venerdì 13 marzo 2009

In mostra le "foto del silenzio" di Filippo Crea

"La finestra"
La finestra

FILIPPO CREA


Inaugura alle ore 18 di lunedì 16 marzo

LA MOSTRA FOTOGRAFICA

“IL SILENZIO”

 presso la Libreria Mursia di Milano
via Galvani, 24 – tel. 02.67.37.8530

dal 17 al 27 marzo
da lunedì a venerdì dalle 9.,30 alle 19.30

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"5525 silenzi"
5255 silenzi

 

Il Silenzio - fotografie di filippo crea

Per capire il silenzio non basta guardare. Bisogna entrarci dentro.
Il silenzio di Filippo Crea è una porta che si apre sul vuoto.
Ma davanti a noi non c’è un baratro, una voragine; ogni immagine, anche
la più lontana, è un frammento di vita che rimanda a un sogno,
a un ricordo, a una paura.
Nella faticosa ricerca di un tempo più umano affiora la tristezza
consapevole di quel che è andato perduto. Oggi camminiamo quasi
senza suono, scriveva il poeta Giovanni Raboni, sorpreso ad ascoltare
i suoi passi nella città con il traffico bloccato. Siamo frastornati da un
grande rumore di fondo. In casa e fuori è sempre più difficile sentire
le voci che ci parlano dentro.

Non so dove Crea è andato a cercare queste voci . Ma è riuscito a trovarne
e ad isolarne qualcuna, a farci sentire con le sue foto quei suoni
che ogni giorno ci sembrano indistinti, confusi, a volte perfino ostili.
Io ho visto il silenzio nelle mani intrecciate di una donna vestita di nero,
accanto a due sedie vuote che non fanno compagnia. Ed ho sentito il silenzio
caldo della controra nel riposo di un operaio in canottiera, solo e abbioccato.

In qualche foto c’è una solitudine che sgomenta. E la vaga dolcezza di un mare
o di un cielo non bastano ad attutire il senso di uno smarrimento che poi è il nostro.
E’ quello di chi non riesce a sentire più nulla.
Quando ci si addentra nei luoghi muti e deserti ci si ferma, si lavora
con l’immaginazione e la fantasia vola. E’ bello meditare nell’apparente semplicità
di un silenzio senza addobbi. A Milano succede di rado. Ci vuole una grande
nevicata, forse. Oppure basterebbe essere un poco più normali. Ci sono silenzi
irripetibili che ci aiutano a pensare.
Ma, come ha fatto Crea, bisogna andarseli a cercare.

 

Giangiacomo Schiavi - Corriere della Sera
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                    "Garfagnana"
Garfagnana Il silenzio l’ho incontrato in letteratura; è il silenzio, ad esempio, che inquieta il tenente Drogo ne “Il deserto dei Tartari” di Buzzati, nella sua prima notte alla Fortezza Bastiani.


Il silenzio l’ho incontrato in pittura: penso a quello inquietante delle "piazze inanimate" di De Chirico.

Il silenzio ho voluto incontrarlo anche in fotografia. E ci ho provato. Ho percepito silenzi diversi, talora inquietanti, talora tranquillanti.

E l’ho trovato:

# negli spazi a noi estranei, indefiniti, privi di presenze significanti, abitati da fantasmi sconosciuti.

# nella solitudine degli uomini.

# nelle cose, nelle presenze senza vita che accendono il libero gioco della fantasia.

Il silenzio va cercato nei nostri umori, è nelle nostre paure o nel nostro essere acquietati, in rottura o in armonia con le cose che vediamo o crediamo di vedere.

Il silenzio è...il silenzio. E questa, in chiusura, è la confessione, forse di comodo, della mia presunzione nell’aver voluto foto/raccontare il silenzio.

filippo crea
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                       "Venezia"
Venezia Anch'io vorrei dire due parole. Filippo Crea, come si deduce dal cognome, ha qualcosa a che fare con me. Ma non è perchè conosco Filippo, quasi come un fratello, che pubblico le sue foto, ma perchè conosco le sue foto. Non ricordo quando sia iniziata la cosa. Molto tempo fa. Fotografa cose e persone "vili", alle quali nessuno di noi presterebbe la minima attenzione.

Scrive da anni su uno dei maggiori giornali specializzati, "Tutti Fotografi", dove sottopone a critiche, talvolta feroci, le foto che gli vengono inviate dai lettori del giornale. Detesta sommamente le foto di gente "in posa", ed ancora di più le foto fatte con costosissime e sofisticatissime attrezzature, minuziosamente descritte dagli orgogliosi proprietari. A costoro cerca di far capire che è assolutamente inutile portarsi dietro una Hasselblad con chili di ottiche e filtri, se poi il loro occhio è incapace di "cogliere" la potenziale bellezza fotografica di un chiodo arruginito, conficcato in un vecchio muro, nell'ora della luce radente e delle ombre lunghe. 

Questa "cosa", se la cogli, la puoi fermare anche con una kodak instamatic usa e getta. Se non la vedi, non sarà il baule di accessori Hasselblad che te le farà vedere. Lui ha trovato i suoi compromessi, molto equilibrati. Niente di tanto speciale che non sia presente nelle case di metà di noi. Insomma, nessun feticismo verso l'oggetto tecnico, ma una grande capacità di scovare il bello, o il significatico, dove 99 persone su cento non si sognerebbero neppure di iniziare a cercarlo.
Tafanus

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