mercoledì 28 gennaio 2009

Palestina: una bomba caricata ad acqua - a cura di Alessandro Cariani

Un siberiano liscio…

Alessandro-cariani Siete mai andati al bar per ordinare un bel siberiano liscio ? Oppure siete mai andati in piazza al drago verde ? Va bene, al di là delle scemenze che risalgono al cretaceo inferiore e curiosamente coincidenti con la mia spensierata gioventù, la possibilità di bersi un bel bicchierone di acqua gelata (il famoso siberiano liscio) oppure di andarsi a dissetare alle ormai quasi scomparse fontanelle delle piazze lombarde (di colore rigorosamente identico ovunque, da cui la denominazione “drago verde”) oggi non è un elemento garantito in tutto il mondo.

Giusto giusto per fare un esempio, parliamo ora dell’ineffabile comportamento tenuto dal governo Israeliano (ma anche dalle varie banche di investimento ONU ed europee) relativamente allo sfruttamento della falda della west bank, esattamente sotto la zona attribuita al controllo del governo Palestinese.

Come ben noto, l'acqua e il controllo delle risorse idriche potabili e dolci rimane uno dei punti sensibili nel mediterraneo e nella regione del Medio Oriente, con particolare attenzione alle zone interne alla striscia di gaza e nelle zone di insediamenti colonici Israeliani.

Poiché questa risorsa è così scarsa, e la competizione per il controllo della sua risorsa e' così feroce, che fa pensare che il controllo sulle provviste di acqua fornirà il contesto per i futuri conflitti nella regione.

SiccitaUn equa e sostenibile distribuzione e' diventata un punto critico nel contesto regionale di pace e sicurezza non solo per Israele e Palestina, ma per tutta l'intera area.

Sin dall'inizio dell'occupazione israeliana della West Bank e della Striscia di Gaza nel 1967, le provviste di acqua concordate per l’utilizzo palestinese non coprivano il fabbisogno in primis per l’uso domestico, quindi sostanzialmente per gli abitanti di Gaza risulta impossibile anche realizzare culture per l’autoconsumo dipendendo in questo modo da Israele direttamente per quanto riguarda le forniture alimentari (spesso pagate a caro prezzo da UNICRATT) ed indirettamente per quanto concerne le autorizzazioni al passaggio delle merci.

Inoltre, a partire dal 1995, Israele ha sfruttato l'85% dell'acqua di superficie palestinese incanalando questa risorsa verso gli insediamenti dei suoi coloni presenti nella West Bank e nello stesso territorio di Israele, garantendosi in questa maniera una qualitativamente ottima e vantaggiosamente autoctona fornitura di prodotti della terra altamente interessanti dal punto di vista della bilancia dei pagamenti.

Nel quadro degli accordi di Oslo nel 1995, Israele e l'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) avevano cercato di definire i modi tramite cui i palestinesi potessero aumentare il consumo di acqua, e sulla base dell'Art. 40 degli accordi (qui riprodotto), l'Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID), aveva commissionato uno studio esteso sullo sviluppo idrico nella West Bank e nella striscia di Gaza.

Nel 1998, fu raggiunto un accordo tra l'Autorità Palestinese per le Acque (PWA) e un gruppo di finanziatori internazionali, fra cui la Banca Mondiale, la Banca Europea per gli Investimenti (BEI), la USAID ed alcuni investitori minori, per un grande progetto di investimento per lo sviluppo idrico della West Bank di quasi 300 milioni di dollari.

ARTICOLO 40

Acqua e sistema idrico:

Sulla base dei buoni legami, entrambe le parti hanno raggiunto il seguente accordo nel campo dell'acqua e del sistema idrico:

Principi:
1) Israele riconosce il diritto all'acqua per i palestinesi nella West Bank. Questi saranno negoziati in uno stato permanente di negoziazione, e stabiliti in uno Status di accordi permanenti relativi alle varie risorse idriche.

2) Entrambe le parti riconoscono la necessità di sviluppare accessori idrici per vari usi 


3)Nel rispetto del potere e delle responsabilità di entrambe le parti nell'ambito dell'acqua e dei sistemi idrici nelle rispettive aree, entrambe le parti si accordano per coordinare la gestione delle acque e dei sistemi e delle risorse idriche nella West Bank, durante il periodo degli accordi ad interim secondo i seguenti principi:

a) Mantenimento delle quantità esistenti di utilizzazione dalle risorse, prendendo in considerazione la quantità di acque secondarie per i palestinesi dalle falde acquifere orientali e di altre fonti di accordi nella West Bank come è descritto in questo articolo.

B) Omissis...

Acque secondarie:

6) Entrambe le parti si sono accordate che le future necessità dei palestinesi nella West Bank sono stimati per essere tra i 78- 80 milioni di metri cubici per anno.

7) In questo quadro e per venire incontro alle immediate necessità dei palestinesi di acqua per usi domestici, le due parti riconoscono la necessità di rendere disponibile per i palestinesi, durante il periodo ad interim una quantità totale di 28.6 milioni di metri cubici annuali.

Il dettato dell'art. 40 dell'Accordo per aumentare i livelli di consumo idrico palestinese è seriamente compromesso dal fatto che l'articolo non tratta della riduzione del consumo di acqua israeliano o dello spostamento delle sue colonie dalla West Bank, dove gli stessi consumano una quantità massiccia delle tre falde acquifere della West Bank.

Inoltre il governo israeliano ha ufficialmente dichiarato che delle tre falde solo una, quella orientale, ha la possibilità di essere ulteriormente sfruttata.

Acqua-palestina Questa falda si trova completamente nel sottosuolo della West Bank ed è l'unica fonte di acqua esclusiva della Palestina: lascio a voi tirare alcune interessanti conclusioni relative all’interesse che il governo Israeliano ha in quella zona.

Ora, da appassionato di fantascienza, faccio alcune ipotesi interessanti relative all’interessantissima ipotesi che veda uno stato Palestinese sovrano nella zona di Gaza e della West Bank, ove (udite udite) risultano essere presenti tre falde acquifere di cui una (guarda caso la più grande, di portata stimata in 172 milioni di metri cubi…) esattamente sotto il bombardatissimo sedere di Hamas.

Ahi… ma guarda un po’ che sfortuna, direte voi, proprio lì doveva stare un bene che oggi attira molto più del petrolio… resta il fatto indiscutibile che ad oggi secondo il famigerato articolo 40 circa 120 mmc di acqua vengono sfruttati dai territori e solo il restante volume viene teoricamente inviato a Gaza, ovviamente quando l’esercito lo ritiene “strategicamente utile”.

Cioè sostanzialmente circa due ore al giorno.

La maggioranza degli esperti, inclusi quelli coinvolti nei negoziati, sono d'accordo nell'affermare che la Falda Acquifera Orientale non può fornire gli ulteriori 78 mmc che il team israeliano aveva sostenuto fossero disponibili, ed uno sfruttamento addizionale senza dati reali ed una politica globale di gestione delle acque, potrebbe portare un grave danno dovuto all'eccessivo sfruttamento della falda.

Parte dell'acqua estratta dalla falda dei pozzi vicino al Mar Morto era già salmastra al tempo della firma, e ci sono ora prove di contaminazione sia del bacino superiore che di quello inferiore.

Secondo gli esperti la falda potrebbe produrre soltanto ulteriori 20 - 30 mmc per anno ( un ammontare che non coprirebbe i bisogni idrici di base della popolazione palestinese della West Bank).

Il prestito della BEI di 30 milioni di Euro è destinato alla costruzione di due ulteriori pozzi di produzione nell'area del Bacino Orientale, con due stazioni di pompaggio, e l'estensione del sistema di canalizzazione e di distribuzione delle acque nel sud della West Bank.
La BEI si è proposta di finanziare il progetto al 50%, e il restante 50% è finanziato dalla Banca Mondiale tramite i gruppi di IBRD (.....), la Francia e la Gran Bretagna.

Chi gestirà questa operazione ? non ci crederete, il ministero per la attività produttive… ISRAELIANO ! (vedi [sui furti d'acqua ai danni dei palestinesi] )

Ora, vi faccio una domanda: secondo voi che fine faranno le volumetrie estratte dal governo Israeliano nei territori Palestinesi ? Bambolina premio a chi indovina (offre il Tafanus…).

Resta il fatto che nell’accordo si è imposto l’utilizzo di 28,6 milioni di metri cubi annuale per la popolazione, che secondo la CRI non sono stati erogati negli ultimi tre anni con volumi inferiori di circa il 50%.

Facciamo qualche facile conticino (che volete, sono ingegnere…): circa 3 milioni di abitanti palestinesi si possono bere un totale di 28 miliardi di litri d’acqua all’anno. Che sono circa 9.534 litri d’acqua all’anno, pari a 26 litri al giorno se tutto va bene, mentre se a qualche omuncolo in grigioverde girano gli zebedei, ciccia.

Se poi effettivamente ha ragione la CRI il consumo diventa circa pari a 13 litri… con cui, come appare abbastanza chiaro, non si sopravvive: giusto per la cronaca, a Milano si utilizzano mediamente 246 litri d’acqua calda al giorno per una famiglia di 4 persone, e circa 80 di acqua fredda, per un totale di circa 80 litri pro-capite.

Capite bene ora che la querelle che viene indicata come di tipo religioso nasconda in effetti motivi di ben altra natura, o meglio di ordine squisitamente economico e politico: che ne sarebbe infatti del Likud nel momento in cui uno stato Palestinese tagliasse l’erogazione di acqua alle colonie ed in parte anche ai territori Israeliani?

Vedi anche: [Crisi idrica nei territori della West Bank]

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