giovedì 4 marzo 2010

Crisi d'identità del PdL o del Corrierone? Alcune domande imbarazzanti a Ferruccio De Bortoli

Tafanus Il caso è noto: il Corriere programma l'uscita, per ieri 3 marzo, di un fondo di Ernesto Galli della Loggia. Il giornale, con l'articolo in questione, viene inviato alle rassegne-stampa della varie TV, col fondo di Galli della Loggia in bella mostra. Il giornale viene anche stampato, ma ieri, a sorpresa, l'articolo di Galli della Loggia non c'è.

Ovvio che tutte le persone di normale buonsenso pensino ad un atto di censura (anche se appare paradossale persino il sospetto che si possa censurare chi, da anni, provvede alla bisogna da solo. Ernesto, come è noto, non è mai stato un sadico fustigatore di potenti. E' piuttosto inquadrabile fra i Grandi Maestri della Scuola Cerchiobottista. Insomma, è uno che "tiene famiglia". E allora? Cercheremo di capirlo, leggendo l'articolo incriminato, uscito ieri, a patatrak avvenuto. Seguito da un patetico, quanto incredibile, pistolotto di De Bortoli, a "spiegazione" (per chi si accontenta), dell'accaduto. Eccolo:

 

Debortoli-ferruccio "...per un errore tecnico, la testata on line del Corriere della Sera ha riportato ieri, per alcune ore, questo articolo di Ernesto Galli della Loggia che la direzione aveva deciso, nella tarda serata di lunedì, di rinviare di un giorno per lasciare spazio a un editoriale di Sergio Rizzo sul disegno di legge anticorruzione appena approvato dal governo. Il rinvio era stato concordato con l’autore.

Sempre per lo stesso errore tecnico, è stata inviata a Sky, nella notte di lunedì per la rassegna stampa di ieri, una bozza provvisoria della prima pagina, poi cambiata, che non è mai stata data alle stampe nelle edizioni italiane. Un numero limitato di copie è stato tuttavia stampato nelle tipografie estere. La Direzione, assumendosene la responsabilità, si scusa con i lettori e con l’autore..."
(Ferruccio De Bortoli)

Ed ecco l'articolo che secondo De Bortoli è stato vittima di un disguido, e che per noi, che siamo malpensanti, è stato censurato. Et pour cause... per l'attuale, paludato, attentissimo Corrierone di De Bortoli, persino un articolo di Galli della Loggia, che "scopre" banalità che sono sotto gli occhi di tutti, diventa un pericoloso atto rivoluzionario  e sovversivo:

La crisi d'identità del PdL: il fantasma di un partito

Galli-della-loggia-ernesto La plastica si sta squagliando? Sembrerebbe. Certo è che coloro che si erano illusi dopo le elezioni del 2008 che il Pdl fosse diventato un partito più o meno vero, qualcosa di più di una lista elettorale, sono costretti ora a ricredersi. Non era qualcosa di più: spesso, troppo spesso, era qualcosa di peggio. Una corte, è stato autorevolmente detto.

Ma a quel che è dato vedere pare piuttosto una somma di rissosi potentati locali riuniti intorno a figuranti di terz’ordine, rimasuglio delle oligarchie e dei quadri dei partiti di governo della prima Repubblica. E tra loro, mischiati alla rinfusa — specie nel Mezzogiorno, che in questo caso comincia dal Lazio e da Roma— gente dai dubbi precedenti, ragazze troppo avvenenti, figli e nipoti, genti d’ogni risma ma di nessuna capacità. E’ per l’appunto tra queste fila che a partire dalla primavera dell’anno scorso si stanno ordendo a ripetizione intrighi, organizzando giochi e delazioni, quando non vere e proprie congiure (e dunque non mi riferisco certo all’azione del Presidente Fini, il quale, invece, si è sempre mosso allo scoperto parlando ad alta voce), allo scopo di trovarsi pronti, con i collegamenti giusti, quando sarà giunto il momento, da molti dei cortigiani giudicato imminente, in cui l’Augusto sarà costretto in un modo o nell’altro a lasciare il potere.

Da quel che si può capire, e soprattutto si mormora, sono mesi, diciamo dalla famigerata notte di Casoria, che le maggiori insidie vengono a Berlusconi e al suo governo non già dall'opposizione, ma proprio dalla sua stessa parte, se non addirittura dalle stesse cerchie a lui più vicine. Al di là di ogni giudizio morale tutto ciò non fa che mettere in luce un problema importante: perché mai la destra italiana, durante la bellezza di quindici anni, e pur in condizioni così favorevoli, non è riuscita che a mettere insieme la confusa accozzaglia che vediamo? Perché non è riuscita a dare alla parte del Paese che la segue, e che tra l’altro è quasi sicuramente maggioritaria sul piano quantitativo, niente altro che questa misera rappresentanza? Certo, hanno influito di sicuro la leadership di Berlusconi e la sua personalità.

Il comando berlusconiano, infatti, corazzato di un inaudito potere mediatico-finanziario, non era tale da poter avere rivali di sorta, assicurandosi così un dominio incontrastato che almeno pubblicamente ha finora messo sempre tutto e tutti a tacere; la personalità del premier, infine, ha mostrato tutta la sua congenita, insuperabile estraneità all’universo della politica modernamente inteso. E dunque anche alla costruzione di un partito. La politica, infatti, non è vincere le elezioni e poi comandare, come sembra credere il nostro presidente del Consiglio; è prima avere un’idea, poi certo vincere le elezioni, ma dopo anche convincere un paese, e infine avere il gusto e la capacità di governare: tutte cose a cui Berlusconi, invece, non sembra particolarmente interessato e per le quali, forse, un partito non è inutile.

Ma se è vero che il potere e la personalità del leader sono state un elemento decisivo nell’impedire che la Destra esprimesse niente altro che Forza Italia e il Pdl, è anche vero che né l’uno né l’altra esauriscono il problema. Che rimanda invece a caratteristiche di fondo della società italiana che come tali riguardano tanto la Destra che la Sinistra. In realtà, il verificarsi simultaneo della caduta del Muro di Berlino e di Mani pulite ha significato la fine virtuale di tutte le culture politiche che la modernità italiana era riuscita a mettere in campo nel Novecento (quella fascista avendo già fatto naufragio nel ’45). È quindi rimasto un vuoto che il Paese non è riuscito a colmare. Non si è affacciata sulla scena nessuna visione per l’avvenire, nessuna idea nuova, nessun’indicazione significativa, nessuna nuova energia realmente politica è scesa in campo. Niente.

Il risultato è che in Italia i capi politici più giovani hanno come minimo superato la cinquantina. Ma naturalmente il vuoto è più sensibile a destra, e più sensibili ne sono gli effetti negativi, perché lì la storia dell’Italia repubblicana non ha costruito nulla e dunque non ha potuto lasciare alcun deposito; che invece è rimasto solo nel centro-sinistra, erede di un ininterrotto sessantennio di governo del Paese tanto al centro che alla periferia. Così come nel centro-sinistra sono rimasti quasi tutti i vertici della classe politica che fu cattolica o comunista, portando in dote la propria esperienza e le proprie capacità. Mentre alla Destra è toccato solo il resto: a cui poi, per il sopraggiunto, generale, discredito della politica, non si è certo aggiunto il meglio del Paese.
Ernesto Galli della Loggia

Ecco, questo è il pericoloso pezzo da sovversivo che "per un disguido" non era uscito. E che, senza il secondo "disguido" (la stampa per errore e l'invio alle rassegne-stampa delle TV), forse non avremmo visto mai.  Caro De Bortoli, si può fare di meglio. Lo dico io che non conto nulla, ma lo hanno detto tanti opinionisti di grande peso (anche economico), e infine oggi lo dice un giornalista che stimo a targhe alterne - Marco Travaglio - che ieri aveva la targa giusta: quella dispari. Ecco cosa scriveva ieri Travaglio sul Fatto:

Un colpo al cerchio e l'altro pure - di Marco Travaglio

Il Fattio Dieci anni fa il Corriere della Sera pubblicava in prima pagina Montanelli, Biagi, Sartori e poi, per bilanciare, Galli della Loggia, Panebianco, Ostellino, Romano e Battista. Era il Corriere cerchiobottista. Ora che Montanelli e Biagi non ci sono più e Sartori è confinato alla settimana dei tre giovedì, il cerchiobottismo è divenuto bottismo: niente colpi al cerchio, solo alla botte.  Il Pompiere della Sera.

Travaglio-marco Ma il Banana è ingordo, bulimico, non s’accontenta. Così persino Ernesto Galli della Loggia diventa un pericoloso sovversivo, solo perché ribadisce una sua vecchia analisi, alla luce delle ultime faide e gaglioffate del centrodestra: Forza Italia, o come diavolo si chiama, è un partito di plastica. Anticipato nelle rassegne stampa di tarda sera, l’editoriale scompare dalla prima pagina nel breve tragitto fra la direzione e le rotative. Poi, ieri, la toppa peggiore del buco: "Errore tecnico, il pezzo esce domani”.

Chissà, senza le rassegne stampa, che fine avrebbe fatto. Così il regime, dopo il black-out dell’informazione tv, riesce a sbianchettare le ultime pallide critiche da un giornale comunque amico. In attesa che l’irriconoscibile De Bortoli venga rimpiazzato direttamente da Feltri o Rossella (Belpietro sarebbe troppo) e che all’uscio di via Solferino sorga il monumento equestre al Banana, meritano un encomio solenne Pigi Battista, anzi Bottista, e Massimo Franco.

Fedeli alla linea fino all’ultimo, impermeabili a quest’arietta da fine impero, sordi agli scricchiolii del regime, seguitano impavidi e imperterriti a suonare le trombette per il Banana, pronti a seguirlo ovunque, anche nell’ultimo bunker.  Ieri i due praticanti dello studio Ghedini ce l’avevano entrambi col Tribunale di Milano, reo di aver proseguito il processo Mediaset nonostante il Consiglio dei Ministri convocato in contemporanea dal Banana per svignarsela un’altra volta.  Secondo Bottista, i giudici "sostengono che presiedere il Cdm non è legittimo impedimento", e così "autorizzano il premier a scorgere un accanimento" ai suoi danni e "delegittimano il governo agli occhi dell’opinione pubblica", considerandolo "un optional, un passatempo, una cerimonia vuota, una copertura", accecati dalle loro "antipatie politiche".

Battista-pigi Franco, in stereofonia, oltre a scambiare il Tribunale per la Procura, scrive che i magistrati "contestano gli impegni del governo" e aprono "un conflitto istituzionale pericoloso e scivoloso". Poi mette sullo stesso piano "due verità inconciliabili": "il pregiudizio dei magistrati, convinti che il premier si stia sottraendo alla giustizia inventando scuse" (pensa un po’ alle volte cosa vanno a pensare); “e quello di Berlusconi per il quale la Procura lo perseguita per motivi politici dal 1994, costringendolo a difendersi”. A questo punto il lettore dirà: se le due verità sono inconciliabili, una delle due è una bugia e Franco, essendo un giornalista, è pagato apposta per dire la verità. Invece lui le butta lì entrambe, le chiama “scontro fra Palazzo Chigi e Procure”, dice che non si sa “chi abbia cominciato”. Ma poi, da buon bottista, dà ragione al Banana: se ha spostato il Cdm nel giorno dell’udienza “è possibile che siano sorti problemi tali da cambiare il giorno”. Quali? Franco non li sa, del resto è solo il notista politico del Corriere. Li dà per letti. Se lui e Bottista leggessero almeno il giornale su cui scrivono, scoprirebbero da Ferrarella che il Tribunale non nega che il Cdm sia un legittimo impedimento, anzi afferma che lo è, e pure “assoluto”. Infatti ha chiesto a B. una data libera, cancellando tre udienze; B. ha indicato il 1° marzo; i giudici hanno fissato l’udienza; il 24 febbraio B. ha piazzato un Cdm proprio il 1° marzo senz’alcuna urgenza (sei giorni prima) e senza dimostrarla; dunque, siccome per la Consulta le esigenze di giustizia e di governo sono di pari livello, l’impedimento stavolta non è legittimo. Cioè: Bottista e Franco, come Minzolingua, hanno raccontato balle. Che infatti sono rimaste in pagina. Non si censurano le balle, ma la verità.

Nessun commento:

Posta un commento

Tafanus: Ricciardi inchioda Meloni in Aula: “Ma cosa festeg...

Tafanus: Ricciardi inchioda Meloni in Aula: “Ma cosa festeg...