000 all’amministratore che la gestisce: chi di voi sarebbe d’accordo se in assemblea condominiale arrivasse una proposta simile ?  Eppure, incredibilmente, la politica continua ad infischiarsene di quello che chiedono i cittadini e concede “rimborsi” ipertrofici ai propri componenti ed ai gruppi consiliari.

Certo, in molti casi le spese correnti nascondono voci difficilmente comprimibili (pensioni, ma anche contributi previdenziali per il personale, spesso però non pagati ad INPS…) ed i finanziamenti alla sanità (sono andati alle Asl circa 87 miliardi, la metà di tutta la spesa complessiva regionale), ma anche 800 milioni per organi istituzionali, oltre a 117 milioni spesi dai governatori per «studi, consulenze, indagini e gettoni di presenza».

Meno sbilanciato il rapporto per Comuni e Province, che destinano alla spesa produttiva circa il 21% degli investimenti: va detto però che per le Province il dubbio è quello della loro stessa funzione: senza la gestione degli appalti stradali (affidati per il 78,5% ad ANAS…), che da sola assorbe il 52% degli investimenti provinciali (1.526.720.000 euro), effettivamente la ragion d'essere delle 110 Province verrebbe sostanzialmente svuotata. In altri termini, se la manutenzione stradale passasse in maniera esclusiva ad ANAS e la gestione fallimentare degli stabili scolastici venisse attribuita a comuni o regioni le provincie non avrebbero in realtà sostanzialmente nulla da fare, quindi il risparmio certificato si aggirerebbe attorno agli otto miliardi e mezzo di euro.

Fate due conti semplici semplici: 8 miliardi e mezzo l’anno per le provincie, diciamo facilmente un miliardo e 250 milioni per senato, parlamento e presidenza della repubblica, e diciamo facilmente 17 miliardi di minori spese per le regioni sui 58 legati ai costi di funzionamento dell’apparato: a questo aggiungiamo circa 400 milioni di euro ai partiti ed un miliardo 350 milioni dall’otto per mille alle chiese varie.

Totale:  28 miliardi 500 milioni di minori spese, strutturali e quindi di effettivo risparmio, che garantirebbero circa il 50% dei costi sugli interessi passivi e che permetterebbero di abbattere il rapporto deficit-PIL all’1,5% anziché al limite del 3.

A qualcuno risulta che il genio del Giobatta abbia valutato questi risparmi ?

Come sempre a pensar male si fa peccato, ma quasi sempre ci si indovina…

Axel

TafanusSpesso si fa peccato non già a "pensar male", ma a non farlo. Renzi ha bisogno urgente che qualcuno gli regali non già l'ultimo modello di ipod, ma una calcolatrice a pile da due euro. All'epoca della prima leopolda aveva messo su wikipedia un curriculum talmente folle e pieno di baggianate che glielo ho demolito con un post  UN POST, a ruota del quale, in pochi giorni, il suo curriculum/due è cambiato drasticamente... Divertente, il renzino... Padoan ha dovuto spiegargli, con cautela, che non poteva parlare di taglio di 10 punti di IRAP, ma caso mai di 10 miliardi. Renzi "suona ad orecchio". Sul resto, che dire? Vorrei solo ricordare che oltre ai 130 miliardi di costo stimato per il libro dei sogni renziano, dall'anno prossimo dobbiamo aggiungere (ogni anno per vent'anni) 50 miliardi di euro all'anno per il fiscal compact.

Intanto il Giobatta, presentato subito dopo l'elezione a segretario (1,5 pagine word) e demolito da molti, ad iniziare da noi... Promesso il "parto cesareo" del contenuto (lui pensava di averlo dato, il contenuto, in una pagina e mezza senza una sola cifra...) per il 16 Gennaio. Alla data fatidica, con nonchalance ha detto: vedrete, in un paio di settimane. Oggi ha detto: Il Giobatta sarà presentato il 17 marzo. Segnatevi questa "fatal data", perchè il Giobatta cambierà la nostra vita.

Internatelo, prima che faccia troppi danni

Tafanus

I commenti 

domenica 23 febbraio 2014

Il bello della vecchiaia: per esempio Eugenio Scalfari...

Scalfari-eugenioUna delle poche cose belle della vecchiaia che mi vengono in mente, leggendo l'articolessa domenicale odierna di Eugenio Scalfari, è che "a una certà età" uno può fottersene degli equilibri proprietari e degli interessi di chi possiede il giornale per il quale ancora scrive, dopo esserne stato il fondatore. Oggi il Grande Vecchio può permettersi il lusso di picconare il Bischero di Frignano sullo stesso giornale sul quale vassalli e valvassori sembra siano stati comandati al perpetuo elogio di qualsiasi bischerata, purchè di provenienza renziana.

E' quindi con vero piacere (e con sottile malvagità) che contribuisco alla infinitesimale crescita della diffusione della "rottamazione" di Renzi ad opera di Scalfari. Tafanus

Recondita armonia di bellezze diverse (di Eugenio Scalfari - Repubblica)

La scorsa settimana ero abbastanza triste per il modo inconsueto e molto crudele col quale la direzione del Pd aveva sfiduciato Enrico Letta. Mi venne in mente la canzone jazz americana "Stormy Weather", tempi bui, e la citai nel mio articolo domenicale e nel titolo. Ma oggi è diverso.

Oggi, sia pure con qualche cautela, dobbiamo festeggiare l'ascesa al potere di Matteo Renzi, il rilancio in programma della crescita economica, dell'occupazione, dei giovani, il compimento della riforma elettorale, la diminuzione delle tasse, la riforma della pubblica amministrazione, la semplificazione cioè la modernizzazione dello Stato e il prolungamento della vita del governo fino al termine naturale della legislatura nell'aprile del 2018.

È lungo quest'elenco, anche solo a snocciolarne i titoli. Ricordo che Letta fu contento perché per esporre il suo programma, che la direzione del Pd neppure esaminò, aveva scritto 54 pagine. Ma qui, per illustrare quello di Renzi, ce ne vorrebbero almeno 500. Per ora non ci sono, anzi non ce n'è neppure mezza. C'è soltanto l'elenco dei titoli che abbiamo sopra elencato (...già... siamo lieti di essere stati fra i primi a leggere il "Giobatta", e a denunciare che era un "programma" di una pagina e mezza word, con dieci titoli - mai nove o undici, sempre 10 o 100 - e che avremmo scritto, per giudicarlo, quando fosse apparso il contenuto. Doveva uscire il 16 gennaui. Lo stiamo ancora aspettando. NdR)

C'è un doppio criterio che Renzi ha ribadito più volte venerdì nelle sue dichiarazioni successive alla nomina ricevuta dal Capo dello Stato e cioè: concretezza e trasparenza. E c'è anche la tempistica: sei mesi per la legge elettorale, che invece fino all'altro ieri sembrava doversi collocare entro questo mese ed è stata, giustamente, agganciata alla riforma del Senato che richiede una legge costituzionale e una maggioranza comprensiva di Berlusconi.

Gli altri obiettivi invece saranno "avviati" e in buona parte effettuati entro quattro mesi, uno al mese cominciando dal lavoro e dall'occupazione. No, non state sognando, la tempistica indicata da Renzi è proprio questa: un mese per risolvere quei problemi (quasi secolari). Quattro problemi, quattro mesi e il pranzo è servito. E noi dovremmo festeggiare? Un governo di otto donne e otto uomini, il premier più giovane della storia italiana a partire dal 1861. Un altro esempio di grande gioventù per la presa del potere (ancora molto più giovane di lui) fu quello di Lorenzo il Magnifico, anche lui di Firenze, ma erano altri tempi. Anche Napoleone arrivò al vertice più o meno sui trent'anni e non parliamo di Alessandro Magno. Ma erano appunto tempi diversi.

Letta-renzi-campanellaTra i moderni in Italia, abbiamo un campione; perciò in alto i calici. Personalmente purtroppo ho il divieto medico di bere alcol perciò - il presidente del Consiglio mi scuserà - brinderò alla salute sua e del governo da lui formato con una Coca light. Spero ne sarà ugualmente contento.

Ci sono però in più due punti che vorrei precisare prima di analizzare la situazione attuale del nostro Paese. E sono questi. Il direttore della Stampa, Mario Calabresi, riscontra nel nuovo governo e in Renzi che lo presiede una leggerezza che gli ricorda il Calvino delle Lezioni americane e ne trae ottimi auspici. Non so quanti siano i membri del nuovo governo che abbiano letto le Lezioni americane. L'amico Calabresi, che formula quell'auspicio, certamente le conosce ma ha dimenticato di dire che il personaggio che Calvino indica come la personificazione della leggerezza che lui intende era - pensate un po' - Guido Cavalcanti. Francamente non pare che Renzi abbia qualche affinità con Cavalcanti. Ezio Mauro nel suo editoriale di ieri giudica Renzi un po' bullo. È chiaro che con Cavalcanti non ha nulla a che fare.

La seconda affermazione si rifà a una dichiarazione del neo-premier subito dopo l'investitura ricevuta al Quirinale. Ha detto testualmente: "Il mio governo è il più di sinistra degli ultimi 30 anni". Dice così ma non sembrerebbe. Personalmente, se dovessi dare un attributo, direi che è un governo pop. Forse la sinistra è diventata pop. Non so se sia un progresso. Speriamo di sì.

Una novità c'è sicuramente: questo non è più un governo del presidente della Repubblica, come accadde con Monti e con Letta. Questo nel bene e nel male è il governo di Renzi e del suo partito. Napolitano l'ha nominato e non poteva far altro visto che il partito di Renzi ha la maggioranza assoluta alla Camera e quella relativa al Senato dove la maggioranza assoluta viene raggiunta con i voti di Alfano e dei pochi senatori centristi.

Ma c'è un'altra maggioranza della medesima importanza sulla quale né la legge elettorale né le riforme costituzionali potrebbero esser fatte ed è quella stipulata, con "piena sintonia", con Forza Italia di Silvio Berlusconi, il quale ha manifestato ampia adesione all'incarico che Renzi ha ricevuto.

Al punto che ieri il Cavaliere avrebbe espresso apprezzamento per la nomina della Guidi allo Sviluppo economico e comunicazioni, vantandosi di avere un ministro pur stando all'opposizione. C'è un problema per il premier e non è da poco. Anche perché tutto è confermato da una cena avvenuta lunedì a casa di Berlusconi, con la Guidi e suo padre tra gli invitati.

Ci sono dunque due maggioranze che per ora sostengono il nuovo governo, le quali però - è bene averlo presente - non vanno d'accordo tra loro perché Berlusconi, se solo potesse, vorrebbe distruggere Alfano e reciprocamente. Renzi e il suo partito sono perciò il perno che usa a proprio beneficio questa dicotomia. Durerà fino al 2018 o si sfascerà prima? Molto dipenderà anche dall'esito delle elezioni europee ma soprattutto dai risultati che nel frattempo il nuovo governo otterrà in materia economica.

Napolitano non aveva altre soluzioni, ma alcuni elementi della situazione dipendono pur sempre da lui. Per esempio lo scioglimento delle Camere; per esempio l'approvazione preventiva dei decreti e la promulgazione delle leggi o il loro rinvio al Parlamento nei casi di dubbia costituzionalità. Insomma ha ripreso un ruolo non più determinato dall'emergenza, anche se l'emergenza c'è ancora ma con caratteristiche diverse.

Con intelligenza e coraggio del quale è giusto dargli atto, Renzi ha detto che i rischi d'un insuccesso ci sono ma bisognava correrli ed ha aggiunto che lui e il suo partito ci mettono la faccia; se sbaglieranno pagheranno. Si è però scordato di aggiungere che se sbaglieranno pagherà anche il Paese e sarà esattamente il Paese a pagare il prezzo più alto.

In quel deprecabile caso, che dobbiamo tutti cercar di scongiurare, ciascuno operando responsabilmente nel campo che gli è proprio, quali sono le alternative? Solo il populismo dilagante?

Quello è certamente il pericolo da scongiurare, ma ce n'è un altro che a mio avviso è più concreto: se Renzi dovesse fallire noi saremo commissariati dall'Europa con tutte le conseguenze del caso; ma avremo anche contribuito col nostro fallimento a danneggiare fortemente l'Europa nella sua evoluzione. Il nostro continente diventerebbe irrilevante nell'economia globale con tutte le conseguenze del caso. La faccia di Renzi è a rischio e questo è il suo coraggio, ma se solo fosse questo ce ne potremmo tranquillamente infischiare. Il rischio è in realtà terribilmente più elevato ed è opportuno esserne consapevoli.

C'è un punto che resta assolutamente oscuro: fino a cinque o sei giorni prima del pronunciamento della direzione del Pd che abbatté Letta e votò per il nuovo governo, Renzi aveva confermato che mai e poi mai avrebbe messo fuorigioco il governo esistente, almeno fino alla conclusione del semestre italiano di presidenza europea. Non sosteneva che quel semestre fosse di grande importanza (anche Berlusconi la pensa così, ma Renzi ora su questo punto ha completamente cambiato idea) ma lui comunque non sarebbe intervenuto e si sarebbe unicamente occupato del partito, cosa che era di grande importanza e ci aveva preso gusto a portarla avanti.

Delrio-letta
...quando Graziano Delrio era un "fedele lettiano...

Proprio in quei giorni, cioè un paio di settimane fa, a me capitò di partecipare nella trasmissione di Lilli Gruber ad un dibatto con Delrio che non conoscevo ma sapevo bene chi fosse.

Delrio, su domanda della Gruber e anche mia, ribadì che Renzi non pensava affatto a sostituire Letta e che lui era dello stesso parere e l'aveva consigliato a mantener ferma quella posizione. Ricordo che Delrio era ministro del governo Letta.

Accadde invece che a pochi giorni di distanza anche Delrio abbia cambiato radicalmente opinione e sia stato tra i più fidati dei luogotenenti del leader a spingerlo verso la presa del potere a Palazzo Chigi. In quei giorni Delrio era in predicato per assumere la guida dell'Economia, del quale non risulta abbia particolare esperienza.

Come si spiega questo improvviso cambiamento, talmente sorprendente che, quando avvenne e ancora fino a venerdì scorso, Renzi non aveva affatto formato la squadra di governo e si aggirava tra i nomi di Montezemolo, Baricco, Farinetti, Guerra, Boeri, Moretti ed altri che alla fine sono risultati indisponibili? Che cosa ha spinto Renzi e Delrio a "metter la faccia" loro e quella dell'intero Paese?

Io non so dare alcuna risposta e neanche Renzi la dà. Dice che la situazione era divenuta insostenibile. Perché? E perché non se n'era accorto nei quattro o cinque giorni prima della direzione del partito? Mi sorge un dubbio: forse aveva capito che la situazione congiunturale stava migliorando e che a metà agosto si sarebbe consolidata la fine della recessione con i primi effetti positivi e con il relativo successo di Letta. Questa prospettiva avrebbe messo lui in una posizione secondaria, perciò non c'era tempo da perdere.

Capisco che questa ipotesi è maliziosa, ma altre non ne vedo e voglio ricordare che Renzi aveva riferito anche a Napolitano le sue intenzioni di non insidiare il governo esistente. Questo rinnova la domanda: perché il neo-premier ha cambiato idea?


Il problema che adesso si pone (e dovrebbe esser risolto entro un mese stando alla tempistica renziana) è, per dirla in breve, un abbattimento sostanziale del cuneo fiscale o di qualche provvedimento che gli somigli, la ripresa dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione verso aziende creditrici, la ripresa degli investimenti; il tutto insieme ad una diminuzione del debito pubblico e della pressione fiscale sulle fasce povere della popolazione.

Sono gli stessi temi reclamati da Squinzi e dalla Confindustria i quali, però, alle domande rivoltegli, non hanno mai indicato le coperture che rispettino il limite del 3 per cento del deficit, ricordato da Visco a Renzi nel colloquio di tre giorni fa come asticella invalicabile.

Da calcoli fatti da attendibili osservatori le cifre necessarie oscillano tra i 50 e i 70 miliardi. Ma quand'anche ci si limitasse allo strettissimo necessario facendo passare degli straccetti di carne per bistecche alla fiorentina, ce ne vorrebbero come minimo 40. Da prendere attraverso la spending review. Tagliando gran parte delle inutili sovvenzioni ad imprese del tutto improduttive se ne tirano fuori una trentina e un'altra decina tassando le rendite finanziare. Ma per realizzarle se ne parla alla fine dell'anno perché la bacchetta magica Renzi e Delrio non ce l'hanno.

Avevano detto un mese. Ben che vada ce ne vorranno otto di mesi anche se si aggiungesse - come pure sarebbe necessario - un'imposta edilizia con andamento decisamente progressivo per far fronte agli esodati e ai lavorati delle imprese messe a secco dai tagli della spending review. Il compito spetta al ministro del Tesoro Padoan, il solo ministro che a bocca storta Renzi ha dovuto accettare dal fermo suggerimento di Napolitano.

Purtroppo lo stormy weather permane. Al più ci si può consolare con la "Recondita armonia di bellezze diverse" cantata da Mario, il protagonista della Tosca, come apertura dell'opera. Era molto ardito quel fantasioso pittore che amava la bruna, sognava la bionda e intanto cospirava con i repubblicani per buttare giù il Papa. Alla fine fu fucilato e gettato nel Tevere. Segno che troppe cose insieme non si possono fare.

Eugenio Scalfari

sabato 22 febbraio 2014

Tamarri si nasce... ed "egli lo nacque" - Bonino apprende dalla TV del suo siluramento

La sorpresa e l’ira di Emma Bonino: «Ha saputo della sostituzione dalla tv» - I radicali: «Renzi ha fatto di testa sua senza preoccuparsi delle relazioni all’estero» (Fonte: Monica Guerzoni - Corsera)

Emma Bonino (Ansa)
Emma Bonino (Ansa)

«Perché mi hanno fatta fuori? Io davvero non lo so». Quando Emma Bonino risponde al cellulare, alle 19.35, Matteo Renzi ha da poco lasciato il salone della Vetrata e Giorgio Napolitano ha appena preso la parola. La voce della titolare della Farnesina è squillante, ma tradisce sgomento e uno stato d’animo che, eufemisticamente, si potrebbe definire di forte arrabbiatura.

«Nessuno mi ha avvertita». Matteo Renzi non le ha telefonato per dirle che non sarebbe stata riconfermata? «No, non mi ha chiamata nessuno». L’ha appreso adesso, dalla tv? «Io non sapevo assolutamente nulla». Posso chiederle cosa pensa del fatto che a prendere il suo posto sia Federica Mogherini, giovane parlamentare del Pd? «Lei può chiedermelo, certo. Ma io risponderò solo domani pomeriggio in Largo Argentina. L’appuntamento per ringraziare tutti quelli che mi hanno sostenuto e aiutato è alle 17.30. Per adesso, non ho altro da dire». Non un saluto, ma un vero e proprio comizio. E c’è da giurarci che Bonino, battagliera com’è, si toglierà qualche bella pietruzza dalle scarpe.

Silurata, senza preavviso. E dire che da settimane la leader radicale era in testa a tutti i sondaggi sul gradimento dei ministri. La più amata, la più stimata. Eppure il nuovo presidente del Consiglio non ha voluto sentire ragioni, già da un paio di giorni sul suo nome c’era una vistosa croce e al Nazareno, nella segreteria del leader, la spiegavano così: «Bonino? Non ci sembra che abbia lavorato bene».

Il cambio della guardia alla Farnesina avviene nel pieno della vicenda Marò e al ministero si registra una certa preoccupazione per la reazione delle cancellerie internazionali. Tanto più che anche Mario Mauro, responsabile della Difesa, è sparito a sorpresa dal foglietto di Renzi nelle ultimissime ore della trattativa. «Killeraggio politico», accusano senza giri di parole i Popolari per l’Italia.

Anche i Radicali sono furiosi. «Renzi ha fatto di testa sua, senza preoccuparsi delle reazioni all’estero - attacca Rita Bernardini, segretario del partito -. Renzi continua la sua antica pratica antidemocratica, tra l’altro esclude i problemi della giustizia non considerandoli come fondamentali per il Paese». E il caso dei due militari italiani in India, c’entra qualcosa? «Emma lo ha gestito egregiamente, considerato quel che le era arrivato in mano appena approdata alla Farnesina. È stata bravissima, anche sulla Siria».

Classe 1948, Emma Bonino si è costruita in decenni di attività politica una solida rete di rapporti internazionali, ad altissimo livello. Europeista convinta, è stimata dalla diplomazia Usa e grande amica di Israele, ma non ha mai trascurato il dialogo con il mondo arabo. I suoi dieci mesi nel governo Letta sono stati scanditi dalle crisi in Libia, in Egitto e in Ucraina e, al principio, dal caso di Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov che fu espulsa dall’Italia a maggio. In quell’occasione il premier la ringraziò, facendo capire che non le addossava alcuna responsabilità nella gestione della vicenda.

Ora si volta pagina. «Renzi ha fatto fuori la storia radicale, socialista, azionista, liberale... Ha ottenuto l’ideale per i partitocrati» commentava Marco Pannella pochi minuti prima che il benservito diventasse ufficiale. Il vecchio leader ha centrato il punto: se il nuovo premier ha scelto di scrollarsi di dosso il simbolo di tante battaglie civili è perché vuole dare il segno di una discontinuità vera, costi quel che costi. In Parlamento, dove la notizia ha suscitato scalpore, si dice anche che i renziani avrebbero registrato con crescente fastidio il pressing ai massimi livelli sul nome della Bonino (e di Mario Mauro). Napolitano aveva chiesto continuità sui ministeri chiave? E invece, come spiegano i suoi, l’ex «rottamatore» ha voluto spazzar via i volti che rappresentano «un notabilato politico vecchio stampo». Ma nel Pd gira anche una lettura maliziosa: «La verità? Renzi ha fatto un favore a Pannella...».

22 febbraio 2014

I commenti 

Nasce il Primo Governo Coccodé della Repubblica dei Fichidindia


Dal blog di Peter Gomez

Governo Renzi auto-rottamato, fatto fuori Gratteri restano solo lobby e gattopardi

Nel 1994 era stato Cesare Previti, l’avvocato degli affari sporchi di Silvio Berlusconi, a entrare al Quirinale come Guardasigilli in pectore e a uscire degradato. Sull’onda dell’indignazione suscitata dalla scoperta di Tangentopoli, il Colle aveva detto no. E Previti era finito alla Difesa. Oggi, nel mondo alla rovescia dei ladri e della Casta, a venir depennato all’ultimo momento dalla lista ministri, è Nicola Gratteri, stimato magistrato antimafia, la cui colpa principale è quella di aver sognato di poter far funzionare la giustizia anche in Italia . Gratteri resterà in Calabria. E per la gioia della ‘ndrangheta, delle consorterie politico-mafiose e dell’Eterno Presidente, Giorgio Napolitano, in via Arenula ci finisce l’ex ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, celebre per aver chiesto l’abolizione dell’ergastolo e proposto l’abrogazione dell’obbligatorietà dell‘azione penale.

È il segno più evidente di come il rottamatore Matteo Renzi prosegua imperterrito nella distruttiva opera di auto-rottamazione e di demolizione del sogno di cambiamento che aveva rappresentato per molti italiani. Una stolta manovra iniziata con il tradimento e il successivo brutale accoltellamento politico del mediocre Enrico Letta, a cui il nuovo premier aveva più volte pubblicamente e bugiardamente assicurato lealtà.

Certo, sull’esclusione all’ultimo minuto di Gratteri in molti vedono le impronte digitali di Napolitano. Il presidente del secondo paese più corrotto d’Europa, noto per aver lesinato solo i moniti in materia di legalità della politica, ovviamente esclude ogni responsabilità. Resta però da spiegare come mai, stando a quello che risulta per certo a Il Fatto Quotidiano, al magistrato fosse stato assicurato il dicastero solo pochi minuti prima della salita di Renzi al Colle. E perché Napolitano, pubblicamente, abbia poi tenuto a precisare – con una sorta di excusatio non petita – che tra lui e il neo-premier non era avvenuto nessun “braccio di ferro” sulla lista dei ministri.

Nelle prossime ore le notizie su quello che è esattamente accaduto durante il lunghissimo faccia a faccia tra il neopremier e l’ottuagenario capo dello Stato, non mancheranno. Non c’è invece bisogno di retroscena per capire tutto il resto. Bastano i curricula dei ministri più importanti.

Nella lista spiccano i nomi dell’esponente di Confindustria e della Commissione trilaterale, Federica Guidi (Sviluppo economico), quello del presidente della Lega Cooperative, Giuliano Poletti, dell’ex delfino di Berlusconi, Angelino Alfano (Interno), e del ciellino Maurizio Lupi (Infrastutture). Mentre all’Economia ci finisce Pier Carlo Padoan, capo economista dell’Ocse e ex presidente della Fondazione italiani europei di Massimo D’Alema, e alle Politiche Agricole, Maurizio Martina, già pupillo di Filippo Penati, l’ex presidente della provincia di Milano sotto processo per le tangenti di Sesto San Giovanni.

Il fatto che Renzi sia riuscito a mettere insieme una squadra formata al 50 per cento da donne, che l’età media dell’esecutivo sia piuttosto bassa, non servirà al premier per cancellare negli elettori la sensazione di trovarsi di fronte a un consiglio dei ministri espressione di quelle lobby da più parti ritenute responsabili del degrado del Paese. È infatti più che ragionevole dubitare che il suo obamiano programma di governo (“una riforma al mese”) possa essere messo in atto da una compagine del genere. Perché questo non è un dream team, ma solo una galleria di errori e orrori.

Così già oggi sappiamo che ha vinto il Gattopardo. #lavoltabuona può attendere.

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Alcune considerazioni a caldo: non basta né essere ggiovani, né essere donne, per garantire un governo non coccodé.

Marianna Madia è ggiovane. E' quella fedelissima di Renzi portata nella sua segreteria, e che il giorno dopo già si dava da fare, sbagliando ministero. Regaliamole un navigatore satellitare.

La Boschi è quella che ride sempre. Forse persino a lei, guardando le sue scarpe leopardate, scappa da ridere.

Boschi-leopardata

Agli Esteri, sicuro che sia stato un buon affare sostituire la Bonino con la Mogherini? Quali sono i suoi achievements, oltre quelli di far parte della segreteria di Renzi?

La verità è che Renzi si è abbassato le mutande su tutta la linea. Si è circondato da ggiovani bellocce, leopardate e con scarsa conoscenza dell'oggetto sociale di ciascun ministero. Ha accettato alla giustyizia di cacciare Gratteri, per mettere un innocuo Orlando (quello che voleva abolire l'azione penale obbligatoria). Berlusconi ringrazia. Sulla patrimoniale l'ometto di Frignano ha già detto no.

Ed ora analizziamo i risultati di "Renzi il Duro Negoziatore": questi sono i pesi specifici dei singoli partiti che lo appoggiano:

 

PD: 32%

NCD: 4%

SC: 1%

UDC: 1%

 

Volendo fare una bieca simulazione del "Manuale Cencelli", scopriamo che il PD, che rappresenta l'84% del corpo elettorale che fa riferimento a questa strana ammicchiata, prende il 50% dei ministeri con portafoglio; Angelino Alfano con un peso dell'11% prende il 19% dei ministeri; Scelta Civica e UDC (ognuno dei quali pesa lo 0,25% del corpo elettorale della coalizione) prendono il 6,25% ciascuno dei ministeri.

...disciamoscelo... una svendita così sarei stato capace di farla persino io. Con qualche errore da "Piccolo Maleducato" in meno: per esempio, mi sarei risparmiato la figura di merda di mandare un tweet dal Quirinale, anticipando l'annuncio ufficiale. Ma si sa... i cafoncelli spesso sono fottuti dalla loro fretta. Spintonano chi si trova sulla loro strada, e non chiedono neanche scusa.

...arrivo presto, vado via presto, e non pulisco il water...

I commenti 

 

Nasce il Primo Governo Coccodé della Repubblica dei Fichidindia


Dal blog di Peter Gomez

Governo Renzi auto-rottamato, fatto fuori Gratteri restano solo lobby e gattopardi

Nel 1994 era stato Cesare Previti, l’avvocato degli affari sporchi di Silvio Berlusconi, a entrare al Quirinale come Guardasigilli in pectore e a uscire degradato. Sull’onda dell’indignazione suscitata dalla scoperta di Tangentopoli, il Colle aveva detto no. E Previti era finito alla Difesa. Oggi, nel mondo alla rovescia dei ladri e della Casta, a venir depennato all’ultimo momento dalla lista ministri, è Nicola Gratteri, stimato magistrato antimafia, la cui colpa principale è quella di aver sognato di poter far funzionare la giustizia anche in Italia . Gratteri resterà in Calabria. E per la gioia della ‘ndrangheta, delle consorterie politico-mafiose e dell’Eterno Presidente, Giorgio Napolitano, in via Arenula ci finisce l’ex ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, celebre per aver chiesto l’abolizione dell’ergastolo e proposto l’abrogazione dell’obbligatorietà dell‘azione penale.

È il segno più evidente di come il rottamatore Matteo Renzi prosegua imperterrito nella distruttiva opera di auto-rottamazione e di demolizione del sogno di cambiamento che aveva rappresentato per molti italiani. Una stolta manovra iniziata con il tradimento e il successivo brutale accoltellamento politico del mediocre Enrico Letta, a cui il nuovo premier aveva più volte pubblicamente e bugiardamente assicurato lealtà.

Certo, sull’esclusione all’ultimo minuto di Gratteri in molti vedono le impronte digitali di Napolitano. Il presidente del secondo paese più corrotto d’Europa, noto per aver lesinato solo i moniti in materia di legalità della politica, ovviamente esclude ogni responsabilità. Resta però da spiegare come mai, stando a quello che risulta per certo a Il Fatto Quotidiano, al magistrato fosse stato assicurato il dicastero solo pochi minuti prima della salita di Renzi al Colle. E perché Napolitano, pubblicamente, abbia poi tenuto a precisare – con una sorta di excusatio non petita – che tra lui e il neo-premier non era avvenuto nessun “braccio di ferro” sulla lista dei ministri.

Nelle prossime ore le notizie su quello che è esattamente accaduto durante il lunghissimo faccia a faccia tra il neopremier e l’ottuagenario capo dello Stato, non mancheranno. Non c’è invece bisogno di retroscena per capire tutto il resto. Bastano i curricula dei ministri più importanti.

Nella lista spiccano i nomi dell’esponente di Confindustria e della Commissione trilaterale, Federica Guidi (Sviluppo economico), quello del presidente della Lega Cooperative, Giuliano Poletti, dell’ex delfino di Berlusconi, Angelino Alfano (Interno), e del ciellino Maurizio Lupi (Infrastutture). Mentre all’Economia ci finisce Pier Carlo Padoan, capo economista dell’Ocse e ex presidente della Fondazione italiani europei di Massimo D’Alema, e alle Politiche Agricole, Maurizio Martina, già pupillo di Filippo Penati, l’ex presidente della provincia di Milano sotto processo per le tangenti di Sesto San Giovanni.

Il fatto che Renzi sia riuscito a mettere insieme una squadra formata al 50 per cento da donne, che l’età media dell’esecutivo sia piuttosto bassa, non servirà al premier per cancellare negli elettori la sensazione di trovarsi di fronte a un consiglio dei ministri espressione di quelle lobby da più parti ritenute responsabili del degrado del Paese. È infatti più che ragionevole dubitare che il suo obamiano programma di governo (“una riforma al mese”) possa essere messo in atto da una compagine del genere. Perché questo non è un dream team, ma solo una galleria di errori e orrori.

Così già oggi sappiamo che ha vinto il Gattopardo. #lavoltabuona può attendere.

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Alcune considerazioni a caldo: non basta né essere ggiovani, né essere donne, per garantire un governo non coccodé.

Marianna Madia è ggiovane. E' quella fedelissima di Renzi portata nella sua segreteria, e che il giorno dopo già si dava da fare, sbagliando ministero. Regaliamole un navigatore satellitare.

La Boschi è quella che ride sempre. Forse persino a lei, guardando le sue scarpe leopardate, scappa da ridere.

Boschi-leopardata

Agli Esteri, sicuro che sia stato un buon affare sostituire la Bonino con la Mogherini? Quali sono i suoi achievements, oltre quelli di far parte della segreteria di Renzi?

La verità è che Renzi si è abbassato le mutande su tutta la linea. Si è circondato da ggiovani bellocce, leopardate e con scarsa conoscenza dell'oggetto sociale di ciascun ministero. Ha accettato alla giustyizia di cacciare Gratteri, per mettere un innocuo Orlando (quello che voleva abolire l'azione penale obbligatoria). Berlusconi ringrazia. Sulla patrimoniale l'ometto di Frignano ha già detto no.

Ed ora analizziamo i risultati di "Renzi il Duro Negoziatore": questi sono i pesi specifici dei singoli partiti che lo appoggiano:

 

PD: 32%
NCD: 4%
SC: 1%
UDC: 1%

 

Volendo fare una bieca simulazione del "Manuale Cencelli", scopriamo che il PD, che rappresenta l'84% del corpo elettorale che fa riferimento a questa strana ammicchiata, prende il 50% dei ministeri con portafoglio; Angelino Alfano con un peso dell'11% prende il 19% dei ministeri; Scelta Civica e UDC (ognuno dei quali pesa lo 0,25% del corpo elettorale della coalizione) prendono il 6,25% ciascuno dei ministeri.

...disciamoscelo... una svendita così sarei stato capace di farla persino io. Con qualche errore da "Piccolo Maleducato" in meno: per esempio, mi sarei risparmiato la figura di merda di mandare un tweet dal Quirinale, anticipando l'annuncio ufficiale. Ma si sa... i cafoncelli spesso sono fottuti dalla loro fretta. Spintonano chi si trova sulla loro strada, e non chiedono neanche scusa.

...arrivo presto, vado via presto, e non pulisco il water...

 

Matteo Renzi, e la marchetta quotidiana di Repubblica

...domandina del mattino: Repubblica può far sua la minchiata del New York Times (le "Magnifiche Sorti e Progressive"), nascondendosi sotto le sottane del "prestigioso quotidiano", oppure condivide la stronzata, e quindi ne è corresponsabile?...

La fetida marchetta

Caravaggio-tot

 

mercoledì 19 febbraio 2014

Matteo Renzi e le Margherite Innamorate: Rosa Maria Di Giorgi

Rosa Maria Di Giorgi: "Renzi ti travolge, chi rifiuta il governo ne ha paura". La senatrice Pd: con lui si lavora fino a mezzanotte, e se hai qualche tentennamento ti fulmina, è un'esperienza senza respiro (di Concetto Vecchio)

Rosa-maria-di-giorgi
Rosa Maria, 'a margherita nnammurata

"Io custode del renzismo? Uuuh, mi piace".

C'è chi la definisce anche il prefetto di Renzi.
"Eh, prefetto è già più tosto, meglio vestale".

La senatrice Rosa Maria Di Giorgi 59 anni, conobbe Matteo Renzi quattordici anni fa nella comune militanza della Margherita. "Capii subito che era un giovane particolare". Da allora ogni volta che uno prova ad avanzare qualche critica al Capo ecco intervenire lei, sollecita come un gendarme.

Come spiega tutti questi rifiuti?
"Per accettare l'incarico in questo governo bisogna avere coraggio".

In che senso?
"È un'esperienza senza respiro".

Ah!
"Occorre realizzare dei risultati, essere efficaci, sollevare l'Italia dolente".

Non è un'esperienza ordinaria lavorare con Renzi?
"Tutt'altro. Lo dico per esperienza. (E alza gli occhi al cielo, compiaciuta). Intanto con lui si lavora sempre, riunioni fino a mezzanotte, si ricorda le promesse fatte da un dirigente due mesi prima, e quando gli dici: "Temo che non si possa fare" ti fulmina: "Penso ilcontrario".

Così?
"È travolgente, una fucina di idee. Guardi Firenze, l'ha trasformata".

Quindi ora rivoluzionerà pure l'Italia?
"Sì, lo dico con cognizione di causa".

Non è partito un po' troppo lento?
"Siamo appena a 48 ore dall'incarico, a sei giorni dalla direzione del Pd: pochi giorni ancora e ci sarà il governo".

Perché è così difficile trovare il ministro dell'Economia?
"Perché Renzi non si farà condizionare: la linea sarà quella di tagliare le sacche di spesa improduttiva, abbandonando la strada del rigorismo". (Poi, improvvisamente complice: "Ma perché la Reichlin ha detto no?".)

Non saprei.
"Devo chiederlo a Matteo".

Soprattutto non è un azzardo andare al potere così, senza passare per le elezioni?
"No, non si brucerà. Io sono sempre stata super-favorevole a questa scelta, ormai in Parlamento votavamo controvoglia i provvedimenti di Letta".

Ma avrà la stessa maggioranza.
"C'è un'altra leadership, Matteo ha fatto il sindaco, sa quel che vuole la gente, sa gli ostacoli che l'amministrazione frappone alledecisioni rapide: ora via tutti i blocchi, sburocratizzare, proviamo a dare un colpo".

Lei era comunista?
"Iscritta al Pci. Poi Pds, Ds. A un certo punto mi sono sentita a disagio. Sono andata nella Margherita ".

Matteo Renzi avrà almeno un difetto?(La senatrice si fa pensierosa).
"Forse è un po' freddo nei rapporti umani".

Dice?
"Si, sarà che pretende molto, è sempre preso, concentrato sulle cose che fa...".

Anche con lei quindi?
"Con me è rispettoso, forse con quelli della sua età è più espansivo, più caloroso, ci gioca a calcio".

(di Concetto Vecchio)

venerdì 14 febbraio 2014

#Enricostaisereno - Iniziato il Terzo Rinascimento (in attesa del Quarto Reich)

San Valentino 2014

San-valentino.2014

 

Chi l'ha detto?

Il mio obiettivo non è far cadere il governo, ma fare in modo che lavori (9 dicembre).

Letta mangerà tanti panettoni (18 dicembre).

Il Presidente del Consiglio per il 2014 di chiama e si chiamerà Letta (22 dicembre).

Mi dicono: fai finta di candidarti a sindaco di Firenze e invece vuoi fare le scarpe a Letta. Ma non è così (7 gennaio).

Sì, certo, il governo proseguirà per tutto il 2014 (12 gennaio).

Le critiche non sono per fare le scarpe ma per dare una mano (16 gennaio).

E’ ingeneroso sentirsi dire per mesi che l’obiettivo è fare le scarpe all’esecutivo (20 gennaio).

Chi non mi ha mai creduto oggi deve prendere atto della realtà: nessuno trama contro Enrico Letta (21 gennaio).

C’è Letta, rimanga Letta (21 gennaio).
 

Grazie, Enrico (Fonte: Alessandro Robecchi)

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Lo sgub del Tafanus: siamo entrati in possesso del testo definitivo del "Giobatta" (il dettagliato programma di Matteo Renzi per il "Nuovo Rinascimento")

 

The Final text of ht "Jobs Act"
...wow... it's very Smart"...
 
Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po'
e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò.
Da quando sei partito c'è una grossa novità,
l'anno vecchio è finito ormai ma qualcosa ancora qui non va.
 
Si esce poco la sera compreso quando è festa
e c'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra,
e si sta senza parlare per intere settimane,
e a quelli che hanno niente da dire del tempo ne rimane.
 
Ma la televisione ha detto che il nuovo anno
porterà una trasformazione e tutti quanti stiamo già aspettando
sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno,
ogni Cristo scenderà dalla croce anche gli uccelli faranno ritorno.
 
Ci sarà da mangiare e luce tutto l'anno,
anche i muti potranno parlare mentre i sordi già lo fanno.
E si farà l'amore ognuno come gli va,
anche i preti potranno sposarsi ma soltanto a una certa età.
 
E senza grandi disturbi qualcuno sparirà,
saranno forse i troppo furbi e i cretini di ogni età.
Vedi caro amico cosa ti scrivo e ti dico
e come sono contento di essere qui in questo momento,
 
vedi, vedi, vedi, vedi, vedi caro amico
cosa si deve inventare per poterci ridere sopra,
per continuare a sperare.
 
E se quest'anno poi passasse in un istante,
vedi amico mio come diventa importante
che in questo istante ci sia anch'io.
 
L'anno che sta arrivando tra un anno passerà
io mi sto preparando è questa la novità
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giovedì 6 febbraio 2014

Matteo Renzi, Professione "Trascinatore delle Folle" (e dei folli)

TafanusPer mesi (e ancora oggi) mi sono sentito sfrantumare gli zebedei con la storia che si, forse le idee di Renzi non sono di sinistra, forse è un berluschino in sedicesimo, certamente è un democristo da riporto, figlioccio di De Mita e del Cardinal Betori. Ma, perdio, "con Renzi si vince".

Si vince adottando regole, programmi, etica, stilemi berlusconiani. Si vince COSA? Si vince PERCHE'? Si vince per portara a casa quali progetti di rinnovamento sociale del Paese? Non è dato sapere. Si vince, e tanto basta.

Con Renzi, il PD verso "magnifiche sorti e progressive". Quelle dettate da Berlusconi, Verdini, Gasparri e Casini. Ma non ha importanza. Pur di "vincere", milioni di perdenti nati sarebbero disposti a "vincere" indossando idee ed interessi altrui. Ma tant'è... La storia è piena di aspiranti-Pirro.

Ma DAVVERO "Il Trascinatore" porterà il PD verso trionfi che mai mente umana avrebbe potuto neanche lontanamente sognare? Oggi Repubblica mette in pagina il primo sondaggio sulle europee che si terranno fra tre mesi. Si, lo sappiamo. Il sistema elettorale per le europee è diverso dal Maialinum di Berlusconi e Renzi (il quale, per ora, è solo un foglietto d'appunti, visto che Renzi inizia a capire che il Parlamento, sulla faccenda, vorrà "parlamentare"; e che il penultimatum "o così o Pomì" si è già disintegrato contro il muro della real-politik. Il ragazzo è lento di comprendonio, ma alla lunga si riesce a fargli capire che non è stato nominato Imperatore d'Italia, ma solo segretario del PD. Quindi l'ampio campione intervistato da IPR Marketing (2200 rispondenti), credetemi sulla parola, non ha dato una risposta correlata al sistema elettorale, e quindi non valida per eventuali elezioni politiche dal sistema ignoto (e col futuro del Senato che per ora è una nebulosa lontana come Andromeda), ma - faute de mieux - da una risposta tutta ideologica, che non si discosta di molto da quella che avrebbe dato sulle intenzioni di voto alla Camera. Gli scettici, interroghino se stessi, la moglie, il fratello, i figli maggiorenni, sul grado di conoscenza dei sistemi elettorali, poi ci facciano sapere.

Ma torniamo alla "magnifiche sorti e progressive", alla ricerca delle quali tanti aspiranti cazzari, e cazzari im SPE, si sono fiondati sul carro del renzino, senza neanche chiedersi dove sia diretto, e se ha i freni a posto. In calce, le intenzioni di voto ai partiti. Con un paio di annotazioni metodologiche:

-1) Le intenzioni di voto sono per i partiti. Non esistono le coalizioni, quindi dovremo cercare di costruircele, se vogliamo traslare il voto ai partiti per le Europee, in eventuali strategie di coalizione - e relative conseguenze - in caso di politiche.

-2) Abbiamo riportato solo i partiti che superano, nelle intenzioni di voto a livello nazionale, almeno l'1% (...a proposito... i cazzari "maitres-à-penser" che ci criticavano quando attaccavamo il populista Di Pietro, sanno che  "noi-dell'italia-dei-valori" è ormai finita sotto lo 0,5%, in concorrenza con la SVP?).

Ma iniziamo col mostrare i dati del sondaggio IPR per le europee di maggio:

Ipr-eur-1Ipr-eur-2Per confronto, riportiamo anche i dati finali delle europee del 2009:

Ipr-eur-2009
Ad occhio, sembra che né il PD di Bersani, mé tantomeno il PD renzino, siano stati capaci di intercettare il disfacimento dei partiti cazzari (dal PdL, all'IdV, alla Lega). Sembra che questi partiti "disfatti" abbiano semplicemente rappresentato il terreno di coltura per l'ennesimo partito-cazzaro, il grillismo. Evviva. Ma adesso arriva Renzino che "ci fa vincere". Con la legge Berlusconi. Facciamo un piccolo esperimento (si può, data l'incultura media delle casalinghe di Voghera e degli idraulici della Brianza): mettiamo ogni partitone e partitino nella presumibile coalizione di "naturale destinazione", visti gli attuali sondaggi politici: M5S da solo, nel centro-sinistra PD, SEL e PSI, e nel centro-destra Forza Italia, NCD, Lega, UDC, Fratelli d'Italia, La Destra, e vediamo cosa accade:

Ipr-coalizioni

Ma poichè, come si evince dai numeri, NON CI SAREBBE BALLOTTAGGIO, Berlusconi & Eredi beccjherebbero anche il premio dei maggioranza. Ed ecco il quadro realistico:

Ipr-maggioritario

A questo punto, grazie alla grande intelligenza strategica del Bischero di Frignano, questa sarebbe la distribuzione dei seggo alla Camera (come è noto, tutto è ignoto per quanto concerne il Senato):

Ipr-deputati

-1) Il Centro-Destra supererebbe abbondantemente la soglia del 37%, NON ci sarebbe ballottaggio, e il Berluska incasserebbe anche il premio di maggioranza:
 
-2) Il Centro-Sinistra delle "magnifiche sorti e progressive" si fermerebbe ad un abbisso del centro-destra (9 punti), ad un passo dai cazzari di Grillo;

-3) il Centro-Sinistra formato "Con-Renzi-Si-Vince", grazie alla legge fortemente voluta da Berlusconi, e fortemente accettata da Renzi e dai coglioni suoi seguaci, porterebbe a casa 163 deputati (meno della metà dei berlusclones), e sarebbe finalmente condannato alla perenne irrilevanza.

Perchè, cari renzini da riporto? Perchè il giorno in cui si verificasse un quadro di questo tipo, con Berlusconi & Eredi inchiavardati alle poltrone di comando coi tasselli Fisher, una nuova legge elettorale meno cretina ed oscena della Berlusconi-Renzi, ve la potreste scordare per due generazioni.

Complimenti per la perspicacia

Tafanus

 I commenti

sabato 1 febbraio 2014

Speciale "Il Fatto": chi ha dato i soldi a Matteo Renzi. Tanti soldi...

20140201
La vera storia dell’intreccio di fondazioni e società su cui il leader Pd ha costruito la sua scalata dalla provincia al potere nazionale. Sponsor anonimi, l’aiuto di Verdini e la regia della trimurti dei fedelissimi Carrai, Boschi e Bianchi. I bilanci delle associazioni segrete con cui ha raccolto 4 milioni in cinque anni. E le uscite molto superiori alle entrate (Fonte: Davide Vecchi – Il Fatto Quotidiano del 1° Febbraio 2014)

Tutto in cinque anni. Dal 2009 a oggi. Tanto è durata la scalata al potere di Matteo Renzi che da assistente di Lapo Pistelli, poi insediato nel 2004 dalla coalizione di centrosinistra alla guida della Provincia di Firenze, è riuscito a sfidare tutti. Centrodestra e centrosinistra. E a vincere. In cinque anni Renzi è riuscito a sostenere quattro campagne elettorali. Due nel 2009 (primarie e amministrative a Firenze), una nel 2012 e un’altra nel 2013, entrambe per la segreteria del Pd. Il tutto senza sostegno economico da parte del partito, rimborsi elettorali né fondi pubblici. Chi ha pagato, e perchè?

La coppia dei fund raiser Bianchi & Carrai - Come ha finanziato la sua attività politica? Attraverso quali canali è riuscito a creare un tale consenso in appena cinque anni? Qualcuno lo ha aiutato a costruire il suo bacino elettorale? E come? Nel tentativo di rispondere a queste domande abbiamo ripercorso a ritroso l’ascesa del rottamatore, arrivando al 2007. Abbiamo individuato associazioni, società, comitati e rapporti (alcuni finora sconosciuti) che ruotano attorno a Renzi come l’universo copernicano attorno al sole. Al suo fianco solo due pianeti: Marco Carrai e Alberto Bianchi.

Maria-elena-boschi-leoparda
Maria Elena Boschi, folgorata sulla via di Frignano sull'Arno

Il primo sin dal 2007, il secondo dal 2009. Sono i fund raiser, i “raccoglitori di soldi”. E sono bravi, perché complessivamente hanno messo insieme oltre quattro milioni di euro per coprire le spese della corsa alla guida del Paese del loro amico Matteo Renzi. Bianchi e Carrai oggi fanno parte del consiglio direttivo della Fondazione Open, cioè l’evoluzione della Fondazione "Big Bang" a cui lo scorso novembre è stato cambiato nome e composizione: Renzi ha azzerato il vecchio consiglio, confermando solo Bianchi e Carrai, inserendo Luca Lotti e Maria Elena Boschi, nominando quest’ultima segretario generale. Nel 2013 la fondazione ha raccolto 980 mila euro di donazioni, 300 mila euro in più rispetto all’anno precedente. Nel 2012 aveva chiuso il bilancio con una perdita di 535 mila euro dovuta a debiti ancora da estinguere e, stando ai resoconti che il Fatto ha potuto leggere, nel corso del 2013 la perdita si è assottigliata a poco più di 300 mila euro e le entrate sono aumentate del 30 per cento. Prima la "Fondazione Big Bang" non esisteva, è stata fondata il 2 febbraio 2012 dall’allora presidente Carrai di fronte al notaio Filippo Russo.

La fideiussione e il mutuo della Festina Lente - Negli anni precedenti l’attività politica di Renzi passa attraverso due associazioni: Link e Festina Lente, di cui nessuna comunicazione è mai stata data. Non hanno mai avuto siti internet né rendicontazione pubblica. Praticamente sconosciuta in particolare la Festina Lente. Anche qui figurano Carrai e Bianchi. Fondata nel giugno 2010 cessa le sue attività di fund raising nel maggio 2012. L’ultimo evento che organizza è una cena di raccolta fondi per Renzi nel gennaio 2012 al Principe di Savoia di Milano. Raccoglie 120 mila euro e ha ancora all’attivo circa 40 mila euro. Questa associazione è citata solamente una volta: nel resoconto delle spese elettorali sostenute da Renzi per le amministrative del 2009. Il comitato dell’allora candidato sindaco dichiara di aver speso 209 mila euro, 137 mila raccolti tra i sostenitori e gli altri 72 mila euro che mancano all’appello coperti da un mutuo acceso e garantito dalla Festina Lente. Mutuo concesso dalla Banca di Credito Cooperativo di Cambiano (presieduta dal potente sostenitore Paolo Regini e usata anche per le ultime primarie) con a garanzia una fidejussione firmata da Bianchi. È il maggio 2009 e la Festina Lente nasce solo l’anno successivo. Si fa carico del mutuo e lo estingue immediatamente accendendone però un altro (oggi in via di rimborso) per avviare le attività di fund raising. Complessivamente però questa associazione organizza solamente due eventi, oltre alla cena milanese, in due anni.

Da dove sono arrivati i 750 mila euro di Link? - Ben più attiva la Link. Nasce nel 2007, quando Renzi era presidente della Provincia di Firenze. Con il solito Carrai nell’atto costitutivo figurano buona parte di quelli che ancora oggi sono al fianco del rottamatore. C’è Lucia De Siervo, direttore della cultura ed ex capo segreteria di Renzi, figlia di Ugo, presidente della Corte Costituzionale, e moglie di Filippo Vannoni, presidente di Publiacqua. C’è poi Vincenzo Cavalleri, ora direttore servizi sociali di Palazzo Vecchio e Andrea Bacci, oggi presidente della Silvi (società pubblica partecipata dal Comune), intercettato nel dicembre 2008 al telefono con Riccardo Fusi (ex patron del gruppo Btp condannato a due anni in primo grado per i lavori alla Scuola Marescialli, e imputato per il crac del Credito Cooperativo Fiorentino di Denis Verdini e indagato per bancarotta fraudolenta) per organizzare un viaggio in elicottero a Milano per Renzi. Poi però saltato. Per ben due volte. Infine, a firmare l’atto costitutivo della Link, c’è anche Simona Bonafè, ex assessore oggi onorevole, e il presidente Marco Seracini. L’associazione ha la propria sede in via Martelli civico 5, dove poi nascerà la fondazione Big Bang. I primi due anni di vita chiudono con un resoconto finanziario in avanzo di 22 mila euro, a fronte di una raccolta complessiva di circa 200 mila in 24 mesi. Tutt’altra musica nel 2009, anno delle primarie e delle amministrative, quindi fondi che vanno ad aggiungersi a quelli dichiarati dal Comitato. Link spende 330 mila euro e chiude con una perdita di 154 mila.

Che viene in parte appianata nel 2010 attraverso erogazioni liberali ricevute per 156.350 euro e in parte nel 2011, ultimo anno di vita dell’associazione Link che termina la sua esistenza con una perdita di 3.500 euro. Complessivamente questa associazione raccoglie e investe nell’attività politica di Renzi circa 750 mila euro.

Da dove arrivano queste “erogazioni liberali”? Abbiamo cercato per giorni inutilmente il presidente Marco Seracini sia nel suo studio, dove venne registrata l’associazione, sia al cellulare. Ci siamo rivolti a Carrai che pur rispondendo molto gentilmente al telefono e rendendosi inizialmente disponibile a incontrarci, ha poi preferito non rispondere né in merito alla Link né ad altro. Cavalleri, infine, ha risposto. Al telefono, non alle domande sui donatori dei quali, ha detto, “non so niente”. Però ci ha spiegato che “l’associazione è una delle scatole a cui ho partecipato, non ho molte informazioni, non ho mai neanche partecipato agli incontri che organizzava”. Che tipo di incontri? “Raccolta fondi ma non solo, non faceva attività politica però, erano incontri sociali diciamo”. Sociali? “Sì, eventi promozionali per diciamo sviluppare le idee di cui Renzi era portatore”. E cene elettorali? “Non ricordo”.

Renzi-verdiniLa Grande Sintonia col "rinviato" per bancarotta

L’amico Denis Verdini, quando la destra era d’aiuto - Nel 2009, dopo aver vinto le primarie, Renzi partecipò ad alcune iniziative organizzate anche da Denis Verdini, all’epoca coordinatore regionale di Forza Italia e oggi colui che deve scegliere il candidato sindaco da contrapporre a Renzi per le prossime amministrative di maggio. Nel 2009 l’allora rottamatore sedette al tavolo d’onore insieme a Verdini e consorte alla festa de Il Giornale della Toscana. Presenti tutti i parlamentari forzisti dell’epoca: Mazzoni, Parisi, Bonciani, Amato e altri. E mesi dopo partecipò a un evento organizzato dalla signora Verdini, Maria Simonetti Fossombroni. Molti del Pdl ricordano inoltre che la scelta di candidare sindaco nel 2009 l’ex calciatore Giovanni Galli fu considerato un “regalino” al giovane prodigio Renzi. Che lo asfaltò. Verdini non ha mai negato la propria simpatia per il rottamatore. Dal centrodestra sono mai arrivati fondi alle associazioni di Renzi? Gentile e disponibile quanto Carrai si dimostra anche Alberto Bianchi, che come Carrai alla domanda non risponde. Da dove arrivano i fondi e come ha coperto il mutuo Festina Lente? E come è riuscito ad appianare il debito della Fondazione e a raccogliere il 30 per cento in più l’anno successivo? Neanche a queste domande riceviamo risposte. Una cosa è certa: l’imprenditore e l’avvocato fanno benissimo il loro lavoro di fund raiser. Sempre dall’ombra, mai in prima fila.

La società di Carrai e i lavori di Eataly a Firenze - Meno si parla di loro meglio è. Per dire: la cena di finanziamento di Renzi a Milano nell’ttobre 2012 che passò come un evento organizzato da Davide Serra in realtà è stata opera esclusiva di Carrai. L’amico di Renzi mal sopporta la pubblicità, i suoi interessi sono nel privato. Ha affiancato Renzi nel 2009 solamente per tre mesi. Oggi è, fra l’altro, presidente di Aeroporto Firenze, della C&T Crossmedia, della Cambridge Management Consulting e della D&C, mentre giovedì ha lasciato la carica di amministratore delegato della Yourfuture srl. Inoltre è socio dell’impresa edile di famiglia Car.im, società che ha realizzato la trasformazione della storica libreria fiorentina Martelli in un negozio Eataly  (...toh... chi si rivede... NdR), proprio davanti alla sede della Fondazione Open. Ma certo, sono affari privati.

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Italy and Eataly

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