lunedì 1 giugno 2009

Ma quale crisi... va tutto ok

Espresso Gli italiani che non credono all'ottimismo del governo Berlusconi sono forse un po' ignoranti e soprattutto ingrati. Vivono nel migliore dei mondi possibili e non lo sanno, né lo vogliono riconoscere. Il loro peccato più grave - secondo i ministri Renato Brunetta e Giulio Tremonti - è di non avere un minimo di nozioni di analisi matematica e, in particolare, di non conoscere i prodigiosi effetti della 'derivata seconda'. Mese dopo mese, questi poveri incompetenti si lasciano allarmare dal continuo arretramento del Pil e dei posti di lavoro senza rendersi conto che la velocità di caduta dell'economia sta rallentando. Non capiscono, insomma, che se in un mese il Pil è calato del 10 per cento e in quello successivo del 5 non devono pensare che le cose continuano comunque ad andare male per loro. Così non è: infatti, con la mirabile 'derivata seconda', che registra il minore rallentamento, si è passati da un valore negativo a uno positivo.

Brunetta-fannullone Niente musi lunghi, dunque, e allegria, come predicava Mike Bongiorno. Sì, certo, c'è l'inconveniente che anche con la recessione in frenata l'emorragia di posti di lavoro non si ferma, semmai registra un continuo aumento che neppure il ricorso alla portentosa derivata seconda sarebbe in grado di nascondere, anzi. Ma neppure questo turba i novelli Pangloss del roseo governo Berlusconi. Proprio il ministro Brunetta rassicura che "in Italia non c'è conflitto, né sofferenza né tensione sociale". E questo perché "la somma di cassaintegrati e disoccupati è di 500 mila persone, che sono il prezzo della crisi che dura da quattro mesi". A fronte dei quali però - soggiunge il nostro - "vi sono oltre 14 milioni di occupati che mantengono, e si spera manterranno, il loro posto di lavoro".

A questo punto, premesso che simili parole di speranza suonano piuttosto stonate sulla bocca di un ministro che ha in programma di licenziare al più presto parecchie migliaia di precari della Pubblica Amministrazione, credo sia anche necessario uscire dalle trappole del linguaggio grottesco. Dire che in Italia non c'è sofferenza sociale perché licenziati e cassintegrati sarebbero al momento solo mezzo milione significa riproporre - e peggio ancora se inconsapevolmente - una visione dei rapporti sociali e, in particolare, dell'esercizio del potere non dissimile da quella dei generali della Prima guerra mondiale che, vantandosi di meglio difendere così il grosso delle truppe, trattavano da 'carne da cannone' le altre migliaia e migliaia di soldati mandati allo sbaraglio.

Attenzione, quindi: dietro l'ottimismo ostentato da Berlusconi e dai suoi ministri non c'è soltanto l'evidente fine mediatico di diffondere fiducia nell'operato del governo. C'è piuttosto una cinica ed efferata concezione classista della società che punta a gestire i costi della crisi alleviando in mille modi (anche fiscali) i contraccolpi per il lavoro autonomo, ma abbandonando a se stesse le fasce più deboli del lavoro dipendente, a cominciare dagli operai e dai giovani precari. Cosicché, con buona pace della derivata seconda, la chiave per capire davvero quel che succede torna ad essere il vecchio "Dai e dai, sempre in tasca agli operai".
(di Massimo Riva - l'Espresso)

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