giovedì 24 luglio 2014

Statisti: Giggino 'o purpetta e Nic Cosentino

Giggino e Nic: simul stabunt… (fonte: l'Unità)

Giggino-e-nicNic Cosentino e Giggino 'o purpetta

Di Luigi Cesaro, alias “Giggino ‘a purpetta”, si ricorderanno il vilipendio sistematico della lingua italiana, l’occhio bovino, la pronuncia e l’aspetto da provinciale, i gessati over size da cafone arricchito. Con l’ovvia (e pericolosa) conseguenza che la dimensione macchiettistica, ossia il folklore di un personaggio che sembra uscito dalle pagine di uno dei (tanti) capolavori che tra i Settanta e gli Ottanta, prima di scomparire prematuramente, quel geniaccio di Attilio Veraldi andava componendo sulla MalaNapoli, prenderà facilmente il sopravvento sulla “sostanza” della sua – tutt’altro che breve – parabola politica. Su tutto ciò che egli ha rappresentato negli anni del berlusconismo e del cosentinismo trionfante in Campania. Gli anni in cui, come testimoniano ormai migliaia di atti d’indagine raccolti in decine di inchieste sui clan casalesi, si è realizzata la perfetta fusione fra economia, politica e crimine organizzato. Ambiti che, fin dai tempi dei primi “guappi” del dopoguerra, avevano sempre “triangolato” all’ombra di affari miliardari, ma non erano mai diventati una cosa sola, conservando sempre ciascuno la propria autonomia.

L’operazione non era riuscita nemmeno a Raffaele Cutolo, il boss che per primo cercò di trasformare la camorra in una holding sul modello delle grandi aziende “legali”, e che pure con la politica aveva interloquito da una posizione di forza e di ricatto all’epoca della trattativa per il rilascio di Ciro Cirillo. Come ormai tutti sanno, la storia giudiziaria di Giggino ‘a purpetta comincia proprio dai suoi rapporti con il padrino di Ottaviano, anzi con la sorella Rosetta. Condannato in primo e secondo grado per queste relazioni pericolose, fu clamorosamente riabilitato dai giudici del Palazzaccio di piazza Cavour. Anzi, da un giudice: Corrado Carnevale, estensore della sentenza che annullava “senza rinvio” il verdetto di colpevolezza della Corte d’Appello di Napoli. Ma quel passato non è mai passato del tutto, se è vero che, nell’ordinanza trasmessa alla Camera, il gip di Napoli ricorda un episodio del 2011 (quando Cesaro era deputato del Pdl e presidente della Provincia di Napoli): un’intercettazione ambientale in cui Cutolo suggerisce ad un nipote in cerca di lavoro di rivolgersi proprio a lui, la “purpetta”, per risolvere il problema.

Eh sì, perché, mentre il fondatore della Nco intraprendeva la sua lunga carriera di sepolto vivo al 41 bis nelle carceri di massima sicurezza di mezza Italia,  la scampata condanna per camorra aveva ringalluzzito Giggino, che si era buttato in politica, sponda socialista. Diventando in breve assessore del suo comune, Sant’Antimo, hinterland napoletano in cui i Cesaro controllano buona parte dell’economia: dal cemento alla sanità privata, a un mega centro sportivo in cui il Milan organizza le leve calcistiche per le sue giovanili, nonché soggiorno fisso per la prima squadra in occasione delle trasferte di campionato e coppe in Campania. Anche da assessore, però, Giggino finisce nella rete dei magistrati. E si fa persino un periodo abbastanza lungo di latitanza, prima di consegnarsi ai carabinieri. Ora, un pentito racconta che ai tempi delle amministrative di Sant’Antimo, per fare il pieno di voti, ‘a purpetta e la sua famiglia, il capostipite Francesco, che tutti in paese chiamano don Ciccio, i fratelli Raffaele e Aniello (arrestati pure loro) e lui, Giggino, l’unico laureato della schiatta (in legge) adottavano il metodo laurino. Il mitico Comandante, distribuiva tra i lazzari di Napoli migliaia di paia di scarpe “a rate”: una calzatura prima del voto, l’altra dopo le elezioni. I Cesaro, invece, tagliavano a metà le banconote da 50mila lire. Prima il ritratto del Bernini, dopo tutto il resto.

Dice: uno così è bruciato per sempre. O almeno, cerca di defilarsi. Macché.  La discesa in campo più funesta della storia repubblicana (1994) riporta in auge Giggino, il quale diventa famoso nell’entourage berlusconiano per i pacchi di mozzarelle di bufala che personalmente recapita quasi ogni settimana ad Arcore. Con la “zizzona” di Aversa (che una volta tanto non è il nome di battaglia di una escort) ‘a purpetta prende il Cavaliere per la gola. Ma, esattamente come il suo sodale, con cui dal ’94 in poi comincia a viaggiare in tandem, Nicola Cosentino, figlio di Silvio ‘o ‘mericano di Casal di Principe e rampollo di una facoltosa famiglia impegnata fin dal dopoguerra nel ramo petroli, per conquistare il cuore del leader di Forza Italia Giggino ‘a purpetta utilizza un altro argomento. I soldi. La potenza economica sul territorio. E, insieme ad essa, i rapporti opachi con certi ambienti che, ad ogni elezione, mettono a disposizione la propria straordinaria forza di persuasione per stabilire chi deve vincere e chi deve perdere.

Giggino e Nic sono gemelli fisicamente diversi (‘o ‘mericano ha giocato a calcio in gioventù, e si mantiene in forma correndo ogni mattina nel Parco della Reggia vanvitelliana di Caserta, di cui possiede le chiavi), ma politicamente sono monozigoti. Rappresentano l’investimento che due famiglie di imprenditori fanno nel nuovo corso politico che si apre con l’irruzione sulla scena pubblica italiana del tycoon di Arcore. Da quel momento, la Campania diventa il laboratorio perfetto del berlusconismo come cultura di potere. Una sorta di paradigma. Gli intrecci tra politica e affari si fanno inestricabili, all’ombra di patti scellerati con il terzo incomodo, la camorra. E’ il periodo della “fusione”, mirabilmente sintetizzata da una frase che Giovanni Cosentino, il primo dei cinque fratelli di Nicola,  nonché amministratore delegato della Aversana Petroli, la cassaforte di famiglia, rivolge ad un altro imprenditore, trascritta nell’ordinanza d’arresto che l’ha colpito lo scorso 3 aprile: “Per i soldi ci sono io, per la politica c’è Nicola, se necessario abbiamo a disposizione anche la forza”.

Dal racconto che il pentito Luigi Guida, alias “‘o drink”, ha fatto ai magistrati antimafia di Napoli, risulta che lo stile Cesaro e lo stile Cosentino erano identici. Ma questa è materia della magistratura. Sul piano politico, dopo aver conquistato tutto quello che c’era da conquistare in Campania (solo il Comune di Napoli sfuggì alla loro campagna), ultimamente i rapporti tra i due si erano interrotti bruscamente. Successe in occasione della mancata candidatura di Nic alle ultime Politiche: l’ex sottosegretario si sentì tradito non solo da Berlusconi, che negandogli la rielezione di fatto lo spediva in carcere, ma anche (e soprattutto) dal “gemello” di Sant’Antimo, che non aveva mosso un dito per impedirne la giubilazione e, nel frattempo, aveva messo in campo la terza generazione. Il primogenito Armando, diventato dirigente dei giovani di Forza Italia in Campania.

Lui, ‘a purpetta, ultimamente quasi evitava di farsi vedere in giro, tutto casa e Montecitorio. Nemmeno più le mozzarelle ad Arcore, portava; aveva intuito che il clima era ormai da cupio dissolvi, e aspettava solo che si compiesse un destino già segnato. Il carcere. Probabilmente, quello di Secondigliano. Lo stesso in cui è rinchiuso Nic. Il gemello diverso di una lunga stagione di commissariamento criminale della democrazia nella più grande regione del Mezzogiorno.

Giggino 'o purpetta parla
 
Che dire? percorso comune a moltissini forzitalioti: craxiano prima, berlusconiano di ferro dopo. Sui modi per raggiungere il successo in politica dei due "gemelli diversi" si sono scritti trattati. Ma in fondo chi se ne frega? i due hanno fatto la fine che dovevano fare. Solo, troppo tardi, quando ormai i guasti erano stati prodotti (e non solo a Napoli). Ma quello che maggiormente turba e disturba è che coi "capi dei capi" di queste mezze tacche politiche, come scolpisce in un commento di due righe tale  Roy Batty:

...intanto con giggino ed i suoi compagni di merenda voi ci governate assieme da tre anni e ci volete cambiare la costituzione...

Leggo questa frase, che ferisce profondamente chi - come molti di noi - si è avvicinato al PCI col ritratto della faccia di Enrico Berlinguer stamparo sulla retina, e non ho niente da dire, niente da obiettare... Se non che io e pochi altri ci siamo rifiutati di salire sul carro del renzismo, che poi altro non è che il proseguimento del berlusconismo con altri slogan. E non mi resta che osservare con tristezza che ormai sono trascorsi quarant'anni dall'ultima volta che sono stato felicemente orgoglioso di qualcosa, e di qualcuno.

Tafanus

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lunedì 14 luglio 2014

Non ci posso credere... l'Unità: offerta d'acquisto da Daniela Santanché e Paola Ferrari

Il cdr: “Irricevibile” - Quella dell'esponente di Forza Italia e della conduttrice Rai è l'unica proposta arrivata: il giornale fondato da Gramsci è a rischio fallimento se non troverà un compratore entro il 30 luglio (Fonte: Il Fatto Quotidiano)

L’Unità, Santanchè presenta offerta con Paola Ferrari. Il cdr: “Irricevibile”
Pussy Cat e Crudelia Daemon
 
La deputata di Forza Italia Daniela Santanchè e la giornalista e conduttrice televisiva Paola Ferrari De Benedetti hanno presentato una offerta formale ai liquidatori de l’Unità per acquisire il quotidiano fondato da Antonio Gramsci. Lo storico giornale del Pci, in liquidazione da metà giugno, è a rischio fallimento e chiusura se non arriverà e non verrà accettata l’offerta di un compratore entro il 30 luglio. E per ora l’unica proposta arrivata ai liquidatori è quella di Santanchè e Ferrari.

La proposta d’acquisto – conferma all’Adnkronos Bianca Di Giovanni del cdr del giornale – dovrebbe essere arrivata questa mattina. Per noi è irricevibile. Abbiamo chiesto un incontro ai liquidatori e spiegheremo la nostra posizione”. “Serve – sottolinea Di Giovanni – anzitutto trasparenza. Il Cdr ritiene l’ipotesi del passaggio de l’Unità ad un’esponente di Fi incompatibile con la storia del giornale stesso. Spero che il segretario del Pd Matteo Renzi intervenga nella vicenda ed eviti che il giornale fondato da Antonio Gramsci passi nelle mani di esponenti di Fi”.

Per ora Renzi resta in silenzio, al netto delle sue dichiarazioni che hanno “resuscitato” le feste dell’Unità e che avevano auspicato che il partito “avesse” un giornale solo (e tutti avevano capito che quel giornale avrebbe dovuto essere proprio l’Unità. Per il momento c’è invece l’ex viceministro dell’Economia Stefano Fassina che su Twitter scrive: “#iostoconlunita offerta Santanchè NO GRAZIE l’unità deve rimanere a sinistra per lavoro e libertà”.

TafanusChissà poi perchè "tutti avevano capito" che qell'unico giornale avrebbe dovuto essere l'Unità... TUTTI??? Facciamo TUTTI MENO UNO, perchè appena erano venute fuori le prime indiscrezioni sulla "compratrice" Santanchè (che alcune malelingue descrivono piena di debiti fino al collo), a me invece era venuta in mente un'altra testata. Perchè se è vero che l'Unità è stato abbastanza sdraiato sulle posizioni del fù Partito Democratico ora renziano, è anche vero che aveva ospitato non poche voci in dissenso. Da Robecchi, alla Oppo, a Sergio Staino, ad altri). 

Invece sul mercato c'è un altro giornaletto (Europa, diretto da Stefano Menichini) che non è una miniera di utili, e che è totalmente, continuamente appecoronato sulle posizioni del renzino, e a volte ne precede le balle. Più realista del Re. Ecco, se un giorno il PD dovesse avere un solo giornale (chissà poi perchè... forse perchè Renzi ha già Repubblica, il Corriere, tutto il gruppo Riffeser-Monti, tutto il gruppo RCS, quindi una voce molto dolcemente e parzialmente in dissenso potrebbe creargli dei problemi?) questo a nostro avviso non potrebbe che essere il molto amico "Europa". Docile, e senza alcuna macchia di lotta per "qualcosa di sinistra" nel suo immacolato pedegree.

Renzi non vorrebbe darci una sua versione di prima mano, giusto per evitare un eccesso di lavoro ai c.d. "retroscenisti"? Grazie

Tafanus

1307/0630/0930

Tafanus: Ricciardi inchioda Meloni in Aula: “Ma cosa festeg...

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