mercoledì 24 gennaio 2018

I programmi di vita di un italiano laqualunque per il dopo-erezioni di marzo

Siamo venuti in possesso del diario di una persona che non desidera essere citata, per paura di essere oggetto di invidia e malocchio da parte degli altri europei. Dagli italiani non teme nulla, perchè tutti saranno felici, ricchi, sani e belli. Ne pubblichiamo un estratto, con la preghiera di non farlo circolare fuori dall'Italia, altrimenti saremo invasi persino da tedeschi e svedesi, ansiosi di essere fra i primi ad avere la cittadinanza italiana

20180124-qualunquementeChi offre di più?

 

VOLETE SAPERE COME SARA' LA NOSTRA VITA DOPO LE VOTAZIONI? Se tutto andrà come deve andare, sarà una pacchia. E io per prepararmi, ho già programmato la mia giornata tipo.

Dopo il 4 marzo, e una volta che le promesse di tutti i candidati premier saranno com’è prevedibile mantenute, io mi alzerò tardi. Che è già un ottimo inizio.

Non avendo impegni incombenti, per la verità non avendone proprio, passerò la mattina guardando la Tv (senza pagare il canone, me l’ha promesso Renzi).

Al pomeriggio prenderò la mia auto (senza pagare il bollo, me l’ha giurato Silvio) e mi dirigerò con calma all’Università per seguire qualche lezione (senza pagare le tasse, me l’ha detto Pietro Grasso).

Sono ancora indeciso tra Paleontologia e Ingegneria Spaziale. Magari entrambe, tanto lo farò unicamente per passione personale. Perché al lavoro, quasi sicuramente, non ci andrò.

Avrò un reddito minimo garantito da 780 euro al mese, mi ha assicurato Luigi Di Maio.

Se poi avrò una moglie e un marmocchio in casa, addirittura 1.250, mi ha confermato Berlusconi.

Non avrò fretta.

Se poi per noia o per curiosità mi farò assumere da qualcuno (perché il lavoro non mancherà, mi hanno detto tutti), sappiate che malissimo che vada sarò pagato 10 euro l’ora (parola di Renzi).

Non verrò certo licenziato (che tanto il Jobs Act, promessa, verrà abolito) e i soldi che guadagnerò, tutti ma proprio tutti, saranno tassati al 15% (me l’ha giurato Salvini).

Se non l’avrò fatto prima, lascerò il lavoro a circa 60 anni, mica più a 67 (come mi ha assicurato Berlusconi). E lo farò con una pensione minima di mille euro (sempre il Berlusca, in gran forma). Tanto mi basterà per viaggiare il mondo intero e organizzare una grigliata a settimana con gli amici.

Alla fine di una vita tranquilla e bellissima, non so ancora se il mio funerale sarà pagato dal mio marmocchio (che spero a sua volta percepisca già il reddito minimo e si alzi tardi al mattino) o mi verrà gentilmente offerto dallo Stato. E anzi, approfitterei di questo contesto per invitare i candidati a formulare una proposta su tale problematica rimasta irrisolta.

Gli economisti dicono che il mio stile di vita, e quello di tutti gli italiani, costerà 270 miliardi l’anno in più allo Stato. Cioè circa 12mila euro l’anno per ogni singolo contribuente italiano. Cioè più dei soldi che guadagnerò col reddito minimo e quelli che risparmierò non pagando praticamente niente. A parte la casa. E la birra. E il cibo per le grigliate.

Ma quelli sono i tecnici, pignoli, saputelli e pure un po’ invidiosi. In realtà andrà tutto come deve andare e vedrete che sarà una pacchia. Me l’hanno promesso tutti.

Regina Mida

 

martedì 9 gennaio 2018

La Befana ci ha portato già 270 miliardi di promesse elettorali. Chi non ha avuto ancora il suo milione, abbia fede: ci sono ancora due mesi di tempo per spararle sempre più grosse. Chi offre di più?

Le "befanate" pre-elettorali dei politici sono state scrupolosamente "prezzate" dal Sole24Ore - giornale notoriamente non avverso al renzismo - ma sono state tradotte in italiano volgare dall'Eco di Bergamo, nell'articolo di Andrea Valesini, che vi proponiamo in calce. Ma intanto - ultimo minuto - il PdR continua la sua corsa senza freni, e ha già toccato quota 22%...

Eravamo convinti che col dibattito-fake fra Matteo Renzi e Cetto Laqualunque si fosse superato il limite del surreale, ma in questi giorni, con sprezzo del ridicolo, Berlusconi, Grillo e Renzi hanno superato Cetto Laqualunque, tanto che persino l'educatissimo ma non remissivo Calenda ha invitato Renzi - dopo l'annuncio dell'abolizione del canone RAI - a "uscire dal Truman Show", e a rimettere i piedi per terra...

Renzi-laqualunque

Abolire il canone Rai, realizzare il ponte sullo stretto di Messina, alzare le pensioni minime. Non c’è campagna elettorale che non abbia il suo elenco di promesse, di intenti verbali di facile e diretta comprensione per l’elettore. A rilanciare la cancellazione della tassa sulla tv pubblica è stato questa volta il Pd renziano. La mossa prende di mira una gabella invisa a molti italiani ma avrebbe anche lo scopo di colpire Silvio Berlusconi, rivedendo i tetti pubblicitari che penalizzano viale Mazzini rispetto alle emittenti private, quindi anche Mediaset.

Il partito che ha lanciato la proposta è lo stesso che aveva inserito il pagamento del canone nella bolletta Enel, per contrastare l’alta evasione dell’imposta per la tv di Stato. Proposta che ha subito spaccato il governo: il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda l’ha definita «una presa in giro» sollevando anche il problema delle coperture economiche, che non riguarda soltanto il canone Rai. A questo proposito «Il Sole 24 Ore» ha calcolato in 270 miliardi il costo delle promesse elettorali fin qui lanciate dai partiti (e siamo solo a due mesi dal voto). Nel dettaglio: rimodulare la flat tax (come chiedono Lega e Forza Italia) costerebbe fra i 30 e i 40 miliardi; rimodulare l’Irpef (idea di Pd e 5 Stelle) tra i 12 e 15 miliardi; estendere gli 80 euro alle famiglie con più figli (Pd) 5,7 miliardi; il reddito di cittadinanza (5 Stelle e Forza Italia) tra i 15 e i 17 miliardi; 13 miliardi la cancellazione dell’Irap (Forza Italia), 18 miliardi per alzare le pensioni minime a mille euro (Forza Italia); abolire la legge Fornero (Lega) 140 miliardi, uscire dal Fiscal compact (Pd e Lega) 24 miliardi.

In discussione non è la bontà di tante proposte, ma la loro formulazione, con i tempi e la banalizzazione degni di uno spot. La questione delle coperture è centrale per un Paese come il nostro, zavorrato da un debito pubblico di 2.289 miliardi di euro. Le promesse andrebbero articolate con un’indicazione puntuale delle risorse che dovrebbero sostenerle, del dove andare ad attingerle, tenendo anche conto del fatto che abbiamo una spesa pubblica elevata e mal organizzata. Risorse ma anche strumenti e politiche: quando nei talk show si sente dire da leader politici che si accreditano a presidenti del Consiglio del prossimo governo che tra gli obiettivi c’è «l’azzeramento dell’immigrazione», per senso di responsabilità verso gli elettori non andrebbero indicate anche le procedure realistiche per raggiungere un così ambizioso (e impossibile) risultato? C’è poi il vezzo del «taglianastri»: a Roma la sindaca Virginia Raggi inaugurerà la stazione San Giovanni della metro C proprio il 4 marzo prossimo a urne aperte. Ma questi sono peccati veniali, debolezze macroscopiche che fanno quasi sorridere.

In gioco c’è il rapporto fra i cittadini e chi li rappresenta, una questione centrale nelle democrazie moderne che si avvalgono anche di strumenti informativi non classici, dai social network a Twitter, luoghi nei quali le promesse elettorali corrono a grande velocità e diventano argomento di discussione spesso disancorato dalla fattibilità di quelle promesse. Il cittadino-elettore ha la responsabilità di informarsi e di non farsi abbindolare da proposte che possono avere la forza di un castello di carte, di acquisire una consapevolezza su argomenti complessi ma spesso decisivi per la nostra vita. Alla politica andrebbe chiesto il coraggio di un’operazione verità. Una politica forte ha bisogno di questi due requisiti, per non ridursi (come purtroppo è in parte avvenuto) a dibattito da salotto televisivo.

Andrea Valesini - L'Eco di Bergamo

Il video del dibattito fra Matteo Renzi e Cetto Laqualunque

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