Ieri Marisa e dio siamo andati a fare la "quinta dose", o - come altri la definiscono - il richiamo della quarta dose. Si tratta del nuovo vaccino Pfizer, aggiornato e adesso efficace anche contro la variante "Omicron".Con buona pace della Premieressa, che come primo provvedimento-idiota si era fiondata non sul caro-bollette, ma sulla primaria esigenza di lisciare il pelo ai no-vacs del virologo Salvini, non abbiamo trovato il centro vaccinale di Vimercate (ex area Esselunga) semivuoto, ma pieno zeppo di gente.
Ci siamo spaventati... Pensavamo a lunghissime attese. Invece abbiamo trovato una organizzazione perfetta, grazie alle procedure in atto, agli appuntamenti scaglionati, alla competenza e disponibilità del personale addetto, e all'opera meritoria di tanti volontari della Protezione Civile, che indirizzavano ciascuno ad ogni passo nella direzione giusta.
L'attesa non è durata ore. Incredibile ma vero! Dopo non più di due minuti, venivamo chiamati all'accettazione.
In accettazione siamo stati trattenuti per non più di due/tre minuti. Il tempo strettamente necessario per verificare la validità di appuntamenti, il tipo di vaccinazione precedente, la firma della solita, immancabile accettazione della privacy
Dieci minuti d'attesa (attesa lunghissima!) nell'area di accesso ai boxes dove materialmente ci aspettava il "buco". C'erano non meno di una ventina di postazioni, per cui la "folla" diminuiva a vista d'occhio.
Una gentile addetta chiedeva chi volesse fare contestualmente anche la vaccinazione anti-influenzale, e indirizzava le persone di conseguenza
Ultimo step; l'attesa di 15 minuti, al fine di verificare che non si manifestassero effetti collaterali gravi (come choc anafilattici o altro), e poi liberi di tornare a casuccia, più tranquilli, e grati al bistrattato sistema nazionale, che tanti governi di tutti i colori hanno per decenni tentato di distruggere
Scontri a Casal Bertone per lo sgombero di una sede a CasaPound, mentre
quella a via Napoleone III non viene toccata. L’anno prossimo saranno
20 anni dall’inizio dell’occupazione. Prima c’era una questione di
proprietà, ora il problema, dicono dal comune, «è lo scopo abitativo»
Siamo arrivati al 2022, e questa mattina è stato sgomberato tra gli scontri il circolo di Casal Bertone
di CasaPound: «Noi andremo avanti sulla strada della legalità, non ci
faremo intimidire e proseguiremo su questa strada», ha detto il sindaco
Roberto Gualtieri.
L’anno prossimo saranno 20 anni che il
movimento neofascista occupa abusivamente un’altra sede, quella di via
Napoleone III numero 8, nel quartiere Esquilino, a Roma, e il sindaco
Gualtieri ha promesso di intervenire.
Secondo il comune, a
rendere complicato lo sgombero della storica sede sarebbe la funzione
abitativa dell’edificio, mentre in passato c’erano stati problemi per
via della proprietà, poi la responsabilità è stata data alla prefettura
e così di anno in anno il movimento ha continuato a occupare l'edificio.
L'edificio è di proprietà dell’Agenzia del Demanio, mentre i diritti
del suo utilizzo appartengono al ministero dell’Istruzione che, per
anni, ha utilizzato i suoi spazi come uffici. Nel 2019 la Corte dei
conti ha deciso di citare in giudizio sia i dipendenti del Demanio sia
quelli del ministero dell’Istruzione per danno erariale.
Secondo il procuratore regionale
Pio Silvestri «il bene immobile, di proprietà dello stato, appartiene
al patrimonio indisponibile ed era in uso governativo al Miur, il quale
lo ha utilizzato per oltre quarant’anni, per le proprie finalità
istituzionali, come sede di alcuni uffici dell’Amministrazione
centrale».
L'occupazione poi, ha detto il procuratore, «sarebbe
stata tollerata senza peraltro che né il titolare del diritto di uso
governativo (Miur) né il titolare dei diritti demaniali (Agenzia),
abbiano mai avviato le azioni amministrative, civili e penali del caso,
finalizzate allo sgombero e al risarcimento dei danni». Non solo,
nessuno ha mai nemmeno fatto un tentativo per chiedere agli occupanti di
pagare l’affitto.
La procura ha contestato un danno concreto di
4,5 milioni di euro, a cui si aggiungono altri 3,4 milioni di danni per
le omesse azioni civili e penali. Nel 2021, la Corte dei conti ha però
deciso che nessuno avrebbe dovuto pagare niente.
I tentativi di Raggi
LaPresse
Fino ad ora tra comune, retto da sindaci di diverso colore, e governo,
ognuno ha dato la colpa all’altro. Le proprietà infatti è dello stato,
ma gli sgomberi devono essere stabiliti di comune accordo tra il comune e
la prefettura. Durante il suo mandato l’ex sindaca Raggi si è mossa
chiedendo l’intervento dell’esecutivo e criticandolo per l’inazione.
L’ultimo capitolo risale al 2020. A giugno è stata completata la
procedura del sequestro dell'immobile, non ancora lo sgombero. Il
decreto di sequestro preventivo è stato comunicato ai leader di
CasaPound: Gianluca Iannone, Davide di Stefano, Simone Di Stefano e
Alberto Palladino.
Per lo sgombero la decisione è dunque passata
al Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza. Raggi ha scritto
sui social: «Ci auguriamo che il ministero dell’Economia – che controlla l’Agenzia del demanio – ci segua in questa battaglia»
Il ministero dell’Economia, retto dall’allora ministro e oggi sindaco
di Roma Roberto Gualtieri (Pd), aveva replicato: «Gentile sindaca
@virginiaraggi, come sa, il Mef ha da tempo intrapreso tutte le
iniziative per il ripristino della #legalità. Ha emesso un'ordinanza di
sgombero e ha sollecitato la sua esecuzione che, come noto, spetta alla
prefettura in raccordo con Roma Capitale. Buon lavoro», si legge in un
tweet.
adesso Ella ha l'occasione di dimostrare che le cose, in termini di rispetto della legalità, sono finalmente cambiate. Adesso ha una maggioranza straripante, e un ex prefetto di ferro agli Interni. Lei, oltre che Premieressa, è anche la custode di Law & Order (oltre che di Dio, Patria e Famiglia). Al primo consiglio dei ministri ha giustamente varato un provvedimento che fra le altre cose punisce con la galera fino a sei anni le occupazioni abusive e gli assembramenti di più di 50 persone. Una pena giusta, uguale o superiore a quelle previste per rapina, occultamento di cadavere, bancarotta frasudolenta. Quisquilie, rispetto al pericolo rappresentato dai Rave Parties!
Ella ha tutta la nostra ammirazione per aver approvato l'uso della forza manganellatrice contro quei giovani estremisti di sinistra che pretendevano di mettere uno striscione. Se possiamo darLe un consiglio... La prossima volta faccia individuare il Primo Responsabile di queste adunate sediziose, e autorizzi che sia legato con una catena ad un camion, e trascinato per tutte le vie della Capitale. Sarebbe un giusto esempio da dare alla marmaglia comunista, che crede di poter impunemente mettersi contro chi sta pensando di legiferare in favore dei venti milioni di italiani a rischio povertà. Siamo certi che entro il 31 marzo 2023 troverà le risorse e varerà un de-cretino per ridurre di 12 euro al mese (ma solo alle famiglie con reddito inferiore a 10.000 euro all'anno) per i restanti giorni di costo del riscaldamento).
A coloro che dovessero avere la sfortuna di guadagnare 11.000 euro all'anno (lordi) raccomandi di scaldarsi con la seguente terapia:
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!
A volte stringersi a coorte può salvare dalla morte per ipotermia. Intanto potremmo procedere con la flat-tax. I ceti più abbienti guadagneranno un fracco di soldi in più, e forse alcuni potranno mandare 10 euro al mese alla Croce Rossa Italiana.
Giuseppe Mangialavori non può essere sottosegretario del governo Meloni, ‘colpevole’ di essere citato in due indagini sulla ‘ndrangheta in Calabria, tra cui la nota ‘Rinascita Scott’ di Nicola Gratteri, pur non essendo indagato.
È invece diventato addirittura viceministro quello che da molti viene considerato l’enfant prodige della destra bolognese, quel Galeazzo Bignami che nella seconda infornata di nomine dell’esecutivo ha ottenuto il posto da vice di Matteo Salvini al ‘pesante’ ministero delle Infrastrutture.
Anche Bignami non si porta dietro alcuna inchiesta, come
Mangialavori, ma il suo nome è ben più noto alle cronache rispetto a
quello del deputato calabrese. Colpa in particolare di una foto datata 2005 in cui Bignami sorridente si mostra davanti alla telecamera con al braccio la fascia delle SS naziste. Spuntata fuori oltre dieci anni dopo, Bignami si giustificherà dicendo che l’occasione era quella di “una festa di addio al celibato, una goliardata tra amici”.
Eppure non è l’unico episodio controverso nel passato del
deputato nato nel 1975 a Bologna, già consigliere comunale, consigliere
regionale e quindi deputato, transitato da Forza Italia a Fratelli d’Italia e figlio del ‘ras’ della destra bolognese Marcello Bignami.
Nel 2019 circolò un video in cui il nuovo viceministro, accompagnato dal consigliere comunale di Fratelli d’Italia Marco Lisei, passava in rassegna i citofoni delle case popolari di Bologna additando gli inquilini stranieri, tutto trasmesso in diretta su Facebook. “Ci
diranno che stiamo violando la privacy, ma non ce ne frega
assolutamente nulla, perché se stai in un alloggio popolare e c’è il tuo
nome sul campanello bisogna che ti metta nell’ottica che poi qualcuno
può andare a vedere”, rivendicava all’epoca Bignami.
Una vicenda che gli costò anche una denuncia al Garante della Privacy da parte dell’avvocata dei diritti Cathy La Torre, fondatrice della campagna “Odiare ti costa”.
Incurante del passato, Meloni lo ha ricompensato col posto da
viceministro nel dicastero guidato dall’alleato Matteo Salvini. Bignami
ha commentato la nomina ringraziando il presidente del Consiglio e il
partito “per avermi indicato quale vice Ministro alle Infrastrutture e
alla Mobilità sostenibile della Repubblica Italiana. Onorerò le
Istituzioni democratiche con decoro e dignità nell’interesse esclusivo
dell’Italia e degli Italiani”.
Bignami si è già fatto notare in questo primo brevissimo scorcio di legislatura per essere il primo firmatario della proposta per l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul Covid-19, in particolare sulla “gestione
dell’emergenza sanitaria causata dalla diffusione epidemica del virus
Sars-CoV-2 e sul mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale”.