...io c’ero, ma non mi ricordo di Gustavo Selva...
Era il 1960. Io ero un giovanissimo studente universitario. Il muro non c’era ancora. Con altri amici di tutta Europa, avevo festeggiato la fine dell’anno accademico trascorrendo tre mesi abbondanti a Berlino. Alternavamo lavori part-time per sopravvivere, a grandi serate di jazz; per il jazz tradizionale un posto speciale era un locale in Breitenbachplatz, per il jazz moderno un solo riferimento: il Badewanne, sulla Kudamm, vicino alla chiesa lasciata così com’era venuta fuori dai bombardamenti, a monito imperituro della follia della guerra.
La zona della città intorno alla Kudamm era già tutta nuova, e contrastava molto con le rovine della chiesa. Berlino in gran parte era ricostruita, ma per contrasto la parte Est, povera quando non ancora distrutta, contrastava in maniera stridente col benessere sfacciato della zona Ovest.
Il muro non c’era ancora: sarebbe stato costruito circa un anno dopo. Però c’era un muro “invisibile”, che era quello costruito dalle leggi. Come occidentali, noi potevamo passare tranquillamente da un settore all’altro, e cioè dai settori occidentali alla “Ost Berlin”, semplicemente prendendo il metrò e scendendo in Friedrichstrasse. Un bel giorno, siamo finiti in galera. Niente di grave. Due giorni e due notti, senza capi d’accusa, senza comunicazioni con l’esterno (l’Italia non aveva relazioni diplomatiche con la Germania Est), ma anche senza violenze o torture. La nostra colpa? Aver fotografato una fila di un centinaio di persone ad un chiosco... erano arrivati i fiammiferi di legno... Passavamo molto tempo a fotografare...
Quando decidevamo di passare la sera nella Ost Berlin, per noi era una pacchia; i marchi occidentali si cambiavano in rapporto uno a quattro con gli ost-marks; noi, ragazzini precari – par time – in nero, potevamo permetterci la serata al “Budapest”, il ristorante liberty della nomenklatura, senza particolari sofferenze economiche. Di giorno, Ost Berlin e foto a gogò, per documentare le miserie del regime del comunismo reale. Non ricordiamo di aver mai incontrato, mentre facevamo questo lavoro sporco, Gustavo Selva, o i suoi ex colleghi DC, o i suoi nuovi colleghi post-fascisti... chissà dov’erano, chissà cosa facevano...
Incontravamo tanti giovani tedeschi, ma era ancora difficilissimo far fare loro un serio esame di coscienza sulle colpe dei loro padri, che nella maggior parte dei casi erano stati colpevoli, se non di partecipazione attiva ed entusiastica, almeno di “silenzio-assenso” nei confronti del nazifascismo...
Per i cittadini tedeschi, non era così facile andare da una Berlino all’altra. Non c’erano ostacoli fisici, ma se si veniva beccati nella parte “sbagliata” era la galera, e non per due giorni. Il muro non c’era, ma era nell’aria. Meno di 12 mesi dopo, lo avrebbero tirato su, tagliando strade, famiglie, case...
Nelle prime ore del 13 agosto del 1961 le unità armate della Germania dell'est interruppero tutti i collegamenti tra Berlino est e ovest e iniziarono a costruire, davanti agli occhi esterrefatti degli abitanti di tutte e due le parti, un muro insuperabile, che avrebbe attraversato tutta la città, che avrebbe diviso le famiglie in due e tagliato la strada tra casa e posto di lavoro, scuola e università. Non solo a Berlino, ma in tutta la Germania, il confine tra est ed ovest diventò una trappola mortale. I soldati ricevettero l'ordine di sparare su tutti quelli che cercano di attraversare la zona di confine che con gli anni fu attrezzata con dei macchinari sempre più terrificanti, con mine anti-uomo, filo spinato alimentato con corrente ad alta tensione, e addirittura con degli impianti che sparavano automaticamente su tutto quello che si muoveva nella cosiddetta "striscia della morte".
Questo sconcio è durato 28 anni: una generazione. Poi, quasi all’improvviso, diversi fattori
fanno crollare il muro: l'arrivo di Gorbaciov come leader dell'Unione Sovietica e le crescenti difficoltà politiche ed economiche dei paesi dell'est e specialmente della DDR. Con la "Perestroika", cioè la radicale trasformazione della politica e della economia e con la "Glasnost", che doveva portare alla trasparenza politica, Gorbaciov cominciò a far cambiare strada all'Unione Sovietica. Non risulta che in questi cambiamenti Gustavo Selva abbia avuto alcun ruolo visibile...
I dirigenti della DDR videro questo processo prima con un certo imbarazzo e poi con crescente resistenza. Nel corso del 1989, i cambiamenti democratici, le piccole rivoluzioni nell'economia e nella politica in Polonia, in Ungheria e nell'Unione Sovietica, riempivano ogni giorno i giornali in tutta l'Europa; solo nella DDR il tempo sembrava essersi fermato, ma molta gente adesso era impaziente e cominciava a protestare e manifestare apertamente.
Ogni tentativo di lasciare la DDR in direzione ovest equivaleva ancora a un suicidio, ma nell'estate dell'89 la gente della DDR trovò un'altra via di fuga: erano le ambasciate della Germania Federale a Praga, Varsavia e Budapest il territorio occidentale dove si poteva arrivare molto più facilmente. Cominciò un assalto in massa a queste tre ambasciate che dovevano ospitare migliaia di persone stanche di vivere nella DDR. Ma il colpo decisivo arrivò quando l'Ungheria, il 10 settembre, aprì i suoi confini con l'Austria. Ora, la strada dalla Germania dell'est all'ovest (attraverso l'Ungheria e l'Austria) era libera! La valanga stava diventando inarrestabile.
Anche l'ultimo tentativo da parte del governo della DDR di salvare il salvabile, cioè il cambiamento dei vertici del partito comunista e del governo, non servì a nulla. Quando la sera del 9 novembre un portavoce del governo della DDR annunciò una riforma molto ampia della legge sui viaggi all'estero, la gente di Berlino est lo interpretò a modo suo: il muro doveva sparire. Migliaia di persone si riunivano all'est davanti al muro, ancora sorvegliato dai soldati, ma migliaia di persone
stavano anche aspettando dall'altra parte del muro, all'ovest, con ansia e preoccupazione. Nell'incredibile confusione di quella notte, qualcuno, e ancora oggi non si sa esattamente chi sia stato, dette l'ordine ai soldati di ritirarsi e, tra lacrime ed abbracci, migliaia di persone dall'est e dall'ovest, scavalcando il muro, si incontravano per la prima volta dopo 28 anni.
Anche quella volta, noi c’eravamo. Di Gustavo Selva non ricordiamo nulla, ma è certamente colpa nostra...
Fonti: archivio storico della UE, album fotografici personali (ci scusiamo per la pessima qualità delle immagini personali, ma le prime due foto hanno più di 40 anni...)

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