sabato 29 luglio 2017

La "Scala Beaufort" e la "qultura" dei giornalisti sportivi della RAI

Ritorna ancora una volta alla ribalta, prepotentemente, la domanda che mi sono posto mille volte: "Ma dove c... li trova, la RAI, certi giornalisti" ???

Prendiamo l'ultimo esempio: stamattina su RaiSport vanno in onda i mondiali di nuoto da Praga. C'è la diretta della gara di tuffi femminili dai 20 metri. La telecamera inquadra delle bandiere molto leggere (e quindi "fotogeniche"), che fanno il loro mestiere: sventolano. Il solerte giornalista ne deduce che ci sia vento forte (esiziale per i tuffi da quell'altezza). Si informa - da chi non dice - e conferma: "si, c'è vento forte, che può creare problemi alle tuffatrici. Ci sono sette chilometri all'ora, con punte di otto".

Insomma, siamo al solito tentativo maldestro di aggiungere un "quid" di drammaticità ad un evento assolutamente tranquillo. E parlandosi di vento, i miei trentennali trascorsi da velista, di fronte alla drammaticità di un vento da 7 chilometri all'ora (i.e. da 3,6 nodi), ha un moto di ribellione. E riaffiora il Tafanus istruttore ai corsi di preparazione al conseguimento della patente nautica per la vela d'altura, che per anni la Lega Navale Italiana ha tenuto, a Milano, nei locali della Biblioteca Sormani...

Dunque, 3,6 nodi di vento. "VENTO FORTE". Nessun velista si sognerebbe, con venti di questa "forza", di compiere lo sforzo di tirar su un qualsiasi straccio di vela (non servirebbe a niente). Quando il "giornalista sportivo" di RaiSport (non so chi sia), dipendente dall'anno scorso dal Direttore della rete Gabriele Romagnoli (scrittore e poeta, nessuna esperienza di sport), nominato l'anno scorso "Direttore" di RaiSport dall'AD della Rai Antonio Campo Dall'Orto ('piezz 'e core di Matteo Renzi) straparla di "vento forte", il tafanus velista ha un moto di ribellione. Nessuno è obbligato a sapere cosa sia un "vento forte", ma se pretende di parlarne da giornalista, vada prima su google (non è difficile), digiti "forza del vento", e potrà trovare decine di siti per imparare cosa sia la forza del vento.

La scala universalmente accettata per misurare la "forza del vento" (ed evitare quindi si straparlarne), è la c.d. "Scala Beaufort".

Dunque, secondo la scala Beaufort il "vento forte" occupa il settimo grado della scala; è un vento compreso fra 28 e 33 nodi (cioè fra 51 e 62 kms/h); produce in media onde comprese fra i 4 e i 5,5 metri di altezza. Gli effetti visibili di un "vento forte" sono così descritti: "...I cavalloni si ingrossano. La schiuma formata dal rompersi delle onde viene "soffiata" in strisce nella direzione del vento..."

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Mare da vento Beaufort 7

E ora vediamo cosa sia - sempre secondo la Beaufort - un "vento da 7, o addirittura 8 kms/h", descritto e paventato dal nostro mezzobusto: un vento così (fra 7 e 11 kms/h) è definito da Beaufort "brezza leggera". Per dire: con questo tipo di vento, le regate di Coppa America non prendono neanche il via. Questo ventaccio NON CONSENTE DI NAVIGARE DECENTEMENTE A VELA NEANCHE NELLE ACQUE PIATTE DI UN LAGHETTO. Solleva onde di ben 20/30 centimetri, ed effetti visibili che Beaufort descrive come "onde minute"...

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Mare da vento Beaufort 2

P.S.: Per gli appassionati di fisica - La pressione esercitata da un fluido in movimento (per esempio l'aria) su un solido, è proporzionale al QUADRATO della velocità del fluido. Traduciamo??? il quadrato di 7 è 49; il quadrato di 55 è 3025. Quindi il nostro mezzobusto ha detto una cazzata quantificabile in 62 volte la realtà. Se si impegna, può fare anche di meglio.

P.S.2: chi volesse sapere chi siano i direttori di rete nominati da Antonio Campo Dell'Orto, ex costola destra di Renzi, può leggere questo articolo

Tafanus

 

lunedì 17 luglio 2017

Le Perle Musicali/140 - Caetano Veloso, Ivete Sangalo, Gilberto Gil

Caetano_Veloso-Ivete_Sangalo-Gilberto-Gil...ci sono personaggi, in campo musicale, che meriterebbero di essere candidati al Nobel per la Medicina, per aver trovato cure non invasive contro certe forme di depressione che sembravano senza rimedio... Musicisti  che sono riusciti a dare dignità persino a pezzi come "Cucurucucù Paloma", e credo che impegnandosi riuscirebbero ad ottenere lo stesso risultato persino con "Ambarabà Cicì Cocò, tre scimmiette sul comò"...

Guardando il pubblico dei concerti dal vivo in Brasile, sono sempre rimasto incredulo e ammirato nel vedere intere folle cantare senza una stonatura, senza una esitazione sul tempo, ritmi e melodie non certo elementari come quelle della musica "popolare" brasiliana (dalla bossanova in giù). E allora mi vengono in mente certe esilaranti partite di calcio della nazionale italiana, all'inizio delle quali di undici nerboruti ragazzotti non ce n'è uno che riesca ad andare a tempo con la banda che suona la marcetta - elementare - dell'Inno di Mameli (con tutto il rispetto...)

Caetano_Veloso-Ivete_Sangalo-Gilberto-Gil.2

Caetano Veloso, Ivete Sangalo e Gilberto Gil - "Voce e Linda" ed altro

 

 

venerdì 7 luglio 2017

Ammettetelo: a Renzi, "preferite" persino Berlusconi e Salvini (di Andrea Scanzi)

Renzi-demitico

Matteo Renzi, il DeMitico

Cari lettori del Fatto Quotidiano, e in quanto tali persone criminose e sommamente empie, ammettetelo: “preferite” Berlusconi a Renzi. Certo, la frase è in sé un nonsense: essendo la stessa cosa sarebbe come dire “preferite la mela alla mela”, il vino al vino o Michelle Pfeiffer a Michelle Pfeiffer. Per questo andremo oltre, asserendo che – in un parossismo di nequizia – “preferite” financo Salvini a Renzi.

D’accordo, la prospettiva non è allettante. Sarebbe più o meno come scegliere tra un concerto dei Modà a Radicofani, pagando 800 euro per vederlo da una panchina di chiodi, e un film di dodici ore sulla vita di Nardella, magari con la regia di Valerio Scanu e la colonna sonora (unplugged xilofono solo) di Vecchioni. Fortuna che esiste l’astensione: probabilmente, tra Berlusconi e Berlusconi (cioè Renzi) o tra Salvini e Renzi, ve ne stareste a casa.

Come non capirvi. Eppure, se vi costringessero con una pistola o una Picierno alla tempia, è tutto da dimostrare che correreste in soccorso del Pd “per scongiurare il trionfo della destra”. Già solo questo dimostra come il “Postulato di Don Zucconi”, secondo cui Renzi sia da votare in quanto “alternativa unica al populismo”, venga rispettato giusto nella redazione di Repubblica (e neanche all’unanimità).

Voi direte: “Eh, ma a Milano ha vinto Sala proprio in quanto meno peggio dei berlusconiani”. Vero, anche se andrebbe premesso che Sala è più berlusconiano di Parisi. Una Milano non fa però primavera, ed era comunque un anno fa. Pensate alle ultime amministrative: in molte roccaforti di sinistra o quasi-sinistra, ha vinto (di colpo?) il centrodestra. Come si spiega? Con candidati meno respingenti, certo. Ma pure con quello che è il “Fattore MSSC”.

Alberto Ronchey aveva codificato il Fattore K. Con Renzi siamo oltre. Edoardo Novelli ha parlato su queste pagine di “Fattore A”: fattore Antipatia. Di più: ormai siamo al Fattore MSSC, acronimo di “Mi Sta Sul” (la “C” potete immaginarla). Ecco il vero capolavoro di Renzi e derivati: avere raggiunto un grado così elevato di antipatia da far sembrare chiunque – ma proprio chiunque – migliore di loro.

Martedì scorso In onda ha mostrato su La7 un sondaggio: in neanche tre anni, Renzi è sceso nel gradimento italico dal 61 al 27%. È ancora “il più amato tra i politici”, a conferma di come ci sia speranza per tutti (tranne che per l’Italia), ma la sua è una slavina. In studio c’era il rutilante Rosato, con quei bei capelli pittati a caso con l’Uni Posca: ha provato a negare la piena veridicità del sondaggio, confermandone dunque la totale valenza. Renzi sta dimostrando una capacità prodigiosa di dilapidare un consenso tanto immeritato quanto labilissimo. Già con Veltroni e poi Bersani, con la contemporanea crescita del M5S, stava venendo meno la favoletta del “meno peggio”: i delusi di sinistra, lentamente, cominciavano a staccarsi dal Partito Democratico.

Chi non votava più, chi si affidava ai Pizzarotti, chi si iscriveva al Fan Club del Cinghiale Babirussa. Ora, con Renzi, siamo alla leggenda: ai ballottaggi, quando non si astengono, tanti elettori non berlusconiani accorrono in massa a votare. Con l’unico intento di sfanculare Renzi. Per carità, non capita sempre: parliamo di una tendenza, non di una regola ferrea. Non asseriamo poi che tutto questo sia condivisibile: ci limitiamo a dire che sta accadendo. Sempre di più.

Più i Fiano&Romano affollano il piccolo schermo, più crescono i detrattori del Pd. Vale per quasi ogni renziano mediaticamente noto, sia esso ministro, parlamentare o supporter: in confronto a loro, Mara Carfagna assurge a Nilde Iotti. Gran bella impresa. Nel 2014 Renzi ha vinto le Europee: da allora, il diluvio. Sconfitta al 2015, con candidate-Tafazzi tipo Moretti e Paita che hanno trasformato Zaia in Adenauer e Toti in Churchill.

Emblematico il caso Arezzo, città (anche) della Boschi: la ministra, allora intoccabile o quasi, benedisse un ameno Playmobil dal carisma diversamente fiammeggiante che andava in tivù garantendo (minacciando) di governare dieci anni. Epico il risultato: al ballottaggio una flotta di aretini di sinistra, pur di non avere quello lì sindaco, votò in massa il candidato berlusconiano. E ne festeggia tuttora la vittoria.

Sensazionale pure il 2016: prima Roma e Torino, poi la Waterloo sublime del 4 dicembre. Ancora schiaffoni nel 2017. Un calvario tragicomico e continuo. Come si spiega? Con la smisurata pochezza di Renzi. Con la natura centro-destrorsa di questo paese. Ma è anche e soprattutto colpa vostra, cari lettori sfascisti del Fatto: quello lì vi sta così sugli zebedei che, pur di vederlo perdere, votereste qualsiasi cosa. Un rododendro. Un pisciacane. Persino un Gasparri. Ammettetelo.

(P.S. Su Gasparri scherzavo).

(Andrea Scanzi - Il Fatto)

 

Tafanus: Ricciardi inchioda Meloni in Aula: “Ma cosa festeg...

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