Chi s´intasca i soldi dei morti lombardi
Luigi Cancrini
Ho consegnato ieri in Procura a Milano, insieme al collega Elias Vacca, un Cd-Rom pervenuto a me personalmente presso la Camera dei Deputati che conteneva dati impressionanti sulla Sanità della Regione Lombardia. Il confronto fra le liste degli assistiti e quelle dei cittadini residenti nella Regione al giugno 2003 infatti, rende subito evidente il numero incredibile di cittadini deceduti ormai da molti anni che a quel tempo erano deceduti ormai da molti anni ma che risultavano ancora vivi e titolari del diritto all'assistenza sanitaria.
Una bimba morta a sei mesi, Maria Elena, per esempio, era rimasta viva, per la Regione, fino a 22 anni: 22 anni durante i quali la Regione Lombardia ha continuato a percepire i trasferimenti dello Stato per lei, ha richiesto ulteriori soldi ai cittadini sotto forma di ticket anche per lei, ed ha pagato il medico di base per lei. Trasformandola in una piccola miniera d'oro per molte persone. Così come ha fatto, per trascuratezza o per generosità, con un gran numero di anziani morti per l'anagrafe ma non per la Regione. Sviluppando una situazione paradossale per cui l'elenco degli assistiti per cui la Regione chiedeva soldi conteneva, solo a Milano, 850 ultracentenari, tre dei quali avrebbero avuto più di 120 anni e 79 dei quali avrebbero oggi più di 110 anni. Con un risultato estremamente interessante, però, per le casse della Regione Lombardia perché, fino al giugno 2003, tutti questi ritardi nella cancellazione dalle liste degli assistiti avrebbero determinato, secondo calcoli ancora approssimativi, un maggiore introito (ed un corrispondente danno all'Erario) di 550 milioni di euro.
Quello che viene da pensare è che sorprese ancora maggiori si avranno, probabilmente, verificando (ci penseranno la magistratura e la Corte dei Conti) cos'è successo dopo, nel 2004 e nel 2005. All'interno, va detto qui con grande chiarezza, di una Regione come la Lombardia che si è vantata come poche del suo particolare «modello» di Sanità ma che ha puntato tutta la sua politica sulla apertura di strutture private sempre più costose e sempre meno controllate: come ben dimostrato, in questi giorni, dalla testimonianza resa nel corso di un processo in corso a Milano sulla situazione del San Raffaele dove le prestazioni di Pronto Soccorso venivano trasformate, per la Regione che non se ne accorgeva e generosamente pagava, in ricoveri della durata di qualche giorno.
La magistratura avrà modo e tempo di acquisire dati più precisi e più esaurienti di quelli disponibili oggi su tutta questa questione. Valutando, in particolare,
se si sia trattato di comportamenti omissivi per dolo o per trascuratezza. Quella che politicamente va subito avviata, però, mentre da destra infuriano gli attacchi contro la finanziaria di Prodi e dell'Unione, è una riflessione seria sul comportamento reale di tante amministrazioni guidate, in questi anni, da esponenti prestigiosi della Casa delle Libertà. Cominciando dalla Regione Lombardia in cui quello che si comprende ora è il nesso logico fra la trascuratezza nei bilanci in uscita (con i privati che se ne arricchivano indebitamente) e quella dei bilanci in entrata (con la Regione che si rifaceva di queste maggiori spese facendosi pagare dallo Stato per le sue «anime morte»). Ma ragionando, dal punto di vista politico, sullo sfascio determinato nella Regione Lazio da un governatore, Storace, che aveva addirittura progettato di rientrare dei debiti fatti finanziando in modo indebito (e a volte, forse, ai confini del lecito) i privati della sua Regione vendendo il San Giovanni e/o altri Ospedali ad altri privati che li avrebbero poi «affittati» alle ASL e alla Regione e sulla enormità degli scandali scoppiati in Sicilia dove la contiguità mafiosa di cui oggi è accusato il Presidente della Regione Cuffaro aveva a che fare, ancora una volta, con i finanziamenti della strutture sanitarie private.
Quello che risulta evidente infatti, nel momento in cui si mettono insieme tutti questi elementi, è che, al di là delle conclusioni cui caso per caso arriverà la magistratura, il problema vero della Sanità italiana è oggi quello legato alla leggerezza, alla superficialità e al vero proprio cinismo con cui alcune Regioni spendono i soldi dei contribuenti. Il fatto che l'insieme degli scandali con cui abbiamo a che fare riguardano sempre e soltanto le amministrazioni di centro destra indica bene, d'altra parte, il fatto che l'insieme di interessi privati che si muove all'interno di quella che è ormai la più grande industria di Stato del paese abbia trovato proprio a livello di quelle amministrazioni delle aperture, delle ambiguità, a volte delle complicità particolarmente forti. La destra non ha mai particolarmente creduto, in questo paese, al Servizio Sanitario Nazionale. La stessa destra
ha ampiamente utilizzato in questi anni, tuttavia, la possibilità di facilitare l'assalto portato alle casse dello Stato da quei privati che alla Sanità si sono avvicinati con finalità di tipo eminentemente speculativo.
Dobbiamo rappresentare con più chiarezza all'opinione pubblica di questo paese la contraddizione gravissima di una Casa delle Libertà che attacca il governo accusandolo di far pagare le tasse a chi le deve pagare e utilizza poi senza pudore tutti gli spazi che trova per far scivolare impropriamente nelle mani degli amici e degli amici degli amici i soldi di uno Stato in cui evidentemente molti dei suoi esponenti credono troppo poco.
Ringrazio Marilù che mi ha segnalato questo splendido articolo de "L'Unità" di ieri.
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