lunedì 16 novembre 2015

Nella retorica del "Je suis" l'Unirenzità stacca tutti

Je suis Tafanus. Prima di diventare Charlie Hebdo o Paris (ma perchè non anche Bagdhad, o Casale Monferrato, o l'Aquila, o... o... o...)... Devo riflettere bene. Voglio aspettare qualche giorno, giusto il tempo di verificare che - dopo che tutti siamo diventati tutto -  spariranno le centinaia di chilometri di muri e di filo spinato che stanno sconciando la c.d. "Europa Unita", e che stanno gridando a gran voce che qui nessuno è nessun altro, e ognuno è se stesso, e pensa ai cazzi propri. 

In Italia - come abbiamo documentato in altro post - il più rapido a tirar fuori la stronzata sgrammaticata del "Je Suis Paris" è stato il Tempo di Roma. Non poteva essere diversamente. Noto giornale progressista, fondato da Renato Angiolillo, che come prima, grande operazione editoriale si è affrettato a pubblicare i diari di Galeazzo Ciano. Dopo Angiolillo, una serie, senza soluzione di continuità, di "editori impuri". L'armatore genovese Fassio, poi il petroliere Monti (proprietario di tutti i giornaletti toscani di destra distribuiti dalla Chil srl di Tiziano Renzi), poi i palazzinari romani (prima il Caltagirone suocero di Pierferdi, poi il palazzinaro Bonifaci...)

Anche i "direttori" sono affetti dallo stesso patromonio cromosomico. Basti ricordare (in ordine di entrata in scena), i nomi di Gianni Letta, Gian Paolo Cresci, Franco Bechis, Roberto Arditti, Mario Sechi... tutta gente che non ha mai avuto la nomination al premio Pulitzer, ma nessuno di loro sospettabile di sia pur vaghe simpatie di sinistra...

Ma se Il Tempo è stato il capostipite italiano del Je Suis Paris, chi ha fatto di più e di meglio è stata l'Unirenzità, giornaletto fondato da Matteo Renzi coi soldi dei costruttori Pessina, che dedica addirittura una "Gallery" di nove patetiche vignette di tale Cadei al tema del "Je Suis Paris". Patetiche per qualità (parere personale) e patetiche perchè infarcite di riferimenti allegorici grondanti retorica. Insomma, vignette che fanno piangere. E non per la commozione... Un esempio? prendiamo la vignetta che "chiude" la gallery":

Cadei9

In questa "vignetta" non manca niente... C'è la Tour Eiffel piegata dal dolore, col tricolore francese pendulo, e un "Abbracciatore Universale" (notare la raffinata testa dotata di paralleli e meridiani a rappresentare il mondo intero... mancano solo il Tropico del Cancro e quello del Capricorno).

Più banale la vignetta che potrebbe fungere da "logo" della gallery renziana...

Cadei7

Anche nel logo, il geniale Cadei non ha saputo resistere alla tentazione della torretta Eiffel.

E ora che siamo tutti Parigi (niente Baghdad, niente Aleppo, niente stazione di Bologna), aspettiamo con ansia la vignetta che Cadei partorirà non appena (ad horas) l'Europa rinsavita inizierà a smantellare le centinaia di chilometri di rotoli di filo spinato che "uniscono" un paese europeo all'altro.

Scommettiamo che Cadei farà sbocciare petali di rose da ogni nodo dei rotoloni? E che ficcherà nell'allegoria un renzino dotato di forbici, che taglia i rotoloni, mentre un accenno di aureola comincerà timidamente ad apparire intorno al suo cranio?

Bambino-siriano
Dimenticato?

P.S.: Per non dimenticare... Dopo la foto del bambino siriano trovato annegato a faccia in giù sulla battigia, sono morti annegati allo stesso modo altri 70 bambini (settanta) ma nessuno ne ha parlato. Va bene la commozione, a patto che non diventi una malsana consuetudine!

Tafanus

 

 

domenica 15 novembre 2015

La solidarietà pelosa 2.0 del "Je Suis"

IesisAi tempi dell'attentato alla redazione di "Charlie Hebdo", sui "social" (che abolirei per legge) c'era stata la fioritura di nick-names, avatar, condivisioni del cartello "Je Suis Charlie".

Con tutto il rispetto per i vari "Charlie" di complemento, ho sempre guardato con estremo sospetto  alle trovate della rete che in un attimo diventano virali. Lo hastag #jesuischarlie su twitter in pochi giorni aveva superato 5.000.000 di condivisioni. E pazienza se su 5 milioni di condivisori seriali almeno 4.995.000 non avessero mai sentito nominare, e ancor meno avessero sfogliato una volta nella vita, il settimanale c.d. "satirico" CHARLIE HEBDO. In tal caso, avrebbero saputo che Charlie Hebdo non era "Le Canard Enchainé", ma un giornaletto che tirava poche migliaia di copie, e che come "posizionamento" di marketing ne aveva scelto uno facile facile: in un paese sostanzialmente di destra, aveva fatto del razzismo latente (ma non troppo latente) il tema centrale, e della volgarità dell'insulto alle altrui religioni la cifra stilistica. Insomma, un "calderolismo al quadrato".

Fatto salvo il mio odio per chi uccide gente inerme, e la umana pietas dovuta a chi muore morto ammazzato, oltre non riuscivo ad andare. "Je Suis Charlie"??? Neanche per sogno. Io, ateo, rivendico il merito di non aver MAI insultato i credenti di alcuna religione. Ma rivendico anche la libertà di distinguere la satira intelligente, e persino cattiva, da volgarità gratuite "marketing oriented" etichettate come "satira".

Forse per questo ho sfidato l'ira potenziale dei 5 milioni di "Charlie 'de noantri", con una presa di posizione - illustrata dal cartello in calce - che andava in direzione opposta:

Jenesuis

Insensibilità umana? Niente affatto. Semplicemente la voglia di uscire da un coro che non mi piaceva. No, non sono mai stato Charlie. E la mia presa di posizione ha suscitato molti insulti, ma anche molti commenti profondi, e persino molte condivisioni.

E VENIAMO ALLA PARIGI DI IERI

Ieri a Parigi il terrorismo dell'IS ha cambiato marcia. Non siamo più al tagliagole isolato in favore di telecamera, ma all'azione militare organizzata, clamorosa, nel cuore di una delle più grandi metropoli occidentali. Ieri (ma di quanto tempo hanno ancora bisogno, i paesi occidentali e i paesi arabi moderati e ricchi?) si è capito - spero - che la guerriglia "mordi e fuggi" sta diventando guerra organizzata. Ma dai proclami dei politici occidentali, emerge chiaramente che non tutti hanno capito, e che non tutti hanno afferrato il concetto che la guerra al terrorismo dell'IS è una guerra "asimmetrica": noi tracciamo la lista degli "obiettivi sensibili", così diamo stupidamente in mano all'IS - per esclusione - la lista degli obiettivi facili. Noi siamo vittime consapevoli della Convenzione di Ginevra? Loro se ne sbattono i coglioni. Noi non ci faremmo mai saltare in aria in un ristorante o in un teatro, loro si.

TempoIeri un noto, storico giornale della destra romana. ha provato a rilanciare il tormentone "Je suis", con un patetico, sgrammaticato, "Je suis Paris".  Ancora una volta: mettiamo in circolo, sperando che "tiri", un tentativo di tormentone, e con questo ci mettiamo l'anima in pace, e andiamo a dormire tranquilli? Riempiamo gli androni delle ambasciate francesi nel mondo di fiori e di "Je Suis Paris", e con questo possiamo andare a dormire il sonno del giusto, con la coscienza di aver fatto tutto ciò che dovevamo e potevamo fare?

Purtroppo le cose sono meno semplici. Dopo aver mandato i fiori alle ambasciate ci richiuderemo in quell'inestricabile labirinto di muri fisici che sta diventando, fotografata dall'alto, l'Europa? Ognuno per se e Dio (o Allah) per tutti?

Credo che ormai si debba prendere atto che una guerra asimmetrica come quella ormai esplosa si debba combattere TUTTI insieme, anche con mezzi a-convenzionali. Questa guerra è destinata ad innalzarsi di livello, anche perchè cresce e si sviluppa la competizione per la leadership fra il vecchio (Al Kaeda) e in nuovo (l'IS). E' iniziato il gioco a chi la fa meglio, a chi la fa più grossa.

Organizzazioni definite "non strutturate". Niente di più sbagliato e sottovalutato. Organizzazioni strutturatissime, ma secondo patterns che ci sfuggono. Non possiamo definire destrutturato tutto ciò di cui ignoriamo nei dettagli la struttura. Ma alcune certezze ci sono. Organizzazioni costosissime, e spesso conosciamo le loro fonti di approvvigionamento del danaro: campi petroliferi occupati, rapimenti con riscatti miliardari, compiacenti finanziamenti da paesi (arabi e non) che vogliono vivere tranquilli...

Cominciamo da li. E, a costo di farmi insultare dai "Garantisti Uniti di Tutto il Mondo", cominciamo col mettere in un cassetto la Convenzione di Ginevra, che se rispettata da una sola delle parti in causa, porta a fare una guerra finta, nella quale una delle fazioni spara con armi vere, e l'altra usa le armi-giocattolo che sparano i tappi di sughero. 

Tafanus 

 

 

giovedì 5 novembre 2015

Allegria! Con tre mesi di ritardo, esce il "master-plan" di Renzi per il Sud

Certo, Allegria! Perchè è una cosa tutta da ridere d'un fiato! Leggete cosa ne scrive Roberto Ciccarelli sul "Manifesto"

Masterplan
Il Masterplan

Il governo ha impiegato tre mesi, tanti ne sono passati dall’anticipazione del rapporto Svimez sul Mezzogiorno, per arrivare a una bozza di «master­plan» per il Sud. Ieri Palazzo Chigi, supportato dall’intervento del ministro dell’economia Padoan sulla legge di stabilità davanti a senatori e deputati delle commissioni Bilancio, ha messo nero su bianco il «piano» annunciato da Renzi a inizio agosto. Dentro non c’è nulla di nuovo: si tratta della programmazione dei fondi strutturali con 18 mesi di ritardo. «Marketing» ha commentato l’economista barese Gianfranco Viesti su twitter.

Sul sito di Palazzo Chigi c’è un lungo elenco di opere infrastrutturali già previste con l’alta velocità sull’adriatico e sul tirreno (Napoli-Bari o Bari-Taranto), l’ammodernamento del sistema ferroviario in Sicilia; gas e trivellazioni sulla dorsale Sud-Nord, un «piano
della portualità» e un altro sugli aeroporti, la banda larga. L’obiettivo è rendere «operativo» il piano dal 2016, nel frattempo dovrebbero essere completati 15 «patti per il Sud», uno per ciascuna delle 8 Regioni e 7 Città Metropolitane: con Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna, Napoli, Bari, Taranto, Reggio Calabria, Palermo, Catania e Cagliari. Gli interventi saranno strutturati in quattro parti: aree di industrializzazione, agricoltura, infrastrutture; strumenti come Pon e Por, accordi di programma e altro; poi gli interventi prioritari e poi una nuova «governance» tra Stato e Regioni.

La cifra monstre di 95 miliardi, comunicata ieri con la consueta enfasi da annuncite dal governo, è il totale dei fondi attualmente a disposizione per il Sud: 56,2 miliardi, di cui 32,2 dall’Europa e 24 dall’Italia; ci sono i fondi del cofinanziamento nazionale per 4,3
miliardi, poi quelli del fondo sviluppo e coesione per un totale di 39 miliardi da impiegare entro il 2023. Il senso dell’operazione è quello di tirarsi a lucido, mettersi un buon vestito e aspettare il responso dei giudici dell’austerità a Bruxelles. Il governo Renzi si sta giocando la possibilità di stanziare gli investimenti per il Sud a condizione che le regole sulla capacità di spesa e la clausola sugli investimenti siano cam­biate e inserite nella legge di stabilità. La manovra finanziaria prevede di investire 5 miliardi «ita­liani» per cofinanziare gli investimenti provenienti dai fondi strutturali o quelli che useranno la cosiddetta «leva» del «piano Juncker». La grande speranza dell’esecutivo sta proprio in questo «effetto leva finanziaria»: una volta sbloccati i fondi si potrebbero mobilitare inve­sti­ menti per oltre 11 miliardi di euro, 7 solo nel Mezzogiorno, nel 2016.

Tra il fare e l’annunciare esiste una lunga strada: quella di sapere come gestire e investire su uno specifico catalogo di opere che per il momento non c’è. Il governo si è impegnato a creare una «cabina di regia», vecchia espressione infausta sostituita dal più astruso con­cetto di «governance». con le regioni e si avvarrà della cooperazione con l’Agenzia per la coesione territoriale e Invitalia. «Il Master­plan è imbarazzante. E pure offensivo, considerando i disastri di queste ore in Calabria e a Messina - sostiene il coordinatore di Sel Nicola Fra­toianni - Si tratta di fondi Ue già previsti. E poi ci sono i soliti investimenti delle partecipate statali «orientate al mercato», che vuol dire petrolio, trivelle e raffinazione. Nemmeno una parola su università, istruzione, dissesto idrogeologico». Per Guglielmo Loy (Uil) si tratta di dare un’accelerata alla spesa dei fondi europei, ma il piano del governo non basta: « reintrodurre una politica di fiscalità di vantaggio, esoneri contributivi e istituire le «Zone Economiche Speciali» richieste dallo Svimez. «Speciali» si, ma si spera nel rispetto dei diritti dei lavoratori. Se per Filippo Taddei (Pd), il «Masterplan» è la «fase 2 per il Sud» (qualcuno ha forse visto la prima?) per Boccia (Pd) quella del governo «è una proposta iniziale sulla quale lavorare insieme».

Roberto Ciccarelli

 

 

Tafanus: Ricciardi inchioda Meloni in Aula: “Ma cosa festeg...

Tafanus: Ricciardi inchioda Meloni in Aula: “Ma cosa festeg...